Sappiamo tutti benissimo che i film, quando cercano di essere videogiochi, spesso si trasformano in ricette per la catastrofe. I motivi sono sempre gli stessi: il grosso del budget viene speso per acquistare la licenza, i tempi di sviluppo sono schiavi delle dure regole del marketing, si cerca di ricalcare il genere che va più di moda, si forzano i meccanismi del gioco nel film e così via. Poche pellicole possono vantarsi di aver ispirato titoli degni di questo nome e nella maggior parte dei casi parliamo di prodotti usciti con calma, senza piegarsi alle logiche del merchandising legato alla distribuzione cinematografica. Se poi invertiamo la prospettiva e scorriamo la lista di videogiochi che sono diventati film, il panorama si fa ancora più desolante. Non ce n'è uno che raggiunga la sufficienza né su Rottentomatoes né su Metacritic (anche se forse in alcuni casi il giudizio è fin troppo severo). Prendiamo il primo, quello dedicato a Super Mario Bros., una robaccia inguardabile, un film talmente brutto che potrebbero usarlo come strumento di tortura a Guantanamo. Street Fighter? Così insulso da fare il giro del mondo e trasformarsi in un cult del trash. Quelli dedicati a Tomb Raider? Buoni giusto per vedere la Jolie. Si salva forse Mortal Kombat perché contiene una delle colonne sonore più tamarre di sempre. Con l'arrivo di Warcraft, Assassin's Creed e altri adattamenti illustri è dunque lecito domandarsi: "Perché i film tratti dai videogiochi fanno schifo?"
Pensate anche voi che i film tratti dai videogiochi facciano tutti rigorosamente schifo?
Riassuntoni e spiegoni
Lo scopo di un adattamento cinematografico non è soltanto quello di portare in sala i fan del videogioco, ma soprattutto quello di trasformare un prodotto altrimenti di nicchia in un successo in grado di affascinare anche un pubblico nuovo, magari più numeroso.
Per riuscire nell'impresa è indispensabile dosare in un perfetto equilibrio le novità narrative per i fan e le nozioni facilitate per il resto degli spettatori che altrimenti non capirebbero quello che succede sullo schermo, per esempio perché gli orchi parlano o come mai un tizio ha appena sparato una palla di fuoco con le mani. Nel frattempo è anche importante riuscire a condensare una storia, che di solito si dipana per una decina di ore minimo, in due ore scarse di pellicola, altrimenti la gente dà fuoco alla sala. E forse è proprio questo il più grande problema degli adattamenti cinematografici. In un videogioco si hanno a disposizione ore e ore per illustrare una storia complessa, articolata e spesso non lineare. Di livello in livello il pubblico finisce per affezionarsi ai personaggi, vivendo le loro stesse tribolazioni e cercando di proseguire non solo perché gli piace la storia, ma per il gusto di giocare. Questa magia però al cinema scompare. Sono pochissime le saghe che possono permettersi più episodi in cui sviluppare la storia, negli altri casi il regista è costretto a tagliare un sacco di materiale interessante e talvolta fondamentale per capire a fondo i personaggi (è successo anche con film lunghissimi come Il Signore degli Anelli). Inoltre, il protagonista è pur sempre qualcuno di esterno e che molti vedono per la prima volta: è praticamente impossibile creare lo stesso legame che molti hanno con Ezio Auditore.
La storia dov'è?
Molti adattamenti falliscono perché Hollywood punta come alle corse dei cavalli sui videogiochi sbagliati. Certo Super Mario è un'icona di fama mondiale ed è un personaggio immediatamente riconoscibile, ma questo non vuol dire che sia facile farne una trasposizione cinematografica. Stiamo pur sempre parlando di un idraulico italiano che vive in un mondo fantastico, cresce mangiando i funghi, schiaccia le tartarughe e lotta contro un drago. Quanti onestamente prenderebbero sul serio un film del genere? La grafica fumettosa poi non aiuta a rendere le cose più semplici. Avete mai visto una rappresentazione realistica dei Simpson? Uno di quei disegni che li ritraggono come persone reali? Sono materiale degno di un incubo. La soluzione che viene spesso adottata in questi casi è prendere il franchise e stravolgerne completamente il contesto, impoverendolo. Il risultato è un po' come quello di un hamburger vegano: una brutta imitazione nata per accontentare un pubblico differente. Prendiamo ad esempio Tomb Raider, banalizzato in un semplice film d'azione, oppure Resident Evil... che non è malaccio, ma resta comunque tutt'altra cosa rispetto al videogioco con il fattore horror che si è perso per strada. Altre dimostrazioni sono Max Payne che aveva tutte le potenzialità per essere un noir coi fiocchi ed è stato invece trasformato in una barzelletta coi demoni o Street Fighter che improvvisamente diventa un film su un conflitto internazionale. Questo di solito succede per colpa del fatto che gli adattamenti sono scritti da individui che palesemente non conoscono la materia da plasmare e confidano nella fanbase, dimenticandosi che proprio i fan, soprattutto quelli di videogiochi, sanno essere giudici più spietati di un tribunale dell'inquisizione spagnola.
Niente di nuovo
Altri giochi soffrono invece del problema opposto, sono dotati di un ottimo impianto narrativo e possono tranquillamente rivaleggiare con i grandi film, ma una volta messi su pellicola ci si rende conto che sono solo declinazioni di qualcosa che al cinema abbiamo già visto. Inoltre spesso la storia buona è già quella del gioco, quindi al cinema assistiamo a una banale ripetizione. Perché diciamoci la verità: The Last of Us è un bel titolo e un gran pezzo di narrazione, ma quanti film ricalcano più o meno le stesse tematiche?
Il film di Doom per esempio si è poi rivelato solo una brutta copia action di Aliens, Mass Effect sarebbe probabilmente qualcosa di visto e rivisto nel genere sci-fi, mentre una trasposizione di Call of Duty non sarebbe altro che l'ennesimo war movie (tra l'altro esiste già qualcosa di simile: Act of Valor). C'è dunque il rischio, purtroppo, che Warcraft si possa trasformare in una pellicola fantasy priva del fascino di una mitologia immensa o che un film di Metal Gear Solid possa essere accolto dal pubblico come l'ennesimo film di spionaggio. Per quanto si corteggino da sempre, narrazione filmica e videoludica sono due cose diverse, con tempi diversi, che condividono alcune regole ma hanno linguaggi e sviluppo della storia che richiedono approcci differenti. Inoltre, molti film tendono a privare i personaggi delle loro qualità più importanti, banalizzandoli, un po' come fanno certi videogiochi quando stravolgono la storia per adattarla alle esigenze del gameplay. Senza contare che c'è un altro problema: molto spesso nei videogiochi i protagonisti siamo noi, mentre nei film viene inserito un attore che deve dare personalità a figure che spesso non ne hanno. Secondo voi avrebbe senso un film in cui Gordon Freeman... parla?
Soluzione seriale
Insomma, i videogiochi sono mezzi di espressione che spesso hanno tempi molto lunghi, in cui è fondamentale creare legami duraturi con uno o più personaggi e scegliere un titolo che non scada nel ridicolo a causa della trasposizione nel mondo reale. L'unico altro media che forse vi si avvicina è quello del fumetto, che per certi versi ha risolto alcuni suoi problemi abbracciando la serialità. La serie di Daredevil è un ottimo esempio di ciò che si potrebbe fare nel campo delle trasposizioni videoludiche: è un riuscito mix di arti marziali, poliziesco e noir che racconta una storia in grado di appassionare gli amanti del cinema action e ingolosire i fan con una ricostruzione accurata di Matt Murdock. Insomma, forse più che un film, potrebbe essere la serie TV l'ambiente giusto, dotato di tutto il tempo necessario per sviluppare quel legame tra ambientazione e personaggi che i videogiochi sono in grado di creare. Quanti di voi guarderebbero volentieri una serie ambientata nel mondo di StarCraft o magari in quello di Final Fantasy?