Chi legge regolarmente queste pagine sa che chi scrive si occupa in modo particolare dei videogiochi appartenenti al genere MMORPG: Massive Multiplayer Online Role Playing Game, i giochi di ruolo ambientati in mondi persistenti pieni di giocatori come noi con cui vivere avventure, conquistare bottini, litigare a morte e poi insultarsi sui forum. Dietro a qualche trilione di avatar con la forma di elfe sexy, orchi orrendi, felini antropomorfi e bambine in gonnella, si nascondono persone come noi, spesso normalissime, che conducono vite qualunque con problemi straordinariamente ordinari.
È uno degli aspetti più affascinanti di un tipo di gaming in cui la componente sociale ha grandissima importanza e in cui l'interazione anonima e virtuale spesso ha la potenza di sfociare in amicizie reali e durature, amori e addirittura matrimoni. Dai primi MUD alle moltitudini di giochi online di oggi, compresi i browser game per i social network, sono stati fatti passi da gigante, e il progresso tecnologico ha trasformato Internet in una componente ormai fondamentale, se non obbligatoria, di quasi ogni esperienza videoludica che si rispetti. Tra modalità multigiocatore infilate anche nei titoli più improbabili e sistemi di messaggistica che permettono di vendicarsi a parole del giocatore che ce le ha appena suonate di santa ragione all'ultimo Tekken,
il bisogno di uscire di casa o di riunirsi con gli amici di fronte a un televisore si è fatto sempre più sottile, al punto che ormai i vicini di casa si danno appuntamento alle nove di sera per un raid a World of Warcraft, un paio di mappe a Call of Duty o quattro scazzottate a Street Fighter. Ci si potrebbe scrivere un vero e proprio trattato sociologico, ma dato che potreste non avere un cuscino a portata di mano, salteremo tutta la parte noiosa e arriveremo dritti al punto: l'online gaming che cerca di farci diventare più socievoli, in un certo senso ha ucciso la socializzazione. Il fenomeno si è talmente allargato a macchia d'olio che ormai è difficile dire in quali paesi è più diffuso e in quali lo è di meno, ma in realtà ci sono delle piccole tradizioni che continuano a sopravvivere, sopratutto in Giappone, dove non è raro trovare gruppetti di ragazzi con gli occhi a mandorla riuniti con una bella console portatile a testa a giocare collegati gli uni agli altri. Date un'occhiata più da vicino: scoprirete che stanno quasi sicuramente giocando a Pokémon o Monster Hunter. I titoli Nintendo e Capcom sono probabilmente i più diffusi e giocati in locale, e in Giappone esistono addirittura bar e locali pensati appositamente per questa categoria di giocatori. Ecco che magari li guardiamo con aria divertita, pensando a quanto sia meno faticoso spaparanzarci davanti al nostro maxischermo, accendere il Wii U e collegarci a Internet con Monster Hunter 3 Ultimate, senza doverci vestire, uscire di casa, trovare un parcheggio e magari pagare pure da bere. Eppure...
Scusa, hai un Giggi sulla spalla...
Eppure succede che un bel giorno ti ritrovi a maledire Capcom e Nintendo per le loro assurdità. Sei diventato un grande fan di Monster Hunter anni fa, grazie al Freedom Unite, e ci hai giocato online tantissimo, prima su PSP e poi su Wii con la versione Tri. Sul Tri, in particolare, hai passato almeno duecento ore, quell'estate, quando su World of Warcraft non c'era un tubo da fare, e con gli amici accendevi comunque Mumble e ti mettevi a uccidere l'Alatreon fino alle quattro del mattino, ridendo e scherzando anche quando finivi a pancia in giù perché il caldo ti aveva fatto venire un'emorragia al naso e dovevi decidere se guardare lo schermo per evitare di morire o guardare il soffitto per evitare di finire dissanguato (... sì, è successo davvero). Good times.
Poi, insomma, esce questo Monster Hunter 3 Ultimate per Nintendo 3DS e ci resti malissimo, perché il Wii U non l'hai comprato e per il momento non intendi farlo, e la versione portatile, per motivi fuori dalla comprensione umana, online non ci va. Sai che Monster Hunter 4 online ci andrà, ma non sai se sei vivo domani, figuriamoci tra un numero imprecisato di mesi, e nel frattempo Capcom ti sbatte in faccia pure un nuovo capitolo per PC, e anche quello non sai quando esce e, sopratutto, se esce. In compenso ti sei dovuto giocare la versione Nintendo 3DS per tipo trenta ore, completamente da solo, per recensirla. Uno dei tuoi compagni di caccia di sempre se l'è comprato per Wii U, l'altro non se lo compra affatto, e tu rosichi anche di più perché nei tuoi MMORPG preferiti è un periodo di magra (traduzione: ti stai facendo due pa... ndarie così) e quel che ci voleva era proprio una bella caccia al Rathalos a notte fonda. Poi, un bel giorno, ti viene a trovare un amico a casa. Si parla del più e del meno, e tu gli racconti di Monster Hunter, perché lui non ci ha mai giocato prima, e lo fai giocare un po' con il tuo Nintendo 3DS. Neanche a dirlo, è amore a prima vista. Il giorno dopo, torna a trovarti con il suo 3DS in una mano e una copia di Monster Hunter 3 Ultimate nell'altra. E allora succede una cosa che non ti succedeva da, boh, tipo dieci anni: l'ultima volta che hai collegato una console portatile a un'altra, con un cavetto per giunta, è stato per scambiare dei pokémon tra le versioni Zaffiro e Rubino in un McDonald's di Roma, se non vai errato. Ora invece stai collegando in wireless due 3DS per andare a caccia di draghi. Il procedimento è semplice e indolore, nel giro di qualche secondo sei lì, a Port Tanzia, e stai spiegando al tuo amico come fare ad attivare una missione. Nel giro di qualche minuto, sei a caccia: in realtà, il tuo amico è un novellino e perciò ti tocca fargli da spalla in missioni che per te sono una bazzecola. Questo non gli impedisce di scaraventarti in aria con lo spadone a due mani ogni volta che lo solleva per colpire il tuo stesso bersaglio; la cosa ti fa sorridere, perché quando giocavi a Monster Hunter Tri eri sempre tu a farlo per sbaglio, e i tuoi amici avevano voglia di prenderti a ceffoni ogni volta, ma non potevano perché vi separavano tipo seimila chilometri.
Adesso, nulla ti vieta di mollare una sberla all'amico che è seduto sulla poltrona di fronte, però non lo fai perché sei una persona civile. Ti riprometti di farti pagare una pizza, comunque. Nel giro di poche ore, ti ritrovi a dare la caccia a un Gobul. Probabilmente non avete mai affrontato un Gobul, ma è uno dei mostri più seccanti per un cacciatore alle prime armi, che richiede una buona dimestichezza con il combattimento acquatico, riflessi discreti e magari la conoscenza di qualche trucchetto del mestiere. C'è una bella differenza tra l'avvisare qualcuno su Mumble che il Gobul sta per aspirarlo e dirlo a qualcuno che hai di fronte... o magari non dirglielo affatto, per godersi la sua espressione impagabile dopo che il mostro l'avrà masticato per bene. Sono questo tipo di reazioni e interazioni che rendono decisamente speciale un'esperienza spesso sottovalutata e trascurata come il multiplayer in locale, qualcosa che andrebbe sperimentato almeno una volta nella propria carriera di videogiocatori.
Una strana esperienza
Quando quella sera ci siamo poi seduti al computer e ci siamo collegati a World of Warcraft per il raid serale, effettivamente abbiamo pensato con un po' di rimpianto alla partita a Monster Hunter 3 Ultimate di qualche ora prima. È stata sicuramente un'esperienza diversa dal solito, che non facevamo da tantissimo tempo e comunque più avvincente di uno scambio di pokémon neonati.
Purtroppo, vuoi per gli impegni personali, vuoi per le distanze, è un'esperienza che non ci ricapiterà presto. In quei momenti, internet appare quasi una manna dal cielo: qualche clic e sei connesso a uno o più software e stai picchiando altri mostri in compagnia. Si ride e si scherza pure, ma l'interazione fisica, la componente umana nel più banale senso del termine, non c'è. Si torna a essere un ammasso di poligoni colorati, qualche volta con una voce, raramente in compagnia di qualcuno che ti considera più di quello. Negli ultimi anni, è stata sopratutto Nintendo con i suoi tanto scherniti party-game a mantenere viva la tradizione del gaming multigiocatore "di persona", sopratutto grazie ad alcuni videogiochi per Wii che spesso vengono definiti "casual". Da questo punto di vista, il multigiocatore in locale andrebbe sicuramente più rivalutato e rispettato. Pensiamo ai videogiochi LEGO di TT Games, uno dei franchise più amati: è da La Saga Completa di LEGO Star Wars che TT Games non implementa la modalità multigiocatore online, obbligando i giocatori a sedersi gli uni accanto agli altri ed a condividere lo stesso schermo tramite split screen. Per chi ha poco tempo a disposizione o deve dividersi tra casa e lavoro, l'assenza dell'online pesa in maniera incredibile, proprio come riscontrato in Monster Hunter 3 Ultimate per Nintendo 3DS. È impossibile ignorare questo semplice fatto: volenti o nolenti, Internet è diventato un tassello fondamentale del puzzle. Tuttavia, vi consigliamo caldamente di trovare uno o più amici disposti a fare questa esperienza e di ritagliarvi un po' di tempo, magari qualche oretta o un pomeriggio, per giocare una sessione in compagnia, magari con un po' di buona musica di sottofondo e qualche bevanda ghiacciata da bere. Tutto sommato, la terza dimensione del gaming è ancora quella, con buona pace di occhialetti, effetti stereoscopici e console di nuova generazione.