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Soldato B.J. Blazkowicz

Un paio d'ore negli scomodi panni del nuovo, vecchio eroe di Wolfenstein. Questa volta su PlayStation 4

PROVATO di Umberto Moioli   —   24/02/2014
Wolfenstein: The New Order
Wolfenstein: The New Order
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Wolfenstein: The New Order è un gioco dedicato a tutti quanti quelli che sbuffano quando, guardando le uscite dei mesi seguenti, iniziano ad intravedere nomi come Call of Duty e Battlefield. Il ritorno sugli schermi del soldato B.J. Blazkowicz, protagonista storico della serie, non poteva che essere all'insegna delle sparatorie frenetiche, di un tono tutt'altro che serio (e serioso) ma soprattutto di un buon equilibrio tra una formula immediata ed un certo impegno richiesto. Dopo averci giocato un paio d'ore e completati i primi tre atti della storia, dobbiamo comunque ammettere che il gioco di MachineGames è riuscito a spiazzarci: nel bene e nel male, intraprende la strada dello "sparatutto vecchia scuola" senza gli integralismi di un Serious Sam 3, per dirne uno, ma provando a mediare antico e nuovo. Tenta quasi di reinventare la serie in una chiave che rispecchi la storia degli sviluppatori svedesi. Il risultato è interessante e in parte diverso dal solito, divertente anche se non privo di punti interrogativi.

Un paio d'ore negli scomodi panni del nuovo, vecchio eroe di Wolfenstein: The New Order

Quella storia in più

Gli anni '60 di Wolfenstein: The New Order sono un incubo: i nazisti hanno vinto la guerra e controllano il mondo con il pugno di ferro e grazie all'ausilio di progressi tecnologici tanto stupefacenti quanto repentini e misteriosi. La nostra avventura nei panni di B.J. Blazkowicz incomincia a conflitto ancora in corso e, senza scendere troppo nei dettagli per non rovinare a nessuno il gusto della sorpresa, dopo un prologo al cardiopalma dentro una fortezza tedesca c'è un lungo salto in avanti temporale dal quale ci risvegliamo quattordici anni dopo.

Soldato B.J. Blazkowicz

Ciò che non ti aspetti dai primi atti di un gioco con Wolfenstein nel titolo, non è tanto la presenza di azione e violenza esagerate e fuori dagli schemi, quanto piuttosto di un impegno notevole per inserirla all'interno di una narrazione ben strutturata: tra una sparatoria e l'altra, le scene d'intermezzo si avvalgono di piccoli tocchi interattivi e mettono in scena personaggi ben scritti, momenti capaci di coinvolgere. Molti dei ragazzi al lavoro negli uffici di MachineGames hanno precedentemente militato presso StarBreeze completando titoli come Riddick e The Darkness, un retaggio che nel nuovo Wolfenstein ci è sembrato palese. Al di fuori della componente narrativa, a The New Order è chiaramente stato dato il compito di riscrivere il gameplay della serie in una chiave fedele ai classici e contemporaneamente moderna. Il livello di difficoltà è quindi più alto della media e la vita si ricarica in piccolissima parte e solo quando scende sotto i venti punti, lasciando che quella restante venga ripristinata dai medikit e dalle armature sparsi in giro per le mappe. Si muore insomma con una frequenza sconosciuta ai military shooter moderni, anche se la sfida non è mai estrema e soprattutto sembra priva di grossi picchi verso l'altro. Possibilità come quella di superare il 100% dei punti vita, vedendo lentamente decrescere nel tempo quelli extra, è una delle tante citazioni inserite.

Soldato B.J. Blazkowicz

Lo stesso vale per i passaggi segreti sparsi un po' ovunque, tra strade nascoste in improbabili bunker missilistici e piccole stanze celate dietro quadri e librerie. Contemporaneamente il ritmo è veloce ma non frenetico, l'iron sight rallenta parzialmente l'azione e si percepisce che il level design è pensato per prendere il tempo di ripararsi dietro pareti e coperture, far fuori i nemici e tornare a muoversi. Addirittura in certi casi ci sono due strade differenti, una più evidente votata all'attacco e un'altra che invece permette un approccio quasi stealth. La mediazione tra quello che Wolfenstein fu e quello che oggi è richiesto agli sparatutto in prima persona sembra nel complesso riuscita, anche perché MachineGames è capace di inventarsi ad ogni nuovo livello un nemico ed una sfida differente. Cani robot e mech, soldati semplici e giganti corazzati che di umano non hanno oramai più nulla, sono una parte di quanto affrontato nei primi tre atti del gioco, una varietà che fa ben sperare per quello che verrà progredendo attraverso l'avventura.

Tocchi di modernità?

Se certe concessioni a quello che il genere ha espresso negli ultimi anni sono accettabili e tutto sommato comprensibili in un'ottica commerciale, altri elementi di Wolfenstein: The New Order lasciano meno tranquilli. Questo reboot, intanto, avrà la sola componente single player, una direzione potenzialmente corretta che dovrà però essere messa alla prova dei fatti e sostenuta da una longevità accettabile.

Soldato B.J. Blazkowicz

Uno degli elementi su cui forse MachineGame vuol fare affidamento per aumentare il fattore rigiocabilità, sono i potenziamenti che B.J. Blazkowicz acquista accumulando specifici punti esperienza: tre alberi delle abilità contengono un buon numero di migliorie che influiscono sulle statistiche del protagonista e sulla sua capacità di far fuori gli avversari. La criticità, è che in un gioco come Wolfenstein: The New Order un'aggiunta del genere sembra forzata e superflua, del tutto secondaria rispetto alla frenesia delle sparatorie e alle centinaia di nemici abbattuti. Lo sfondo per queste sparatorie, quantomeno nei primissimi capitoli testati, mescola scenari classici per la serie - in particolare il castello dei nazisti è un must - ad altri in stile industriale e futuristico un po' meno peculiari. L'impatto visivo è complessivamente discreto, comprensibilmente non rivoluzionario considerando che uscirà anche per console di vecchia generazione, ma quando nei mesi passati avevamo testato la versione PC a saltare all'occhio erano state soprattutto la pulizia e la fluidità dell'immagine, due punti di forza dei capolavori firmati id Software che sembravano riproporsi anche in questo reboot alla svedese.

Soldato B.J. Blazkowicz

Ecco, la versione PlayStation 4, forse ancora in fase di ottimizzazione, non sembra mantenere lo stesso standard qualitativo e mescola alcune superfici un po' slavate ad un frame rate meno solido di quanto ci sarebbe piaciuto vedere. Buono invece il lavoro svolto sul controller che, pur non sfruttando in modo particolarmente innovativo il touch pad, che di fatto serve solo a richiamare il menu, riesce a gestire bene mira e movimenti, compreso il sistema di coperture libere che permette di inclinarsi in qualsiasi direzione. Dopo due ore e mezza in compagnia dello sparatutto ci siamo insomma fatti l'idea che Wolfenstein: The New Order possa davvero presentarsi come un prodotto solido e fedele alla serie a sufficienza da guadagnarsi una sua fetta di pubblico. Oltre agli interrogativi legati alla longevità e alla varietà di situazioni offerte, ci resta però anche quello sull'effettiva qualità delle conversioni console del gioco, un aspetto non da poco considerando che i possessori di Xbox One e PlayStation 4 si aspetteranno una marcia in più dai loro nuovi acquisti.

CERTEZZE

  • Un mix di vecchio e nuovo, classico e rivisto
  • Divertente e frenetico

DUBBI

  • Da verificare varietà e longevità della campagna
  • Su PlayStation 4 per ora non rende al massimo