"Devo saltare?". Il mio compagno, un soldato senza volto con addosso una curiosa imitazione della tuta di Halo, si sporge con cautela da sopra una colonna troppo piccola per starci in due. Ha le braccia aperte per trovare equilibrio e guarda in avanti, mentre io cerco di fargli luce con una torcia tentando di non cadere a mia volta di sotto. "Boh, sì ma stai attento", gli faccio io non troppo convinto.
Ci troviamo in un vecchio tempio abbandonato, ma da una delle pareti crollate entra un soffio di vento che mi coglie impreparato e per poco non mi sbilancia. Il bello è che tutto quello che ci circonda non è reale. La colonna, le mura di pietra, il burrone sotto, la tuta di Halo e la fiamma della torcia. Tutto finto. Tranne il vento, quello è vero ma ci arriviamo dopo. Il resto fa parte di un'esperienza in realtà virtuale condivisa tra più persone all'interno di una stessa grande stanza.
AvatarVR è il nome della struttura che nel corso di giugno aprirà a Vimodrone, poco fuori Milano; uno spazio di 200mq in cui gruppi di persone potranno provare diverse esperienze cooperative e competitive in realtà virtuale. Negli ultimi anni diverse città del mondo hanno visto nascere (e chiudere a seguito della pandemia globale) un gran numero di questi impianti, ma solo in tempi relativamente più recenti li abbiamo visti arrivare in Italia.
Lo stesso AvatarVR è legato a un gruppo internazionale con altre attività all'estero. Invitati dai responsabili della struttura a provare la sala in anteprima, ci siamo lanciati in due diverse demo che, al netto di qualche singhiozzo e dei limiti di una tecnologia che si evolve e aggiorna rapidamente, combinano virtuale e reale per creare un'esperienza immersiva assolutamente imperdibile per ogni appassionato di videogiochi che abbia mai sognato di trovarsi fisicamente in un mondo digitale.
L'ingresso
Raggiungibile a pochi minuti a piedi dalla fermata della metro, la struttura di AvatarVR ha un ingresso al momento assai discreto, che si trova subito accanto a una palestra all'aperto. Spaesato, chiedo indicazioni, e per fortuna un enorme avambraccio - a cui era attaccato un tizio intento a fare squat - mi ha indicato l'entrata corretta.
Soppeso giusto per qualche istante l'idea di iscrivermi in palestra, quando all'ingresso di AvatarVR vengo completamente avvolto da luci e neon rosa che vogliono suggerire l'idea di un locale cyber. In fondo alla stanza, appesi a una parete, si trovano gli equipaggiamenti richiesti per giocare in realtà virtuale e forniti da HP: un visore (ovviamente) Reverb VR, un VR Backpack - uno di quei PC da indossare in spalla come se fossero degli zaini - e due paia di sensori che si avvolgono alle mani e alle scarpe per il tracciamento delle braccia e delle gambe. Lo staff della struttura aiuta i partecipanti a indossare tutto correttamente, per poi condurli alla sala adibita all'esperienza in VR, uno stanzone enorme circondato da telecamere e con un paio di grossi ventilatori e lampade riscaldanti posizionati in un lato.
Mentre noto con piacere che posso indossare la mascherina e il visore senza che il respiro appanni i miei occhiali, qualcuno da qualche parte nella stanza preme un tasto e lo spazio nero in cui mi trovo si trasforma in un'area illuminata con le locandine dei giochi in VR disponibili. Nel frattempo, io e l'altro giornalista ci materializziamo finalmente nei nostri rispettivi avatar, pronti per provare la prima delle due esperienze a nostra disposizione.
Temple of Diamond Skull
Fatto partire il primo dei giochi, ci ritroviamo all'esterno di uno spettrale tempio, illuminato solo dal chiaro di luna e dalla luce di una torcia. Questa - che è collegata a un piccolo manganello posizionato nell'ambiente reale - può essere raccolta fisicamente e utilizzata per illuminare le stanze e i corridoi della struttura. I giocatori possono passarsela di mano, lasciarla cadere, raccoglierla o rotearla liberamente.
È in sostanza uno degli oggetti di scena che hanno l'obiettivo di rendere ancora più immersiva e tangibile l'esperienza virtuale. Nella pratica il gioco è piuttosto semplice, quasi banale: si tratta di una serie di corridoi e spaventose stanze in cui gli enigmi ambientali richiedono ai giocatori di spostarsi fisicamente nella scena in cerca di indizi e oggetti con cui interagire, in maniera non troppo diversa da un classico escape room. A sorprendere è però il modo in cui la tecnologia di AvatarVR riesca a trarre in inganno anche chi a casa ha un visore per la realtà virtuale ed è ampiamente abituato a giocare giochi in VR. In termini di immersione, spostarsi coi classici stick analogici o attraverso un sistema di teletrasporti non ha niente a che vedere con il muoversi (quasi) liberamente in un'ampia stanza.
I ventilatori posizionati nella stanza servono per simulare il vento in certi momenti del gioco, mentre le lampade riscaldanti daranno una sensazione di calore mentre ci si avvicina a una fiamma. Il design dei livelli è furbo e, attraverso percorsi circolari e un sistema di ascensori, dà la sensazione che ci si stia muovendo in un ambiente molto più grande, quando invece nella realtà stiamo girando in tondo in una piccola porzione della stanza. E a un certo punto il cervello ci casca, crede nella finzione, e poco importa quante ore avete passato a giocare Half-Life Alyx: improvvisamente si ha la sensazione che l'ascensore si stia muovendo sul serio, si perde l'equilibrio mentre ci si sposta su un ponte molto stretto e ci si abbassa per evitare di sbattere la testa contro una trave che nella realtà non c'è.
"Il cucchiaio non esiste", dicevano in Matrix, ma nel dubbio io mi abbasso. Essendo i primi test fatti in anteprima rispetto all'apertura ufficiale, qualcosa va ancora tarato: i sensori posizionati alle mani permettono di imitare in maniera estremamente credibile i movimenti delle braccia, ma in assenza di finger tracking le dita restano in tensione nonostante si stia impugnando un oggetto come la torcia. Stesso discorso per i due sensori ai piedi, che se per errore vengono calzati al contrario finiscono per invertire le due gambe e... non è un bello spettacolo, fidatevi.
Patient Zero
La seconda demo è decisamente più adrenalinica. In questo caso l'oggetto di scena da impugnare è un fucile da 4kg da usare in uno sparatutto chiamato Patient Zero. L'obiettivo è semplice: da 2 a 5 soldati devono riuscire a entrare in un bunker segreto, raggiungere il laboratorio e scaricare i dati riguardanti il virus che ha trasformato tutti in pericolosi zombie. Oltre ad avere un peso importante che lo rende più credibile, il fucile ha dei feedback che permettono di simulare il rinculo delle diverse armi, una differente resistenza al grilletto, un tasto per la ricarica e un altro che serve a cambiare arma.
Dal fucile di precisione a un mitra, passando per la gatling, la motosega e l'immancabile fucile a pompa. Per i fan di Doom, questa è senza alcun dubbio l'arma più divertente: il feedback esagerato dell'oggetto di scena, unito alla possibilità di muoversi liberamente nella stanza per controllare la propria distanza rispetto agli zombie, danno davvero l'impressione di trovarsi nel mezzo di un'apocalisse di non-morti. Qui non ci sono particolari idee che invitano i due giocatori a collaborare, e semplicemente viene chiesto di sopravvivere in attesa che finisca un'ondata, che arrivi un ascensore o che termini il download dei dati.
La presenza del fuoco amico invoglia a stare particolarmente attenti alla posizione dei compagni, mentre il numero limitato di proiettili per ciascuna arma costringe a prestare enorme attenzione a ogni colpo, così per non sprecarlo.
Tra le due esperienze, Patient Zero è indubbiamente quella più adrenalinica e divertente, ma è la prima ad avere il potenziale maggiore. L'idea di proporre giochi che coprano spazi più ampi, magari utilizzando oggetti di scena in maniera più ingegnosa o presentando enigmi più elaborati, è quello che permette a una struttura come AvatarVR di rinnovarsi costantemente e senza le problematiche logistiche degli escape room tradizionali.
L'intenzione degli organizzatori è, per i prossimi mesi, quella di aggiungere nuove tipologie di giochi, esperienze PvP e altre avventure, ma anche aggiornare via via le tecnologie utilizzate per esperienze più precise. Chissà tra appena pochi anni quanti passi avanti verranno fatti, ma per il momento - nonostante tutti i suoi limiti - quella di Vimodrone è un'esperienza in realtà virtuale che a chi è nei pressi di Milano consigliamo di fare almeno una volta con qualche amico.