Picchiaduro, beat 'em up, picchiapicchia o perfino - per i poveri nostalgici di TGM anni Novanta- rullacartoni. Mille nomi per un genere che si spiega da solo: picchia tutti e prosegui. Il genere si sviluppa in parallelo al successo delle sale giochi negli anni Ottanta, la giocabilità semplice e immediatamente comprensibile del dover percuotere tutti quanti i nemici su schermo si sposava naturalmente con la natura "mangiasoldi" dei cabinati.
Ripercorriamo, quindi, brevemente la storia dei Beat 'em up e le ispirazioni narrative che hanno segnato la via di un genere.
La nascita di un genere
Riconosciuto capostipite del genere è Kung Fu Master, del 1984, ispirato ai classici film di arti marziali con Bruce Lee. Sviluppato dalla IREM per arcade e successivamente convertito - da un giovane di nome Shigeru Miyamoto - per NES, presentava un semplice scorrimento 2D e nemici che arrivavano da entrambi i lati dello schermo. Interessante notare, dal punto di vista storico, l'introduzione da parte della IREM di una nuova concezione del "boss di fine livello": un nemico diverso dagli altri che impedisce l'accesso al quadro successivo. Come sappiamo, questa concezione sarà vincente per tanti generi. Nonostante i film di arti marziali sembrerebbero rappresentare un generoso serbatoio per il genere picchiaduro, in realtà resteranno casi rari.
Nel 1986, il designer Yoshihisa Kishimoto realizzò il primo titolo della serie Kunio-kun (conosciuta in Occidente con il titolo River City), uscito prima in sala giochi e successivamente per NES. L'ambientazione e la storia erano ispirate dagli anni liceali dello stesso Kishimoto: scontri con i bulli durante la sua turbolenta adolescenza. Eppure il momento di svolta per il genere arrivò nel momento in cui Kunio-kun venne pubblicato in occidente. Furono abbandonate le ambientazioni da scuola secondaria giapponese (forse perché considerate di poca attrattiva per un pubblico non così abituato al legame tra scuola e malavita), in favore dei classici combattimenti in strada.
Distribuito in occidente col nome di Renegade, il titolo vedeva impegnati nel salvare una fanciulla in pericolo. Oltre allo spostamento del personaggio sia in orizzontale che verticale, Renegade introdusse anche l'obbligo, da parte del giocatore, di dover sconfiggere tutti i nemici su schermo onde poter procedere. L'ambientazione incentrata sul degrado urbano e poco raccomandabili bassifondi, come quelli descritti in The Warriors (I Guerrieri della Notte, 1977), diventò in breve uno sfondo tipico del genere. La serie continuò poi su computer con Target Renegade e il pessimo Renegade 3: The Final Chapter.
Kishimoto evidentemente apprezzò la trasformazione dei corridoi liceali in putridi bassifondi. Quando fu chiamato a sviluppare un seguito "spirituale" per Kunio Kun, scelse proprio una parabola narrativa simile a quella di Renegade. Double Dragon, uscito l'anno successivo, fu influenzato, oltre che dai film di Bruce Lee (come si nota dall'omaggio nel titolo), soprattutto dagli scenari post apocalittici di Mad Max e Ken il Guerriero. Kishimoto aggiunse anche elementi narrativi tipici dei "revenge movie", con collegamenti agevolmente rintracciabili in film di successo come i seguiti de Il Giustiziere della Notte. Un esempio è la sequenza introduttiva con il rapimento della fidanzata del protagonista Billy, idea ulteriormente drammatizzata nel seguito, in cui la fanciulla veniva uccisa a colpi di fucile.
Il genere si sviluppa: altre caratteristiche
Altra caratteristica tipica nei picchiaduro di fine anni Ottanta è la collaborazione tra due giocatori, inizialmente introdotta con Double Dragon. Non a caso, Kishimoto disegnò i protagonisti come fratelli, così da spingere alla massima collaborazione. Alla fine, però, Billy e Jimmy combatteranno tra loro, e solo uno potrà arrivare alla vittoria finale. Un'idea che introduce potenziali concetti narrativi e fantasiose speculazioni su quali siano le reali motivazioni dei due. La caratteristica della "fratellanza", o generica collaborazione tra due protagonisti, non si riscontra tra le ispirazioni del genere. Molti dei "revenge" film degli anni Ottanta, infatti, presentano un vigilante solitario (Furia Cieca) o, comunque, una vendetta diretta da chi ha subito un torto. La cooperativa rimane, quindi, elemento "narrativo" tipico del picchiaduro, capace di dare maggiore varietà al gioco e renderlo più appetibile per partite in compagnia.
Esplorando altre tematiche del genere, passiamo a Sega. Altered Beast utilizzò per la prima volta un'originale tematica mitologica, ibridata con il topos della metamorfosi (all'epoca presente in film come L'Ululato e Un Lupo Mannaro Americano a Londra). In seguito, il medesimo designer, Makoto Uchida, sfrutterà ulteriormente il fantasy con Golden Axe. La serie sarà in realtà ispirata dal successo della trasposizione cinematografica di Conan Il Barbaro, seppur presenti anche elementi narrativi della "vendetta". Golden Axe sarà anche il primo gioco a presentare la possibilità, per il giocatore, di poter scegliere il personaggio da una rosa. Da segnalare necessariamente anche il seguito Revenge of Death Adder, uscito solo per coin-op e che rappresenta probabilmente l'apice del classico picchiaduro in 2D.
Capcom, invece, con Final Fight proseguì sulla falsariga narrativa del rapimento della fanciulla e dei bassifondi malfamati. La stessa casa giapponese pubblicò nello stesso periodo una nutrita serie di picchiaduro legati a personaggi dei fumetti (The Punisher), nonché a serie a cartoni animati (Cadillacs & Dinosaurs, dalla serie Xenozoic Tales). Alcuni furono convertiti, ma molti rimasero in realtà esclusiva per sala giochi. La stessa casa giapponese pubblicò anche titoli d'ispirazione completamente diversa, tra cui Captain Commando, caratterizzato da un personaggio originale e un'ambientazione futuristica.
Altre ispirazioni tra fumetti, cartoni animati e horror
Fino al 1991, il genere ha vissuto il periodo di più grande popolarità; non solo grazie alla conversione di diversi coin-op, ma anche alla nascita di titoli dedicati per console. Capitolo interessante è, infatti, quello di Battletoads, sviluppato dalla britannica Rare per competere con la serie delle Tartarughe Ninja, e arrivato dapprima su NES e solo successivamente su altre piattaforme. Caratterizzato da una narrativa tipica di un episodio di una serie a cartoni, le tre ranocchie dalle sembianze umane vengono chiamate per sconfiggere una malvagia principessa, con tanto di sequenze animate e dialoghi divertenti sullo stile dei cartoni del sabato mattina, quelli che tenevano incollati i bambini americani alla televisione. Nonostante sia definibile a tutti gli effetti come un picchiaduro vecchia scuola, il gameplay è alternato da alcune sequenze arcade, come i livelli dove i personaggi devono evitare degli ostacoli a bordo di un veicolo.
La serie seguirà fortune alterne negli anni successivi, presentando anche un capitolo crossover piuttosto unico come Battletoads & Double Dragon, uscito nel 1993. Lo stile cartoonesco, con violenza più giocosa e trame classiche che richiamano agli episodi della serie, si presterà naturalmente anche ad altri titoli come The Simpsons della Konami (o il meno conosciuto Bucky O'Hare), oltre ai diversi picchiaduro con protagonisti le Tartarughe Ninja, usciti sia in sala giochi che per console.
Limitate invece le ispirazioni dal genere horror cinematografico. Splatterhouse (1988) della Namco è il punto di riferimento principale, anch'esso nato in sala giochi e poi traslato su console per i successivi due titoli. Le ispirazioni qui sono molteplici, da La Casa a Venerdì 13, da cui chiaramente viene l'idea della maschera indossata dal protagonista. Anche Splatterhouse presenta tuttavia una narrativa ibrida, che unisce la vendetta con il salvataggio di una fanciulla in pericolo, due classiche ispirazioni del genere. All'interno del filone beat'em up horror, vale la pena ricordare anche il coin-op Night Slashers (1994) di Data East, la cui narrativa risulta ancora piuttosto unica, con un team di pseudo supereroi inviato a combattere contro orde di morti viventi.
Ispirazione di diversa matrice rappresenteranno le serie manga e anime, come Ken il Guerriero, Ranma e Sailor Moon. In tempi diversi, tutte sembrano aver contribuito alla causa dei picchiaduro a scorrimento. Interessante notare che gran parte di questi non furono rilasciati in occidente con l'originale licenza (eccetto casi isolati come Dragon Ball nel 1988 in Francia), ma bensì ampiamente modificati. Basti pensare che tra gli anni Ottanta e Novanta, in Giappone uscirono una decina di picchiaduro su licenza di Kenshiro: due arrivati in America e nessuno in Europa, non senza grosse modifiche. Per esempio, per Last Battle su Mega Drive, Sega cambiò i nomi di tutti i personaggi, epurando la violenza tipica della serie. Ancora prima, Black Belt per Sega Master System (programmato da Yuji Naka) modificò radicalmente le classiche atmosfere post apocalittiche, sostituendo Kenshiro con un generico combattente di arti marziali. Da segnalare anche diversi titoli su licenza di fumetti europei, tra cui Asterix, sviluppato da Konami nel 1992.
Oltre alle citate conversioni, le console hanno ricevuto una serie di giochi dedicati: su tutte, SEGA con Streets of Rage. La trilogia per Mega Drive, opera del designer Noriyoshi Ohba, è anch'essa caratterizzata dall'ambientazione da bassifondi degradati, con una narrativa incentrata sul riportare la città alla pace, sgominando bande di criminali. Ohba ha tratto ispirazione, oltre che dalla classica ambientazione del sobborgo malfamato, anche da serie come Starsky & Hutch e l'A-Team: non a caso i protagonisti sono proprio tre ex-poliziotti costretti a lasciare le forze dell'ordine a causa della corruzione dilagante. Il terzo capitolo sarà l'ultimo per la console a 16 bit di Sega, nonché il primo senza Ohba alla direzione o design.
Il declino di popolarità negli anni duemila
A causa del declino di popolarità dei picchiaduro (anche) nelle sale giochi, a favore dei giochi di combattimento 1 contro 1, dopo gli anni Novanta il genere iniziò a essere abbandonato gradualmente da molte software house, scomparendo praticamente del tutto dal mercato. Con l'arrivo delle nuove console PlayStation 2 e Xbox, nonché il conseguente aumento dei costi nella realizzazione di un videogioco, le meccaniche di gameplay iniziano a essere caratterizzate da una complessità sempre maggiore e a fondersi tra loro. L'inevitabile conseguenza è che le semplici e dirette meccaniche del beat 'em up non sembrano più appetibili al grande pubblico. Negli anni 2000, il giocatore non sembrava più disposto ad accontentarsi di una giocabilità scarna come quella del picchiaduro vecchio stile e una trama ridotta all'osso. La tendenza verso storie più squisitamente cinematografiche, insieme al successo dei giochi di ruolo, non favoriva titoli incentrati sulla violenza e con narrative spesso in secondo piano. La ripetitività e linearità dell'esperienza erano ulteriori fattori avvertiti negativamente dal pubblico. Un titolo molto atteso, pensato come unione tra complessa storia in stile JRPG e meccaniche beat 'em up, come The Bouncer (2000) della Squaresoft, con ispirazioni diverse da quelle osservate in precedenza, veniva ricevuto in maniera negativa, poco apprezzato da pubblico e critica.
Le meccaniche del picchiaduro continuarono a essere utilizzate dagli sviluppatori, ma esclusivamente come elemento da inserire in generi di più ampio respiro, così come dimostrato da serie come Devil May Cry e God of War. I combattimenti richiamavano alcune delle tipiche caratteristiche del genere: ripetitività e necessità di sconfiggere gruppi di nemici per proseguire, oltre a un complesso sistema di combattimento con minimi elementi RPG. Il designer Hideki Kamiya ha definito questo sottogenere di action/adventure come "character action": combinazione di generi, con l'azione che ruota intorno a un personaggio principale sempre al centro della narrativa. Le storie dei titoli, infatti, iniziano a essere di afflato ben più ampio da quanto citato in precedenza.
Questa amalgama di elementi tratti da picchiaduro, RPG e action/adventure, più l'aggiunta di storie complesse, sembra essere quella ideale per ottenere di nuovo l'apprezzamento del pubblico. L'impossibilità di tornare alle meccaniche vecchia scuola sembrerebbe confermata anche da tentativi di Sega e Capcom. Sia Golden Axe: Beast Rider (2008) che Final Fight: Streetwise (2006) riscontrano pochissimo successo di critica e pubblico, soprattutto a causa di meccaniche tipiche dei primi anni Novanta inserite a forza in canoni più moderni, e senza la necessaria evoluzione della giocabilità tipica del picchiaduro. Più successo ebbero invece tentativi più di ampio respiro che adattavano il genere alla specificità della licenza utilizzata, come Marvel Ultimate Alliance (2006) della Raven Software.
L'impressione è che fino al 2010 gli unici tentativi apprezzati dal pubblico fossero quelli in cui la violenza non veniva presa troppo sul serio. Il tema della vendetta e la "pulizia dei quartieri" vennero infatti abbandonati del tutto. Pubblico e critica sembravano apprezzare gli esasperati scenari di MadWorld (2009) di Sega e l'ironia di God Hand (2006), nonché anche il più spensierato supereroe Viewtiful Joe di Capcom (anche questo opera di Hideki Kamiya). Da segnalare anche il medievale Castle Crashers, uscito nel 2008 su Xbox 360, il cui design era ispirato ai giochi in Flash in voga nel periodo, con meccaniche beat 'em up classiche, arricchite da elementi RPG e una narrativa, di nuovo, incentrata sul dover salvare una principessa. Nonostante il graduale abbandono dei picchiaduro vecchia scuola, oltre alle fortune alterne del genere di combattimento a incontri si riscontrano alcuni tentativi di traslare le classiche dinamiche in una cornice più moderna, come nel reboot di Splatterhouse (2010), discretamente apprezzato dal pubblico, ma non ricevuto positivamente dalla critica. In generale, il successo di un gioco come Bayonetta (sempre di Kamiya) sembrava ulteriormente indicare come il classico picchiaduro a scorrimento non potesse più sopravvivere nel mercato, senza altre influenze.
Ancora di più farà la serie Yakuza di Sega. Nonostante i combattimenti siano il focus centrale del gameplay, le meccaniche sono arricchite da dinamiche tipiche dei giochi di ruolo (non a caso, Like a Dragon nel 2020 ha abbracciato del tutto lo stile alla Dragon Quest), nonché la possibilità di esplorare il mondo senza dover seguire solo la trama principale. Il paragone con Kunio-kun non è casuale, visto che quella serie per prima aggiungeva elementi RPG alle classiche meccaniche del picchiaduro. La complessa narrativa della serie di Sega sembrerebbe tuttavia più ispirata dai classici film gangster, nonché del filone dei samurai, piuttosto che dalle storie che glorificano vendetta e violenza in film della Cannon come Il Giustiziere della Notte.
Ritorno della Old School
Come sappiamo, niente vende come la nostalgia. Negli ultimi anni, infatti, l'old school sembra tornato prepotentemente di moda. Oltre al revival della grafica e degli sprite 8/16 bit, ad agevolare il ritorno del genere picchiaduro è stata la maggiore disponibilità di mercato per giochi dalle dinamiche non particolarmente complesse. Ne ha approfittato Sega che, tramite DotEmu, ha riportato in auge Streets of Rage con un apprezzato quarto capitolo che ripropone in pieno le dinamiche della passata trilogia. Da segnalare anche diversi validi tentativi indipendenti come Fight'n'Rage e Super Punch Patrol. Le meccaniche dirette e ripetitive, la grafica semplice e la necessità di non dover lavorare su un titolo molto lungo, poiché la rosa di personaggi permette un artificiale prolungamento della longevità, rendono il genere sicuramente attraente anche per gli sviluppatori indipendenti.
Coerentemente, anche la serie Kunio-kun è arrivata in occidente, senza reinterpretazioni, con il più recente River City Ransom: Underground, una sorta di seguito ufficiale proprio dell'originale. Inoltre, la serie è stata ripresa dalla software house americana Wayforward per un titolo del tutto nuovo (e dalle dinamiche puramente vecchia scuola) come River City Girls. Qualche anno prima, sempre Wayforward si era occupata di un interessante reboot della serie Double Dragon, Neon, pensato come tributo all'intero decennio degli anni Ottanta. Un titolo che sposava lo stile cartoonesco, enfatizzando il lato puramente goliardico della saga, più che quello drammatico. Insomma, un gioco quasi più ispirato al film, che ai titoli precedenti. Oggi possiamo osservare quasi una "terza fase" di storia del picchiaduro a scorrimento. Grazie alla nostalgia generalizzata verso gli sprite 8/16 bit, nonché il ritorno a dinamiche più semplici e senza fronzoli, ci sono possibilità di sviluppare idee come Teenage Mutant Ninja Turtle: Shredder's Revenge e Final Vendetta. Per i recenti titoli nostalgici, le tematiche continuano a essere ancora particolarmente legate al generale degrado urbano, oltre al ritorno della serie a cartoni animati. Non a caso, Shredder's Revenge riproduce ogni livello a mo' di singolo episodio di una serie animata. Final Vendetta, invece, ritorna alle tematiche della vendetta e dei bassifondi malfamati, a volte riproducendo gli stessi identici scenari (come la classica scena dove distruggere una macchina per ottenere punti bonus).
Resterà da vedere se, nei prossimi anni, il beat 'em up a scorrimento riuscirà a vivere di vita propria, distaccato dal discorso nostalgico, magari trovando nuove ispirazioni, oppure se resterà - come personalmente credo maggiormente probabile - un genere legato indissolubilmente agli anni Ottanta e Novanta.