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Fare o non fare, non c'è provare

L'attesissimo MMORPG basato sull'universo di George Lucas arriva finalmente nei negozi: ecco le nostre impressioni delle prime ore di gioco

PROVATO di Christian Colli   —   16/12/2011
Star Wars: The Old Republic
Star Wars: The Old Republic
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L'attesa è stata lunga e straziante, ma alla fine ce l'abbiamo fatta: l'accesso anticipato ai server di Star Wars: The Old Republic è ufficialmente iniziato e fra pochi giorni il gioco sarà disponibile nei negozi e i server, si spera, saranno pronti ad accogliere una nuova ondata di giocatori, fan di Guerre Stellari o semplici curiosi. BioWare ed Electronic Arts non potevano scegliere un periodo migliore per lanciare il loro nuovo MMORPG, sfruttando tatticamente l'ormai consolidata crisi del comunque ancora giocatissimo World of Warcraft e il passaggio a F2P di numerosi concorrenti celebri, tra i quali spiccano Il Signore degli Anelli Online e Aion.

Fare o non fare, non c'è provare

In realtà, BioWare è stata piuttosto cauta a collocarsi in questo mercato, scegliendo un approccio meno aggressivo del suo concorrente principale, Rift di Trion Worlds, e preferendo definire la propria creatura un'alternativa al kolossal di Blizzard, piuttosto che un diretto rivale, forse anche in virtù dell'amicizia e del reciproco rispetto che lega da sempre le due società. Sia come sia, The Old Republic è entrato nella fossa dei leoni e soltanto il pubblico potrà decretarne il successo o il fallimento nei mesi a venire. Dal canto nostro, possiamo già rispondere alla domanda fondamentale: perché giocare in una galassia lontana lontana?

Questione di stile

Chi ha cominciato a seguire lo sviluppo del gioco fin dal principio ricorderà le prime foto rilasciate da BioWare: da allora sono stati fatti passi da gigante, tuttavia il look finale di Star Wars: The Old Republic non è esente da critiche e difetti. Ma andiamo con ordine. Lo stile adottato da BioWare per dare vita alla loro versione dell'universo lucassiano è un ibrido tra quello pseudo-realistico dell'ormai defunto Star Wars Galaxies e quello cartoonesco della celebre serie televisiva The Clone Wars, anche se molto meno stilizzato e spigoloso.

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Il risultato è certamente convincente, se non altro nella riproduzione delle location ammirate al cinema o descritte nei numerosi romanzi e fumetti del cosiddetto "universo espanso". La limitazione dell'esplorazione imposta da pareti invisibili e aree circoscritte ha consentito agli artisti BioWare di progettare ambientazioni geograficamente complesse, sopratutto nel caso di zone all'aperto quali foreste, montagne e vallate. Il colpo d'occhio è notevole, grazie anche a un'eccezionale cura per il dettaglio e a un'azzeccata scelta dei cromatismi, basata sul preciso momento della giornata che contraddistingue ogni pianeta: in The Old Republic non è infatti presente un ciclo giorno-notte, una carenza giustificata da scelte artistiche che contribuiscono alla varietà delle ambientazioni. In questi ambienti così curati e fedeli alle fonti si aggirano i nostri personaggi, modelli dal discreto polygon-count che è possibile personalizzare tramite un editor non particolarmente brillante: la creazione dell'avatar è imparagonabile a quella, per esempio, di Aion, ma è abbastanza soddisfacente nonostante alcune discutibili opzioni relative a taglia o complessità del volto. Quello che, invece, proprio non ci va giù è il limitato numero di razze tra cui scegliere, tutte umanoidi e non particolarmente differenziate se non per il colore della pelle o qualche dettaglio come corna, tatuaggi o "lekku": l'universo di Guerre Stellari è caratterizzato da un'infinità di razze aliene antropomorfe rese celebri dagli indimenticabili personaggi del franchise e, paradossalmente, non è raro imbattersi in kel dor, togruta o mon kalamari desiderosi di affidarci missioni o venderci oggetti.

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Il giocatore, d'altra parte, è quasi sbeffeggiato da razze di dubbia originalità come il cyborg o il miraluka, normalissimi "umani" caratterizzati da modifiche cibernetiche o visiere di vario tipo che non si differenziano in alcun modo dalle altre razze proposte. E' un peccato perché questa carenza si ripercuote sulla popolazione giocante, composta da una moltitudine di personaggi di uguali fattezze e dimensioni, differenziate unicamente dall'equipaggiamento indossato. Anche in quest'ultimo caso si resta piuttosto perplessi dalla bassa risoluzione delle texture e dalla banalità di alcuni indumenti, sopratutto se si considera che le armi sono la componente meno visibile del vestiario, a causa ovviamente della piccola stazza di pistole e spade laser in primis. Se non in qualità, quantomeno l'itemization di The Old Republic primeggia in varietà, grazie a una moltitudine di abiti ed equipaggiamenti diversificati nei particolari, pur senza eccessi, che tendono a identificare chiaramente ogni classe e specializzazione.

La classe non è acqua

La scelta di ambientare il nuovo MMORPG di Star Wars nell'epoca della vecchia repubblica, migliaia di anni prima dell'esalogia cinematografica, non è stata casuale: ha concesso a BioWare la possibilità di continuare la storia raccontata nei due Knights of the Old Republic per PC e ai giocatori di calarsi nel ruolo delle migliaia di jedi e sith che popolano l'universo, cosa che sarebbe stata impossibile all'epoca della saga cinematografica. Diciamocelo, chiunque vorrebbe provare l'ebrezza di stringere una spada laser tra le mani, ma sarebbe un grandissimo errore sottovalutare le altre classi che BioWare ha così amorevolmente scolpito in modo assolutamente coerente e fedele al concept di George Lucas.

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Per riuscire nell'impresa, BioWare ha mantenuto la classica "trinità" dei MMORPG tradizionali, costruendo le classi intorno ai ruoli di tank, healer e damage dealer, e al contempo ha ideato uno stratagemma che ha permesso di "sdoppiare" ogni archetipo in due differenti specializzazioni che identificano i ruoli che i giocatori possono svolgere, migliorandoli attraverso un albero di abilità personalizzabile, decisamente simile a quello attualmente in voga in World of Warcraft o Rift. Le due fazioni, Impero e Repubblica, presentano archetipi e classi fondamentalmente speculari: Jedi Knight e Sith Warrior, Smuggler e Imperial Agent, e così via. Raggiunto il livello 10 è finalmente possibile completare una semplice missione per decidere definitivamente la via che si vuole intraprendere, una decisione irreversibile che determina la classe vera e propria che giocheremo fino a livello 50. Il Jedi Knight, ad esempio, può diventare Sentinel, specializzandosi unicamente nell'infliggere danni con due spade laser contemporaneamente, o Guardian, una classe che permette di infliggere danni o sopportarli al posto del gruppo.

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A sua volta, ogni specializzazione propone tre alberi di talenti su cui spendere i punti faticosamente guadagnati ad ogni level-up, migliorando l'efficacia delle nostre abilità. Se è vero che il sistema dei talenti in sé non ci ha particolarmente impressionato, poiché si tratta perlopiù di sbloccare scarni incrementi numerici e poche abilità esclusive, è altrettanto importante sottolineare come BioWare abbia fatto centro realizzando classi dagli stili di gioco molto diversi (basti pensare al sistema di coperture esclusivo di Smuggler e Imperial Agent, perfezionato nel corso dei lunghi mesi di Beta con un risultato finale più che soddisfacente) che restano fedeli all'immaginario del franchise pur seguendo in maniera pedissequa i canoni del genere. Il Trooper e i Bounty Hunter, soldati corazzati in grado di "tankare" a distanza con le armi da fuoco o curare i compagni attraverso l'invio di droni volanti, sono un chiaro esempio della commistione tra vecchio e nuovo che caratterizza l'intero gioco e che strizza l'occhio alla pellicola cinematografica con rispetto e intelligenza.

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La storia siamo noi

Ciò che, fin dal principio, ha distinto The Old Republic dalla concorrenza è stata l'enfasi riposta da BioWare nella storia che fa da sfondo alle nostre peregrinazioni. Pochi MMORPG hanno dato così tanta importanza all'intreccio, mantenendo il giocatore sempre al centro dell'attenzione, facendolo sentire vero protagonista della storia, e non "uno tra i tanti", mero spettatore di un mondo che gli gira attorno. Non sarebbe sbagliato definire The Old Republic come il terzo Knights of the Old Republic ufficiale, perché sono molti gli elementi che lo rendono più simile a un RPG offline che a uno online. In primo luogo, la decennale esperienza di BioWare nella scrittura di storie e dialoghi esplode in tutta la sua potenza nelle conversazioni completamente doppiate (in inglese, attenzione) che caratterizzano l'inizio, lo svolgimento e la chiusura di ogni missione, principale o secondaria.

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Torna del resto anche la tradizionale risposta multipla, simile a Dragon Age o Mass Effect, che consente di modificare l'esito della narrazione a seconda del nostro comportamento, generalmente positivo, neutrale o negativo. Le scelte comportano l'acquisizione di punti per il lato della luce o per il lato dell'oscurità che permettono di accedere a ricompense specifiche, modificare i nostri lineamenti e, contemporaneamente, tracciano un profilo psicologico del nostro alter-ego, caratterizzando in modo unico la nostra avventura. Ogni missione presenta una storia coerente e logica che giustifica l'uccisione di nemici o il recupero di oggetti, attività standard nei MMORPG di tipo theme-park come World of Warcraft o Rift che in The Old Republic assume una maggiore importanza grazie al dettagliato background narrativo. In altre parole, si tratta di un elaborato contorno che giustifica la più banale delle azioni, rendendoci effettivamente partecipi allo svolgersi degli eventi. Ogni classe, inoltre, propone una serie di missioni primarie caratterizzate da un intreccio narrativo particolarmente avvincente e cinematografico che divide la nostra avventura in capitoli, come se stessimo giocando un nuovo film di Guerre Stellari con i suoi comprimari, i cattivi e i colpi di scena mozzafiato. Da questo punto di vista, Star Wars: The Old Republic ha il grande pregio di essere un MMORPG assolutamente godibile anche se giocato da soli, per il puro scopo di condurre la storia verso la sua epica conclusione.

PvE VS PvP

La cura per la storia e la narrazione si percepisce anche nei Flashpoint, i tipici "dungeon istanziati" presenti in una moltitudine di MMORPG, dal solito World of Warcraft a Il Signore degli Anelli Online. In The Old Republic, però, la storia prende spesso il sopravvento sull'azione, obbligando i giocatori a dialogare con gli NPC per proseguire, rispondendo a domande e interagendo con i loro interlocutori. Un tiro di dado decide quale giocatore interagirà effettivamente con la storia, influenzandone l'andamento e potenzialmente modificando l'esito dell'avventura anche per i compagni di gruppo.

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Il resto del Flashpoint è invece di struttura piuttosto comune, con i nemici da sconfiggere prima di affrontare il boss di turno, nella speranza che lasci una ricompensa utile al nostro personaggio. L'intrigante idea di BioWare presenta però due falle che, a nostro avviso, potrebbero rivelarsi perfino fatali. In primo luogo, l'assenza di un tool o di un menù che permetta di creare/trovare gruppo facilmente: la scelta di BioWare ha il nobile scopo di favorire la nascita di una comunità intra-server, ma potrebbe comportare soltanto grossi disagi ai giocatori più solitari e casuali. Inoltre, per quanto la storia possa essere avvincente o invitante, bisogna rendersi conto che non tutti i videogiocatori sono interessati a leggere testi e ascoltare, ripetutamente, le ciance degli NPC di turno: si deve purtroppo accettare che una buona fetta dell'utenza è semplicemente interessata ad affettare i nemici e migliorare l'equipaggiamento e il sistema di dialogo e interazione proposto da BioWare è piuttosto vincolante e privo di mezze misure, incapace ora come ora di accontentare contemporaneamente gli utenti con diversi stili di gioco.

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Nell'attesa che anche questa problematica venga risolta col tempo, ai giocatori più affamati di azione non si può che consigliare il PvP: in The Old Republic non è nulla di particolarmente rivoluzionario ma bisogna dire che BioWare ha svolto un buon lavoro di bilanciamento, rendendo ogni classe competitiva e diversificata, a prescindere dal suo ruolo. Il PvP in campo aperto comincia ad affiorare timidamente nei pianeti neutrali ed esplode, ovviamente, nelle Warzone, aree dedicate con regole e meccaniche ben precise come può essere la "palla avvelenata" di Huttball. I punti guadagnati in PvP servono, neanche a dirlo, per comprare equipaggiamenti caratterizzati da un alto valore di Expertise, bonus applicato al danno inflitto e ricevuto in PvP. Non mancano quindi le opportunità di gioco per tutti i gusti, ma il disegno è sempre quello tipico del genere: uccidi mostri o giocatori per guadagnare punti, comprare oggetti, migliorare le tue performance.

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Compagni di craft

Uno degli aspetti che più abbiamo apprezzato in The Old Republic è costituito dai companion, NPC che si acquisiscono man mano che si procede nella storia e che possono essere convocati per accompagnarci nelle nostre scorribande, magari ricoprendo il ruolo giusto a seconda della situazione. I companion nascono in effetti proprio per colmare le lacune imposte al giocatore nella sua scalata sull'albero dei talenti, in altre parole un healer sarà meno efficace nel combattimento diretto e il companion giusto potrebbe sopperire a quella mancanza, rendendo l'esperienza più fluida e appagante, condendola con quell'onnipresente elemento narrativo che è un po' il marchio di fabbrica di BioWare e del suo MMORPG. I companion, che possiamo equipaggiare con gli oggetti trovati e comprati, chiacchierano con noi, ci affidano saltuarie missioni, commentano i nostri comportamenti, addirittura flirtano e si innamorano: sono parte integrante della storia e del gameplay e possono essere disattivati/attivati in qualunque momento, a patto che la capienza del gruppo (un massimo di quattro unità) lo consenta.

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Eppure, è quasi liberatorio affrontare un Flashpoint insieme a un altro amico soltanto, lasciando che i companion combattano o ci curino e scavalcando la necessità di formare un gruppo completo. Come se non bastasse, i companion sono il fulcro del sistema di crafting di The Old Republic, incentrato sulla canonica suddivisione tra professioni di raccolta e professioni di produzione. Oltre a poter raccogliere personalmente i materiali trovati sul campo, potremo ordinare al companion di farlo per noi oppure potremo inviarlo direttamente in missione per qualche minuto, per poi ricevere gli oggetti trovati. Contemporaneamente, è possibile ordinare a un companion di produrre un oggetto per noi: il nostro fidato seguace scomparirà per qualche minuto, per poi tornare con l'oggetto prodotto, magari di qualità perfino superiore. Questo ingegnoso sistema comporta la totale assenza dei tempi morti spesso causati da sistemi di crafting poco fantasiosi come lo, è di base, anche quello di The Old Republic: alla fin fine si tratta di accumulare i materiali necessari per cliccare su un'icona e attendere che l'oggetto venga creato, tuttavia il contributo dei companion è fondamentale perché impedisce al giocatore di fermarsi se non per commerciare, vendere o scomporre gli oggetti costruiti o modificare alcuni appositi pezzi di equipaggiamento con accessori intercambiabili che ne modificano le statistiche, un'altra ottima idea che da una parte aumenta esponenzialmente le possibilità di personalizzazione del nostro alter ego e, dall'altra, consente di giocare con il nostro look senza sacrificare le performance in combattimento.

Il futuro della vecchia repubblica

Fra qualche settimana vi racconteremo delle battaglie spaziali, dei Flashpoint avanzati e delle Operation, del PvP di alto livello e dei pianeti in cui si concludono le avventure delle varie classi: in generale, vi parleremo di come The Old Republic resiste alla più grande delle prove, quella del tempo e dell'endgame. Le prime ore di gioco ci hanno trasmesso una sensazione tendenzialmente positiva ma non è possibile sorvolare sui difetti, più o meno vistosi, di un gioco che comunque non è stato pensato per rivoluzionare il mercato dei MMORPG. Chi si aspetta il messia, insomma, potrebbe restarne deluso e chi si è stufato di World of Warcraft, in parole povere, potrebbe scoprire che i due titoli hanno molto più in comune di quanto non appaia.

Fare o non fare, non c'è provare

Star Wars: The Old Republic è stato spesso definito come il "clone di WoW nello spazio", si tratta di un'esagerazione poco corretta ma non senza un fondo di verità: in effetti, l'ambizioso kolossal BioWare ricorda in modo impressionante il World of Warcraft prima di Wrath of the Lich King, l'MMORPG theme-park senza troppi fronzoli e comodità, insomma, a tratti perfino poco moderno o user-friendly. Alcune delle ottime feature di The Old Republic sono infatti soffocate da scelte di game-design un po' infelici e datate, come la suddivisione in "instance" delle aree di gioco o uno sviluppo poco fantasioso di abilità e specializzazioni. Anche sul fronte tecnico ci sono parecchie sbavature da sistemare, e non ci riferiamo unicamente a qualche raro bug o a delle animazioni sociali un po' bruttine, quanto all'assenza di opzioni per personalizzare la forma e le dimensioni dell'interfaccia o, addirittura, per applicare l'effetto anti-aliasing (a onor di cronaca quest'ultimo può essere effettivamente "forzato", migliorando nettamente la resa visiva del gioco). A conti fatti, potremmo dire che The Old Republic "è intelligente ma non si applica":

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le premesse per l'evoluzione di un ottimo prodotto ci sono tutte, BioWare dovrebbe quindi fare tesoro delle critiche dell'utenza e adoperarsi per limare i problemi il più velocemente possibile, sopratutto in questo momento in cui si combatte effettivamente ad armi pari con titoli del calibro di Rift che, seppur assolutamente anonimo, offre una risma di contenuti e feature che The Old Republic al momento non possiede, a cominciare dai famigerati Achievement. D'altra parte, ci troviamo di fronte a un contesto relativamente originale impreziosito da un background e da un lore profondi come pochi che nelle fatate mani degli sceneggiatori BioWare è in grado di regalare momenti davvero emozionanti, sopratutto se giocato in compagnia. A chi consigliare, dunque, Star Wars: The Old Republic? Neanche a dirlo, ai fan del franchise, e poi a tutti gli amanti del genere che si sono stufati di ambientazioni fantasy, draghi, elfi e affini. Chi invece si è stancato della formula tradizionale che caratterizza praticamente ogni MMORPG rilasciato negli ultimi quattro anni, potrebbe scoprire che The Old Republic ha qualcosa di più, ma non abbastanza da diventare un nuovo punto di riferimento per il genere in questione. Almeno, non per adesso.

CERTEZZE

  • Costante aggiunta di nuovi contenuti
  • Rilascio tempestivo di feature utili (sistema LFG, custom UI, ecc.)
  • Endgame vario e corposo

DUBBI

  • La struttura del gioco resta un po' datata
  • Nulla di particolarmente innovativo all'orizzonte
  • Le lacune grafiche potrebbero allontanare i più schizzinosi