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Cronos: The New Dawn, tutto sul nuovo survival horror firmato Bloober Team

Abbiamo avuto modo di parlare con i due director di Cronos: The New Dawn, nuovo titolo firmato Bloober Team che arriva dopo il successo di Silent Hill 2.

INTERVISTA di Fabio Di Felice   —   23/04/2025
Il viaggiatore del tempo, protagonista di Cronos: The New Dawn

Sentire respirare il Viaggiatore - questo strambo esploratore temporale in tenuta da sommozzatore - ci rimanda alla claustrofobia spaziale di Dead Space. È una sensazione inevitabile, anche quando lo guardiamo avanzare con il suo passo pesante, il rumore sferragliante dell'armatura che indossa, sventolando un enorme fucile per non farsi prendere di sorpresa dalle mostruose entità che lo circondano. Be', è una trappola, perché Cronos: The New Dawn, il nuovo survival horror di Bloober Team che arriva dopo il grande successo del remake di Silent Hill 2, ha solo un sottile strato superficiale che lo avvicina al videogioco con protagonista Isaac Clarke e che si scioglie piuttosto in fretta per via di suggestioni, ambientazioni e idee di gameplay che lo allontanano da quelle coordinate.

"Adoriamo i survival horror", ci dice Jacek Zięba, uno dei due director del videogioco. "Quando abbiamo avuto la possibilità di crearne uno nostro eravamo super entusiasti. Ne abbiamo giocati tanti, quindi è facile trovare dentro al nostro delle ispirazioni diverse. Però volevamo anche stravolgerle, metterci dentro le nostre idee". Abbiamo avuto modo di fare una lunga chiacchierata con lui e con Wojciech Piejko, anche lui director del progetto. "A prima vista i mostri fatti di carne umana e la tuta del protagonista fanno pensare a Dead Space", ci dice Piejko. "La somiglianza però finisce lì, il resto è diverso. Andando avanti ci avviciniamo di più alla serie di Resident Evil, o almeno una nostra interpretazione personale".

Alcuni aspetti di Cronos: The New Dawn ci hanno ricordato apertamente Dead Space
Alcuni aspetti di Cronos: The New Dawn ci hanno ricordato apertamente Dead Space

Quando faccio notare ai due sviluppatori che, in effetti, rispetto ai corridoi angusti della USG Ishimura, Cronos trasmette una sensazione diversa, più legata all'estetica brutalista tipica dell'est Europa e all'agorafobia, loro rispondono: "Il sentimento di solitudine è completamente diverso rispetto a Dead Space. Non siamo nemmeno nello spazio. La sensazione di isolamento, per esempio, ha un significato differente. Qui è più come ritrovarsi da soli in un'intera città, che può essere un'esperienza altrettanto intensa". C'è una visione più europea nelle coordinate di Cronos, ambientato in una Polonia alternativa, e con una voglia non così nascosta di parlare non solo del futuro, ma anche del presente.

Avanti e indietro nel tempo

Futuro e presente sono due entità di massima importanza in Cronos, dal momento che si parlano scambiandosi informazioni, personaggi, speranze e paure. Siamo in Polonia, a Cracovia, e il mondo è finito intorno agli anni '80 per colpa di un evento catastrofico che Zięba e Piejko chiamano "il cambiamento". Ma l'umanità tiene duro, e dal futuro, un anno lontanissimo, ecco arrivare un viaggiatore temporale senza nome, alla ricerca di alcune personalità importanti che potrebbero ancora rappresentare una speranza per la salvezza della Terra.

Abbiamo chiesto ai due director di darci delle indicazioni in merito all'identità di queste personalità, ma si sono trincerati dietro un sorriso furbo e una massima quanto mai vera: "Negli horror, meno sai e più sarai spaventato". Touché. "Cronos è costruito attorno al mistero dell'identità del viaggiatore, cosa fanno questi esploratori del tempo e, ovviamente, chi sono queste persone che dovrai estrarre", ci dice Zięba. "Possiamo dire solo che, per una qualche ragione, il Collettivo li ha scelti e tu sei chiamato in missione a recuperarli. E magari, con l'avanzare della storia, comincerai a chiederti: perché sto facendo questa cosa?"

Da quel che sappiamo della storia, il viaggiatore temporale fa parte di un'organizzazione chiamata il Collettivo, e la finalità del suo viaggio nel tempo è di recuperare e trasportare dentro di sé le essenze di alcune personalità importanti. Il problema è che, in qualche modo, queste anime interagiscono con la sua visione della realtà. "Possiamo portare fino a tre essenze con noi. La loro presenza cambia il modo in cui il protagonista percepisce la realtà. È come se improvvisamente avessi dentro di te delle altre voci, dei compagni nella tua testa", ci spiega Piejko.

L'architettura di Cronos: The New Dawn si ispira a quella del quartiere Nowa Huta di Cracovia
L'architettura di Cronos: The New Dawn si ispira a quella del quartiere Nowa Huta di Cracovia

"Compagni" potrebbe non essere una parola casuale, dal momento che l'ambientazione di Cronos: The New Dawn, radicata in un immaginario retrofuturista che passa attraverso gli anni '80 post sovietici, affonda le radici in alcuni posti reali come Nowa Huta. Questo quartiere industriale di Cracovia è nato negli anni '50, sotto richiesta di Stalin che voleva un sobborgo profondamente legato all'industria metallurgica nel territorio dell'alleato russo. C'è forse qualche aspetto personale dietro a Cronos? "L'idea iniziale era più sullo sfondo: raccontare una storia di persone che vivono in un complesso residenziale. E questo sì, è qualcosa che accomuna molti di noi. Siamo cresciuti in quartieri popolari, e conosciamo bene quella realtà. Poi è arrivata l'idea di ambientare il gioco a Nowa Huta, una sorta di città nella città, costruita attorno a una grande acciaieria. Il nome stesso, Nowa Huta, significa 'nuove acciaierie'".

Zięba ci pensa ancora un po' su, e poi aggiunge: "Forse, erroneamente, abbiamo pensato che non fosse così personale, che abbiamo scelto gli anni '80 per un'altra ragione... ma magari, sotto sotto, lo è. Solo che non ce ne rendiamo conto. Perché è un'epoca che abbiamo sentito raccontare tantissime volte, a scuola, nella nostra storia. Forse, in fondo, è il nostro modo per cercare di fare i conti con quel passato". Piejko annuisce e conclude: "Ecco perché abbiamo chiamato il nostro distretto 'Nuova Alba'. Un modo per indicare un nuovo inizio, una rinascita, pur partendo da un passato complesso. Abbiamo cambiato alcune cose rispetto alla realtà. Per esempio, l'enorme edificio governativo distrutto che si vede nel trailer non esiste nel mondo reale. Era previsto nei piani originali di Nowa Huta, ma non è mai stato costruito. Così abbiamo preso elementi reali della città e li abbiamo reinterpretati attraverso la lente della nostra storia alternativa".

Don't let them merge

Nell'ultimo trailer di Cronos, una meccanica è balzata subito in cima alle caratteristiche più interessanti del videogioco: non lasciare fondere i mostri, gli Orphan. Pare, infatti che queste creature siano in grado di unirsi ai cadaveri dei nemici a terra per creare degli esseri unici, che aggregano le caratteristiche degli uni e degli altri, dando vita ad avversari decisamente più spietati. "L'idea è nata perché volevamo introdurre qualcosa di davvero originale nella nostra versione di survival horror", spiega Zięba. "Dead Space ha reso iconico il sistema di smembramento dei mostri; in Alan Wake la torcia serve a distruggere l'armatura di oscurità dei nemici... anche noi volevamo una meccanica unica. Così è nata l'idea della fusione".

In Cronos, durante i combattimenti dovremo fare attenzione che i nemici non si fondano gli uni con gli altri
In Cronos, durante i combattimenti dovremo fare attenzione che i nemici non si fondano gli uni con gli altri

La spiegazione di come funziona il sistema è suggestiva, e si legge nei loro occhi e nel modo in cui gesticolano l'entusiasmo per la trovata che rende unici gli scontri di Cronos: quando si uccide un mostro, il suo corpo espelle dei tentacoli - un segnale per gli altri nemici che quell'essere può essere assorbito. Se un altro Orphan si avvicina a quel cadavere, può cercare di assorbirlo. Nel caso in cui ci riesca, cambia il suo aspetto, ottiene nuove mosse e un'intelligenza artificiale più aggressiva. Ma la cosa davvero pericolosa è che può assorbire le abilità. "Immagina, per esempio, un mostro corazzato che puoi colpire solo in alcune zone scoperte. Se questo assorbisse il corpo di un nemico che ha delle abilità da cecchino, avrai un mostro resistente e capace anche di spararti da lontano. Se non stai attento puoi ritrovarti improvvisamente in una sorta di mini boss fight, solo per non aver gestito bene i corpi sul campo".

Gli Orphan hanno un'altra caratteristica interessante: sono le vittime della pandemia mutante che ha colpito il mondo negli anni '80 e che ha fuso insieme gli infetti. Molti di essi sono semplici ammassi di due, tre, quattro esseri umani, ancora convinti di essere individui. È una prospettiva interessante sulla post umanità, che porta con sé delle questioni morali di non poco conto. "C'è un momento nel videogioco in cui il protagonista discute con altri personaggi riguardo ai nemici: sono davvero dei mostri? Sono consapevoli di quello che fanno? Non vogliamo forzare questa sensazione, ma potrebbe emergere in modo naturale. Potresti scoprire cose su certi personaggi e poi arrivare a chiederti: ho appena ucciso un mostro o una persona che nel passato era ancora umana?" dice Piejko. Mentre discutiamo ancora dei risvolti morali dello scontro con gli Orphan, Zięba ci sorprende con un paragone che la dice lunga: "È un po' come succede in Nier: Automata. All'inizio distruggi quei robot senza pensarci troppo. Poi, a un certo punto della storia, qualcuno ti fa delle domande e ti ritrovi a pensare: forse non avrei dovuto ucciderli".

Le identità delle persone che dovremo recuperare dal passato sono avvolte nel mistero
Le identità delle persone che dovremo recuperare dal passato sono avvolte nel mistero

L'ossessione di queste creature, anzi, il bisogno che hanno di avvicinarsi le une con le altre abbattendo lo spazio personale fino alla fusione in un'unica entità - e ovviamente l'idea che questo bisogno patologico sia dovuto a una crisi pandemica - fa emergere un altro sospetto: è possibile che Cronos sia nato come risposta estrema all'isolazionismo del COVID? "Penso che non fosse nostra intenzione parlare direttamente del COVID, ma in un certo senso è entrato nella storia in modo subconscio. Probabilmente perché quell'esperienza l'abbiamo vissuta tutti: essere chiusi in casa, isolati... ma nel nostro gioco succede l'opposto: la malattia spinge le persone a volersi fondere, a cercare un contatto, un'unione fisica". Continuiamo a parlare di queste differenze così antitetiche da avvicinare inevitabilmente le due pandemie. L'una lo specchio dell'altra. Zięba ci fa segno di avere la pelle d'oca sul braccio e poi dice: "Non era nostra intenzione risvegliare il trauma del periodo pandemico o far rivivere quei momenti difficili, ma forse, in un certo senso, questa storia ci ha anche aiutati ad accettare quello che è successo. A salutarlo, a lasciarlo andare".

La questione della difficoltà

"Alla vecchia maniera", è così che i due director definiscono la difficoltà del loro videogioco. Una vera esperienza survival, che metterà alla prova i videogiocatori con munizioni limitate e risorse non così semplici da trovare. È un punto di vista che non sentiamo spesso, non in modo così netto, specialmente in questi tempi in cui il dibattito tra l'accessibilità e la visione dei designer si è fatto centrale con titoli come Elden Ring. Abbiamo deciso quindi di chiedere anche il loro parere sull'argomento: dovrebbe prevalere la visione autoriale o la possibilità che il videogioco sia accessibile a tutti?

Il videogioco avrà inizialmente un solo livello di difficoltà e sarà decisamente una sfida
Il videogioco avrà inizialmente un solo livello di difficoltà e sarà decisamente una sfida

"Tutto dipende dal gioco che vuoi realizzare, da che tipo di esperienza vuoi offrire e da come questo influisce sulla tua visione e sul gameplay", ci dice Zięba. "Per noi, se un survival horror si chiama così, allora deve davvero essere un survival. Significa anche spingere un po' il giocatore oltre i propri limiti. Quella sensazione di superare un ostacolo difficile è bellissima, e non volevamo rinunciarci. È per questo che in Cronos abbiamo deciso di mantenere una certa difficoltà, e poi offrire una modalità difficile per chi cerca un'esperienza ancora più impegnativa".

Poi, prende al balzo l'esempio di Elden Ring: "Anche i giochi di FromSoftware funzionano per questo motivo: superare una sfida ti lascia un ricordo indelebile. È frustrante? A volte sì. Ma quando ce la fai, quella chimica che si attiva nel cervello è impagabile. Ti resta impressa la soddisfazione di aver battuto un certo boss o di essere riuscito a superare un certo momento."

Cronos: The New Dawn vuole intercettare un pubblico ben preciso, che ama le sfide complesse
Cronos: The New Dawn vuole intercettare un pubblico ben preciso, che ama le sfide complesse

Piejko si dice d'accordo: "Poi, certo, puoi anche pensare: Ok, non fa per me. Va benissimo. Ci sono persone a cui non piacciono, che ne so, i film di fantascienza. Non ci offendiamo per questo. E anche con i giochi difficili è un po' la stessa cosa. Anche i film horror non sono per tutti. Sono pensati per chi vuole provare paura. E così anche i giochi difficili sono pensati per chi vuole sentirsi messo alla prova. Ma puoi sempre provarci, vedere se ti piace. E se non fa per te, va bene così. C'è altro da giocare. Ma noi crediamo davvero che, come fa FromSoftware, anche la difficoltà faccia parte dell'esperienza".

Due pizze diverse, entrambe buonissime

Cronos: The New Dawn non ha ancora una data d'uscita, benché il titolo sia atteso nel corso del 2025. È una sfida importante per Bloober Team, reduce di un successo incredibile con un brand quasi "maledetto" come quello di Silent Hill. "Credo che l'ampiezza del progetto e la dimensione del team siano abbastanza simili tra le due produzioni", ci dice Zięba. "Ma sono due team distinti. Detto questo, ci sono tante persone che si muovono tra un team e l'altro: c'è questo flusso continuo di conoscenze, di tecnologia, di approcci". Per capire veramente le differenze tra i due videogiochi, dovremmo interpellare Mateusz Lenart e Maciej Głomb, che hanno diretto i lavori del remake firmato Konami. "Credo che per loro sia stato più complicato all'inizio, perché dovevano creare tutta la tecnologia da zero. Quando noi abbiamo cominciato a lavorare su Cronos, almeno avevamo già una base da cui partire: potevamo guardare a come avevano fatto loro alcune cose, anche se in contesti diversi".

I lavori su Cronos: The New Dawn sono iniziati poco dopo quelli sul remake di Silent Hill 2
I lavori su Cronos: The New Dawn sono iniziati poco dopo quelli sul remake di Silent Hill 2

"Alla fine di The Medium, sapevamo già che l'altro team stava lavorando al remake di Silent Hill 2. Proprio per questo motivo, volevamo assicurarci di non sovrapporci troppo, di non creare qualcosa di troppo simile", ci dice Piejko. Poi, forse ricordandosi delle nostre origini italiane, ci saluta con un paragone quanto mai azzeccato: "sono come due pizze diverse. Entrambe buonissime, solo con condimenti differenti".