Che fine hanno fatto? è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
La storia dei videogiochi è fatta anche di titoli che per una serie di motivi all'apparenza inspiegabili non sono riusciti a ritagliarsi il meritato spazio nell'universo dell'intrattenimento elettronico, finendo per morire gradualmente e per bloccare sul nascere ogni possibilità di sequel e di sviluppo di un nuovo franchise. Chi segue questa rubrica da tempo sa bene di cosa stiamo parlando. Echo Night: Beyond è in tal senso un altro esempio evidente di come a volte l'industria dei videogiochi sia poco propensa ad aprirsi alle novità, così come una certa parte del pubblico sia distratta nei confronti delle potenzialità di un prodotto, anche a causa della presenza sul mercato di altri giochi dello stesso genere più pompati graficamente e meglio pubblicizzati. Questa avventura-thriller del 2004 targata From Software per PlayStation 2 era infatti molto più interessante di quanto potesse sembrare di primo acchito e, a dispetto di una realizzazione tecnica non eccelsa, poteva vantare perfino alcune idee realmente originali e brillanti per l'epoca.
Che fine ha fatto Echo Night: Beyond, l'originale avventura horror targata From Software?
Terrore in prima persona
Echo Night: Beyond era il terzo capitolo di una serie thriller iniziata nel 1998 sulla prima PlayStation, dove avevano visto la luce i primi due capitoli. I tre giochi in realtà avevano una storia completamente diversa l'uno dall'altro, pur presentando una struttura simile. Nel caso di Beyond si trattava di un tipo d'avventura con visuale in prima persona, ribattezzata all'epoca "sci-fi ghost story", un po' anomala. Questo perché non esistevano veri e propri nemici contro cui combattere nonostante ci fossero degli spettri ostili, e tutta la tensione giocava sulle atmosfere, sulla sensazione di isolamento, sui giochi di luce e ombra, gli incontri paranormali e gli scenari ora evocativi, ora lugubri nella loro sobrietà.
Sperduto sopra una base lunare, dove l'astronauta Richard Osmond, il protagonista, si ritrovava a seguito di un misterioso incidente allo shuttle sul quale viaggiava, il videogiocatore era di fatto costretto a esplorarla in lungo e in largo, investigando sugli strani fenomeni che avevano sconvolto l'esistenza stessa del centro operativo dell'impianto minerario un tempo adibito all'estrazione di un nuovo tipo di metallo dalle straordinarie capacità, e fatto sparire o morire i suoi occupanti. Il tutto raccogliendo indizi, oggetti e documenti utili alla comprensione dei fatti, e risolvendo degli enigmi tutt'altro che banali nella loro struttura. Importante era poi l'interazione con i fantasmi che infestavano la base lunare: come abbiamo detto prima ce n'erano sia di ostili che di non pericolosi. Questi ultimi spesso non sapevano nemmeno di essere "creature morte", mentre quelli che ne erano consapevoli o lo diventavano dopo aver interagito col protagonista, cercavano aiuto per raggiungere la "pace eterna" e ottenere la definitiva liberazione da questo mondo. Ogni disincarnato aveva infatti una sua precisa identità e una storia personale da raccontare (talvolta anche inconsciamente attraverso i movimenti e le azioni), nonché una propria "richiesta" da soddisfare. E stava quindi a Richard portare a termine i vari compiti affinché gli spiriti potessero trapassare nell'aldilà: recuperare e consegnare oggetti, attivare meccanismi o risolvere qualche puzzle erano solo alcuni degli incarichi ricevuti dai fantasmi. Ma bisognava fare attenzione, perché quando compariva una misteriosa nebbiolina, gli spettri diventavano cattivi e bisognava quindi renderli nuovamente docili eliminando la pericolosa foschia tramite l'attivazione di appositi impianti di ventilazione o luminosi.
Curiosità
Anche se gli sviluppatori non lo ammetteranno mai nemmeno sotto tortura, tra le fonti di ispirazione per questo gioco, almeno per talune situazioni, c'è stato a nostro parere il film Solaris, del regista Andrei Tarkovsky. Tratto dall'omonimo romanzo del 1961 dell'autore polacco Stanisław Lem, è considerato dai critici come la risposta sovietica a 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick.
Nello spazio nessuno può sentirti urlare
Ma vederti fartela sotto, quello sì. E poi davanti a certe apparizioni un grido sarebbe il minimo, almeno prima di cadere stecchito dopo l'inevitabile infarto. Perché in Beyond il fattore paura non era solo qualcosa di astratto, di percettibile sensorialmente soprattutto attraverso le emozioni del videogiocatore, ma un qualcosa di perfettamente integrato all'interno del gameplay. Un apposito indicatore della frequenza cardiaca, infatti, monitorava lo stato d'animo di Richard, il quale ogni qualvolta sentiva la presenza di uno spirito o ne vedeva uno iniziava giustamente a sentirsi nervoso, teso, con conseguente aumento del battito cardiaco.
Superata una certa soglia, per lui era il collasso. In questi frangenti l'unico modo per calmare il personaggio era quello di dargli un ansiolitico o distrarlo, riducendo la sua vivacità sensoriale. Certo che di paure il povero Richard se ne prendeva parecchie. Chissà quante volte avrà maledetto il giorno in cui aveva scelto la Luna come luogo dove sposarsi con l'amata compagna, Claudia Selfer, scomparsa nel nulla dopo lo schianto. D'altronde il nostro Osmond doveva essere un romanticone, nonostante fosse un uomo del futuro nel 2044. Certo, se avesse saputo che quello sarebbe stato un viaggio senza ritorno, ci avrebbe pensato su non una ma mille volte prima di intraprendere un simile percorso. Tornando al gioco, purtroppo qualche spunto originale, una buona atmosfera e una trama interessante non bastarono a far emergere a Echo Night: Beyond nell'inflazionato mondo delle avventure a tinte paurose, non solo a causa di una realizzazione tecnica non eccelsa se paragonata a quella di altri titoli del periodo, ma anche a causa di un pubblico più orientato verso l'azione o comunque un certo tipo di terrore, e di un errore di presentazione del progetto, dipinto da molti come survival horror quando tale non era. Ad ogni modo siamo certi che al giorno d'oggi, con un adeguato sforzo tecnico e grazie a un pubblico ormai più maturo ed aperto verso certe opere più ricercate, concettualmente "diverse" rispetto a quelle più commerciali, un titolo del genere potrebbe ricevere un certo consenso. In tal senso la nostra speranza è che From Software trovi un giorno la voglia e il coraggio di riprendere la serie e di realizzare di conseguenza un quarto episodio di questo franchise.