Nel 2010 l'ormai mitologica Rockstar (divisione San Diego) riuscì in uno dei suoi più grandi risultati, trasformare un buon titolo come Red Dead Revolver in un sequel indimenticabile: Red Dead Redemption, che dal predecessore recupera ovviamente l'ambientazione western, carismatica quanto incredibilmente poco sfruttata nei videogiochi. Il pretesto era quello di una grande avventura open world, ormai un'ossessione della casa, che sfruttasse il motore RAGE, ma i risultati, nonostante una produzione travagliata, furono ben oltre le aspettative. Basandosi su quanto dichiarato da Dan Houser e la stessa Rockstar, si tratta del loro lavoro più ambizioso ed è quindi affascinante constatare come spesso la creazione di un capolavoro richieda anche grandi sacrifici. A ogni modo, il 21 maggio di quell'anno non fu più lo stesso per i giocatori PlayStation 3 e Xbox 360, che si persero nelle lande selvagge del 1911, divisi tra Stati Uniti e Messico esattamente come l'impolverato John Marston. Scopriamo insieme perché i giocatori hanno amato così tanto questo titolo, aspettando di vedere e provare con mano il neo annunciato seguito che tanto ha fatto parlare di sé gli scorsi giorni.
Red Dead Redemption è un titolo indimenticabile, scopriamo perché
L'uomo di Blackwater
Red Dead Redemption permetteva finalmente di muoversi in una mappa apparentemente sconfinata, in grado di riprodurre in scala ridotta l'area tra il Colorado, Texas e Messico attraverso tre simbolici stati: New Austin, West Elizabeth e Nuevo Paraiso. In realtà la mappa, seppure ragguardevole, aveva ovviamente dei confini, ma un titolo di questo genere, caratterizzato da un'ambientazione sostanzialmente formata da pianure deserte, aride e selvagge, offre un impatto ben diverso rispetto ad altre produzioni basate in aree cittadine e limitrofe, tanto da diventare una sorta di esperienza straniante e mentale. In tutto questo, una fetta bella grossa della torta è rappresentata dalla storia e il protagonista, entrambi plasmati in modo certosino per imprimersi con forza nella memoria del giocatore. Lo stacco rispetto al predecessore non si misura solo nel passaggio da una formula action a una vera e propria avventura open world, ma a un radicale cambio di registro dallo spaghetti western leoniano, per intenderci, a una forma più matura, ambiziosa e crepuscolare. La storia, lunga, e scolpita con ritmi non certo rapidi ma saldamente definiti, racconta in tre parti distinte la caduta del selvaggio West sotto la marcia incessante della rivoluzione industriale. Il gioco quindi proietta il giocatore nei panni di Marston, rendendolo testimone impotente di un cambiamento epocale. L'essenza di Red Dead Redemption è già svelata nella sua piccola introduzione, dove il protagonista si trova a bordo di un treno diretto verso Armadillo. In questa occasione l'uomo ha modo di ascoltare suo malgrado una serie di conversazioni dei passeggeri, che delineano l'incombente cambiamento circostante. Ma quelle terre sono ancora allo stato brado, senza più segno di epicità o gesta memorabili, rimane solo la crudeltà dei banditi e il sudore dei contadini. Lo stesso John Marston non è certo uno stinco di santo, ci viene infatti presentato come un ex fuorilegge ricattato dal governo per dare la caccia ai suoi vecchi compagni.
Il primo incontro non finirà bene, lasciando occasione all'uomo (redento?) di scoprire tutto il degrado che caratterizza l'ovest americano e tutta la prima parte, seguita poi dallo struggente superamento del confine messicano verso la "falsa rivoluzione", e infine la crudele sezione conclusiva, con una spirale di meccanismi governativi che culmina nel sorprendente finale. La svolta è lo stesso Marston: non è il tipico antieroe distaccato e indistruttibile che assolve al ruolo di grande risolutore, è un essere umano consumato dai sensi di colpa per un passato tutt'altro che lusinghiero e la preoccupazione per la sorte della famiglia. John è ovviamente un abile pistolero in grado di affrontare le insidie del mondo spietato che lo circonda, ma siamo di fronte a uno dei rari casi di grande profondità nella definizione caratteriale di un personaggio, fattore non comune per un videogioco, che vede lo stesso giocatore entrare in grande simbiosi con questo specchio, non la soluzione, di un declino inesorabile. Tutta l'avventura è avvolta da un alone di dimessa e rassegnata fatalità che rende l'ultimissima e clamorosa scena - chi ha concluso il gioco la conosce molto bene - ancora più incisiva.
Far Away
Escludendo la storia di John Marston e i numerosi personaggi che la caratterizzano, Red Dead Redemption è anche un gioco nel senso più puro del termine, un'avventura che fa pesantemente leva sull'aspetto esplorativo e la cura maniacale dei particolari che delineano l'ambientazione, anche grazie alle potenzialità del motore grafico, in grado di donare un dettaglio mai visto prima.
La riproduzione dell'ambiente è impressionante, ricca di particolari e con una serie praticamente infinita di attività ed eventi, casuali e non, che animano le zone circostanti Armadillo o Black Water. La sensazione impagabile di libertà selvaggia e un po' atavica rappresentata dalla possibilità di cavalcare liberamente nella mappa, liberi dalla forzata linearità iniziale, è dirompente e forse il più importante tra i fattori che hanno decretato il successo del gioco. È il vero spirito dell'open world: partire senza meta esplorando l'ambientazione, vivendo avventure e tenendo sempre un occhio ben aperto su eventuali pericoli, ma anche godersi panorami mozzafiato e tramonti struggenti. Proprio con questo spirito il gioco prepara uno dei punti chiave dell'avventura, il passaggio del confine verso Nuevo Paraiso. Prima di questa occasione il giocatore non ha ancora modo di esplorare la parte sud della mappa, interamente dedicata al territorio messicano, quindi non ha nessuna idea di cosa aspettarsi e il piacere della scoperta viene esaltato al massimo sfruttando un brano di rara efficacia, "Far Away" di Jose Gonzalez, che scandisce tutto il viaggio. Si tratta di uno dei momenti più intensi del titolo e generalmente uno degli esempi meglio riusciti nel connubio tra musica e videogioco. Molte persone lo ricordano ancora oggi con nostalgia.
Verso Red Dead Redemption 2
Un altro elemento molto importante nella formula del successo di Red Dead Redemption arriva dal supporto incessante di Rockstar ai suoi prodotti, soprattutto per le modalità multiplayer che contribuiscono ad aumentarne la longevità. Il gioco include infatti una modalità online completamente indipendente rispetto all'avventura, che apre l'intera mappa a una serie infinita di attività da affrontare con un personaggio creato dal giocatore.
Rockstar San Diego ha rilasciato molti pacchetti DLC, ben otto, ai quali bisogna aggiungere una nuova modalità single player: Undead Nightmare, che include una storia di fantasia imperniata su John Martson impegnato a sventare un'epidemia zombie. Tutto questo materiale ha legittimato anche l'inevitabile Game of the Year Edition, che include tutti i contenuti extra rilasciati. Grazie a questo supporto, la comunità ha continuato a giocare il titolo Rockstar ben più a lungo di quanto richiesto dalla, comunque molto lunga, campagna per giocatore singolo. Sei anni dopo, il sogno di molti appassionati è diventato realtà, Rockstar ha ufficialmente presentato Red Dead Redemption 2, che vedremo nell'autunno 2017. Ci sono ancora molte cose da scoprire, una delle quali come mai il titolo si chiama Red Redemption 2, essendo l'ultimo di una trilogia iniziata proprio con Red Dead Revolver, ma nel frattempo gli analisti sono già molto positivi in merito, prevedendo la vendita di quindici milioni di copie. Quello che possiamo dire è che Rockstar deve affrontare un compito non indifferente, alzando ulteriormente l'asticella qualitativa dopo questo fenomenale sequel, anche se conoscendo la bravura della casa non abbiamo troppi dubbi sui risultati. Se proprio non ce la fate ad aspettare, e possedete una Xbox One, vi ricordiamo che Red Dead Redemption è disponibile nel catalogo dei retrocompatbili.