Forse non tutti se lo ricorderanno ma l'anno prossimo la saga di Tomb Raider compie vent'anni, e in questi due decenni abbiamo assistito a numerosi cambiamenti, dai grandi successi dell'inizio, ai pesanti tracolli fino al passaggio definitivo dei diritti del franchise... un bel po' di montagne russe insomma. Il risultato in termini narrativi è stata la nascita di tre universi distinti, ognuno con la sua personale versione dell'iconica eroina; e all'interno di questi mondi esistono poi tre punti essenziali della mitologia del personaggio che allo stesso tempo accomunano e distinguono i vari universi di Tomb Raider, elementi cardine che, in base alla variazione degli stessi, creano un personaggio differente. Un evento traumatico, ceto sociale (e istruzione) e il rapporto con il padre sono i tre momenti fondamentali nella storia della predatrice di tombe che nel tempo sono stati maneggiati dagli sviluppatori per creare le diverse sfumature di Lara Croft. Prima di continuare ci teniamo ad avvisarvi che troverete alcuni spoiler relativi a Rise of the Tomb Raider, lettori avvisati...
Lara Croft: come quest'icona è cambiata negli anni e quali prospettive le riserva il futuro
Schianti aerei e naufragi
Il primo punto è il più importante di tutti perché è quello che ha direttamente a che fare con la nascita dell'avventuriera. Nell'universo Core Design, Lara si appassiona all'archeologia e all'avventura attraverso le imprese dell'esploratore Werner Von Croy (successivamente suo mentore e figura di grande importanza del quarto capitolo della saga), ma è solo dopo un terribile incidente aereo sulle pendici dell'Himalaya che Lara capisce qual è il suo posto nel mondo: passerà gli anni successivi a viaggiare, imparando dalle sue esperienze e mantenendo un rapporto distaccato con la famiglia (di origini aristocratiche e che la vuole sposata con un nobile suo coetaneo), pur accettando gli oneri della sua discendenza.
L'universo Crystal Dynamic prima di Square Enix con la trilogia Legend - Anniversary - Underworld compie un lavoro magnifico, apportando leggere modifiche al personaggio al fine di creare una struttura narrativa meno annacquata e più matura, cosa che fino a quel momento Tomb Raider non aveva mai vantato. Il famoso disastro aereo viene spostato cronologicamente nell'infanzia del personaggio, un evento che segnerà per sempre l'intera famiglia Croft, a causa dell'improvvisa morte della madre di Lara. In questo modo la storia complessiva della trilogia acquistava forza ma senza rinnegare le vecchie avventure di Lara, portando la trama su una timeline leggermente diversa ma pur sempre credibile, dimostrando con quanta delicatezza certe operazioni possono essere fatte per mano di bravi sviluppatori. Il reboot Square Enix cancella tutto con un netto colpo di spugna facendo del "fattore trauma" il fulcro del nuovo gioco del 2013, chiamato non a caso Tomb Raider, e basta. Qui vediamo per la prima volta una Lara in difficoltà: lontana dai libri e dall'istruzione accademica ma con una grande fame di avventura e una curiosità innata, la ragazza si trova a fronteggiare un vero incubo completamente sola, per uscirne diversa e più forte. Una forza che esce in modo ancora più deciso in Rise of the Tomb Raider, andando a delineare una Lara Croft più d'azione e violenta rispetto a quella che abbiamo imparato a conoscere. Le buone maniere e la grazia che contraddistinguono una vera Lady ormai sono svanite, e qui si passa al secondo punto.
“A lady should be modest”
Una parte fondamentale della storia famigliare di Lara è il ceto sociale che porta con sé, come ci ricorda l'immenso maniero e il maggiordomo, un titolo nobiliare e un'istruzione prestigiosa. Nonostante l'universo Core ci proponga una Lara "autodidatta" la sua istruzione è stata finemente curata da insegnanti privati, precettori e collegi; anche la Miss Croft di Crystal Dynamic riceve un'istruzione eccellente, motivo per cui in Underworld legge perfettamente rune norrene, sanscrito vedico e geroglifici maya.
Anche qui il reboot si distacca dai predecessori, raccontandoci la storia di una ragazza che non ha mai sopportato l'ambiente aristocratico, che non ha mai cercato di integrarsi nella sua società e per questo frequenta un'università pubblica. Ovviamente questo non la rende meno acculturata rispetto alle precedenti versioni, visto che la ragazza nell'ultimo capitolo uscito si lancia con grande entusiasmo nell'imparare nuove lingue. Nonostante nell'evoluzione del personaggio l'amore per la cultura abbia sempre giocato un ruolo importante, il ripudio della famiglia e del suo status nobiliare porta la Croft più recente a perdere un elemento molto caratteristico del personaggio, ma non del tutto irrecuperabile in futuro. La Lara del reboot Square assomiglia molto di più a quella proposta da Simon West nel primo film dedicato a Tomb Raider (dove Lara veniva interpretata dall'indimenticabile Angelina Jolie, ed è una delle sue battute a dare il nome a questo paragrafo!) e cioè un maschiaccio anticonformista che non vuol per nessun motivo far parte dell'aristocrazia inglese, mentre sappiamo bene quanto Lara sia capace di sfoderare una classe degna di una vera Lady.
Tale padre...
Il rapporto con il padre è il terzo e ultimo punto dell'analisi che ci fa comprendere chiaramente le differenze nel personaggio e che porta definitivamente alla nascita dell'avventuriera. Se nell'universo Core i genitori di Lara non hanno mai avuto un ruolo fondamentale (mai visti e quasi mai nominati ma soprattutto, mai deceduti) il rapporto con madre e padre sono il cardine della trilogia Crystal Dynamics. La perdita della madre dopo l'incidente aereo gettano nello sconforto Lara e il padre che, mai datosi per vinto, cercherà la moglie per tantissimi anni fino a scomparire anche lui in circostanze misteriose. Stavolta l'universo Square pare non discostarsi troppo dal suo predecessore, raccontandoci una storia famigliare ancor più travagliata e dolorosa: dopo la scomparsa della madre Lara ha passato un'infanzia in solitudine, lontana dall'affetto della famiglia e portando sulle proprie spalle il peso di un padre in rovina. La figura paterna quindi gioca un ruolo molto importante anche in Rise of the Tomb Raider e per questo non ci sentiamo di dire che le incongruenze tra la Lara di ieri e quella di oggi sono del tutto irreparabili.
Sopravvissuta... ma a cosa?
Per natura, qualunque sia la situazione, ricominciare da zero non è facile: il modo migliore è probabilmente rimboccarsi le maniche e cercare di fare del nostro meglio senza però dimenticare il passato, così da poter tenere ciò che di buono c'è stato e aggiustare le storture laddove necessario. Non è stato però questo l'approccio che Crystal Dynamics e Square Enix hanno adottato nel 2013 per creare un nuovo Tomb Raider, partendo sì da zero, ma lasciandosi alle spalle tutto quello che c'è stato prima, Lara Croft compresa.
Che il gioco avesse bisogno una bella rinfrescata era chiaro a chiunque: il combat system obsoleto pesava non poco sulla saga e la nostra eroina cominciava ad essere vicino al pensionamento, visto che all'anagrafe la "vecchia" Lara Croft risultava essere nata nel 1968 (ad oggi avrebbe 47 anni!). Motivo per cui non c'è da obiettare la scelta fatta nello scegliere una giovane Lara per riavviare la saga e la volontà di rivedere da zero anche il personaggio assieme all'interno impianto tecnico e narrativo non è assolutamente un punto negativo, visto che il lavoro sul personaggio è molto convincete... e non a caso frutto del lavoro di Rhianna Pratchett, una delle sceneggiatrici più capaci del panorama odierno. Tutto il lavoro fatto sulla nuova Lara gioca ovviamente a favore del nuovo tipo di eroina che il team volevano creare, la Sopravvissuta, dandole la sua dignità e creando un buon personaggio adatto alla piega action e cinematografica presa dalla saga. È stata una scelta senza dubbio coraggiosa visto che non stiamo parlando di un personaggio neonato o minore, ma di una vera e propria icona, non solo dei videogiochi ma della cultura pop contemporanea in generale (a Lara Croft hanno addirittura dedicato una strada in suo onore, e se non ci credete cercate "Lara Croft Way" su Google Maps); probabilmente le scelte fatte sembrano suggerire che Lara Croft sia sopravvissuta proprio a se stessa, che abbia lottato contro lo stereotipo del sex symbol per rinascere più forte, più determinata e più profonda.
Manca l'anima?
Il prodotto finito quindi ci propone una Lara Croft completamente nuova, sopratutto non più schiava delle stereotipo sessista che il personaggio ha dovuto portarsi sulle spalle assieme al suo inseparabile zainetto per tutti questi anni. L'aver voluto cancellare completamente la femminilità del personaggio non è stata un scelta apprezzata da tutti, e in molti hanno visto in questo gesto quel radicale movimento femminista che negli anni si sta facendo largo anche nell'industria videoludica, come altri non hanno accetto la sostituzione o l'eliminazione di alcuni simboli fondamentali del personaggio (dalle doppie pistole al sopracitato zainetto).
La questione su cui ancora oggi migliaia di fan discutono non è il perché è stato fatto un riavvio di saga e personaggio, ma come è stato fatto. La questione non è più esclusivamente relativa al team di sviluppo e alle sue scelte creative ma qui entrano in gioco interessi più grandi. Acquistando Eidos, Square Enix si è ritrova tra le mani quella che molto probabilmente è stata (inizialmente) vista come una potenziale montagna di soldi, un tesoro che però celava molti più oneri che opportunità: in men che non si dica la software house aveva a disposizione diritti di giochi come Tomb Raider, Deus Ex, Thief e Hitman, tutti destinati uno dopo l'altro ad andare incontro ad inevitabili reboot. Non si può di certo incolpare Square Enix di non aver speso abbastanza risorse ed energie per questi reboot perché molti sono stati tempo, denaro e fatica impiegati in questi titoli, ma il risultato è comunque soggetto ad una bocciatura concettuale perché, da un certo punto di vista, in questi reboot targati Square non c'è anima. Possedere i diritti di un gioco, aver a disposizione un grande team di sviluppo e affidarsi alla sapiente mano di una brava sceneggiatrice non porta automaticamente ad ottenere un risultato soddisfacente. Questo non vuol dire che i nuovi capitoli di Tomb Raider e tutti gli altri giochi ex Eidos siano brutti, i giochi brutti sono altri e i voti che questi titoli hanno preso sono più che meritati, né ci sentiremo di insinuare che Square Enix non abbia esperienza nel settore ma, come dicevamo, secondo chi scrive manca l'anima, manca lo spirito che ha reso celebre la saga ed indimenticabile Lara Croft nel cuore dei giocatori. Ovviamente da parte dei fan più accaniti ci vuole un minimo di apertura mentale e la giusta dose di pazienza, in attesa che il publisher prenda confidenza in modo definitivo con il brand (e dal primo gioco del 2013 ad oggi i risultati ci sono stati e ne siamo felici) come se fosse uno dei tanti giochi storici di punta della casa. Siamo certi che ci sono delle ottime prospettive per questa nuova eroina, anche se i più sentimentali tra di noi continueranno nel profondo a sentire la mancanza della vera Lady Lara Croft.