Testimonianza raccolta da uno psichiatra dell'associazione videogiocatori compulsivi anonimi: "Confesso di essere un irredento e indefesso utilizzatore finale di saldi e offerte di ogni risma, uno di quelli che vede allungarsi il backlog videoludico all'infinito. Ogni volta che guardo l'immenso elenco di titoli acquistati che non ho mai giocato (o quasi), mi sento in colpa e pronuncio mentalmente l'atto di dolore 'mai più', ma poi ci ricasco sempre. Non so resistere alle offerte, anche su titoli verso i quali non nutro un interesse particolare... è che spesso costano così poco, o magari te li tirano dietro in bundle con dieci altri giochi di cui non mi frega nulla, ma a quel prezzo volete mettere? E gli arretrati aumentano.
So che non li giocherò mai, ma continuo a ripetermi 'prima o poi' e alla fine della giornata non posso farci nulla, la coda sta ancora tutta lì. Anzi, spesso la sovrabbondanza di titoli è dannosa per il mio piacere personale, perché sapere di avere così tanti titoli da giocare mi mette ansia, un'ansia profonda e insopprimibile che rende angosciante l'avvio del PC. Così ho iniziato a catalogare gli acquisti dividendoli tra quelli imprescindibili, cioè da giocare a tutti i costi, e quelli rimandabili, a cui prima o poi dedicherò un po' di attenzione. Ho cominciato a mal sopportare i videogiochi troppo lunghi, mentre di fronte a quelli molto complessi, o non eccessivamente stimolanti, trovo sempre una scusa buona per abbandonare e disinstallarli, pulendomi un poco la coscienza e tirando il fiato, potendo contare 'uno in meno'. Sì, confesso di essere un videogiocatore intossicato dalle offerte, uno di quelli che non può proprio evitare di riempire il carrello virtuale di titoli scontati, nonostante il tempo per giocare sia sempre meno e il conto in banca sempre più in rosso. Ormai compro per comprare e per vantarmi della lunghezza della mia libreria Steam, non per giocare. Se sono qui è perché sento che la situazione si è fatta problematica, ma non so come uscirne."
Quante volte, fratello?
Non c'è bisogno che annuiate, perché lo sappiamo benissimo che molti di voi stanno nelle nostre stesse condizioni. Siti come Steam Shame hanno reso chiaro che tanti videogiocatori acquistano molti più giochi di quanti potranno mai giocarne nella loro vita, con backlog mostruosi lunghi centinaia di titoli, che fanno centinaia di giorni di gioco, o migliaia di ore, se preferite affidarvi a un'immagine più spettacolare. Ogni bundle sembra un affare, ma in realtà non è così: è solo un allungare la fila, moltiplicando le scelte e, paradossalmente, rendendo meno attenti a ciò che si gioca veramente.
Molte esperienze videoludiche sono diventate usa e getta, anche quando meriterebbero un maggiore approfondimento e quando potrebbero dare molto di più. Siamo diventati professionisti dello smaltimento, incapaci di capire che quelli che percepiamo come affari, sulla lunga distanza non lo sono. I numeri non sono un'opinione. Prendiamo un backlog di cento titoli che non si giocheranno mai, acquistati con bundle e saldi, per i quali si è speso un totale di cento euro. Con la stessa cifra si sarebbe potuto acquistare un singolo gioco a prezzo pieno. Ovviamente non è difficile affermare che cento giochi sono più di uno e offrono una scelta maggiore. Ma c'è un dato fondamentale che va considerato e che spesso non viene incluso nei ragionamenti sulla convenienza: se il singolo gioco da settanta euro è stato giocato, mentre i cento giochi dei bundle giacciono tutti abbandonati nell'account, quale scelta è stata economicamente più vantaggiosa? Altra domanda: se dei cento giochi di cui sopra, nel corso dei mesi o degli anni se ne riuscisse a giocare una manciata, mettiamo sei, che, essendo titoli spesso vecchiotti è possibile acquistare singolarmente per, mettiamo, dieci euro l'uno, spendendo una somma complessiva di sessanta euro, sarebbe comunque convenuto spendere i soldi per averli prima tutti quanti?
Uno speciale dedicato ai backlog spropositati e di come incidano negativamente sul mercato videoludico
L'economia del backlog obeso
La verità è che i backlog smisurati, al netto del concetto di possesso, che è effimero per definizione, convengono solo a due operatori: negozi in primis, che sono ovviamente interessati alla quantità più che alla qualità, e ai publisher, che possono vendere i loro prodotti di catalogo come se fossero un singolo, nuovo prodotto, guadagnando anch'essi sulla quantità, più che sul singolo gioco. Insomma, il bundle diventa un prodotto in cui il singolo titolo ha un peso infimo.
Indovinate chi ci rimette? In primo luogo gli sviluppatori, soprattutto quelli sotto i publisher, che si ritrovano con migliaia di copie vendute, magari centinaia di migliaia, da cui trarranno pochissimi profitti (si parla di pochi centesimi per bundle venduto o per copia ultra scontata). Se il gioco ha guadagnato appena immesso sul mercato, poco male; se è andato in perdita, le mega vendite dei bundle diventano un danno, più che un guadagno, perché caricano nuovi costi sul team, per entrate davvero minime. Gli sviluppatori indipendenti hanno vantaggi maggiori, ma solo se i loro prodotti hanno avuto un minimo successo a prezzo pieno: le offerte, qualsiasi sia la loro forma, dovrebbero essere un modo per monetizzare, non un modo per trovare il successo. Un'industria in cui le vendite sono concentrate sulle offerte è destinata al fallimento, o quantomeno a una contrazione degli investimenti. E noi videogiocatori? Noi siamo gli utili idioti della situazione, cioè permettiamo all'industria di sfruttare i nostri impulsi all'acquisto compulsivo, facendoli diventare parte di un ragionamento economico. Usufruire di offerte non è un male, badate bene, ma accumulare fuffa che non si giocherà mai solo perché ci viene venduta a un prezzo apparentemente vantaggioso è un comportamento al limite del patologico. Siamo come quegli animali che non riescono a contenersi di fronte all'abbondanza di cibo, perché il corpo li obbliga a mangiare, in previsione di una possibile carestia.
La scelta giusta
Così, se di cento giochi per cui abbiamo speso un totale di cento euro ne abbiamo giocati sei, che hanno un valore complessivo attuale di sessanta euro, abbiamo finito per sprecare la bellezza di quaranta euro. Sempre che il backlog nel frattempo non sia cresciuto ancora e a quei cento giochi se ne siano aggiunti altrettanti, con i sei effettivamente giocati che hanno finito per soffocare l'interesse verso i nuovi.
Paradossalmente, chi ha speso settanta euro per un singolo gioco, che però ha spolpato in ogni aspetto, ha tenuto un comportamento economicamente più intelligente, perché non ha prodotto sprechi e non ha subito contraccolpi dalla sua scelta, considerabile più ponderata e razionale in un quadro globale, cui seguirà un'altra scelta si presume altrettanto meditata. Oltretutto, mentre il secondo tipo di giocatore ha contribuito a creare un mercato più equilibrato, il primo lo ha sostanzialmente adulterato, dando come unico riferimento per le sue scelte d'acquisto il prezzo. Il risultato è che più il backlog si allunga, più l'economicità degli acquisti di offerte diminuisce, diventando, quando la situazione è ormai irreversibile, addirittura anti-economica. Volendo fare un paragone, sarebbe come riempire gli scaffali della cucina di alimenti acquistati in offerta, accumulandone molti di più di quanti se ne riesca a consumare. Piano a piano quegli alimenti deperiranno, diventando immangiabili, e quindi quella che era stato inizialmente percepito come un vantaggio, ossia la possibilità di acquistare molti cibi per un minor prezzo, sarà diventato semplicemente lo specchio di quanto ogni nostra scelta apparente sia in realtà dominata da un'irrazionalità bestiale di fondo che può solo avere sbocchi distruttivi. La soluzione al problema è semplice, quanto impraticabile, perché cozza contro il nostro stile di vita: acquistare solo i giochi che si intende giocare, a prescindere dal prezzo. Di base se ne dovrebbe acquistare uno alla volta, giocarlo, e poi passare al seguente. Facile? Non proprio, perché per farlo bisognerebbe resistere al canto delle sirene del -50%, -75%, -90%, contro le quali non basta farsi legare a un palo.