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Addio, Stan Lee

Ricordiamo il mito che ha creato l'Universo Marvel e rivoluzionato i fumetti supereroistici

SPECIALE di Christian Colli   —   13/11/2018

Aveva 95 anni quando ha esalato il suo ultimo respiro al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, ma sarebbe sbagliato affermare che Stan Lee se ne sia andato: uno come lui, che ha influenzato la cultura popolare negli ultimi cinquant'anni, ispirato milioni di fan e cambiato il significato stesso del fumetto negli anni '60 è, per antonomasia, immortale. Stan Lee ha coniato battute per degli albi a fumetti che oggi vengono citate anche da chi quei fumetti non li ha mai neppure sfogliati, e non perché siano enormemente famose, ma perché sono veritiere. "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità": lo diceva zio Ben a Peter Parker, ma in realtà quello zio Ben era Stan Lee. Scrittore, caporedattore, direttore e mascotte al tempo stesso del colosso editoriale Marvel, Stan "the Man" Lee ha inventato la maggior parte degli eroi più famosi del mondo e poi li ha pure incontrati nelle sue innumerevoli comparse cinematografiche, perché lui era uno che, prima di tutto, si voleva divertire.

Prima della Marvel

Stanley Martin Lieber nasce il 28 dicembre 1922 a Manhattan da Jack Lieber e Celia Solomon Lieber, due immigrati della Romania che poco dopo si trasferirono nel Bronx. Fin da piccolo, Stanley si appassiona alla lettura - legge Shakespeare a dieci anni - e divora i romanzi di Doyle, Twain e Burroughs che lo ispirano a perseguire la carriera letteraria dopo essersi diplomato alla DeWitt Clinton nel 1939; tuttavia Stan trova lavoro come fattorino presso la Timely Publications (poi Atlas Comics, quindi Marvel Comics) del cugino Martin Goodman e comincia a scrivere strisce a fumetti di genere supereroistico. È lì che incontra Jack Kirby e Joe Simon, i creatori di Captain America, poco prima che questi decidessero di lavorare in segreto per la concorrenza, una casa editrice chiamata National Comics Publications che in seguito sarebbe diventata la DC Comics. Goodman licenziò Kirby e Simon una volta scoperto l'imbroglio - Kirby accusò Lieber, che ne era a conoscenza, di averli denunciati al cugino - e promosse Stan a caporedattore.

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All'epoca, Lee - che si chiamava ancora Lieber - usava numerosi pseudonimi per lasciar credere che alla Atlas Comics lavorassero numerosi sceneggiatori e uno di questi, Stan Lee (essenzialmente il suo nome di battesimo, Stanley, spaccato in due) fu proprio quello che decise di adottare legalmente a partire dagli anni '70. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, Lee scriveva fumetti e manuali di addestramento, mentre costruiva una famiglia con la moglie, l'ex modella Joan Boocok che è morta lo scorso anno, lasciando un marito inconsolabile, e la primogenita Joan Celia. Lee ha avuto anche un'altra figlia nel 1953, Jan, che sfortunatamente è deceduta tre giorni dopo la nascita. In quel periodo, tuttavia, sulle pubblicazioni a fumetti si allungava l'ombra della censura. Molte case editrici come la DC avevano scelto un taglio scandalistico che suscitò uno sdegno tale da cominciare una specie di caccia alle streghe che culminò con l'accusa che le avventure di Batman e Robin incitassero all'omosessualità. Fu per questo motivo che l'industria stilò il famigerato Comics Code Authority, una specie di regolamento che appiattì clamorosamente le storie a fumetti, conducendo a un'inesorabile crollo delle vendite che mise gli autori in ginocchio.

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La rivoluzione di Stan

A questo punto il nostro Stan stava quasi per gettare la spugna, stufo com'era di scrivere racconti piatti e noiosi. Furono proprio sua moglie Joan e il cugino Martin a incoraggiarlo a sfidare il sistema, specialmente quando la DC, in quello stesso periodo, stava cominciando a pubblicare le nuove serie a fumetti dedicate a Flash e Lanterna Verde, andando a costituire il primo team di supereroi mainstream: la Justice League. Goodman voleva qualcosa di simile per la sua casa editrice, che ormai era diventata la Marvel, e così Stan e Kirby, che nel frattempo era tornato all'ovile, si inventarono i Fantastici Quattro. Lee, infatti, aveva avuto la più grande intuizione della sua carriera senza sapere che quell'idea avrebbe cambiato letteralmente il volto dell'industria a fumetti. Nelle sue nuove storie, gli eroi non erano perfetti proprio per nulla, non erano modelli da imitare, ma personaggi pieni di problemi concreti, realistici e comprensibili. Stan Lee voleva che i lettori si immedesimassero in questi personaggi fallaci e insicuri.

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In seguito, Lee inventò L'incredibile Hulk con Kirby e Spider-Man insieme a Steve Ditko. Lo schema era bene o male lo stesso, i protagonisti erano complessi e sfaccettati. Non si erano mai letti dialoghi come quelli che scriveva Stan Lee, pieni di umorismo, battibecchi e citazioni. Lee inaugurò anche un'altra formula: se gli eroi della DC si muovevano nelle città fittizie di Metropolis o Gotham, quelli della Marvel vivevano nel nostro universo e combattevano a New York o nel Queens, ma soprattutto rischiavano di incontrarsi ogni volta che lo voleva Stan Lee o che si volevano vendere più albi tramite lo stratagemma del crossover. Le storie spesso rimandavano ad altri albi tramite piccole note a margine, spesso scritte in toni gioviali o ironici. Era stato sempre Stan a optare per uno stile amichevole: voleva che i lettori si sentissero tra amici, complici in un mondo solo loro, e per questo motivo istituì anche un angolo della posta in cui autori e lettori potevano comunicare.

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Stan Lee, inoltre, inaugurò il cosiddetto "metodo Marvel": mentre gli scrittori delle altre case editrici stendevano sceneggiature dettagliate che i disegnatori dovevano poi seguire alla lettera, Stan Lee preferiva riassumere sinteticamente le storie e lasciare ai suoi colleghi un ampio margine di libertà che spesso si traduceva nell'ingresso di personaggi nuovi di zecca. È il caso, per esempio, di Silver Surfer nelle storie dei Fantastici Quattro. Lee adorava queste sorprese, ma il suo metodo sfortunatamente condusse a lunghissime diatribe sulla paternità di questo o quel personaggio. Questa è forse la pagina più oscura nella storia di Stan Lee. Molti fan di Kirby o Ditko, per esempio, ritengono che Lee si sia appropriato delle loro opere sfruttando la sua personalità in quanto volto pubblico della Marvel Comics. Nella primissima avventura dei Fantastici Quattro poteva anche esserci scritto che li aveano creati Stan Lee e Jack Kirby insieme, ma Kirby lavorava a progetto e i legali di Lee e della Marvel hanno marciato a lungo su questo cavillo, negando a Kirby le royalties sulle sue creazioni. Kirby e Ditko lasciarono la Marvel sul finire degli anni '60, poco dopo la nascita degli Avengers, i Vendicatori.

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Excelsior

Il resto, come si suol dire, è storia. Oggi l'universo Marvel vive anche attraverso i film cominciati oltre dieci anni fa ed esplosi in un successo straordinario soprattutto dopo l'acquisizione da parte di Disney che ha trasformato uno dei più grandi sogni di Stan Lee - vedere i suoi personaggi in carne e ossa, tant'è che aveva pure fondato diverse compagnie con questo scopo preciso, nonostante fosse andata sempre male - in realtà. Se è vero che il successo del Marvel Cinematic Universe gira intorno a eccellenti coordinatori e budget miliardari, è altrettanto vero che dipende anche e soprattutto dai suoi protagonisti, personaggi che Stan Lee ha plasmato nel corso degli anni, fino a quegli ultimi numeri di The amazing Spider-Man e Fantastic Four che ha scritto nel 1972. Stan Lee è rimasto comunque la polena della Marvel Comics fino alla fine, rappresentandola come un'icona... anzi, un vero e proprio personaggio a fumetti.

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Stan Lee non è solo comparso nei suoi stessi fumetti, ma anche in praticamente ogni singolo film, spesso come semplice cammeo da pochissimi secondi. Nel primissimo Avengers, un giornalista lo intervistava e lui replicava sornione: "Supereroi a New York? Fatemi il piacere!" Le comparse di Stan Lee nei film targati Marvel sono praticamente un giochino ricorrente che purtroppo ci accompagnerà soltanto per poche altre pellicole, dato che Stan Lee ha girato alcune scene per i film attualmente in produzione. Negli ultimi anni, infatti, "Smiling Stan" non se la stava passando benissimo. Vecchio e malato, aveva subito un brutto colpo quando è morta sua moglie nel 2017, e nei mesi a seguire era finito sui tabloid a causa di uno sgradevole contenzioso col suo assistente personale Keya Morgan, un collezionista che aveva cresciuto come un figlio e che, a quanto pare, stava puntando alla fortuna dei Lee. Il caso si è risolto pochi mesi fa con un'ingiunzione restrittiva e l'intervento della figlia Joan, anche se la questione è rimasta a lungo parecchio torbida.

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Noi videogiocatori siamo fortunati: Stan Lee compare anche nel recente Marvel's Spider-Man di Insomniac con una deliziosa battuta sul rapporto tra Peter e M.J. Vogliamo ricordarlo così, un vecchietto allegro e sorridente che per gran parte della sua vita ha voluto divertire e appassionare e stupire i suoi fan. "Una volta mi imbarazzava pensare che scrivevo fumetti mentre c'era gente che costruiva ponti o studiava medicina," ha detto Stan Lee. "Poi mi sono reso conto che l'intrattenimento è una delle cose più importanti nella vita delle persone. Senza di esso si può finire male. Credo che se riesci a divertire gli altri, allora stai facendo qualcosa di buono."

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