Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Nello scorso "numero" della nostra rubrica abbiamo parlato di Destruction Derby, una serie di giochi ispirati ai demolition derby, un tipo di spettacolo motoristico caratterizzato da sfide tra automobili che avvengono generalmente all'interno di un'arena o di una pista a forma di "8". I primi due episodi, come ricorderete, vennero sviluppati dai Reflections, un gruppo di programmatori britannico famoso tra l'altro per la serie Shadow of the Beast su Amiga. Ed è proprio grazie a questo team, poi divenuto Reflections Interactive e dopo Ubisoft Reflections, che nel 1999 prenderà vita un'altra serie di successo formata da diversi episodi regolari e alcuni spin-off, ovverosia Driver, videogioco ispirato da serie televisive poliziesche su strada come Starsky and Hutch e pellicole quali Driver l'imprendibile (The Driver) del regista Walter Hill. E proprio di essa parliamo in questo articolo, dove ci focalizzeremo in particolare sulla produzione legata alle console e al PC.
Che fine ha fatto Driver, una delle serie di guida e azione più interessanti di sempre?
Ecco Driver!
Mentre la serie a cui avevano contribuito a dare vita, cioè a dire Destruction Derby stava ottenendo un grande successo di critica e di pubblico grazie al secondo capitolo, Reflections Interactive si guardava intorno alla ricerca di nuovi stimoli e idee. Il team di sviluppo, infatti, nonostante stesse lavorando per Psygnosis, la storica società britannica acquisita poi da Sony nel 1993 per avere sviluppatori "interni" a supporto del lancio sui mercati occidentali della prima PlayStation, a un gioco intitolato Thunder Truck Rally e, pare, abbozzando qualcosa per il terzo episodio di Destruction Derby, voleva abbandonare l'ala protettrice del publisher britannico e cambiare aria per tentare nuovi percorsi creativi. L'occasione si presentò loro poco tempo dopo grazie a GT Interactive Software, società legata all'azienda specializzata nella produzione home video, GoodTimes Entertainment. Con essa il gruppo di sviluppatori dà vita al franchise di Driver.
Il titolo venne rilasciato tra la fine di giugno e l'inizio di luglio del 1999 su PlayStation in nord America e Europa (in appreso verrà poi convertito anche per PC) riscuotendo un grande successo da parte della critica, che lo accolse come "uno dei migliori giochi di guida su qualsiasi sistema", e dei "più interessanti, profondi e divertenti del genere col suo perfetto equilibrio tra azione e realismo". Il titolo raccontava la storia di John Tanner, un detective sotto copertura della polizia di New York che operava proprio come infiltrato in una organizzazione criminale allo scopo di raccogliere prove e incastrare i suoi componenti. Sfruttando le sue grandi abilità di guidatore, l'agente compiva quindi missioni spericolate di varia natura per le vie di quattro grandi città statunitensi, vale a dire Miami, San Francisco, Los Angeles e la Grande Mela, a bordo di autovetture da guidare a grandi velocità e spesso in azioni spericolate. Ed era proprio per questo aspetto, oltre che per il fatto di poter sbloccare diverse modalità all'interno di ogni città e agire in ambienti simil open world (muovendosi però sempre e solo in auto), che il gameplay di Driver finì per conquistare anche il pubblico. Questo successo spinse di fatto il team di sviluppo a lavorare su un sequel, che vide la luce appena un anno dopo pubblicato da Infogrames. Driver 2: Back on the Streets vedeva nuovamente tornare al volante Tanner, ora agente dell'FBI, questa volta però in città diverse rispetto al primo episodio: Chicago, L'Avana, Las Vegas e Rio de Janeiro. Il titolo espandeva molti degli elementi dell'originale, rifinendo un po' il sistema di guida e introducendo la possibilità per il videogiocatore di far scendere il protagonista dall'auto e farlo muovere a piedi, soprattutto per cambiare vettura. Il prodotto però divise la critica, fra chi gli attribuì voti mediamente alti riconoscendogli proprio le qualità sopra elencate, e chi di contro lo bocciò sottolineando la presenza di "una sorprendente quantità di bug, glitch e problemi vari, oltre a una certa mancanza di freschezza nelle meccaniche di gioco". Ad ogni modo, nel 2002 un porting ridotto del gioco arrivò su Game Boy Advance, con sole due città esplorabili e altri tagli dovuti ad alcune limitazioni tecniche della console portatile di Nintendo rispetto a quella casalinga marchiata Sony.
La delusione Driv3r
Purtroppo per Reflections Interactive, le cose non migliorarono nemmeno con il terzo capitolo della saga, rilasciato dal nuovo publisher Atari, inizialmente su PlayStation 2 e Xbox il 21 giugno 2004 negli Stati Uniti. Nonostante tre nuove e affascinanti città, Miami, Nizza e Istanbul, nuove caratteristiche come la possibilità di utilizzare armi da fuoco, e un maggior realismo nella storia che costrinse l'ente di classificazione dei videogiochi pubblicati nel Nord America, ESRB, a vietarlo ai minori di 16 anni per alcune scene cruente e per situazioni non adatte a un pubblico giovane, Driv3r fu un mezzo flop e raccolse solo critiche negative a causa di una trama piatta e ritenuta banale, degli scarsi controlli nelle inedite sezioni a piedi e di difetti vari del gameplay. Questo però non scoraggiò Reflections Interactive, che si mise subito al lavoro per realizzare un nuovo episodio della saga, che venne poi rilasciato nel marzo del 2006 su PlayStation 2 e Xbox da Atari, e l'anno dopo su Wii e Microsoft Windows da Ubisoft, che qualche mese prima aveva acquistato il team di sviluppo e i diritti sulla proprietà intellettuale della serie da Atari per 24 milioni di dollari.
Intitolato Driver: Parallel Lines, il gioco segnò una piccola svolta per la serie, a cominciare dal protagonista, che non era più l'agente John Tanner, ma l'ex membro di una gang in cerca di vendetta soprannominato The Kid (TK) per via del suo ingresso precoce nel mondo del crimine. Contrariamente sempre ai predecessori, Parallel Lines era poi ambientato interamente in una sola città, New York, in un periodo compreso tra il 1978 e il 2006. Per il resto la formula riprendeva quella classica dei primi due capitoli, con una giocabilità che si concentrava quindi sulla guida. La produzione ottenne giudizi contrastanti da parte della critica, ma riuscì comunque a fare un po' meglio del predecessore. Nel 2007, intanto, la saga tornava su una console portatile con lo spin-off Driver '76, titolo senza infamia e senza lode che su PlayStation Portable fungeva da prequel proprio a Driver: Parallel Lines e che citiamo oltre che per dovere di cronaca anche perché fu il primo sviluppato da Reflections Interactive col nuovo nome di Ubisoft Reflections. Lo stesso col quale il gruppo nel 2011 avrebbe lanciato, insieme a Ubisoft, il quinto e per ora ultimo capitolo regolare della serie, vale a dire Driver: San Francisco per PlayStation 3, Xbox 360, Nintendo Wii e, tempo dopo, Microsoft Windows. Decisi a non commettere gli stessi errori del recente passato, sviluppatore e publisher fecero le cose in grande stile per l'occasione, a cominciare dal marketing che, tra le atre cose, prevedeva addirittura la pubblicazione di una mini serie a fumetti che fungeva da prefazione agli eventi del gioco. In quest'ultimo, l'utente poteva guidare fino a 140 veicoli coperti da licenza e completamente danneggiabili all'interno di una San Francisco ricreata digitalmente per ben 208 miglia (335 km) di strade. Il tutto veniva impreziosito da modalità split screen e multiplayer online, disponibili per la prima volta nella serie con svariate opzioni di gioco, e la funzione Shift, che permetteva al protagonista, un redivivo Tanner alle prese con un sogno "da coma", di teletrasportarsi da una macchina all'altra senza interrompere la missione. Piccola curiosità: il plot della versione Wii era completamente differente e risultava essere un prequel del primo Driver. Inoltre cambiavano anche alcune meccaniche di gioco, visto che non c'era per esempio la funzione Shift e si potevano usare le armi da fuoco mentre si guidava. Ad ogni modo, la produzione riscosse consensi nella sua incarnazione Sony, Microsoft e PC, meno in quella Nintendo, ma a conti fatti Ubisoft poteva ritenersi soddisfatta dei risultati raggiunti. Risultati che tuttavia non porteranno ad altri capitoli di Driver, se si esclude lo spin-off Driver Renegade 3D per Nintendo 3DS. Eppure su un nuovo episodio qualcosa forse bolliva in pentola in questi anni, visto che si dice che il Disrupt engine usato in Watch Dogs fosse in realtà stato progettato in origine per un gioco della saga Driver. Chissà quindi che il franchise non venga presto ripreso e non faccia prima o poi nuovamente capolino sui nostri schermi di casa.