Dopo aver parlato dei migliori annunci di giochi che hanno caratterizzato la storia dell'Electronic Entertainment Expo, ci sembra giusto ricordare anche quelli di cui le case non devono sentirsi troppo orgogliose, con prodotti che non si sono poi rivelati all'altezza delle aspettative, hanno rappresentato un modello negativo di comunicazione, o non hanno mai visto la luce. Certo, è semplice analizzare i fatti col vantaggio del senno di poi, ma questi episodi hanno rappresentato anche una valida linea di misura per guadagnare esperienza e migliorare conferenze e presentazioni, anche se ci sono variabili che non potranno mai essere completamente calcolate, come la sfortuna. A ogni modo, abbiamo deciso di raccogliere cinque annunci tutt'altro che memorabili in relazione a quanto hanno poi rappresentato i titoli al momento dell'uscita.
Killzone 2
Esempi poco illustri nella storia E3 per quanto riguarda una visione comunicativa eccessivamente fuorviante, quelli di Motorstorm e Killzone 2 furono i video che riuscirono a catalizzare maggiormente l'attenzione della conferenza Sony nel 2005. Se il primo era sostanzialmente un breve trailer che non gettava particolari indicazioni sul giocato, diverso fu il caso del filmato di Killzone 2, decisamente più malizioso. Il trailer, lungo, spettacolare e impostato come una vera sezione di gameplay, destò grande scalpore mostrando uno scontro sanguinario tra soldati e le spietate truppe Helghast. La straordinaria qualità grafica esaltò ovviamente gli spettatori e tutto il mondo, che iniziò giustamente a nutrire grandi aspettative sullo sfruttamento della futura PlayStation 3, che sarebbe uscita due anni dopo. Tuttavia, alla visione del video si alzarono anche i primi dubbi sulla sua legittimità e la capacità della console Sony di replicare quel livello qualitativo. Nonostante le rassicurazioni del vice presidente Sony Phil Harrison e Jack Tretton, venne poi appurato che il video era in realtà un target render indicativo degli obiettivi di Guerrilla per il prodotto finale, che arrivò solo nel 2009, con un comparto visivo sicuramente poderoso, ma inevitabilmente diverso.
Watch Dogs
Ubisoft commise un errore simile a Sony in occasione dell'E3 2012, quando presentò per la prima volta al pubblico Watch Dogs, una proprietà intellettuale nuova di zecca. Grazie a un lungo, spettacolare ed esaustivo video di gameplay, il pubblico fece conoscenza col tenebroso hacker Aiden Pearce e il suo letale smartphone, in grado di interagire completamente con le dinamiche di una città, provocando il caos più totale. Più di tutti a stupire fu la clamorosa qualità grafica, che lasciava giustamente auspicare un adeguato sfruttamento hardware e un gioco seriamente in grado di varcare nuovi confini tecnici. Dopo una gestazione lunga e posticipi, quello che è arrivato nelle case è stato un prodotto sensibilmente diverso, ridimensionato nelle meccaniche ma soprattutto sull'aspetto visivo, tanto che il concetto di "downgrade grafico" è diventato un marchio ben poco lusinghiero e con elevata risonanza. C'è chi si chiede ancora su quale hardware potesse girare quella incredibile presentazione, che oggi possiamo definire fuorviante e figlia dell'eccesso nel voler trovare la spettacolarità a scapito del rapporto fiduciario con l'utenza. Ubisoft ha imparato molto da questa esperienza, modificando la sua politica, e questo è sicuramente un punto a suo favore.
Ryse: Son of Rome
La gestione di Ryse e gli eventi che hanno portato alla cancellazione del franchise sono degni di un giallo, non si tratta solo di un titolo nato sotto una cattiva stella, ma anche probabilmente uno dei motivi del declino di Crytek. I presupposti non erano propriamente rosei fin dall'inizio, quando il titolo fu presentato come Project Kingdom nel corso dell'E3 2011 e reinventato come Ryse: Son of Rome, il nome definitivo, all'E2 2013. Decisivo anche lo spostamento dello sviluppo, passato da Crytek Budapest al quartier generale di Francoforte in Germania. Ma l'identità del gioco rimaneva nebulosa a causa delle intenzioni di Microsoft nel rendere il prodotto strettamente legato al sensore di movimento Kinect. A fronte, probabilmente, di insormontabili problemi tecnici, il team di sviluppo decise di propendere per un sistema di gioco più tradizionale, di stampo hack and slash con controlli molto simili a un rhythm game, struttura che per qualcuno è stata giudicata troppo semplicistica. Non aiutava una campagna singolo giocatore non particolarmente lunga, e un comparto multiplayer che non mise del tutto d'accordo la critica. L'unico punto fermo di Ryse, una volta arrivato nelle mani di tutti i possessori di Xbox One, era rappresentato dal suo sontuoso comparto tecnico, impressionante ancora oggi, e che dimostra l'indubbia abilità del team tedesco nell'utilizzo del motore da loro stessi creato, il CryEngine. Questo, unito a presunti conflitti con Microsoft per la gestione della identità intellettuale (i diritti sono ancora in mano a Crytek), ha portato alla cancellazione di quella che originariamente era intesa come una vera serie.
The Order: 1886
Un altro caso di potenziale franchise sfortunato, questa volta nel territorio Sony, che diede fiducia a Ready at Dawn per la realizzazione di The Order: 1886, nuova proprietà intellettuale ambientata in una Londra dell'era vittoriana. Il gioco proponeva in realtà una sorta di reinterpretazione in salsa steampunk del periodo storico, con bizzarre armi generate dal genio di un giovane Nikola Tesla, al servizio come scienziato dell'Ordine dei Cavalieri Reali al quale anche il protagonista Galahad è legato. Ma non mancavano anche elementi sovrannaturali che conferivano un alone dark alla storia. In effetti The Order: 1886 non si è mai preoccupato di nascondere la sua natura filmica, fin dall'annuncio avvenuto nel corso della conferenza Sony E3 2013. Il materiale divulgato successivamente non riusciva a recuperare l'equilibrio tra giocato vero e proprio e cut scene, sempre a favore delle seconde. In fin dei conti non è erroneo considerare il gioco maggiormente a suo agio nell'ambito del film interattivo, anche se non privo di scene d'azione che si esprimevano attraverso sparatorie di stampo abbastanza classico, quello per capirsi rilanciato da serie come Gears of War. Una campagna marketing evidentemente poco calibrata e l'idea di una durata complessiva eccessivamente breve, trapelata da chi era riuscito a giocarci in largo anticipo sul lancio, ha creato un alone avverso al successo del gioco. La critica molto divisa ha fatto il resto, ci sono idee che il gioco abbia venduto bene soprattutto grazie alla spinta garantita dalla vivace fanbase PlayStation 4, ma per qualche testata si è trattato del peggior titolo del 2015, con molti fattori in comune con il già citato Ryse: Son of Rome, soprattutto per la realizzazione grafica, che anche in questo caso è fuori discussione. Allo stesso modo, anche The Order è stato concepito come il capostipite di un potenziale franchise che però al momento è chiuso negli uffici Sony, il suo destino rimane ignoto.
Scalebound
Impossibile non chiudere questo speciale con Scalebound, uno dei più disastrosi e controversi annunci della storia dell'E3, nella fattispecie nel corso della conferenza Microsoft dell'E3 2015. Il titolo venne presentato proprio in questa occasione come esclusiva Xbox One, segnando un promettente accordo tra la casa di Redmond e Platinum Games, la casa giapponese responsabile di titoli come Bayonetta e NieR: Replicant. Era inizialmente difficile pensare che lo sviluppo potesse prendere una brutta piega, soprattutto considerando il coinvolgimento di Hideki Kamiya e la sua folle visione del mondo action, concretizzato in questo caso nel rapporto tra un adolescente moderno e un drago fantasy, il tutto con la tipica commistione di generi gestita con struggente disinvoltura dagli sviluppatori nipponici. E invece il baratro: dopo uno sviluppo con qualche ombra, ma che sembrava in qualche modo stabilizzato, è arrivata la cancellazione definitiva del prodotto nel corso di quest'anno, una doccia gelata che ha lasciato di stucco la comunità e che non trova ancora oggi precise spiegazioni. Microsoft possiede ancora i diritti della serie, quindi non tutte le speranze sono perdute, potrebbe esistere la remota possibilità di rivedere in qualche forma il titolo in futuro, ma l'impronta inconfondibile di Platinum Games non può essere replicata. Phil Spencer di Xbox ha affermato di aver imparato molto da questa esperienza, ed è un promettente indizio di un incidente che speriamo tutti non abbia mai seguito.