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Un horror sulle orme di Resident Evil

Abbiamo provato una demo preliminare dell'horror italiano Daymare: 1998

PROVATO di Tommaso Valentini   —   17/04/2017
Daymare: 1998
Daymare: 1998
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La storia alle spalle di Daymare: 1998 è una di quelle che fa sempre piacere ascoltare. Un piccolo team indipendente vuole rilanciare Resident Evil 2 e lo vuole fare autofinanziandosi completamente, sperando solo che Capcom dia il benestare per procedere al restauro. Purtroppo in breve tempo arriva l'imposizione della compagnia nipponica che intima a Invader Studios di fermare i lavori e che, di fatto, blocca per sempre il sogno di portare sugli scaffali virtuali Resident Evil 2: Reborn. Non tutti i mali però vengono per nuocere dato che nel giro di qualche telefonata e qualche scambio di e-mail Invader viene invitata negli studi Capcom a Osaka e da lì nasce una collaborazione dalla quale risorge dalle ceneri Daymare 1998, un titolo che ha sicuramente molti legami con la serie firmata Shinji Mikami, ma che rappresenta per lo studio romano una nuova sfida su cui investire tempo e denaro nella speranza di arrivare un giorno, magari, allo stesso livello delle produzioni che l'hanno ispirata.

Un omaggio ai vecchi giochi horror, un titolo di qualità che potrebbe davvero stupire

Nostalgia canaglia

Daymare: 1998 è esattamente ciò che ti aspetti. È un omaggio rispettoso ai celebri giochi horror del passato e muovendo i primi passi tutto funziona esattamente come allora. La telecamera stretta alle spalle del protagonista acuisce il senso di claustrofobia e le tinte scure che caratterizzano l'ambientazione nascondono possibili pericoli da ogni parte. La demo portata la scorsa settimana all'evento ID@Xbox di Milano purtroppo non ha riservato grosse sorprese, dato che è la medesima che più volte negli scorsi mesi è stata mostrata nelle più disparate occasioni. È comunque un buon modo per avvicinarsi alla produzione, vedere quello che i dieci ragazzi di Invader Studios sanno fare e capire fin dove Daymare può spingersi.

Un horror sulle orme di Resident Evil

Di cose da migliorare e da definire, ovviamente, ce ne sono a bizzeffe ma quanto provato ha fatto vedere comunque spunti interessanti e una solidità generale che fa ben sperare per la riuscita del progetto, che sembra comunque estremamente ambizioso. Giocare con i ricordi e i sentimenti dei fan nostalgici inoltre può rappresentare un'arma a doppio taglio, rischiando di far tornare indietro come un boomerang il calore ricevuto in fase di finanziamento. Molte cose sono ancora in piena fase di sviluppo, dagli elementi più semplici come l'inventario o le armi a disposizione fino ad arrivare ai personaggi e alla storia, che non hanno ancora i contorni ben delineati. La versione dimostrativa che abbiamo avuto modo di provare sfruttava come protagonista un soldato del gruppo H.A.D.E.S., squadra paramilitare a quanto pare ben a conoscenza di quello che sta succedendo, forse anche più degli stessi sviluppatori. Ci si infila in un garage illuminato da una fievole lampadina, si fruga ovunque nel tentativo di trovare indizi e oggetti che possano tornare utili per il proseguo dell'avventura e si cerca una via di fuga. Tutto è esattamente come ce lo ricordiamo, non che avessimo giocato prima, ma la sensazione di déjà vu è talmente forte da far apparire Daymare come un titolo che conosciamo già alla perfezione e questo può essere visto sia come pregio che come difetto, ovviamente.

Un horror sulle orme di Resident Evil

Per ora vogliamo annoverarlo tra i lati positivi della produzione, soprattutto dato che a cambiare un po' le carte in tavola ci si metteranno alcune meccaniche di combattimento che diversificano l'incedere action osservato nei più recenti Resident Evil. Nell'unico scontro proposto dalla demo dovevamo trovare il modo per eliminare un avversario più forte di noi, temibile a tal punto da poterci uccidere solo con un paio di colpi ben assestati. La difficoltà di Daymare: 1998 è tarata per far sì che il game over sia sempre in agguato, che il giocatore, nonostante lo stile horror, sia portato a pensare in fretta, a trovare soluzioni a problemi a prima vista insormontabili. Abbiamo provato così a sparare in piena faccia al mostro, una sorta di zombie sciolto nell'acido, senza alcun effetto, se non quello di sprecare le già poche munizioni che avevamo a disposizione. Da questo punto di vista Invader Studios è stata chiara fin da subito: scordatevi un'esperienza dove far fuori gli zombie sarà un'impresa di routine, i nemici che hanno ideato sono coriacei e non possono essere sconfitti semplicemente aprendo il fuoco all'impazzata. Bisogna pensare, ragionare e sfruttare pure gli indizi che vengono lasciati di volta in volta nei vari file sparsi per il livello. In questo caso specifico era l'acqua l'elemento chiave per la vittoria e solo un occhio attento poteva scovare i barili sparsi per i corridoi dove avveniva lo scontro. Colpendoli e bagnando lo zombie era così possibile ferirlo (per una non meglio specificata reazione chimica) e infine abbatterlo, con un duello che si trasformava in un balletto continuo tra fughe rocambolesche per gli stretti corridoi e brevi scontri a fuoco negli attimi di maggior libertà. Se le basi per costruire qualcosa di valido sono buone, sentiamo però ora il bisogno di vedere presto qualcosa di nuovo, che faccia scorgere ai curiosi quanti e quali progressi sta facendo la produzione. Confidiamo molto nel lavoro di Invader Studios e pensiamo sinceramente che possa aiutare a portare in alto il nome degli sviluppatori italiani, grazie anche allo stretto rapporto con Capcom che può fare da trampolino di lancio pur non avendo una correlazione diretta con lo sviluppo del progetto.

CERTEZZE

  • Buon comparto tecnico
  • Meccaniche solide

DUBBI

  • Tantissimi elementi ancora molto fumosi