Quello che è successo in occasione dell'uscita di Batman: Arkham Knight su PC è qualcosa che non ha precedenti nell'intera industria videoludica, per una serie di motivi collegati tra loro. In primis, tra i cosiddetti giochi tripla-A non ne era mai arrivato uno così incompleto, anche in casi spinosi come quello di Assassin's Creed Unity, tanto per citare uno degli ultimi. In secondo luogo, non era mai successo che un publisher si vedesse addirittura costretto a ritirarlo dal mercato subito dopo averlo pubblicato. Terzo, Steam si è trovato per la prima volta nella situazione di dover fronteggiare un caso così eclatante dopo l'introduzione dei rimborsi sugli acquisti, avvenuta neanche a farlo apposta a inizio giugno. Mentre tutti aspettavano la possibilità di godersi l'avventura del Cavaliere Oscuro su PC insieme a chi lo faceva su console, la data d'uscita di Batman: Arkham Knight si è trasformata in fonte di rabbia e frustrazione, portando dietro di sé una scia di dibattiti che hanno toccato diversi argomenti: tra questi, il più ricorrente ha riguardato le dinamiche dei preorder, e il modo in cui questi vengono gestiti da publisher e sviluppatori. A detta di alcuni, sarebbero infatti loro a trarne maggiori benefici, al contrario di quanto avveniva in passato. Per quanto riguarda invece noi giocatori, siamo sicuri che la possibilità di prenotare un gioco prima che arrivi sul mercato rappresenti ancora un mezzo utile? È possibile che grattando la superficie venga fuori altro? Domande inevitabili, alle quali proviamo oggi a dare una risposta.
Dopo quanto successo a Batman: Arkham Knight su PC, in molti hanno puntato il dito contro i preorder
C’era una volta
Come accade spesso, il modo migliore per capire la questione che ci apprestiamo ad affrontare è andare dritti alla sua origine. Torniamo così indietro nel tempo, fino a quando Steam ancora non esisteva, via Internet si poteva scaricare al massimo qualche mp3 e l'unica alternativa per comprare un gioco era uscire di casa e recarsi al negozio. Allora come oggi, esistevano titoli più attesi di altri, coi quali aumentava il rischio di finire a bocca asciutta una volta arrivati dal proprio rivenditore di fiducia: sarà capitato a chiunque, almeno una volta nella vita, di trovarsi di fronte alla parola "esaurito". Non sappiamo se a scatenare la miccia sia stata una persona che dopo una fila interminabile non ha reagito bene al pensiero di tornare indietro con le pive nel sacco, fatto sta che qualcuno ha introdotto a suo tempo i preorder, una possibilità aggiuntiva per i videogiocatori grazie alla quale garantirsi il titolo a lungo atteso, senza imprevisti di sorta. Rispetto a oggi, non cambiava il modo in cui ci si esponeva a vantaggi e svantaggi di anticipare soldi per avere il gioco prima degli altri, ma chi non voleva correre il rischio di buttare via quattrini poteva invece aspettarne l'uscita, ricorrendo poi a diverse opzioni per sincerarsi della sua qualità: il parere di un amico, quello della rivista preferita o la prova diretta, effettuabile con la demo.
A questo punto il cerchio inizia a chiudersi, perché se le versioni dimostrative sono progressivamente scomparse (a parte qualche mosca bianca) la colpa è della cultura del preorder, o forse dovremmo dire di quella che è diventata la sua stortura. Con sconti sul prezzo completo, bonus, esclusive e altro materiale destinato a spingere il giocatore a mettere mano al portafogli prima dell'uscita di un titolo, siamo arrivati al punto in cui spesso col preorder di un gioco non ci assicuriamo più il gioco stesso, ma quello che gli fa da contorno: gli elementi esclusivi fanno gola proprio in quanto tali, anche se ci viene promesso uno sfavillante set di mutande esclusivo per il protagonista. L'industria ha deciso d'investire sempre più nel marketing diretto, piuttosto che perdere tempo e denaro con demo e altre tipologie di promozione che non sono in grado di garantire gli stessi risultati. Nella scena attuale, i preorder sono un aspetto fondamentale nella strategia economica delle case di produzione: grazie a essi, i publisher dei giochi più importanti sono sicuri di avere un certo ritorno in termini economici già a partire da diversi mesi prima della loro uscita, e possono farsi un'idea di come andrà il prodotto. Come si aggancia tutto questo all'uscita di titoli incompleti? Visto che con errori del genere ci si gioca la faccia, non vogliamo pensare che i diretti interessati siano in malafede, ma in una situazione simile è innegabile che vengano a mancare buona parte degli incentivi per far sì che non si verifichino errori e problemi al momento del rilascio. Per non rimandare l'uscita del gioco su PC a un secondo momento, perdendo così potenziali vendite, si finisce per dare la conversione in mano a un team diverso da quello principale, costretto magari a completare il lavoro in tempi stretti o senza avere i mezzi adeguati. Il risultato, in questi giorni, è sfortunatamente sotto gli occhi di tutti.
Un grande potere
Con quanto detto finora non vogliamo dire che i preorder siano il male assoluto. Non vogliamo nemmeno essere ipocriti, visto che anche noi in alcuni casi abbiamo speso soldi "a prescindere": ognuno può avere un buon motivo, rigorosamente soggettivo, per assicurarsi il gioco che vuole all'ora X, sia esso il sequel atteso per anni o il bonus feticcio (qualcuno ha detto Pip-Boy?) al quale da fan irriducibile è proprio impossibile dire di no. Il punto è però che il consumatore ha nelle proprie mani un potere grande, da esercitare in modo consapevole tenendo presente che il motivo stesso per il quale i preorder sono nati è adesso relegato in secondo piano. Steam e le connessioni a banda larga permettono ormai alla maggioranza delle persone di scaricare i giochi da Internet: il preorder in questo caso non ci garantisce altro che il download del gioco, e per quanto ne sappiamo i bit sono infiniti.
Come conseguenza diretta delle prenotazioni digitali, diminuiscono anche quelle delle copie fisiche nei negozi, permettendo così a questi ultimi di adeguarsi con maggiore efficienza ai lanci più importanti per evitare di rimanere senza scorte. Anche per raccogliere pareri, la Rete rende tutto più semplice, dai siti che pubblicano subito la recensione senza più dover aspettare che esca una rivista in edicola, a forum e altre piattaforme dove leggere le opinioni dei giocatori stessi. È quindi inutile rendere il preorder una prassi per ogni gioco che si compra, ma è ancora peggio allentare i cordoni della borsa solo perché ci viene offerto un DLC o qualsiasi altra cosa di poco conto: quel di più che si crede di ottenere gratis, lo si paga svilendo il potere del consumatore, contribuendo al processo che ci porta poi ad assistere alle contraddizioni che il mercato videoludico ci propone di tanto in tanto. Se dobbiamo arrivare a effettuare un preorder per elementi che non siano il gioco stesso, pretendiamo di ricevere quantomeno qualcosa di significativo in cambio, sia esso il feticcio irrinunciabile di cui sopra o anche una semplice esclusiva temporale come quella di StarCraft II: Legacy of the Void, al cui preorder sarà associato un accesso anticipato al prequel Whispers of Oblivion. In conclusione, non ce la sentiamo di dare le colpe di tutti i mali ai preorder come altri hanno fatto durante i giorni scorsi, perché crediamo che si possa lavorare bene e meritare la fiducia dei consumatori anche commettendo degli errori. In caso di problemi, Internet offre al giorno d'oggi la possibilità di apportare correzioni immediate a difetti minori che in passato avrebbero richiesto patch macchinose da distribuire e far installare. Per andare tutti d'amore e d'accordo, l'importante è che i giocatori imparino a valutare bene i benefici ottenuti prima di effettuare un preorder, elemento sul quale i publisher dovrebbero iniziare a premere un po' meno, pensando di più ai consumatori.