Da giovanissimo maschietto quale sono stato, ormai decenni fa, non ho mai disdegnato giocare anche con le Barbie. Certo, preferivo il mio pupazzo (all'epoca si chiamavano così) di Conan il Barbaro, quello, snodabilissimo e tanto desiderato, di Ryo dei Cinque Samurai, l'ancora gelosamente custodito Transformer, di dubbia provenienza, e sicuramente non originale, che in pochi passaggi diventava un'auto da corsa blu.
Avevo le mie preferenze, ma quando si trattava di andare a trovare Giada o Valeria, non facevo chissà quali storie. La prima aveva l'ancor stupefacente camper di Barbie. L'altra, invece, l'invidiatissima casa che con il suo ascensore rappresentava per l'epoca un oggetto quasi fantascientifico.
Bisognava scendere un po' a compromessi, ovviamente. Perché grazie alla disponibilità di un Ken per testa, Giada e Valeria dovevano comunque cedere alla scena d'azione che interrompeva, spesso non senza una certa irruenza, la sequela di convenevoli e carinerie tra Barbie. Il tavolo del tè diventava il perfetto riparo per Ken, mentre difendeva il suo amore da una scarica di proiettili, un po' come faceva Schwarzenegger in certi film. Dal tetto della sopracitata villetta a schiera in formato bambola, il coraggioso innamorato poteva lanciarsi per soccorrere la sua bella in difficoltà. Un tranquillo week-end fuori porta in camper aveva la puntuale tendenza a tramutarsi, solo per qualche istante beninteso, in un rocambolesco e adrenalinico inseguimento su strade di montagna.
Il pallino del gioco era ad esclusivo appannaggio di Giada e Valeria, insomma, che fortunatamente avevano sufficiente sensibilità e flessibilità da concedermi qualche variazione sul tema, un attimo di sfogo, una parentesi in cui infondere parte della mia creatività al proseguo del gioco.
Ho tanti bei ricordi legati alle Barbie, insomma, che nel corso degli anni non hanno mai davvero smesso di accumularsi grazie alla fruizione di diversi videogiochi con protagonista la bambola di Mattel. Lo schema, in certi casi, era molto simile. A casa di qualche amica non c'erano più le bambole, ma console e PC muniti di giochi dedicati al marchio con cui distrarsi tra un esercizio di scuola e l'altro. Iniziato questo lavoro, quello di scrivere per videogiochi per l'appunto, ogni tanto mi è persino capitato di recensire, testare, visionare in anteprima un gioco di Barbie.
In questo viaggio prettamente antropologico e sociologico, ancor prima che semplicemente videoludico, ho avuto modo di accorgermi che esiste un gioco per ogni Barbie e per ogni Ken. Che anche quando la qualità non è particolarmente elevata, persino i giochi dedicati alla bambola di Mattel sanno e hanno saputo intrattenere, spesso insospettabilmente, più che degnamente.
Se la vostra Barbie-mania non si è ancora sopita, se l'esaltazione per il film diretto da Greta Gerwig è tutt'ora ardente, vi consigliamo di dare uno sguardo alla breve lista di videogiochi esposta in questo approfondimento. Potreste riscoprire quell'avventura amata anni addietro, di cui proprio non riuscite a ricordarvi il titolo.
Gli esordi
La carriera di Barbie nel mondo dei videogiochi inizia nel 1984, su Commodore 64. L'allora prolifica Epyx, famosa soprattutto per aver sviluppato Impossible Mission e Summer Games, acquisita la già allora ambita licenza, decise di sviluppare una sorta di simulatore interattivo di Gira La Moda (si allega esplicativo video per i lettori più giovani).
Qualcuno potrebbe sostenere che, contestualizzando l'opera in quel preciso contesto storico, Epyx decise di restituire al pubblico la pura (semplice e limitata) essenza del brand di Mattel. Filtrato con occhi più contemporanei e sensibili a certe tematiche, al contrario, si potrebbe tacciare la produzione di sessismo. Sì, perché la Barbie protagonista del gioco, sostanzialmente, si limitava a tre azioni. Rispondere al telefono dove Ken le proponeva una specifica location per incontrarsi. Guidare la sua auto da un negozio all'altro. Scegliere, tra i capi d'abbigliamento proposti, quello più indicato per l'occasione.
"Ciao Barbie, sono Ken. Ci vediamo in palestra, ciao!"
E via con l'auto al negozio di articoli sportivi.
"Ciao Barbie, sono Ken. Che ne dici di una cena romantica?".
Di nuovo in giro a caccia delle scarpe che meglio si abbinassero al vestito preso un attimo prima.
Ken ordinava, Barbie eseguiva, rendendo il videogiocatore una sorta di personal shopper dell'avatar. Un po' poco, a dirla tutta, sebbene fosse grossomodo coerente con i valori che il brand incarnava nei superati Anni '80. Va detto, tuttavia, che l'interfaccia si presentava piuttosto bene. Inoltre, per l'epoca la qualità audio delle clip utilizzate per riprodurre le telefonate di Ken avevano una qualità superiore a qualsiasi altro gioco per Commodore 64. Un primato non da poco.
Quando Barbie non digerì la cena
Il debutto su console del brand avviene invece nel 1991, su NES, grazie agli sforzi di Imagineering, team americano che nel 1990 era riuscito a conquistare un po' di gloria grazie a A Boy and His Blob: Trouble on Blobolonia, videogioco che in tempi molto più recenti, ovvero nel 2009, conobbe una sorta di remake inizialmente pubblicato su Nintendo Wii.
Cambia completamente il genere, ma tornano immutati alcuni leitmotiv connaturati al marchio Mattel. Barbie, in questo caso, è protagonista di un platform bidimensionale a scorrimento laterale. Preda dei suoi sogni più fervidi, o di una cena mal digerita, l'eroina aveva il compito di superare diversi livelli ambientati, poco a sorpresa, in bizzarri e surreali negozi. Tra fontane e scatoloni da evitare, doveva vedersela anche con un'autentica rivolta della merce in vendita. Tra racchette da tennis che lanciavano palline e magliette impossessate che braccavano Barbie, oltre al salto, la giovane poteva anche lanciare fiocchetti, cuoricini e diamanti sia per colpire gli improbabili avversari, sia per farsi aiutare da simpatici animali a disinnescare le trappole.
Ovviamente, per ogni livello, la stilosa bambola della Mattel indossava un outfit completamente diverso, abbinato ai colori dello scenario e spesso a tema. Va bene fare sogni bizzarri, ma lo stile non può certo andare in vacanza.
Su quella falsariga era l'avventura per Game Boy del 1992 - prontamente titolata Barbie: Game Girl - che si ispira fortemente a quella pubblicata un anno prima su NES. Gli ingredienti sono assolutamente simili, con un paio di variazioni sul tema. Da una parte, la premessa onirica viene completamente spazzata via. Barbie, senza grossi preamboli, viene semplicemente proiettata in livelli in cui magliette, gonne, ma anche esseri anfibi dall'aspetto grottesco, vogliono toglierla di mezzo. Abbondano le sezioni in cui la protagonista è in versione sirena, intenta a farsi strada sottacqua. Inoltre, alcuni cubi sparsi per i livelli garantiscono a Barbie un cambio d'abito in grado di potenziare le sue doti atletiche (con tanto di salto raggruppato la cui animazione è del tutto simile a quello sfoderato da Michelangelo, Raffaello, Donatello e Leonardo, in Teenage Mutant Ninja Turtles per NES).
Tante passioni, tanti videogiochi
Nella seconda metà degli Anni 90, chi gestisce a livello videoludico il marchio di Mattel sembra improvvisamente accorgersi della poliedricità di Barbie che, nel mentre, continua a cambiare professione, interessi, ambizioni. Vengono così proposte esperienze più coraggiose, certamente più caratteristiche, indubbiamente riuscite.
È il caso, per esempio, di Barbie Storymaker del 1996. Su PC, acquistando questo software, con pochi click e semplici passaggi era possibile dare vita a semplici cortometraggi con tanto di dialoghi e cambi di scena. Pur con tutti i limiti del caso, tecnologici e non solo, il gioco permetteva un insospettabile grado di personalizzazione ed interazione. Utilizzando una sorta di Paint, si creavano scenari ad hoc. Le silhouette delle Barbie potevano seguire pattern prestabiliti all'interno delle ambientazioni. Era possibile salvare un discreto numero di scene, ognuna opportunamente e facoltativamente introdotta da schermate didascaliche, così da creare una sorta di film animato.
Barbie Fashion Designer, del 1996, si basava sostanzialmente sullo stesso concetto di fondo del gioco per Commodore 64, opportunamente (e fortunatamente) eliminando le richieste perentorie di Ken. Il software consegnava nelle mani dell'utenza un discreto numero di capi d'abbigliamento, con cui creare outfit adatti ad ogni occasione. Oltre a selezionare i singoli vestiti, si poteva ovviamente scegliere la fantasia e utilizzare i colori a proprio piacimento. Le combinazioni possibili, a ben vedere, non erano moltissime, ma al termine dell'ideazione del completo, era persino possibile vedere il modello, ovviamente indossato da Barbie, in una rappresentazione 3D notevole per l'epoca.
Nel 1997 il brand conosce il primo vero successo commerciale nel mondo dei videogiochi. Adventures with Barbie: Ocean Discovery, di cui esiste anche una versione per Game Boy ad affiancare quella PC, è un'intrigante avventura bidimensionale. La nostra eroina, difatti, doveva esplorare i fondali oceanici in cerca di tesori e altri oggetti preziosi. Per permettere a Barbie di raggiungere il suo scopo, l'utente doveva aiutarla interagendo in vario modo. In certi casi doveva ricomporre lo scenario come fosse un puzzle. In altri casi, il fondale andava scandagliato con una lente d'ingrandimento a caccia di qualche indizio. In altri ancora, si dovevano consultare delle mappe per orientarsi all'interno della barriera corallina e trovare così la strada giusta. Per rendere il tutto più alla portata di un pubblico giovane, ogni azione ed interazione era suggerita e spesso anticipata da una voce fuori campo, che tuttavia aveva il grande pregio di dare un certo ritmo alla narrazione del gioco.
Sempre nell'ambito degli intramontabili hobby della bambola di Mattel, vale anche la pena citare Barbie: Race & Ride, del 1999 ed esclusiva della primissima PlayStation. Il gioco, a dirla tutta, non era un granché, ma esprimeva in tutta la sua efficacia il fortunato sodalizio tra Barbie e i cavalli. A partire da un'improbabile, legnosissima e straniante inquadratura in prima persona, la nostra poteva guidare il suo fidato destriero all'interno e all'esterno del ranch. Tra ostacoli da saltare e sentieri da seguire, raggiungendo specifici luoghi si poteva prendere parte ad alcuni minigiochi che cambiavano completamente punto di vista ed introducevano meccaniche specifiche.
Gli ultimi anni e l’attuale vuoto pneumatico
Molto meglio seppe fare, in questo senso, Barbie Horse Adventures, miniserie pubblicata su diverse console nel 2003. L'edizione per PlayStation 2 e Xbox, quella più conosciuta, eliminava la visuale in prima persona ed incentivava l'esplorazione dello scenario con tanti collezionabili e diversi cavalli da raggiungere ed eventualmente soccorrere. Barbie, inoltre, poteva superare anche in questo caso alcuni minigiochi e procedere appiedata, così da raggiungere sezioni altrimenti inaccessibili. Un'avventura dalle meccaniche sicuramente semplici, ma che seppe fare la gioia di tantissime giovani videogiocatrici, attratte anche dall'art design colorato e dalle ambientazioni paesaggisticamente parlando assolutamente convincenti.
In questa breve e parziale lista, impossibile infine non citare The Barbie Diaries: High School Mystery, del 2006. In questo titolo per PC, l'iconica bambola deve risolvere un mistero all'interno del liceo che frequenta. La sua band, difatti, viene puntualmente sabotata e solo la giovane detective alle prime armi potrà venire a capo della situazione, permettendole così di debuttare sul palco insieme ai suoi amici. Il gioco, insomma, non è altro che un'avventura grafica dall'interfaccia e dalle meccaniche piuttosto classiche. Si esplora lo scenario, si cercano oggetti utili, si dialoga con i compagni a caccia di prove e nuovi sospettati. Oltre alla grafica, e un art design in linea con il brand, il gioco seppe farsi amare per la qualità dei dialoghi e la recitazione dei doppiatori coinvolti. Chi amava i film animati di Barbie, insomma, non poteva certo non cedere al fascino di questo gioco.
A conti fatti, Barbie non ha mai abbandonato il mondo dei videogiochi. Anche nel secondo decennio del Duemila, non sono mancati prodotti dedicati al brand per le principali console presenti sul mercato in quel momento, Wii e Nintendo DS su tutti. Ma a ben vedere ultimamente la situazione sembra molto diversa. Al di là di alcuni prodotti per il mercato mobile, Barbie manca su console e PC dal 2015.
Che il successo del film con protagonista la talentuosa Margot Robbie possa sancire un ritorno in grande stile? Del resto, se brand come i LEGO hanno trovato la loro strada anche in questa industria, con una lunga serie di prodotti di successo, potrebbe essere giunto il momento anche per Barbie di specializzarsi in un genere, adottando un linguaggio specifico, adatto per dialogare con i più piccoli, e non, dei giorni nostri. Le potenzialità del marchio sono infinite. Servono investimenti, idee valide e, sicuramente, tanto coraggio.
Ma del resto, siamo sinceri, tutti, un po' per curiosità, un po' per passione, lo giocheremmo volentieri un tripla A con protagonista la bambola più famosa di sempre.