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Activision Blizzard: i videogiochi scomparsi che potrebbero tornare con Microsoft

Non ci sono solo Sekiro, Call of Duty e Crash Bandicoot: facciamo il punto su tutti i videogiochi di Activision Blizzard dimenticati che potrebbero fare un ritorno inaspettato.

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   14/10/2023
Activision Blizzard: i videogiochi scomparsi che potrebbero tornare con Microsoft

Ora che l'acquisizione di Activision Blizzard a opera di Microsoft si può considerare cosa fatta, è solo questione di tempistiche tecniche prima che il catalogo della compagnia entri a far parte della grande famiglia Xbox. Tra studi di sviluppo e proprietà intellettuali, la lista di asset finiti sotto l'ala protettrice di Phil Spencer è veramente interminabile, al punto tale che i dirigenti della compagnia dovranno pensare molto attentamente a come spalmarli nel corso del 2024 sulle sponde del servizio in abbonamento, che nel giro di pochi mesi rischia di trasformarsi in un'offerta ancor più irrinunciabile di quanto già non fosse diventata.

Ma se gli occhi del mondo intero sono puntati sul destino di Call of Duty, su grandissimi successi come Sekiro, sul portafoglio di Blizzard e sulle ex mascotte della concorrenza Spyro e Crash Bandicoot, l'elenco di IP accumulate da Activision durante le ultime decadi è molto più ricco di quanto si tenda a ricordare. Accanto ai grandi nomi, infatti, ci sono titoli che potrebbero risorgere improvvisamente e rivelarsi potentissimi assi nella manica di Xbox, specialmente se affidati alle cure dei giusti studi proprietari. In questo articolo analizzeremo i videogiochi scomparsi di Activision Blizzard che potrebbero tornare in vita grazie a Microsoft.

True Crime

Ora Microsoft ha un GTA in casa
Ora Microsoft ha un GTA in casa

Nel 1998 lo studio di sviluppo Luxoflux raggiunse una discreta fama attraverso la pubblicazione di Vigilante 8, un folle 'veichle-deathmatch' che vide luce su PlayStation e Nintendo 64. Quattro anni più tardi, nel 2002, Activision decise di acquisire la compagnia dopo aver osservato attentamente il titolo che aveva in cantiere, una produzione che colpì particolarmente i dirigenti in ragione della sua ambizione: quella di mettere in scena l'intera città di Los Angeles mescolando l'ispirazione beat'em up, quella da sparatutto in terza persona e l'immancabile presenza di veicoli. Non c'è bisogno di dire che il progetto, nel 2005, sarebbe diventato True Crime: Street of LA. Presentato come un kolossal - il cast di doppiatori poteva vantare nomi del calibro di Christopher Walken, Gary Oldman, Ron Perlman e Michelle Rodriguez - segnò il primo intervento a gamba tesa di Activision nell'assalto alla formula della produzione hollywoodiana. La struttura del progetto era estremamente innovativa: il sistema di karma, i 777 chilometri quadrati di area metropolitana, i crimini che punteggiavano le strade, nonché i diversi sentieri nei quali si snodava la missione principale, erano solo alcuni dei guizzi ricamati da Luxoflux per sfidare il dominio ancora emergente della serie di Grand Theft Auto.

Sfortunatamente il secondo episodio New York City, a causa di una pubblicazione troppo frettolosa, fu stroncato dal pubblico e vendette enormemente di meno rispetto al predecessore, inaugurando una parabola discendente che nel 2010 avrebbe portato alla chiusura dello studio. Nel frattempo, Activision aveva attivato United Front Games nello sviluppo di un altro titolo dal nome in codice Black Lotus, accarezzando l'idea di renderlo parte del brand di True Crime: anche in questo caso le cose non andarono a buon fine, perché la dirigenza della casa scelse di staccare la spina in ragione del timore del confronto con Grand Theft Auto e Red Dead Redemption. A salvare baracca e burattini ci pensò Square Enix, volenterosa di acquistare i diritti di pubblicazione del progetto - che si sarebbe trasformato in Sleeping Dogs - ma rinunciando tuttavia a impadronirsi anche del marchio True Crime. Da quel momento in avanti la serie è scomparsa permanentemente dai radar dell'industria, rimanendo dormiente nel portafoglio di Activision: possibile che Microsoft possa sfruttarla per attentare al dominio di Grand Theft Auto?

Quest for Glory

Quest for Glory era un titolo dalle meccaniche estremamente avanzate per la sua epoca
Quest for Glory era un titolo dalle meccaniche estremamente avanzate per la sua epoca

Anche se oggi è stata pressoché dimenticata, l'opera magna dei coniugi Lori Ann Cole e Corey Cole è una straordinaria pietra miliare non per uno, ma ben due diversi generi videoludici: l'RPG all'occidentale vicino all'eredità di D&D e il videogioco d'avventura erede di King's Quest. Accaniti giocatori di Dungeons & Dragons sin dalla giovanissima età, e specialmente della variante Arizona, gli sviluppatori si unirono a Sierra On-Line nel 1989 proprio per dare vita a quella che senza ombra di dubbio si può considerare una fra le saghe più longeve e ambiziose mai prodotte nel sottobosco dei videogiochi. Perché ne parliamo in questi termini? Il motivo è molto semplice: nell'intera serie di Quest for Glory si utilizzava sempre lo stesso protagonista, esportando il personaggio e mantenendo di volta in volta tutte le abilità e le competenze sbloccate tra un capitolo e l'altro, vivendo un'interminabile epopea fatta di personaggi ricorrenti e storie ricorsive, in modo completamente diverso rispetto a quanto accadeva su altre sponde.

Se dovessimo contare tutte le innovazioni portate dalla produzione dei Cole, questo articolo non finirebbe mai: fu uno dei primi videogiochi a integrare un complesso sistema di skill basate sulle azioni compiute dal giocatore, per esempio migliorando l'abilità di arrampicata dopo ogni tentativo; inoltre fu uno dei primi RPG a integrare metodi alternativi di risoluzione delle missioni in base alla classe iniziale del personaggio, selezionata tra mago, guerriero e ladro, senza lesinare sui contenuti esclusivi come per esempio la celebre gilda dei ladri del primo capitolo. In linea generale si trattava di avventure estremamente complesse, al punto tale che il secondo capitolo - dedicato all'immaginario delle Arabian Nights - aveva una struttura per certi versi simile a quella di The Legend of Zelda: Majora's Mask: il completamento del viaggio era sotteso a un timer, senza contare che in mancanza della mappa inclusa nella confezione sarebbe stato impossibile orientarsi nella città al centro dell'opera, una soluzione pensata per funzionare come una specie di antiquato DRM. La serie Quest for Glory è scomparsa nel 1998, i diritti sono passati varie volte di mano prima di approdare in Activision e cadere definitivamente nel dimenticatoio. Gli sviluppatori di Blizzard hanno dichiarato di essersi ispirati molto a questa IP nella realizzazione di Diablo e World of Warcraft, e lo stesso discorso vale per quelli di Bethesda Softworks con l'universo di The Elder Scrolls: osservando il roster di studi di Microsoft sarebbe un delitto se Quest for Glory restasse chiusa in un cassetto.

Singularity

Singularity fu una produzione vittima dell'epoca in cui fu pubblicata
Singularity fu una produzione vittima dell'epoca in cui fu pubblicata

Il canto del cigno della Raven Software dei tempi che furono: dopo vent'anni di onorato servizio e decine di opere tutt'oggi rimaste impresse a fuoco nella memoria dei videogiocatori, in seguito alla pubblicazione di Singularity e ai suoi blandi risultati, Activision decise di "ritirare" il team per impegnarlo a dare supporto a tempo pieno alla serie di Call of Duty, spesso aiutando gli studi che si trovavano a gestirla. Al momento della pubblicazione, Singularity ricevette elogi e critiche in uguale misura: da una parte fu apprezzato per la sua capacità di prendere tutto il meglio degli FPS della decade precedente e condensarlo in un'unica produzione, ma dall'altra fu accusato di aver preso troppa ispirazione da BioShock e Half Life - cosa per cui oggi probabilmente verrebbe esaltato - nonché di soffrire di tutti i classici limiti del genere, consegnandosi nelle mani del pubblico nel pieno di un'epoca di grandi rivoluzioni tecniche e filosofiche.

In Singularity si indossavano i panni del capitano Nathan Renko, inviato dal governo degli Stati Uniti sull'isola Katonga-12, un tempo sotto il controllo diretto dell'Unione Sovietica, per investigare riguardo una strana anomalia magnetica. Giunto sul posto, Renko si trovava fin da subito sbalzato fra due diverse linee temporali: una ambientata nel 1955, in piena Guerra Fredda, e un'altra nel presente, ovvero nel 2010. Il problema era che durante la sua prima visita nel 1955 Renko sceglieva di salvare la vita a un uomo in difficoltà: al ritorno nella sua epoca, avrebbe scoperto un mondo in cui l'URSS era stata misteriosamente restaurata e il pericolosissimo Demichev ne era divenuto il sanguinario leader. Da quel momento in avanti, ogni singolo salto nel passato avrebbe portato conseguenze disastrose nella linea temporale principale, mettendo il giocatore dinanzi a un susseguirsi di scenari distopici che avrebbero inaugurato il sottotesto creativo finito per divenire la base di Call of Duty: Zombies. A prescindere dal modo in cui fu accolto, non certo dei migliori possibili, Singularity potrebbe essere uno dei più fulgidi esempi di una vittima del periodo storico in cui è uscito: quest'anno, infatti, tantissimi giocatori hanno letteralmente adorato Atomic Heart, a prescindere dal suo scimmiottamento di BioShock e nonostante la mole di mancanze che l'affliggono.

Gun

Un altro titolo segnato da un ciclo di sviluppo 'rushato'
Un altro titolo segnato da un ciclo di sviluppo "rushato"

Pubblicato originariamente nel 2005, proprio al tramonto della sesta generazione di console per videogiochi, Gun nasceva dall'ambiziosa idea di mettere in scena un Red Dead Redemption prima di Red Dead Redemption, tanto che all'epoca fu definito dalla stampa come: "Un Grand Theft Auto nel Far West" più di quanto fosse avvenuto con Red Dead Revolver. Sviluppato da Neversoft, condivideva con True Crime: Streets of LA la volontà di attaccare la struttura tipica dei film di Hollywood, puntando quasi tutto sulla componente narrativa, accogliendo diversi attori veterani tra le file dei doppiatori e presentandosi come un minuto blockbuster fiducioso di spaccare il botteghino. Alla prova dei fatti le cose non andarono proprio come previsto: la durata estremamente breve della campagna - attorno alle sei ore - assieme a un grado sfida certo non esaltante e una struttura ludica ancora spigolosa, lo trasformarono in un timidissimo successo, capace di fare breccia esclusivamente nei veri e propri fanatici dell'atmosfera western.

La storia, protagonista assoluta dell'esperienza, orbitava attorno alle disavventure del giovane Colton White: caduto preda di un arrembaggio mentre si trovava assieme al padre a bordo di un battello a vapore, il cacciatore si sarebbe salvato miracolosamente prima di intraprendere un viaggio nel segno della vendetta lungo i fondali del "vero" Far West americano di fine '800. Lo scheletro dell'esperienza era quello di un'avventura open world in terza persona, sì focalizzata sulla narrazione ma farcita di un centinaio di attività collaterali, spesso piuttosto blande e slegate dal rapidissimo incedere della trama. Come molte opere sue contemporanee, si presentò sul mercato piuttosto spoglia a fronte dei tempi di sviluppo molto stretti e della necessità di pubblicarla il prima possibile, esattamente come sarebbe accaduto al sequel di True Crime pochi anni più tardi. La scomparsa di Gun è sovente imputata alla straordinaria evoluzione di Grand Theft Auto e soprattutto alla pubblicazione di Red Dead Redemption: fu proprio a ridosso del 2010 che Activision cancellò lo sviluppo di tutte le sue produzioni che si sarebbero potute paragonare a quelle nel portafoglio di Rockstar, fortemente convinta che la concorrenza si fosse spinta troppo avanti per poter essere raggiunta in maniera soddisfacente.

Prototype

Il rivale di Infamous può trasformarsi nel rivale di Spider-Man?
Il rivale di Infamous può trasformarsi nel rivale di Spider-Man?

La storia di Prototype è abbastanza complessa: nato sotto l'egida di Vivendi e sviluppato da Radical Entertainment, si è ritrovato a dover affrontare quando si trovava ancora in fase di sviluppo lo spietato "gran jury" di Activision. La casa, infatti, stava decidendo proprio in quel periodo quali IP "uccidere" e quali traghettare fino alla pubblicazione, effettuando una brutale operazione di taglia e cuci che scelse di risparmiare solo cinque produzioni, fra cui ovviamente figurava anche Prototype. Inoltre, poco prima della pubblicazione nel 2009, aveva visto luce Infamous di Sucker Punch, celebre avventura supereroistica story-driven destinata in esclusiva al pubblico di PlayStation. Già allora, gli utenti Xbox videro in Prototype un baluardo della propria macchina, un videogioco multipiattaforma piovuto dal cielo che avrebbe affrontato a testa alta il gioiellino della concorrenza. Alla fine, la critica e il pubblico furono pressoché concordi nel definire Infamous migliore sul piano della narrativa, mentre il titolo di Radical Entertainment più centrato nella messa in scena del mondo aperto.

In questo caso non c'è bisogno di troppe presentazioni: sospeso a metà strada tra la fantasia del supereroe e quella del supercattivo, il protagonista Alex Mercer poteva contare su un immenso arsenale di mosse e abilità utili per navigare la New York virtuale, affrontando interi eserciti grazie alle straordinarie capacità ottenute in laboratorio. La variazione sul tema dell'open world cittadino, ma soprattutto la possibilità di seminare distruzione come mai accaduto in precedenza, fecero immediatamente breccia nel pubblico, convincendo la casa madre a mettere immediatamente un sequel in cantiere. Un sequel che svolse il suo compito in maniera discreta, cambiando protagonista pur mantenendo rilevante la vicenda del predecessore, ma restando tuttavia fin troppo ancorato alla formula dell'originale. L'opera non raggiunse gli obiettivi preventivati da Activision: l'incapacità di battere i risultati di Max Payne 3 - che allora era visto come il principale rivale - nonché lo straordinario successo che proprio in quei giorni stava caratterizzando Diablo 3, convinsero la compagnia a licenziare molti dipendenti e ridurre lo studio a una mera struttura di supporto, congelando per sempre il marchio di Prototype negli abissi della compagnia.

Hexen ed Heretic

Tra Hexen ed Heretic, probabilmente il primo fu il più ispirato e originale
Tra Hexen ed Heretic, probabilmente il primo fu il più ispirato e originale

La questione di Hexen ed Heretic è un esempio delle complessità che si celano dietro la gestione dei diritti dei videogiochi: anche se la situazione non è mai stata chiarita del tutto, è opinione comune che quelli della pubblicazione dei titoli passati siano sempre rimasti nelle mani di id Software e quindi di Bethesda, mentre quelli di sviluppo abbiano trovato casa nel portfolio di Activision, tratteggiando una sorta di stallo alla messicana che ha mantenuto fino a oggi la serie congelata nel tempo. A questo punto, tuttavia, il problema non si pone più: per la prima volta i diritti delle due serie interconnesse si sono finalmente riuniti sotto l'ala di Microsoft, e il fatto stesso che Phil Spencer abbia indossato una maglietta dedicata al brand nel corso dell'ultimo grande evento di Xbox ha scatenato la fantasia degli appassionati. Possono fare un ritorno? Anche se in molti sembrano entusiasti all'idea di una resurrezione in pompa magna, non bisogna dimenticare che siamo reduci dal clamoroso flop di Immortals of Aveum, che traeva tutte le ispirazioni più importanti proprio dai confini del primo antico Heretic di Raven Software.

Se da una parte gli appassionati sognano dall'annuncio dell'acquisizione una collaborazione tra Raven e id Software - coppia a dir poco esclusiva appena riformata a distanza di decenni - il valore contemporaneo di queste IP è tutto da dimostrare. Germogliati su una versione modificata del motore di DOOM, i capostipiti delle relative serie puntavano tutto su una versione fantasy dell'architettura del classico sparatutto in prima persona, al punto tale che Hexen consegnava nelle mani dei giocatori diverse classi, un inventario di equipaggiamenti e una nuova concezione della struttura dei livelli volenterosa di abbracciare qualche meccanica tipica degli RPG; in linea generale, dove Heretic restava molto vicino all'anima di DOOM, Hexen ebbe il merito di rischiare e di mescolare le carte come pochi progetti fecero prima di lui. I rispettivi sequel sparigliarono ulteriormente la mano, prima ancorandosi al Quake Engine e poi imboccando direzioni opposte: mentre Hexen II rimase fedele alla struttura del predecessore, il sequel di Heretic divenne un titolo in terza persona nel quale il protagonista Corvus poteva contare su una mescolanza di attacchi ravvicinati e dalla distanza. Sulla carta si tratta di IP estremamente interessanti, specialmente alla luce delle ultime fatiche di id Software, ma è estremamente difficile immaginarne il processo di attualizzazione. Possono davvero scalfire il dominio del nuovo DOOM?

Tutte le avventure di Sierra On-Line

King's Quest ha avuto il grande merito di stravolgere i videogiochi d'avventura
King's Quest ha avuto il grande merito di stravolgere i videogiochi d'avventura

A cavallo fra gli anni '80 e '90, Sierra On-Line si è trasformata in una straordinaria fucina di videogiochi d'avventura: abbiamo già menzionato Quest for Glory dei The Coles in ragione della sua natura atipica e particolarmente vicina al gioco di ruolo, ma dalle profondità della compagnia sono emersi dozzine di titoli di grande qualità supervisionati da menti del calibro di Roberta Williams e Jane Jensen. Anche se al giorno d'oggi quella che veniva comunemente definita "avventura grafica" si è tendenzialmente ridimensionata o è addirittura confluita in inedite ispirazioni creative, l'immaginario che affrescava i fondali delle avventure di Sierra conserva ancora oggi uno straordinario potenziale inespresso che si potrebbe sfruttare in dozzine di modi diversi: sarebbe possibile utilizzarlo per dar vita a videogiochi horror, a esperienze investigative, magari ad avventure narrative come quelle realizzate da studi quali DONTNOD e Telltale. Per questo motivo, vale la pena fare una piccola rassegna delle principali IP della casa.

  • King's Quest: Questa celebratissima serie firmata Roberta Williams è considerata la più importante pietra miliare nel processo evolutivo dell'avventura grafica. Ricamando la struttura sull'interazione con lo scenario tramite un parser testuale e implementando per la prima volta delle animazioni dinamiche nel genere, questa grande avventura puramente fantasy ha conosciuto tanta fortuna, sviluppandosi in sette capitoli numerati cui sono seguiti due episodi aggiuntivi determinati a deviare dallo stringente binario punta e clicca. L'ultimo - King's Quest - risale al 2015 ed è coinciso con la scomparsa del marchio dagli scaffali dei negozi.
L'immaginario di Gabriel Knight ha consacrato l'opera di Jane Jensen
L'immaginario di Gabriel Knight ha consacrato l'opera di Jane Jensen
  • Gabriel Knight: Una straordinaria saga investigativa scaturita dalla mente di Jane Jensen che orbita attorno alle cupe indagini dell'oscuro protagonista, un "Cacciatore d'Ombre" che a causa del suo particolare retaggio si trova a camminare lungo il filo del paranormale. L'autrice fu definita "la Anne Rice dell'interattivo" in ragione della cura riservata alla componente narrativa delle produzioni, tanto fortunata da conoscere nuova vita anche in forma di romanzo; la saga "canonica" è proseguita sino al terzo capitolo del 1999, dopodiché la Jensen si è dedicata ad altri progetti, mentre Activision - fatto salvo qualche revival - ha chiuso Gabriel Knight definitivamente negli archivi.
  • Laura Bow Mysteries: Investigativo puro, anch'esso opera di Roberta Williams, di fatto una conversione secondo le leggi dell'interattività del classico giallo in stile Agatha Christie. La serie ha trovato espressione in due titoli, ovvero The Colonel's Bequest e The Dagger of Amon Ra, entrambi molto apprezzati dagli appassionati e capaci di raggiungere un discreto successo commerciale.
  • Police Quest: Riassumere la vicenda di Police Quest in poche parole è estremamente difficile, ma faremo del nostro meglio. Nata come una serie di avventure grafiche investigative a opera di Jim Walls, nelle quali percorrere l'intera carriera dell'aspirante detective Sonny Bonds rispettando con precisione le procedure della polizia, ha finito per trasformarsi in qualcosa di molto differente nel corso dei '90. Dopo tre episodi la palla è passata infatti in mano all'ex poliziotto Daryl Gates, che in seguito a un titolo ambientato a Los Angeles con un nuovo protagonista ha trasformato il brand in SWAT, prima concentrandosi sulle indagini delle forze speciali e poi cambiando completamente la forma del progetto fino a renderlo un RTS. Da allora Sierra ha utilizzato il brand SWAT per dar vita a sparatutto ed esperienze mobile che hanno deambulato stancamente verso un lento tramonto, concretizzatosi infine nel 2007.
Phantasmagoria è diventato un videogioco cult, nonché il simbolo di Roberta Williams
Phantasmagoria è diventato un videogioco cult, nonché il simbolo di Roberta Williams
  • Space Quest: Nel 1986, Mark Crowe e Scott Murphy si stavano stufando dell'onnipresente ambientazione fantasy e dell'atmosfera di serietà che permeava le produzioni della casa, pertanto proposero al direttivo di imboccare una netta deviazione: Space Quest avrebbe abbracciato l'immaginario sci-fi ma soprattutto il sottotesto comico, trasformando il personaggio di Roger Wilco in una vera e propria icona della classe operaia. La serie ha preservato l'essenza di avventura punta e clicca nel corso dell'intero ciclo vitale, dal 1986 fino al 1995, anno in cui è sparita definitivamente dai radar fatta eccezione per qualche timida collezione. Nel 2002 un reboot, chiamato semplicemente Space Quest, sarebbe dovuto uscire in esclusiva sulla prima Xbox, ma il progetto fu infine cancellato: possibile che dopo ventun anni sia finalmente arrivato il momento tanto atteso?
  • Phantasmagoria: Chiude questo filotto di produzioni la celebre avventura horror con attori reali scritta e supervisionata dalla leggendaria Roberta Williams, sovente considerata l'epitome della sua produzione. Si tratta di gran lunga del più grande successo commerciale nella storia di Sierra On-Line, un colossal capace di portare 12 milioni di dollari nelle casse della compagnia nel giro di una singola settimana. Ricamata attorno alla fantasia della casa infestata, l'opera deviava dall'aura family-friendly che aveva caratterizzato la produzione della Williams, mettendo in scena la cupa vicenda della scrittrice di romanzi occulti Adrienne Delaney, intenta a risolvere il mistero della vecchia magione dell'illusionista Zoltan Carnovash. Da molti considerato il capolavoro della designer, Phantasmagoria ha ottenuto anche un sequel firmato Lorelei Shannon che ha deviato dalle atmosfere dell'originale, rendendo le produzioni simili a due episodi disgiunti della serie Black Mirror. Da allora, tuttavia, Phantasmagoria è svanito per sempre.

I videogiochi che probabilmente non rivedremo

Molto difficile che Microsoft decida di fare concorrenza a se stessa tramite IP sovrapponibili
Molto difficile che Microsoft decida di fare concorrenza a se stessa tramite IP sovrapponibili

Ci sono tanti altri videogiochi scomparsi di cui Activision Blizzard detiene i diritti di pubblicazione: se abbiamo scelto di non trattarli in modo estensivo è perché difficilmente finiranno per trovare nuova vita nel parco titoli di Microsoft. Questo è ad esempio il caso di Blur e Interstate '76, dal momento che la casa di Redmond è estremamente coperta sul fronte delle esperienze racing, perlomeno di quelle tradizionali; certo, Interstate '76 aveva dei guizzi interessanti sul piano del setting distopico, ma è difficile immaginare un nuovo rinascimento per il brand. Lo stesso discorso vale per Soldier of Fortune, come per TimeShift e soprattutto per Caesar: se lavorare sul primo vorrebbe dire costruirsi in casa un rivale per Call of Duty, il secondo ha tantissimi elementi in comune non solo con Singularity, ma soprattutto con Quantum Break, esclusiva Xbox che sul piano commerciale si è rivelata un profondo buco nell'acqua, mentre Caesar, assieme a Empire Earth, rischia di condividere la medesima dimensione del redivivo Age of Empires.

Zork è un'altra produzione molto complessa da immaginare con indosso un abito contemporaneo, e tale considerazione resta valida per il The Lost Vikings di Blizzard Entertainment, la cui spina dorsale ricorda molto da vicino la struttura della serie Trine. Ci sono poi Guitar Hero e DJ Hero, sui quali non c'è bisogno di spendere troppe parole, oltre che Pitfall e Geometry Wars, la cui struttura sembra difficilmente adattabile alle esigenze del pubblico moderno. Ciò detto, questo rappresenta solo uno spicchio di proprietà intellettuali nell'immenso scatolone a disposizione degli Xbox Game Studios: ora bisognerà solamente scoprire come Phil Spencer e Matt Booty sceglieranno di adoperare tutta questa potenza di fuoco. Secondo voi, quali studi proprietari riuscirebbero a dare il meglio se messi al lavoro su questi brand dimenticati?