Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord non è solo un vecchio gioco di ruolo, ma anche uno dei titoli più importanti della storia del genere e del medium tutto. Chissà se sviluppandolo Andrew Greenberg e Robert Woodhead, i due autori dell'originale del 1981, avrebbero mai immaginato l'effetto che avrebbe avuto, come ad esempio ispirare la nascita dei giochi di ruolo giapponesi o quello di lasciare di stucco anche Richard Garriott, il padre della serie Ultima. Certo, parliamo di un titolo antico, nel senso più cristallino che si può dare al termine, quindi rigiocarlo oggi comporta una certa fatica, soprattutto per chi è ormai abituato a degli standard che considera intoccabili. Così ci ha pensato la solita Digital Eclipse a preservarlo e rinverdirne la memoria, costruendo un remake sul codice dell'originale, con l'obiettivo di essere più fedele possibile a quell'esperienza, pur rendendola accessibile ai nuovi giocatori. Cos'è venuto fuori? Il problema principale di dover scrivere una recensione di Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord è che è un affare più complicato di quello che sembra, perché il rischio di mancare il bersaglio è altissimo.
Un pezzo di storia
Parliamo chiaramente: non si danno i voti ai classici. Non puoi metterti qui nel 2024 a dare giudizi numerici a un gioco del 1981 che ha significato così tanto per il medium videoludico, senza apparire quantomeno ridicolo. Puoi valutarne la rilevanza storica, questo sì, ma per il resto non ha senso parlarne come di qualcosa che abbia ancora bisogno di essere soppesato, perché è la storia stessa ad aver già espresso il suo giudizio. Se valutassimo quanti sviluppatori sono stati influenzati dal gioco di Sirtech per realizzare i loro, dovremmo cambiare scala di valori, perché difficilmente un dieci renderebbe bene l'idea. Sarebbe un po' come voler mettere voti a Super Mario Bros. o a Pac-Man.
Quindi l'idea di base è: se siete curiosi di sapere da dove vengono i giochi di ruolo per computer, giapponesi compresi, giocateci pure, ma con la consapevolezza di tuffarvi in un'epoca in cui certe comodità erano ancora un miraggio, le mappe si disegnavano a mano (anche se in questo caso è stata trovata una scappatoia), i manuali erano l'unico tutorial disponibile e gli sviluppatori vivevano del piacere di gettare i giocatori in un inferno senza ritorno, proponendogli sfide difficilissime che ricordassero in qualche modo i giochi di ruolo cartacei, Dungeons & Dragons su tutti (Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord urla D&D da tutti i pori, tanto che gli autori non hanno mai fatto mistero di essere partiti da lì). Gli unici aspetti che vale la pena di recensire davvero sono quindi quelli moderni, ossia quelli che riguardano come è stato concepito e realizzato il remake, che poi è il vero fulcro dell'esperienza, parlando al contempo del gioco in sé, che immaginiamo non tutti conoscano.
Una sfida doppiamente difficile
Digital Eclipse era cosciente di dover maneggiare un materiale non proprio malleabilissimo. Come accennato, il primo Wizardry non era molto amichevole con i giocatori che, creato un party in città e fatti i preparativi, dovevano subito infilarsi in un labirintico dungeon pieno di trabocchetti e di mostri senza alcuna guida, per andare alla ricerca dell'amuleto magico rubato dal mago Werda. La storia è praticamente tutta qui e, come capitava spesso all'epoca, fungeva e funge da mero pretesto per partire all'avventura ed esplorare i livelli da cui è composto il dungeon, una casella alla volta, sullo stile di Dungeon Master o Eye of the Beholder (quindi con rotazioni fisse di 90 gradi), per citare due celebri titoli che a Wizardry devono moltissimo.
Del resto gli sviluppatori avevano pochi KB a disposizione (Wizardry nacque su Apple II) e si affidavano spesso al materiale cartaceo che si trovava all'interno delle confezioni per raccontare la storia e dare informazioni sulla mitologia che faceva da sfondo all'azione.
Quindi si creavano dei personaggi, ognuno con il suo allineamento e la sua classe e si partiva all'avventura, con la consapevolezza che i primi tentativi sarebbero stati fallimentari e con il gusto di studiare il sistema di gioco per riuscire a padroneggiarlo e arrivare fino in fondo. Da questo punto di vista Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord è particolarmente, come dire, infame, nel senso che dopo un primo dungeon tutto sommato accessibile (anche se le sezioni della stanza dalle molte porte e il labirinto oscuro potrebbero essere già troppo per il giocatore moderno), diventa immediatamente molto ostico, facendo così capire al giocatore che andare allo sbaraglio non gli conviene e che forse ha sbagliato gioco.
I mostri diventano molto forti e iniziano a fare dei danni davvero ingenti, di monete d'oro in giro se ne trovano poche e i prezzi in città per equipaggiamento e consumabili sono da strozzini. Come ci si arriva al decimo livello del dungeon in queste condizioni? Faticando, elaborando strategie, pianificando quando scendere e quando risalire per curarsi e acquistare nuovi ninnoli, lavorando per far salire di livello i personaggi il più velocemente possibile e così via.
Svecchiare senza tradire
Tutto questo è anche nel remake, che da questo punto di vista è omogeneo all'originale, al netto di qualche comoda aggiunta per rendere il sistema di gioco più amichevole (le aggiunte sono disattivabili a piacimento se si è alla ricerca dell'esperienza originale). Quindi l'interfaccia è più chiara, alcuni dei luoghi visitabili in città hanno più funzioni, come la locanda e il tempio, è stata aggiunta un'arena per accelerare la crescita dei personaggi ed è stata cambiata la logica dei combattimenti, per cui i personaggi ridirezionano i loro attacchi nel caso il loro bersaglio sia morto o scappato. Naturalmente la grafica è stata enormemente migliorata, anche se è possibile richiamare a schermo quella originale. Insomma, è stato fatto un grosso lavoro di rifinitura dell'esperienza, cercando al contempo di non andare a danneggiare quello che era il gameplay originale. È il passato reso al presente nel modo più efficace possibile, senza snaturamenti eccessivi.
La scelta di svecchiare senza tradire è evidente in particolare durante i combattimenti, basati su di un sistema di incontri casuali. Iniziato lo scontro, il party si dispone su due file, in base all'ordine assegnato dal giocatore, e lo stesso fanno i nemici. La prima fila è quella d'avanguardia, che subisce i colpi degli avversari e dispone di attacchi diretti. La seconda fila, invece, ospita personaggi con attacchi a distanza, magici o no che siano, e personaggi di supporto, come i sacerdoti. Chi si trova nella seconda fila non può attaccare con armi da corpo a corpo. In questo il remake è rigorosissimo. Per questo il giocatore deve prendere seriamente in considerazione il posizionamento del party, nonché fare economia delle magie disponibili, soprattutto all'inizio, visto che tendono a esaurirsi molto velocemente. Niente sconti: tutto deve andare come andava nel 1981, solo con le creature completamente 3D, i livelli dalla grafica rifatta, invero molto piacevoli da guardare grazie a un uso sapiente dell'illuminazione che crea un'atmosfera molto pregna, nuove animazioni e così via.
Quindi come giudicarlo? Dal nostro punto di vista, se vi piacciono i giochi di ruolo dovreste provarlo a prescindere, perché ha da insegnare tante cose a chi abbia voglia di imparare, soprattutto in prospettiva. Detto questo è giusto ribadire che è davvero ostico e che poco importa se siete bravi con i giochi di ruolo moderni, perché Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord è di un'altra categoria e viene da un mondo diverso da quello che molti di voi conoscono, uno che ancora odora d'inchiostro, di carta, di dadi lanciati dentro scatole di cartone e di una passione smodata per qualcosa di cui ancora non si erano capiti tutti i confini.
Conclusioni
Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord non fa probabilmente per la maggior parte dei giocatori moderni e non si pone nemmeno il problema di compiacerli più di tanto. La definiremmo quasi un'esperienza didattica, che può allo stesso tempo coinvolgere e respingere chi non ha mai vissuto un certo periodo del medium videoludico. Come remake è altresì ottimo, dimostrando per l'ennesima volta la capacità di Digital Eclipse di valorizzare le opere del passato, attualizzandole nel modo più intelligente e rispettoso possibile.
PRO
- È dannatamente ostico
- Ha quel sapore da gioco di ruolo cartaceo che si è perso negli ultimi anni
- Il remake è stato realizzato ottimamente
CONTRO
- È dannatamente ostico
- Dovete essere davvero motivati per apprezzarlo, se non venite da quell'epoca