Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi. Oggi vediamo che fine ha fatto The Saboteur.
Di giochi ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale ne abbiamo visti e giocati tanti nel corso degli anni, soprattutto simulatori, strategici o sparatutto. Raramente però ci era capitata un'avventura con elementi free-roaming e stealth come nel caso di The Saboteur di Pandemic Studios, team di sviluppo californiano noto soprattutto per aver realizzato titoli come Star Wars: Battlefront o Destroy All Humans! Prima di venire chiuso nel 2009 da Electronic Arts, che ne aveva acquisito la proprietà, questo gruppo aveva realizzato questo videogioco dal tono scanzonato rispetto alla drammaticità del conflitto, ma capace grazie al suo stile particolare di catturare comunque l'attenzione di una certa fetta di utenza. Al punto da convincere il team di sviluppo a iniziare a lavorare a The Saboteur 2, poi abortito a causa della sopra citata chiusura da parte dell'azienda proprietaria, ma che magari prima o poi potrebbe riprendere vita e forma con nuovi programmatori. Ad ogni modo, riscopriamo insieme questo titolo dal buon potenziale che con qualche miglioria avrebbe forse potuto evolversi in un'interessante serie di videogiochi.
Seconda Guerra Mondiale, nazisti, partigiani e stealth: che fine ha fatto The Saboteur?
Il sabotatore
Protagonista dell'avventura di The Saboteur tale Sean Devlin, un meccanico irlandese aspirante pilota che, prima per motivi personali e poi per aver abbracciato la causa della Resistenza transalpina, opera nella Francia occupata dai nazisti per cercare di dare un contributo alla lotta partigiana per la liberazione del Paese.
A livello di struttura di gioco, The Saboteur attingeva a piene mani da titoli come InFAMOUS, Prototype, Assassin's Creed e GTA, anche se i vari elementi ripresi e rielaborati in parte da questi titoli venivano riproposti in certi casi in maniera un po' più semplice, a tutto vantaggio di un'immediatezza di fondo nel gameplay. In una Parigi occupata dai nazisti, realizzata nel gioco in scala all'interno di una mappa enorme, nessuno poteva muoversi liberamente, figuriamoci un ribelle (o partigiano, se preferite).
Tra dirigibili spia e pattuglie di militari tedeschi di guardia o in perlustrazione, ecco quindi che Devlin doveva agire sfruttando i tetti, i vicoli e le zone poco illuminate, nascondendosi alla vista dei nemici per evitarli o cercare di colpirli in un secondo tempo di soppiatto.
Il gioco, infatti, valorizzava, e parecchio, una certa componente stealth, che prevedeva, oltre che un basso profilo da mantenere in azione, addirittura la possibilità di travestirsi da nazista per passare inosservato tra affollamenti di truppe o quello di sbloccare perk e in generale tutte quelle abilità che miglioravano le capacità da sabotatore di Sean. Tutto in funzione di un gameplay molto vario e prodigo di approcci, che prevedeva in certi casi perfino gare automobilistiche tra i vari arrondissements della capitale francese o l'aiuto di altri membri della Resistenza alla bisogna.
Le missioni principali di The Saboteur prevedevano generalmente di uccidere un particolare obiettivo, di consegnare un documento prezioso e così via, altre, anche secondarie, di sabotare le installazioni naziste, dalle semplici torrette di guardia ai depositi di carburante, passando per altoparlanti, postazioni radar, blindati e depositi vari. Il tutto per liberare le varie zone dalla presenza delle truppe tedesche. Queste ultime non brillavano per un'intelligenza artificiale particolarmente evoluta, almeno a livello di difficoltà normale, per via di una poca predilezione per le azioni combinate di gruppo o alcune scelte poco logiche durante le sparatorie, e per un grado di allerta altalenante che li portava a "stancarsi" troppo rapidamente di cercare l'infiltrato in qualche loro postazione o l'autore dell'uccisione di una sentinella. Ma alla fine il titolo risultava lo stesso godibile e divertente.
Da segnalare il modo artistico con il quale gli sviluppatori avevano pensato di evidenziare le aree pesantemente occupate dalle truppe tedesche, e il senso quindi di oppressione di questi ultimi sulla popolazione francese, con toni cromatici in bianco e nero, con i soli stemmi nazisti in rosso. Una volta però liberate, le zone cambiavano e diventavano colorate e cromaticamente "accese". Una scelta molto azzeccata anche dal punto di vista tecnologico, visto che questo particolare stile mascherava anche alcuni difetti estetici, specie nella modellazione di alcuni personaggi e nelle texture di certe aree.
The Saboteur venne accolto da pareri contrastanti dalla critica, che però tutto sommato finì per promuoverlo, a volte con riserva, altre meno. E chissà che a distanza di anni qualcuno non ci rifaccia un pensierino e decida di riportare in vita questo titolo, migliorandolo e rendendolo ovviamente "adatto" alle potenzialità hardware delle piattaforme attuali.