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L'opera ultima di Kojima

Abbiamo provato per la prima in assoluto Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

PROVATO di Antonio Fucito   —   16/06/2015
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
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Dopo il nostro provato avvenuto a metà maggio, che potete leggere negli oltre 20.000 caratteri scritti nei paragrafi qui sotto, siamo in grado di riferirvi cosa ci ha detto Konami del multiplayer di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, che sarà in parte integrato con quello che succederà durante l'avventura principale. Tutto ruota intorno alla Mother Base, la cui personalizzazione non solo comprenderà nuove strutture e piattaforme che serviranno per accrescere fondi e ricercare armi/gadget da utilizzare durante le missioni, ma permetterà anche di creare tutta una serie di difese che andranno da trappole a torrette, passando per telecamere e guardie armate. Questo perché, nel gioco, sarà possibile invadere le Mother Base di altri giocatori umani, e affrontare queste difese come se fosse una vera e propria missione; altresì bisognerà difendere la propria creazione, con un sistema che sarà utile per ottenere ulteriori risorse e semplicemente divertirsi nel rendere la propria base inviolabile e al contempo misurarsi contro quella di altri giocatori. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain disporrà anche del classico multiplayer competitivo nella sua appendice Metal Gear Online: il numero massimo di giocatori sarà pari a sedici, che scenderanno a dodici nelle versioni Xbox 360 e PlayStation 3. Le modalità saranno quelle classiche più qualcuna non ancora annunciata; al lancio ci saranno tre classi, mentre le mappe offriranno un mix tra ambientazioni inedite e altre prese in prestito dal single player. Non appena avremo la possibilità di provare anche questa parte del gioco, non mancheremo di condividere le nostre impressioni approfondite!

La prova su strada

Immaginate una tranquilla giornata redazionale di fine aprile, durante la quale si comincia a parlare dell'E3 di Los Angeles, interrotta da una mail chiara e concisa: metà maggio, prima prova assoluta di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain presso gli studi di Konami Los Angeles. Gioia e giubilo - si tratta pur sempre di uno dei titoli più attesi dell'anno - miste a preoccupazione, a causa delle recenti vicissitudini che hanno coinvolto il produttore giapponese.

L'opera ultima di Kojima

Dinamiche che mai conosceremo completamente, ma che da quanto abbiamo visto non hanno inficiato la qualità e le mire del prodotto, tra le altre cose in forma praticamente definitiva - perlomeno nella componente single player - nonché privo di bug particolarmente vistosi. Gli studi americani di Konami si trovano nella parte sudovest di Los Angeles, vicino quelli di YouTube: due edifici molto sobri con all'interno decine di programmatori che in questa fase si stanno occupando di giocare e rigiocare il titolo ideato da Hideo Kojima, allo scopo di appurare quanto è divertente, cosa non funziona, che cosa va bilanciato. Lo sviluppatore giapponese ha chiesto anche a noi un feedback dettagliato su quanto visto, proprio perché abbiamo avuto a disposizione due giorni pieni e oltre quindici ore di gameplay per sviscerare il titolo nei minimi dettagli. Quindici ore maledette, perché abbiamo già vissuto gli accadimenti iniziali, "rovinandoci" la sorpresa. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain è un titolo vasto e complesso, di sicuro il più ambizioso creato dallo sviluppatore giapponese. Per tutta una serie di motivi, non ultimi i costi di sviluppo e la necessità di proporre qualcosa di differente dopo tanti capitoli così apprezzati dai giocatori di tutto il mondo. Quello che sorprende, dopo averlo giocato per tante ore, sono la grandezza dell'area di gioco e la sua struttura, assieme a un insieme di attività collaterali e personalizzazioni che siamo sicuri faranno impazzire tutti i suoi fan.

La nostra prova in anteprima di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, direttamente dagli studi Konami!

Partenza esplosiva

Andiamo con ordine. Avete presente quel genere di prologo che spezza in due il giocatore, lo esalta, emoziona e travolge con tutta una serie di accadimenti? Ebbene, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain rientra con forza in questa categoria, offrendo magari meno interazione rispetto ad un God of War III, ma egualmente - e ancora di più - un insieme incessante di emozioni dal punto di vista visivo, sonoro e narrativo, un misto tra reale e paranormale con una crudezza mai vista prima per la serie. Al punto che dopo aver vissuto i quasi sessanta minuti del prologo viene da esclamare increduli e fermarsi un attimo per metabolizzare quanto visto sullo schermo.

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Purtroppo non possiamo andare nel dettaglio con i nomi e con la descrizione delle sequenze di intermezzo, ma è di dominio pubblico il fatto che The Phantom Pain sia ambientato nove anni dopo Ground Zeroes, in seguito all'esplosione che ha mandato il protagonista in coma e in frantumi tutta l'organizzazione mercenaria che aveva creato insieme a Miller. Le vicende partono quindi dal risveglio all'interno dell'ospedale: qualcosa si è visto nei trailer, come il "Man of Fire", molto altro accadrà in questa ora di gioco, introducendo tutta una serie di personaggi che siamo sicuri avranno un ruolo importante nell'economia del gioco. In termini di impostazione le fasi iniziali di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain sono identiche a quelle del quarto capitolo: lineari nell'azione con grande utilizzo di sequenze di intermezzo, mai come questa volta orchestrate alla perfezione e fluide nella transizione con il gameplay vero e proprio. In seguito a questa serie travolgente di eventi il titolo rivela la sua nuova struttura, quella del free roaming di infiltrazione che mette a disposizione una mappa vastissima divisa in settori (virtuali, tutti esplorabili da subito), ognuno dei quali teatro di una o più missioni di raccordo per la storia, secondarie o di libera esplorazione. Big Boss è adesso Venom Snake, a causa del corpo martoriato da frammenti che, in seguito all'esplosione, hanno raggiunto cuore e cervello, tenendolo in vita in un delicato equilibrio. Dovrà vendicarsi di quanto è successo e ricostruire la propria organizzazione assieme ad Ocelot e gli altri, mentre la storia si fa sempre più intricata all'apparire di nemici e personaggi che mai hanno un'inclinazione perfettamente chiara e lineare.

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Il centro nevralgico delle operazioni è la Mother Base, costruita per l'occasione nel mare delle Seychelles e punto di partenza per ogni missione del protagonista principale. Ci ritorneremo a breve, nel frattempo una volta raggiunto col proprio elicottero il luogo della missione è possibile richiamare uno dei propri compagni per esplorare la mappa e raggiungere il punto designato, solitamente rappresentato da un avamposto avversario, una base, una fortezza oppure un obiettivo in movimento. In The Phantom Pain c'è ampia libertà di movimento, perché in linea teorica qualsiasi punto della mappa è raggiungibile e si può decidere se affrontare da subito l'obiettivo principale oppure dedicarsi alla raccolta di materiali, l'indebolimento delle linee di comunicazione, la pura e semplice esplorazione. Questo perché il gioco non si appoggia su "trucchi" o sul respawn infinito degli avversari: se si viene scoperti, scatterà l'allarme e verrà richiesto il supporto aereo oppure l'intervento di militari delle basi vicine. Per evitare che questo accada è possibile ad esempio disattivare la corrente, distruggere le radio, abbattere i satelliti nemici: in questa maniera sarà impossibile chiamare rinforzi, e le cose si faranno un po' più facili. Tutto quello che si fa sulla mappa, dalla raccolta al sabotaggio di cui sopra, non viene "dimenticato" tra una missione e l'altra, dando un senso di coesione ed evoluzione man mano che si prosegue nell'avventura. Come detto è possibile rimanere nello scenario di guerra e affrontare le missioni in sequenza selezionandole dall'apposito menu. Ci sono però momenti nei quali tornare alla base è necessario per esigenze di narrazione oppure per selezionare un equipaggiamento di partenza differente.

Il centro di tutto

Kojima ha giocato parecchio sull'aspetto citato poc'anzi, e tornare alla Mother Base offre tutta una serie di vantaggi e chicche imperdibili per i fan, divertenti per tutti quelli che si cimenteranno col gioco. Innanzitutto è possibile cambiarne il colore - noi abbiamo scelto uno scintillante fucsia - ed espanderla nel corso del tempo, grazie a piattaforme di supporto, veicoli e strutture. Il potenziamento di Venom Snake e dei Diamond Dogs si basa infatti sui fondi GMP, che si ottengono ovviamente completando missioni primarie e secondarie (denominate Side Ops), raccogliendo diamanti di valore e compiendo ulteriori attività collaterali. I fondi vengono spesi quando si richiede supporto aereo o munizioni, si utilizza il sistema Fulton, oppure si sviluppano nuovi gadget e armi per il protagonista principale. Solo una parte infatti si trova sul campo di battaglia, tutto il resto va prodotto in casa utilizzando i GMP e il proprio parco ingegneri. Tale personale si ottiene completando alcune missioni secondarie oppure individuando nelle file nemiche quelli di maggior valore (grazie al proprio binocolo), magari in grado di parlare più lingue, e spedendoli alla Mother Base col sistema Fulton.

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Gli ingegneri possono essere impiegati in diverse categorie per aumentarne il livello complessivo, e quindi accedere ad oggetti e costruzioni più avanzate. Abbiamo ad esempio il reparto medico, quello dedicato alle armi pesanti, all'equipaggiamento e tanto altro: una serie di personalizzazioni enorme, quindi, che prevedibilmente va a colpire anche il proprio equipaggiamento, quello del compagno e perfino dell'elicottero, compresa la possibilità di scegliere una musica differente quando si è al suo interno mediante musicassette raccolte in giro per la mappa. Hideo Kojima ha deciso di separare gli accadimenti più importanti della storia, proposti anche a livello visivo, dalla parte di approfondimento, accessibile grazie ad una serie di podcast audio che propongono dialoghi tra i protagonisti e rivelazioni aggiuntive. La comunicazione tra Venom Snake e la Mother Base avviene attraverso iDroid, un vero e proprio computer tutto fare dal quale si gestisce lo sviluppo della base e degli ingegneri, la scelta delle missioni, la richiesta di supporto, la consultazione della mappa e l'interazione sulla stessa. La sua interfaccia è molto ricca e per questo all'inizio un po' confusionaria; ci abbiamo messo del tempo per navigarla velocemente e in maniera efficace, anche perché il gioco offre così tante cose da fare e personalizzazioni da necessitare per forza di un periodo di apprendimento. Per darvi l'idea precisa del sistema di controllo e di quello che è possibile fare, vi raccontiamo in maniera fluida una missione in particolare, la sesta. Dopo averla selezionata in volo sull'elicottero, bisogna scegliere innanzitutto il tipo di equipaggiamento. Nel particolare due armi primarie, altrettante secondarie e i gadget, poi il compagno della missione: inizialmente il cavallo, poi abbiamo il cane che si trova in una missione secondaria, Quiet e il Mech come si vede in alcuni trailer. Dulcis in fundo, il periodo della giornata dal quale cominciare la missione e il punto di atterraggio dell'elicottero, che cambia a seconda di quello che si è fatto in precedenza sulla mappa. Una volta sul campo è possibile richiamare iDroid mediante pressione in basso a destra sul touch pad del DualShock 4, selezionare uno o più punti da raggiungere e richiedere eventualmente informazioni aggiuntive sulla missione. Con R1 si sfodera il binocolo: il suo utilizzo è vitale in prossimità di avamposti nemici perché permette di avere una panoramica sulla loro posizione e "marcarli" con un triangolino rosso in maniera permanente, così da poter affrontare al meglio la fase di infiltrazione o combattimento. Nelle opzioni è possibile selezionare un sistema di controllo da sparatutto in prima persona e uno di tipo tattico, che differiscono per la disposizione dei tasti frontali. Noi abbiamo scelto la seconda configurazione: con R2 si utilizza il combattimento corpo a corpo CQC, oppure si spara in congiunzione con la mira associata ad L2; con X è possibile accovacciarsi e poi distendersi, col quadrato si utilizza il sistema Fulton, si trasportano i corpi e raccolgono oggetti, col triangolo si scavalcano i muri e col cerchio infine si corre e salta in avanti per ripararsi. A cavallo si galoppa velocemente col tasto quadrato, è possibile utilizzare senza problemi le armi e con X decidere se posizionarsi ai lati del destriero, allo scopo di passare inosservati soprattutto a distanza. Solitamente la missione è accompagnata da obiettivi secondari non sempre chiaramente indicati; sulla strada è possibile inoltre imbattersi in altri edifici ed è sempre consigliabile indebolire le difese avversarie oppure esplorare per raccogliere materiali, collezionabili o anche mandare animali, veicoli (che necessitano di un upgrade del sistema Fulton), nemici alla propria Mother Base.

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Quando si è in prossimità di un avamposto ci sono ampie possibilità di approccio, con quello stealth che dà maggiore soddisfazione perché si riesce a esplorare e ripulire l'area senza essere interrotti da allarmi e dall'arrivo di rinforzi. Lo scontro a fuoco, che non viene disdegnato e anzi caldeggiato in missioni specifiche, rappresenta sempre la soluzione finale quando si viene scoperti; ovviamente le possibilità di fallire la missione accrescono notevolmente. Il campionario di gadget e di armi permette di scegliere lo stile che più aggrada, grazie a pistole tranquillanti, l'iconica scatola, il fucile da cecchino con silenziatore, la possibilità di generare rumore e tutta una serie di gadget che vanno sviluppati nella Mother Base. Nel caso malaugurato che si venga scoperti da un singolo avversario, si ha qualche secondo per eliminarlo silenziosamente grazie al cosiddetto Reflex Mode, che rallenta il tempo favorendo l'uccisione. Tale possibilità, così come la mira assistita, è disattivabile all'interno delle opzioni. Ovviamente se si utilizza un mitra o un bazooka tutto lo sforzo sarà stato vano, perché il rumore gioca un altro ruolo importante nell'economia della fase stealth. C'è da dire che Konami e Kojima hanno rinunciato ad ogni velleità completamente simulativa in termini di stealth e intelligenza artificiale, un po' perché difficili da implementare, un po' perché giudicati non divertenti nel contesto del gioco. Il risultato raggiunto rappresenta un buon compromesso, ad ogni modo, nel quale è necessario scervellarsi per affrontare l'obiettivo senza essere scoperti, ed eventualmente indebolire le difese avversarie per portare a casa la missione. Si può essere avvistati e nel caso bisogna far perdere le proprie tracce, oppure nascondersi per bene quando scatta l'allarme, nell'attesa che lo stato d'allerta si riduca e poi finisca. Non ci sono strafalcioni e nemmeno esempi di astuzia incredibile, quindi, per un risultato che riteniamo molto soddisfacente nel proporre la giusta dose di difficoltà senza minare il divertimento e garantendo qualche "licenza poetica" piuttosto divertente. Nella sesta missione lo scopo era quello di recuperare un lanciamissili importante nell'economia della partita. Dopo aver liberato un paio di avamposti siamo stati inseguiti da un elicottero contro il quale non avevamo ancora contromisure efficaci, ci siamo quindi riparati all'interno di un'insenatura per poi raggiungere il campo base nemico della missione, nel quale c'era una grossa struttura costruita nella roccia. La prima parte l'abbiamo affrontata in maniera silenziosa, eliminando uno ad uno i nemici e nascondendo i corpi per non essere individuati dalle ronde di quelli ancora in vita; poi siamo entrati e abbiamo esplorato la zona fino a raggiungere l'obiettivo primario. A questo punto abbiamo richiamato il nostro elicottero, ma uscendo all'esterno ci siamo ritrovati con una nebbia impenetrabile, preludio dell'apparizione di alcuni nemici coriacei e quasi imbattibili che abbiamo dovuto affrontare col lanciamissili appena conseguito, cercando al contempo di muoverci e di non essere sopraffatti dal loro numero e potenza. Dopo tale scontro serrato la nebbia si è diradata, e siamo potuti tornare alla base sani e salvi.

Potenza di fuoco devastante

La prima mappa, ambientata in Afghanistan, offre un bel po' di missioni primarie, secondarie e nelle quali è possibile mandare i propri mercenari per raccogliere risorse e fondi (come in Assassin's Creed, per intenderci). Non saranno le uniche, ma per adesso non possiamo andare nel dettaglio. Alcune missioni principali sono facoltative così come altre secondarie consigliabili per ottenere tutti i compagni, ingegneri di più alto rango e collezionabili. Abbiamo confermato la vastità del gioco appurando che dopo oltre 10 ore reali di gameplay la percentuale di completamento totale era pari al 19% della storia, 9% del totale. In tutto questo contesto il Fox Engine propone un comparto tecnico ulteriormente rifinito rispetto a Ground Zeroes, eccellendo nella gestione delle fonti di luce e nella profondità visiva, in grado di regalare un colpo d'occhio sempre eccezionale magari supportato da rifrazioni della luce dovute ad alba e tramonto.

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La mole poligonale restituisce l'idea di "pienezza" delle strutture, i personaggi principali godono egualmente di un dettaglio importante, Venome Snake soprattutto impressiona per i particolari che contraddistinguono volto ed equipaggiamento, con un numero spropositato di piccoli dettagli. Le texture hanno un'ottima definizione ma forse sono quelle che rendono meno rispetto al resto, poiché meno particolareggiate a partire dalla Mother Base per finire alle strutture nemiche. In generale il gioco ci ha convinto non poco dal punto di vista visivo, con un'ottima pulizia grazie alla risoluzione 1080p e una fluidità pari a sessanta fotogrammi al secondo, la cui stabilità ci riserviamo di giudicare una volta provato per intero il codice finale. La colonna sonora accompagna sempre in maniera adeguata e dinamica l'azione, i brani musicali alternano tracce famose ad altre originali, che man mano si sbloccano per l'ascolto in iDroid e sottolineano alla perfezione i momenti più esaltanti. Il titolo propone un doppiaggio in inglese di pregevole fattura mentre abbiamo potuto appurare la bontà dei testi e sottotitoli in italiano, già selezionabili all'interno del menu principale Metal Gear Solid V: The Phantom Pain non difetta nemmeno dello stile del suo ideatore Hideo Kojima, con tante piccole chicche come gli iconici poster, le scatole con donnine, le docce per lavare il sangue accumulato durante gli scontri a fuoco, citazioni a Pinocchio e Moby Dick (basti pensare al nome del proprio elicottero, Pequod), prese in giro al giocatore e una morale sempre ben presente. Ogni missione comincia con titoli di testa e finisce con quelli di coda, non si contano al loro interno spunti divertenti o la presenza di guest star realmente esistenti... chissà quante altre cose noteremo una volta giocato il titolo per intero.

L'opera ultima di Kojima

Siamo giunti alle prime conclusioni su Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Seppur manchino ancora quasi tre mesi all'uscita, il titolo di Konami si è presentato in una forma quasi definitiva e ci ha convinto appieno, con la voglia di giocarci ancora e scoprire tutto quello che potrà offrire nella versione completa, tra momenti esaltanti, "easter egg", potenziamento ed espansione della Mother Base. Tecnicamente ci siamo e si sprecano i panorami memorabili, il sistema di controllo è stato ulteriormente rifinito ed ora è più fluido, le personalizzazioni e le cose da fare sono tantissime, le missioni divertenti e intelligenza artificiale, sistema stealth e di combattimento funzionano molto bene nel contesto del gioco. I personaggi sono carismatici e la storia come da tradizione di Kojima è raccontata in maniera magistrale. La nuova struttura free roaming, se da un lato porta tutta una serie di benefici elencati a più riprese nell'articolo, dall'altro ci lascia col nostro unico dubbio, quello di una storia troppo spalmata al punto da rimanere meno impressa, sacrificata sull'altare di missioni di raccordo e delle tantissime cose da fare extra gameplay. Una paura che può essere fugata proponendo ad esempio una parte finale di pari tenore di quella iniziale, oppure accadimenti più incisivi proseguendo avanti nell'avventura. Ad ogni modo, non è finita qui! Il 16 giugno vi racconteremo del multiplayer e approfondiremo le Mother Base in relazione alla sua integrazione con gli altri giocatori.

CERTEZZE

  • La struttura free roaming funziona bene e diverte
  • Tantissime cose da fare, comprese le personalizzazioni e la gestione della Mother Base
  • Tecnicamente di alto livello
  • Il prologo è "spacca mascella"

DUBBI

  • La storia è più diluita che in passato: quanto inciderà sul pacchetto completo?