Dialoghi di stampo cinematografico, inquadrature e scelte registiche fanno parte del videogioco da ormai trent'anni, cavalcando una continua evoluzione tecnologica che ci ha regalato perle come Another World, Alone in the Dark, Wing Commander, The Dig, Blade Runner, Resident Evil, L.A. Noire, The Last of Us, Life is Strange, Quantum Break e moltissimi altri. Di anno in anno il videogioco è divenuto sempre più complesso, sempre più intenso e, spesso, sempre più cinematografico, attirando con forza maggiore l'interesse di registi intrigati dalla possibilità di creare esperienze visceralmente coinvolgenti. Qualcuno di questi ha già tentato la strada del videogioco, qualcuno ci prova ma non ci riesce e qualcun altro saremmo davvero curioso di vederlo all'opera con la nostra passione preferita. Come Del Toro, registra del recente The Shape of Water e di Crimson Peak, attualmente in programmazione su Infinity, tra le altre cose.
Fallimenti e prospettive
Guillermo del Toro è uno di quei registi che guardano al videogioco con parecchia insistenza. Il regista è tornato ai videogiochi con Death Stranding, nonostante il triste naufragio del suo inSANE e dopo il crollo del progetto Silent Hills. Ma la creatura in questione è tutta di Hideo Kojima, con l'imponente regista coinvolto esclusivamente come attore. Questa tappa potrebbe però rivelarsi utile come esperienza da mettere da parte per il tanto atteso debutto di del Toro nel mondo dei videogiochi. D'altronde, anche se associare cinema e videogioco viene naturale visto che entrambi passano da uno schermo, parliamo di due forme espressive profondamente differenti l'una dall'altra. Ci sono dialoghi e scene dei videogiochi che decontenstualizzate e trasposte su pellicola farebbero quantomeno sorridere, laddove determinate tempistiche e compromessi non funzionano a causa della mancanza di interazione. Un videogioco ci permette di prendere le redini di un personaggio, di compiere scelte e di esplorare ambienti sempre più dinamici mettendo in secondo piano le mancanze grazie alle meccaniche, alle colonne sonore capaci di mutare in base alla situazione e alla possibilità di mettere il giocatore al centro di tutto. Ciò non toglie che l'esperta mano di un regista abbia senza dubbio la forza di potenziare il lato cinematografico del videogioco, anche se si tratta di una questione più difficile di quanto sembri.
Il nome di Chris Roberts è tornato di moda grazie a Star Citizen, erede di quel connubio tra cinema e simulazione spaziale che ha scosso il mondo qualche anno fa. Parliamo di Wing Commander, capace di mescolare attori di grosso calibro, scene spettacolari, bivi e cinema di buon livello in un videogioco. All'epoca Roberts, esaltato, ha provato a portare la sua dimestichezza nel videogioco cinematografico al cinema e il risultato è stato una delle pellicole più superflue che la fantascienza ricordi. Certo, in questa sede ci interessa il moto contrario, ovvero dal cinema al videogioco, ma è chiaro che i due mondi presentano differenze marcate, capaci di creare grossi problemi a un regista anche nel caso di pellicole direttamente legate a serie di videogiochi. In questo campo, va detto, Paul W. S. Anderson non se l'è cavata malissimo, almeno con Resident Evil, ma si è limitato a prendere spunto per mettere in scena pellicole decisamente classiche, accomunate ai videogiochi più che altro dal nome e dall'ambientazione, e deve fare i conti con registi che hanno dato molto di più, in un modo o nell'altro, allo scenario dei videogiochi. Il primo tra tutti è, senza dubbio alcuno, George Lucas, che oltre a fondare una casa di produzione, creando titoli capaci di rendere Star Wars immortale anche nell'ambito dei videogames, ha combinato le spettacolari capacità degli sviluppatori LucasArts con il talento per la scrittura di Spielberg, regalandoci un'avventura visceralmente cinematografica come The Dig. E che l'esperienza cinematografica possa fare bene a un videogioco l'abbiamo visto anche con Medal of Honor, che grazie al contributo della penna di Spielberg e degli spartiti di Giacchino ha dato il via non solo a una serie di sparatutto prolifica, ma a una vera e propria pioggia di titoli di stampo cinematografico ambientati nella seconda guerra mondiale. Davvero niente male come contributo, anche se Spielberg si è allontanato dalla serie, purtroppo naufragata di recente, per dedicare tempo a un puzzle game poco esaltante al quale avrebbe dovuto seguire il famigerato LMNO. Pensato per combinare cinema fantascientifico, parkour, gioco di ruolo e fuga, l'ambizioso titolo è stato cancellato, così come la carriera di autori di videogiochi di Spielberg, benché il suo amore per il medium traspaia con cristallina evidenza dal film Ready Player One.
Tanti talenti
Non si è arreso, invece, Peter Jackson, oggi alle prese con il suo Wingnut AR che promette magie grazie alla realtà aumentata. Il celebre regista neozelandese non è riuscito a stupirci con la trasposizione di King Kong, da molti conosciuta più che altro per la facilità con cui è possibile ottenere i mille punti degli achievements, ma qualcosa di buono l'ha messa sul piatto, tanto da portare Microsoft e Jackson a collaborare per lo sviluppo di Halo: Chronicles. Naufragato, l'ambizioso progetto ha deluso milioni di fan, ma ci ha portato in regalo District 9 e un regista poliedrico, moderno e avvezzo alle tecnologie come Neill Blomkamp. Ed è proprio quest'ultimo uno di quei registi che non ci dispiacerebbe vedere alle prese con un videogioco, più di quanto avremmo voluto nel caso di Justin Kurzel, che si è occupato di Assassin's Creed, o di Roar Uthaug, con il suo reboot di Tomb Raider. E, purtroppo, avremmo fatto volentieri a meno delle promesse altisonanti di James Cameron che con il videogioco basato su Avatar ha deluso sotto ogni punto di vista. Non è stato male invece il debutto nei videogiochi del vigoroso Vin Diesel che sfruttando le abilità di Starbreeze Studios ha dato modo alla sua Tigon Studios di lavorare allo spettacolare The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay e al sequel, Assault on Dark Athena. Va detto che non abbiamo idea del coinvolgimento effettivo di Diesel in questi due progetti, così come non sappiamo quanto abbia contribuito a Wheelman, ma ci aspettiamo che la sua anima registica abbia un peso rilevante almeno in uno dei tre progetti della sua software house. D'altronde Melkor è basato sul personaggio che Diesel interpreta giocando a Dungeons & Dragons e la cosa ci incuriosisce parecchio, tanto da portarci a sperare che dietro al prolungato silenzio di Tigon Studios non ci siano pessime notizie. Nel frattempo ci auguriamo che Guillermo del Toro riesca finalmente a coronare il suo sogno videoludico, ma siamo pronti a scommettere che potrebbero fare grandi cose anche registi meno vicini al videogioco benché capaci di padroneggiare opere complesse, poliedriche e dal linguaggio, almeno visivo, decisamente moderno. Brian De Palma, tanto per citare uno sconosciuto, è uno che di colpi di scena drammatici se ne intende ed è capace di concatenarli in modo magistrale con l'azione, cosa che invece non ha saputo fare ha realizzato il videogioco di Mission: Impossible.
Nutriamo il forte sospetto che in questo campo avrebbe potuto cavarsela meglio uno come Ilya Naishuller, un giovane emergente che si è fatto notare con un videoclip dal quale è nato il film action tutto in prima persona Hardcore!. Ma non è di certo l'unico il cui lavoro cinematografico ci fa pensare a un videogioco. Scott Pilgrim Vs. The World nasce proprio con questo intento ma sono il ritmo, la regia e tutti gli altri lavori di Edgar Wright che accendono una lampadina che si fa ancor più luminosa pensando al Se7en di David Fincher, pensando a un Mafia firmato da Martin Scorsese e pensando alla capacità di un Tarantino di chiudere un mondo, di solito zeppo di violenza, in poche stanze. E ci vengono in mente i videogiochi anche rimuginando su Inception di Nolan, guardando The Raid di Gareth Evans e pensando a David Cronenberg che con il suo pur grottesco eXistenZ ha dimostrato di saper parlare di videogiochi meglio di quanto non abbiano fatto registi e autori che si definiscono videogiocatori seriali. Da non dimenticare, infine, i fratelli Wachowski, ora sorelle, che hanno giù messo piede in questo mondo con l'universo esteso di The Matrix e hanno la capacità innata di portare in vita immaginari profondamente diversi l'uno dall'altro, lavorando magistralmente con forme, colori, superpoteri e salti temporali, tutti elementi che funzionano alla grande nei videogiochi.