Subito dopo aver provato le due missioni del single player di Halo 5: Guardians, abbiamo avuto la possibilità di testare una nuova mappa Warzone e di giocare in alcune delle ambientazioni della modalità Arena che, limitata esclusivamente a scontri da quattro giocatori per squadra, rappresenta il cuore competitivo di questo nuovo capitolo della serie. Non a caso 343 Industries ha già annunciato una competizione da un milione di dollari e in occasione della GamesCom ha mostrato il titolo attraverso un torneo che ribadisce il chiaro intento, già espresso in passato, di puntare al settore eSport con la promessa, da non sottovalutare, di server dedicati e localizzati.
Nuovo incontro con il multiplayer di Halo 5: Guardians tra importanti conferme e qualche timore
Sangue e Arena
Se il secondo Halo tutto realizzato da 343 Industries ha qualcosa da dimostrare, questo qualcosa si trova nella componente multigiocatore che ha l'arduo compito di farci dimenticare le prime settimane di vita della Master Chief Collection. Ed è molto probabile tutto ciò accada visto che questa volta il netcode è uno solo e non ci troviamo a che fare con il porting di una serie di titoli sviluppati da un altro team su due diverse piattaforme.
Decisamente confidenti, dunque, ci rivolgiamo all'elemento più importante in un gioco di questo tipo. Parliamo dell'ossatura del gameplay che nell'Arena, laddove i veicoli non possono entrare, è tutto quello che conta. Al di là di tutte le considerazioni possibili sull'introduzione dello smartscope e delle nuove abilità Spartan, la cosa più importante da dire è che il PvP sembra funzionare alla grande. Halo è cambiato: gli scontri a medio raggio sono più pericolosi e introduce lo sprint, che rende più frenetici gli scontri sulla breve distanza ma il gameplay è quello di Halo, il corpo a corpo non è stato snaturato, le prodezze e le tempistiche sono quelle familiari ai fan della saga e parlare di virate verso Call of Duty o Battlefield, nonostante qualche analogia a questo punto possa essere fatta, è decisamente fuori luogo. L'anima di Halo, in sostanza, è salva e le nuove dinamiche di movimento aggiungono effettivamente spessore all'azione, permettendoci di accorciare la distanza da un nemico e di compiere schivate fulminee nella speranza di confondere chi ci sta tenendo sotto mira. Ed è anche possibile attaccare in picchiata e restare sospesi in aria per qualche attimo compiendo vere e proprie prodezze, seppur non sia possibile abusare di queste possibilità visto il cooldown di qualche secondo. Inoltre il tiro sospeso rischia di trasformare il nostro Spartan in un piattello, sbagliare una carica verso il nemico può renderci drammaticamente vulnerabili e un errore nell'attacco dall'alto è quasi una condanna a morte. Il bilanciamento, insomma, sembra curato a partire dallo scudo che si ricarica rapidamente ma non si rigenera mentre il nostro Spartan sta correndo. E sono bilanciate anche le armi con le granate potenti ma dal raggio non estremo, esclusa quella prometeica i cui frammenti inseguono il bersaglio, e la pistola che è piuttosto efficace sulla media distanza ed è utile per finire un nemico quando il caricatore dell'arma principale si esaurisce.
La modalità mira non rallenta il passo del nostro personaggio ma può rallentare la cadenza dell'arma; elemento è importante perché restituisce qualcosa al fuoco non mirato. In ogni caso le modifiche non snaturano l'esperienza tra grandi salti, potenziati dalla possibilità di aggrapparsi alle superfici, e scontri frenetici ma puliti, precisi, pieni di sfaccettature. Quello che viene fuori è un multiplayer serrato e apparentemente bilanciato che non cambia stile ma cambia passo. Questa volta non abbiamo provato la modalità team SWATm ma ci siamo alternati tra il sempreverde Capture the Flag e il classico Team Deathmatch. La prima mappa, la speculare Coliseum, l'abbiamo inizialmente affrontata in Deathmatch potendo contare sul lanciarazzi piazzato su un terrazzino rialzato che delimita un lato della mappa.
I giocatori, spronati dal telecronista che ha un ruolo fondamentale nel tenere tutti vigili, si sono presentati puntualmente allo spawn della power weapon dandosi battaglia sul corridoio, che essendo però aperto sul fianco ha esposto i più temerari al fuoco laterale. Queste dinamiche ci hanno dato ulteriore conferma dell'attenzione al bilanciamento, almeno in relazione a quanto abbiamo avuto occasione di vedere, e le cose sono migliorate ulteriormente in modalità Capture the Flag. La meccanica è quella classica, anche se la maggior precisione a distanza delle armi automatiche rende la fuga più complicata. Le piccole mappe Arena lasciano comunque scampo, con Coliseum che ad esempio include un paio di golosi passaggi coperti nel mezzo della mappa. Riassumendo bisogna avere la propria bandiera in custodia e trascinarci sopra quella degli avversari per fare punto. Il portabandiera non può correre, ma a differenza di quanto capita in altri giochi non c'è nessun indicatore a svelare la sua posizione fino a quando questi non viene effettivamente individuato. Quando qualcuno lo scova le cose però si fanno difficili visto che l'intera squadra avversaria si precipita a tallonarlo, ancora una volta spronata dal telecronista che fa in modo che tutti i giocatori intervengano tempestivamente. Come risultato ci siamo trovati di fronte a partite rapide e bilanciate con veloci cambiamenti di fronte e possibilità in abbondanza di mettere in mostra la propria abilità. In seguito abbiamo provato Fathom, una suggestiva mappa sottomarina con tanto di cetacei annessi. La mappa si sviluppa su più livelli ed è indubbiamente adatta a modalità come Re della Collina, Teschio e, ovviamente, Deathmatch. Noi ci siamo lanciati in quest'ultimo tra corridoi stretti e stanze molto ampie che consentono di tenere sott'occhio la zona dall'alto. A occhio, gli spawn funzionano in modo classico: quando gran parte di una squadra è da una parte, i giocatori deceduti della squadra avversaria compaiono dall'altra. Capita però che un singolo giocatore rimasto isolato si ritrovi improvvisamente circondato dai nemici anche se in Halo, complici le spettacolari mosse assassinio, anche un solo Spartan può combinare un macello. Ed è un macello d'impatto tra effetti particellari, animazioni spettacolari e una definizione incredibile. La lista di mappe Arena della versione che abbiamo provato ne includeva dodici mentre il totale, incluse quelle Warzone, dovrebbe arrivare a venti. Successivamente ne arriveranno un totale di altre quindici che saranno distribuite gratuitamente. Le prospettive, insomma, sono ottime e nel caso della modalità Arena non ci sono microtransazioni da temere, visto che le modifiche possibili sono esclusivamente di natura cosmetica.
Non solo eSport
Come anticipato, siamo tornati anche sulla modalità Warzone con una mappa circondata dal mare e contraddistinta da grossi ammassi rocciosi. Si tratta della celeberrima Raid on Apex 7, la più grossa mappa mai realizzata per Halo che ospita un'installazione dei Precursori ed è ispirata alla missione The Silent Cartographer. Warzone è molto semplice da spiegare ma è decisamente meno semplice da giocare. Anche se si tratta di una modalità in linea di massima più caotica dell'arena, la coordinazione della squadra, che in questo caso parte da un minimo di nove giocatori e può arrivare fino a un massimo di dodici, è un elemento fondamentale per portare a casa la vittoria.
Come già sappiamo la modalità Warzone parte con lo sbarco delle squadre in due zone opposte di un'enorme mappa. Prima di arrivare allo scontro diretto, entrambe le fazioni devono liberare una prima base occupata da forze aliene controllate dell'intelligenza artificiale. Successivamente è possibile conquistare una postazione intermedia e infine arriva l'assalto alla massiccia base centrale, che di solito coincide con l'inizio effettivo delle ostilità tra i giocatori. Quando tutte tutte le basi sono conquistate da una squadra, quella principale del team avversario diventa vulnerabile e può essere attaccata direttamente. Chi distrugge il generatore vince, indipendentemente dai punti, ma la missione non è facile e se nessuno riesce a prendere il controllo la mappa l'esito lo decidono le conquiste, gli scontri diretti tra i giocatori e l'uccisione dei nemici controllati dall'intelligenza artificiale che popolano la mappa. I più deboli, che includono i soldati che appaiono in rinforzo di una squadra quando questa conquista una base, sono poco resistenti ma, quando ce li siamo trovati di fronte d'improvviso, siamo stati letteralmente crivellati di colpi. Inoltre le forze aliene che continuano ad arrivare includono élite e boss che possono turbare l'equilibrio della mappa, sia attaccando i giocatori sia elargendo parecchi punti quando sconfitti. Un team può puntare direttamente al generatore avversario e Raid on Apex 7 permette, nella maggior parte dei casi, di avanzare senza troppi problemi verso gli obiettivi. La base centrale, che è di importanza strategica enorme grazie a un'alta terrazza che consente di tenere sotto controllo tutta l'area centrale della mappa, è accessibile da una scala che la attraversa internamente o da due rampe che salgono lungo un edificio che fa da base per una gigantesca struttura che si innalza a perdita d'occhio. Ma c'è una terza strada che passa per le due basi intermedie, sul cui tetto c'è un goloso jumper che consente di lanciarsi in volo verso la base centrale.
Difendere una struttura aperta con così tanti accessi non è cosa facile e all'inizio l'equipaggiamento disponibile è limitato. Per nuovi loadout e veicoli è necessario accumulare energia, esperienza e crescere di livello e anche questo spesso non basta, visto che buona parte dell'equipaggiamento passa attraverso le famigerate Requisition. Di base, il sistema di carte permette di sbloccare modifiche cosmetiche che, pur essendo più semplici rispetto al passato, includono un sacco di varianti per un totale di 175 armature, 175 elmetti e più di 50 visori oltre a skin per le armi, animazioni e almeno 218 emblemi. Disponibili anche in Arena, queste modifiche non influenzano il gameplay ma nella modalità Warzone le cose cambiano con le Requisition che includono armi per arricchire la varietà di loadout, certificazioni, armi pesanti, potenziamenti e veicoli, Scorpion incluso. I box che elargiscono carte di diverso valore a seconda del tipo sono acquistabili anche con i punti accumulati giocando ma l'inevitabile timore è che la possibilità di acquistare pacchetti di carte possa sbilanciare l'esperienza e l'ovvia speranza è che, tarando al millimetro restrizioni come l'energia necessaria per gli acquisti, 343 Industries sappia come arginare eventuali sproporzioni. In ogni caso l'influenza del sistema REQ sul gameplay è netta e nella partita a cui abbiamo partecipato sono arrivate torme di veicoli, tanti da permettere anche a parecchi Covenant di accaparrarsene uno. Come risultato la mappa si è animata d'improvviso e il caos ha reso meno facile organizzare un approccio ragionato, ma non è detto che questo sia un male. La natura evolutiva delle partite garantisce esperienze fluide e quasi mai statiche, rese dinamiche da un'intelligenza artificiale che ha un'impatto deciso sul gameplay e impreziosite da un comparto tecnico solido, sempre ancorato a 60 frame e caratterizzato da un orizzonte visivo lontano e dettagliato che in una modalità come Warzone non è cosa da poco.
CERTEZZE
- Attenzione per il bilanciamento
- Le mappe provate sembrano funzionare decisamente bene
- Fluidità garantita anche nell'affollata modalità Warzone
- Le forze controllate dall'intelligenza artificiale influenzano l'azione
DUBBI
- La personalizzazione dello Spartan non è ai livelli dei capitoli precedenti
- Le microtransazioni della modalità Warzone fanno un po' paura