“Lo specchio riflette le colpe oscure del passato”
Molti di noi sognano di vivere in un castello e ben pochi se lo possono permettere ai giorni nostri, ma probabilmente nessuno si sofferma a pensare che la cosa possa avere anche aspetti negativi: innanzitutto i castelli veramente antichi devono essere pieni di spifferi, difficili da arredare e da pulire, ma soprattutto non si sa mai cosa può nascondersi sepolto nelle loro fondamenta o nel loro passato secolare. Lo imparerà a proprie spese Samuel Gordon, rampollo di una nobile famiglia inglese il cui albero genealogico affonda le sue radici nel lontano e oscuro medioevo: dopo una lunga assenza, il giovane fa ritorno a Black Mirror, la dimora del clan Gordon, che è stata teatro non solo della tragica morte della moglie dodici anni prima ma anche della fine terribile e prematura del nonno William, misteriosamente precipitato dalla torre più alta del castello in una notte buia e tempestosa. La dinamica dell’incidente non sembra convincere Samuel: tormentato da orribili visioni, insospettito da uno strano simbolo lasciato sul luogo del ritrovamento del cadavere e dal fatto che negli ultimi tempi il vecchio si fosse isolato, dedicandosi ossessivamente a ricerche sul passato della famiglia, avvia una piccola indagine personale, che lo porterà a scoperte inquietanti e lo coinvolgerà in una serie di delitti apparentemente inspiegabili.
Malgrado una discreta dose di cliché, la trama è piuttosto intrigante e non priva di qualche colpo di scena, specialmente verso il finale.
“Lo specchio riflette le colpe oscure del passato”
Nel corso dei sei lunghi capitoli che compongono il gioco, Samuel si avventurerà non solo negli angoli più remoti del lugubre castello di Black Mirror ma anche in altri luoghi ridenti quali cimiteri, cripte, obitori, miniere abbandonate, manicomi e soprattutto tombe di famiglia... quando si dice che tutti abbiamo i nostri scheletri negli armadi, non s’intende sempre e solo in senso figurato! Malgrado una discreta dose di cliché, la trama è piuttosto intrigante e non priva di qualche colpo di scena, specialmente verso il finale. Gli autori sapevano il fatto loro e hanno studiato: il tessuto della trama lascia traspirare influenze illustri, sia letterarie sia videoludiche, spaziando da Edgar Allan Poe a Gabriel Knight. Le atmosfere sono probabilmente il punto forte e contribuiscono a rendere appassionante la vicenda, per quanto il ritmo di gioco abbia alti e bassi: Samuel, degno personaggio da romanzo gotico, è depresso al punto giusto e si trascina per il castello sconsolato, rivangando tristi ricordi del passato e commentando tutto ciò che accade e lo circonda con un filo di voce, quasi un sospiro, aiutandoci così a calarci nello spirito; a tratti le sue indagini ci sanno coinvolgere davvero, ma c’è ben più di un passaggio in cui invece rischiamo di perderci per via di qualche incoerenza nella meccanica di gioco, che esamineremo più avanti. Peccato soprattutto per la caratterizzazione, punto focale di ogni buona avventura grafica, che in questo caso risulta poco convincente: non è affatto facile affezionarsi ai protagonisti o trovarli interessanti, essendo essi appena abbozzati e pesantemente stereotipati. Li abbiamo già visti tutti da qualche parte e possono anche morire nei modi più atroci, senza ispirare il minimo sentimento nel giocatore, il che è piuttosto allarmante!
Punta e clicca... col destro e col sinistro
Lo svolgimento dell’avventura è rigidamente lineare e spesso risente della necessità di risolvere gli enigmi in un ordine ben preciso, al punto da non poter utilizzare o raccogliere alcuni oggetti prima di averne parlato con qualcuno o finché non siano assolutamente indispensabili, il che è realistico ma costringe il giocatore a un’infinità di viaggi avanti e indietro da ambientazioni già passate al pettine. A volte bisogna aspettare che un personaggio faccia qualcosa per noi (procuri un oggetto, rimedi a un problema...) e andare in giro o parlare con altri, tanto per far passare il tempo – stavolta non ce la caveremo allontanandoci semplicemente dall’ambientazione per farvi subito ritorno e ottenere quanto avevamo chiesto, come per magia. Anche questo dà un tocco di realismo in più, ma alla lunga si rivela seccante, soprattutto quando non è rimasto davvero nient’altro da fare e l’avanzamento del gioco dipende esclusivamente dall’operazione che si attende. Altra cosa piuttosto snervante è quella che viene solitamente definita “caccia ai pixel”, ovvero la ricerca affannosa di punti attivi sullo schermo, nascosti tra i fondali di gioco con imperdonabile perizia: per molti avventurieri ormai è routine, ma qui la pazienza e la vista sono messe davvero a dura prova qualche volta. Ad acuire il problema è forse il fatto (peraltro originale) che si possa usare non solo il tasto sinistro del mouse per interagire con gli oggetti ma anche il destro, per esaminarne alcuni più a fondo, con la conseguenza che si finisce inevitabilmente per cliccare su tutto non una bensì DUE volte!
Lo svolgimento dell’avventura è rigidamente lineare.
Punta e clicca... col destro e col sinistro
Le nostre rimostranze finiscono qui, tuttavia, poiché quanto segue dovrebbe solo consolidare in voi l’impressione che, malgrado qualche pecca e gli anatemi lanciati dai più critici, The Black Mirror sia un’avventura assolutamente degna di attenzione. A cominciare dai puzzle, che non peccano certo per mancanza di varietà: sono per lo più basati sull’inventario ma anche corredati da indovinelli, ci sono diversi rompicapi, qualche foto o messaggio da ricomporre, un’orda di porte chiuse da superare e infine enigmi che prevedono la manipolazione di macchinari più o meno complessi. Il livello di difficoltà è variabile ma mai proibitivo. Ciononostante, ci sono un paio di occasioni in cui si può morire e pure in malo modo! Le conversazioni costituiscono la principale fonte d’informazioni e il motore di molti punti nodali della trama. Ci s’imbatte anche in parecchi documenti da raccogliere e da leggere nel corso della storia (diari, iscrizioni, articoli di giornale...), ma sono quasi sempre appassionanti e molto ben scritti. Il sistema di dialogo presenta gli argomenti sotto forma d’icone, selezionabili col puntatore del mouse: siccome le conversazioni hanno quasi sempre uno svolgimento lineare, al giocatore non resta da fare altro che esaurire diligentemente tutti gli argomenti disponibili. Se è vero che atmosfera, puzzle e dialoghi sono fondamentali in titoli di questo genere, nel prossimo paragrafo scoprirete che The Black Mirror non si fa desiderare neanche sul fronte della realizzazione tecnica...
Il fascino dell’orrido
Nulla da ridire sull’interfaccia di gioco, punta e clicca allo stato puro: è snella e funzionale. Com’è ormai tradizione, il cursore s’illumina al passaggio sui punti dello schermo coi quali possiamo interagire, ma è apprezzabile il fatto che molti di questi siano puramente decorativi: una volta fornita una descrizione per certi oggetti non essenziali ai fini dell’avventura, questi non appaiono più come punti attivi, analogamente a quanto accade con altri oggetti già utilizzati dal protagonista. L’inventario occupa la parte inferiore dello schermo e il suo utilizzo è oltremodo intuitivo. L’aspetto tecnico per cui quest’avventura brilla in maniera particolare, però, è la grafica delle ambientazioni, che sono varie, favolosamente cupe e di grande effetto: i fondali, seppur bidimensionali, appaiono vividi e dettagliatissimi, oltre a essere arricchiti da ottime animazioni (uccelli che volteggiano intorno alle torri del castello, le fronde di un salice piangente che ondeggiano al vento, foglie che cadono a terra volteggiando nei giardini autunnali...). Notevoli pure l’uso della luce e gli effetti atmosferici: poter ammirare le stesse ambientazioni di giorno e di notte o quando infuria un temporale è piuttosto suggestivo. Non allo stesso livello, purtroppo, sono i modelli 3D dei personaggi, scarsamente dettagliati e parecchio legnosi: sembrano muoversi al rallentatore e in modo decisamente poco naturale. La qualità dei filmati non è all’altezza di quella dei fondali, ma comunque discreta: spesso appaiono un po’ sbiaditi e sfocati, neppure le scelte “registiche” sono sempre azzeccate. Fanno eccezione le visioni che perseguitano Samuel e che, in quanto tali, sfoggiano un taglio più onirico e risultano abbastanza coinvolgenti. [C]
[/C] La musica non è onnipresente nel gioco: fa capolino qua e là per sottolineare i momenti salienti della storia ma, pur non regalandoci una colonna sonora indimenticabile, offre brani sufficientemente inquietanti, che sanno creare suspense e tensione tanto quanto basta. Normalmente, l’esplorazione del giocatore è accompagnata solo dagli effetti sonori ambientali, che sono apprezzabili e contribuiscono all’atmosfera livida e sinistra del gioco. I doppiatori italiani hanno fatto un buon lavoro: pare che la versione anglofona di The Black Mirror sia stata devastata da interpretazioni molto poco ispirate, ma nel Bel Paese siamo abituati a standard professionali altissimi in fatto di doppiaggio e, per nostra fortuna, negli ultimi tempi sembrano giovarne anche le produzioni videoludiche. Possiamo quindi godere della voce di veri professionisti, tra tutti Donatella Fanfani, che ci aveva già accompagnati nel viaggio di Syberia. I dialoghi, comunque, non sarebbero quello che sono senza una traduzione altrettanto valida e Jinglebell non ci ha delusi neppure su questo fronte.
Commento
Finalmente un’avventura discretamente lunga! Nell’arco dei sei capitoli che la compongono, esplorerete un’ampia gamma di ambientazioni e vi ritroverete alle prese con puzzle della natura più disparata. Alla sua longevità contribuiscono pure il lento scorrere del tempo nel gioco e i lunghi dialoghi. Per questi stessi motivi e per il ritmo non proprio sostenuto, The Black Mirror non è certo l’ideale per gli irrequieti di natura. La storia tutto sommato intrigante, una realizzazione tecnica di tutto rispetto e un’ottima localizzazione italiana ne fanno invece un prodotto appetibile per gli avventurieri più incalliti e meno intransigenti. Ci sentiamo di consigliarlo, senza troppe riserve, agli amanti del genere che hanno apprezzato titoli quali Post Mortem o il primo indimenticabile Gabriel Knight.
- Pro:
- Ambientazioni cupe e suggestive
- Enigmi vari e soddisfacenti
- Discreta durata
- Contro:
- Modelli e animazioni dei personaggi
- Struttura di gioco troppo rigida
- Tempi morti
Un caso videoludico
Questo nuovo connubio tra avventura “punta e clicca” e giallo in salsa horror è nato nella Repubblica Ceca: in realtà, Posel Smrti (è il titolo originale ma non chiedeteci come si pronuncia) è un gioco del 2003, finalmente giunto a noi e disponibile anche nelle edicole, a un prezzo che tutto sommato ci fa chiudere un occhio su questa interminabile attesa! Mentre noi poveri Italiani ignoravamo completamente che nella Repubblica Ceca si sviluppassero giochi di questo calibro ed esistessero parole di cinque lettere con una sola vocale, nella comunità videoludica internazionale se ne sono dette di tutti i colori su questo titolo, definito di volta in volta una ciofeca inenarrabile o un capolavoro del genere. A prescindere dal fatto che non si tratta né del primo né dell’unico caso di questo tipo e che spesso c’è un certo divario tra i gusti degli avventurieri nel vecchio e nel nuovo continente, eravamo impazienti di metterci le mani e verificare in prima persona: vediamo quindi di capire insieme perché questo Black Mirror sia un titolo tanto controverso...