Quando un mondo non è abbastanza
Mesi di comunicati stampa e campagne virali a base di filmati e presentazioni ci hanno ormai ben impresso gli slogan di questa espansione, ma The Burning Crusade non sembra avere alcun problema a tener testa alla incredibili aspettative che ha generato.
Aspettative dovute anche al sopraggiunto limite fisiologico di un gioco che, nonostante l’abissale successo, ha sofferto negli ultimi mesi per la carenza di contenuti fruibili dalla maggiore parte dell’utenza. Come risultato, a fronte di un indotto apparentemente inesauribile di nuovi giocatori, si è assistito ad una non trascurabile emorragia di utenti, delusi da aggiornamenti in larga parte “elitari” come Naxxramas, che poco hanno fatto per tenere viva l’attrattiva per chi non era disposto a trascorrere in Azeroth le 15-20 ore alla settimana inevitabilmente richieste da una gilda di raiders.
Nonostante qualche mese di ritardo però, The Burning Crusade è giunta con quanto promesso a recuperare la situazione, la risposta ideale alla marea di whiners che infestavano i forum fino a qualche settimana fa, ora ben impegnati a livellare i loro personaggi piuttosto che a lamentare la carenza di attenzioni per la loro classe preferita.
Abbiamo già abbondantemente trattato di gran parte delle nuove locazioni, ma quanto ci preme farvi cogliere è il grado di certosino perfezionamento che i nuovi contenuti del gioco hanno raggiunto al termine di questi mesi di beta testing.
Quando un mondo non è abbastanza
Se World of WarCraft, al momento della sua uscita, fissò un nuovo paradigma nel settore degli MMORPG, in termini di pulizia e cura per i dettagli, la sua espansione porta la cosa a un livello ancora superiore, offrendo un nuovo continente, tre città e due starting zone realizzate davvero ad arte. Ogni NPC, ogni punto di spawn dei mostri, ogni rotta da seguire per completare una quest, sono stati pensati, disegnati e realizzati con una precisione e un bilanciamento ai limiti della perfezione.
Nulla è lasciato al caso e sia che si ricominci da zero l’avventura, sia che si intraprenda la scalata verso il livello 70, la riscoperta del piacere di “fare quest” è istantaneo. Si rinnova subito quel genere di appagamento e realizzazione immediata che avevamo ormai dimenticato, dopo oltre un anno di istanze statiche e di dolorosissimo grinding a Silithus e nelle Eastern Plaguelands.
Il gioco ne esce quindi assolutamente ringiovanito e rigenerato, ben al di là della semplice introduzione di nuovi mostri e locazioni da esplorare.
E non si tratta solo di PvE o delle nuove istanze da 25 persone, che riportano il gioco ad un grado di fruibilità “collegiale” più umano e ricompensano abbondantemente il gioco a fronte di un investimento di tempo ragionevole. Persino il PvP, un aspetto del gioco più volte rinnovato, discusso e criticato per il sapore di “aggiunta di secondo ordine” che suo malgrado ha sempre conservato, ha finalmente ricevuto un giro di vite nella giusta direzione, discriminando fra un ambito competitivo basato sulla reale abilità dei giocatori nell’assemblare task force di talento e un più familiare grinding comunque più appagante dei vecchi Battleground.
Quando un mondo non è abbastanza
I primi esperimenti di Outdoor PvP fatti negli ultimi mesi hanno infatti dato i loro frutti e tutte le nuove zone offrono opportunità di gioco di questo tipo… differenziandosi dai classici Battleground per la mancanza di ogni causa di tedio, dalle code ai punteggi, ai tempi da rispettare.
Senza soluzione di continuità ci si unisce o si abbandona la battaglia in qualsiasi momento, a seconda di che cosa si ha voglia di fare, in una sorta di versione miniaturizzata dell’RvR di Dark Age of Camelot.
Massima flessibilità insomma, un tema che da varie angolazioni continua a riemergere osservando le novità dell’espansione, dal posizionamento strategico degli hub di quest sulla mappa al nuovo – fantastico – sistema di auto-matching per la creazione di gruppi per quest e istanze, che funziona egregiamente e fa risparmiare quantità incalcolabili di tempo.
Cani e gatti?
The Burning Crusade si rivolge a due categorie di utenti (non esclusive): quelli interessati in primo luogo ai contenuti “post livello 60” - e che quindi sin dal primo istante si lanceranno al di là del Portale verso Outland - e quelli desiderosi di rigiocare da una nuova prospettiva l’ormai “classica” avventura nel mondo di Azeroth. Provando magari quelle classi così interessanti che non si aveva mai avuto occasione di approfondire per personale incompatibilità con le relative razze cui erano associate.
In questo senso Draenei e Blood Elf si equilibrano in un gioco di polarità opposte di rara eleganza.
Prendiamo gli Elfi, personaggi positivi per eccellenza un tempo appartenenti all’Alleanza, che a valle della tragica invasione dei Non Morti, sono al limite della degenerazione e in cambio di potere e di una possibilità di sopravvivenza, hanno letteralmente stretto un patto col diavolo.
Nonostante la cosa non sia inizialmente esplicita, gli indizi, le sensazioni e il plot lentamente dipanato di quest in quest, fanno si che il giocatore diventi presto consapevole che qualche cosa non va, che sotto una facciata di perfezione estetica e incrollabile determinazione si nasconde una razza resa maliziosa e spregiudicata dalle sciagure subite, dalla propria insaziabile sete di magia e dalla via proibita intrapresa per soddisfarla.
Trattandosi dei discendenti degli Highborne degli Elfi della Notte, che per primi richiamarono inavvertitamente la Legione su Azeroth all’alba del mondo, vederli ora ricorrere a energie demoniache per sostentarsi è come assistere a un arco narrativo durato anni che finalmente si chiude in un cerchio perfetto… qualcosa che qualsiasi amante del lore warcraftiano non può che apprezzare.
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[/C] Insomma, sebbene una distinzione fra buoni e cattivi fra le due fazioni giocabili di World of Warcraft sia poco significativa, alla luce dell’edulcorazione inflitta al classico stereotipo dell’Orco e del Non Morto, gli Elfi del Sangue sono perfetti nel ruolo di anti-eroi e in praticamente ogni locazione del gioco in cui è possibile incontrarli, li si scopre a far danni e a perseguire i propri fini a scapito di altri, spesso chiedendo al giocatore di fare la propria parte nelle loro personali xenofobe e anti-ecologiche crociate. Agli antipodi si trovano i Draenei e non solo in termini estetici (grossi, tozzi e muscolosi quanto i Blood Elf sono leggiadri dinamici e degni di uno di quelle sobrie pubblicità di Dolce & Gabbana).
Questa razza aliena doppiamente esule, nonostante il legame di sangue con Archimonde, Kil’Jaeden e gli altri generali demoniaci della Burning Legion, sono invece i campioni definitivi del bene universale, che tutelati dagli angelici Naaru hanno viaggiato per millenni nel multiverso e meglio di chiunque altro comprendono la natura della Crociata contro la Legione e i ruoli delle parti coinvolte.
Una razza allineata con l’Alleanza e legata a doppio filo con la storia degli Orchi (sul cui pianeta si erano stabiliti e dai quali furono brutalmente soggiogati) e degli stessi Elfi del Sangue, cui si oppongono per la loro tendenza a nutrirsi di energie demoniache prima ancora di combatterle. E le faide non finiscono qui, considerando anche il furto della loro fortezza-nave dimensionale in Outland e il sabotaggio subito alla sezione schiantatasi su Azeroth al termine della loro fuga.
Giganti buoni come il pane, dunque, costantemente in pose stoiche da supereroe - testa alta e petto in fuori - ma con più di qualche rancore ben riposto.
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[/C] E una interessante aggiunta al panorama fantastico di Warcraft, che alla loro strana tecnologia “mistica”, la pelle blu e il background cosmico, comincia ad allontanarsi in modo significativo dai tediosi canoni dell’High Fantasy tolkieniano, a vantaggio dell’originalità.
Le due nuove razze poi, non riequilibrano le fazioni esclusivamente dal punto di vista estetico, ma pongono fine all’annosa diatriba di bilanciamento dei rispettivi raid, offrendo la possibilità di sfruttare le classi un tempo mutuamente esclusive di sciamano e paladino.
Una ideale quadratura del cerchio, che pur richiedendo più di qualche forzatura in termini di trama, rimuove alla radice ogni potenziale differenza fra Orda e Alleanza tanto in PVP che nell’affrontare le istanze. Una soluzione che il pubblico, dopo la titubanza iniziale, ha abbondantemente gradito, sebbene diametralmente opposta all’approccio scelto da altri sviluppatori come Mythic, che tanto in Dark Age of Camelot che nel futuro Warhammer, offrono un mix di razze e di classi diversissime e volutamente agli antipodi, additando la linearità del metodo Blizzard come motivo di scarso spessore che mina la rigiocabilità.
Personalmente la nostra preferenza va comunque ai Blood Elf, non solo per la loro affiliazione all’Orda e per la loro naturale predisposizione alle nostre classi favorite (sono eccellenti ladri, maghi e warlock, forti di una abilità razziale davvero utilissima): i loro diabolici paladini sono senz’altro più attraenti e giustificabili in termini di background degli anonimi Sciamani Draenei.
E poi, parliamoci chiaro, i nuovi Elfi vanno in giro in groppa a gallinacei giganti uguali ai Chochobo… come fare a resistere?
Conclusioni
Pur trattandosi di una “semplice” espansione, The Burning Crude offre più contenuti e cose da fare di molti MMORPG usciti sugli scaffali come prodotti finiti.
E non si tratta di contenuti qualsiasi, ma del frutto di un processo di sviluppo che è ormai la firma di Blizzard ed è tutt’ora impareggiato nella sua capacità di creare intrattenimento esente o quasi da difetti.
Una parola che in inglese esemplifica alla perfezione questo concetto è polished: i giochi Blizzard vengono rifiniti, perfezionati e lucidati come pietre preziose, al punto che scoprirvi un errore o un’imprecisione diventa sempre più simile a una caccia al tesoro (o alla ricerca di una scusa). I fan se ne sono accorti da anni e si tratta di un elemento fondamentale nella reputazione di questo sviluppatore californiano, i cui ritardi ormai tutti sono disposti a perdonare.
Se il genere non vi appassiona o semplicemente World of WarCraft non vi è piaciuto, questo articolo non è evidentemente per i vostri occhi, quindi non useremo mezze misure nella valutazione.
The Burning Crusade è un acquisto indispensabile per chiunque calchi o abbia calcato in passato il mondo di Azeroth lasciandosi catturare dalla sua magia. Doveste anche aver smesso di giocarvi, saprà come riguadagnarsi il vostro interesse.
Pro
- Tecnicamente e stilisticamente impeccabile
- Tantissime cose da fare
- Ottimo ripensamento del PvP
- Longevo come non mai
- Macchinosa attivazione dei Pet bonus della Collector’s Edition europea
Quando è bello essere collezionisti
Le Collector's Edition dei titoli Blizzard sono conosciute per valere i soldi che costano (al contrario di altre, come l'inqualificabile mucchio di paccottiglia inutile contenuto nella controparte per collezionisti di Neverwinter Nights 2).
Quando è bello essere collezionisti
The Burning Crusade non sfugge alla gloriosa tradizione, proponendo una confezione in cartone rigidissimo e ben solido dello stesso formato della versione per il gioco originale, contenente un bottino degno del boss finale del più classico dei dungeon (anche se per ottenerlo a noi basterà sborsare circa 80 euro - disponibilità permettendo).
Aprendo la confezione verremo infatti accolti nell'ordine da:
- Un tomo con copertina rigida contenente gli incredibili artwork del gioco
- Un tappetino per il mouse con la mappa di Outland
- Il DVD contenente cinematica iniziale, trailers e retroscena
- Il CD della colonna sonora
- Due starter deck del gioco di carte collezionabili (più tre carte esclusive)
- Ben due Pet bonus da attivare nel gioco
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La ragione della presenza di due animaletti (un Netherwelp e Lurky the Murloc) in luogo del solo draghetto, si deve alla volontà di Blizzard di scusarsi per la drammatica procedura di attivazione degli stessi, che nel caso della Collector's Edition Europea, prevede la spedizione (all'estero e via posta tradizionale) dei dati del proprio account, della Collector Reference Card contenuta nella confezione e del codice a barre della stessa.
La Crociata è cominciata
Finalmente è uscita. La prima espansione a pagamento di World of WarCraft giunge con il gioco tutt’ora al vertice delle classifiche di vendite e in cima alla lista delle preferenze per quanto riguarda gli RPG online. Se la stima di 8 milioni di utenti attivi è attendibile, stiamo decisamente per assistere ad un nuovo record di velocità di vendita.
Prima di andare avanti a leggere la nostra finale disquisizione però, vi consigliamo, se non l’avete già fatto, di dare uno sguardo ai prolissi speciali che abbiamo già dedicato all’espansione, che trattano in modo approfondito i suoi contenuti in termini quantitativi: