Deathloop è un gioco che qui su Multiplayer.it abbiamo seguto da vicino sin dal suo annuncio, e dopo anteprime e provati abbiamo avuto l'onore (oltre che un immenso piacere , come è possibile leggere nella nostra recensione di Deathloop) di poter parlare del gioco direttamente con chi l'ha creato.
Grazie all'invito di Bethesda, abbiamo intervistato Dinga Bakaba, Game Director di Deathloop presso Arkane Studios Lyon, per svelare alcuni dei retroscena dell'ultima fatica del team francese.
L’inizio del loop
È innegabile: nell'ultimo periodo sono stati diversi i giochi dedicati al tema sci-fi del loop temporale ma, chiaramente, la formula Arkane ha ben poco da spartire con il resto dei titoli sul mercato. La domanda che nasce spontanea e che abbiamo rivolto a Bakaba, è cosa sia nato prima: Colt o il loop? "Il loop è stata una delle prime idee ma non la primissima. Il nostro obiettivo principale era creare un'esperienza dove il giocatore potesse sperimentare tutti gli strumenti a sua disposizione, ma al tempo stesso seguire la storia con i suoi ritmi".
Lo sviluppatore infatti ha ribadito come, nonostante l'azzerarsi della giornata, Deathloop sia un gioco story-driven, con un inizio e una fine. "Si è generata così molto in fretta l'idea del loop temporale, con le quattro fasce orarie e i quattro distretti e da lì in poi abbiamo mantenuto quel l'impostazione lavorandoci attorno. Ciò che abbiamo fatto però è stato cercare di non guardare troppo al lavoro degli altri, per mantenere 'l'essenza Arkane' intatta".
L’elemento umano
Un'essenza che, dopo aver provato il gioco, possiamo confermare rimanere effettivamente intatta. Ci sono però diversi elementi che guadagnano molto dall'espediente narrativo del loop, a cominciare dai personaggi. Se Dishonored è sempre stato un gioco trainato da un sentimento molto semplice, configurandosi come una sorta di Conte di Montecristo steampunk, e Prey è chiaramente un thriller sci-fi del filone body-snatcher ma con tazze e sedie, Deathloop ha un connotato estremamente più divertito e divertente, nonostante tratti temi molto maturi. "Non volevamo trasmettere nessun messaggio con questo gioco, ma uno dei temi più persistenti di Deathloop è probabilmente l'immaturità delle persone. Tutti su Blackreef, tolti Colt e Julianna, vivono sempre lo stesso giorno, un'eterna festa a base di vandalismo, droga e divertimento".
Ciò che però troviamo interessante di tutto questo, abbiamo fatto notare a Bakaba, è la grande umanità che emerge dai personaggi, attraverso dialoghi, chat e messaggi, quasi come se fossero un gruppo di vecchi amici, ognuno con le sue preferenze e antipatie nel gruppo. Ci sentiamo abbastanza a nostro agio nel definire Deathloop un gioco sulle relazioni, elemento narrativo che ha impegnato incessantemente Arkane. "Abbiamo lavorato costantemente sui personaggi e lo script dei dialoghi. Siamo partiti inizialmente da idee molto grezze su chi fossero i Visionari, poi gli abbiamo dato una storia, un carattere, un luogo di residenza su Blackreef, ed infine abbiamo tirato tutti i fili necessari per infittire sia la trama del gioco che le loro relazioni. È interessante definire i Visionari un 'gruppo di vecchi amici' perché in effetti tra di loro vige una dinamica di escapismo molto particolare. Estraniarsi dal mondo non deve per forza portati ad usare la fantasia e sognare ad occhi aperti, basta semplicemente vivere nella tua bolla di contatti, frequentare la gente che la pensa come insomma, ignorando tutto il resto, come fanno i Visionari di Blackreef".
Tra Colt e Julianna non mettere il dito
E poi ci sono Colt e Julianna. La relazione tra i due è misteriosa e il giocatore non sa quali siano i pregressi del loro rapporto, se non che Colt non li ricorda e Julianna si... e Julianna porta un sacco di rancore. I dialoghi tra loro due sono magnetici, sagaci, in perfetto equilibrio tra ironia e drama. È come se, abbiamo scherzato con Bakaba, il giocatore fosse lo spettatore indesiderato di un momento intimo di una coppia, un po' come quando vi trovate al ristorante due persone che litigano nel tavolo di fianco al vostro: sapete perfettamente che è maleducato ascoltare, e la conversazione talvolta vi mette anche un po' a disagio, ma il connotato scabroso della situazione attrae inevitabilmente la vostra attenzione. "Adoro il paragone che fai! Credo dipenda tutto dalla sincerità di Julianna. Lei è sempre molto onesta nelle sue reazioni: se ride è perché è genuinamente divertita dalla situazione, se è arrabbiata, invece, lo si capisce subito.
Colt invece prende tutto sul ridere, con Julianna non è mai serio, e credo che questi due aspetti umani dei personaggi rendono molto credibile il tipo di rapporto e conflitto che vivono. Loro poi sono molto importanti l'uno per l'altra perché sono le uniche persone su Blackreef che ricordano tra un loop e l'altro e, di conseguenza, diventano un punto di riferimento reciproco".
Julianna e il multiplayer asimmetrico
Julianna non è solo un personaggio molto importante nella storia di Deathloop, ma è anche il motore del multiplayer asimmetrico di Deathloop. Il gioco infatti ci mette nei panni di Colt se vogliamo goderci la campagna single player e in quelli di Jiulianna se vogliamo provare il multiplayer: in questo caso invaderemo le partite di altri giocatori e sostituiremo l'intelligenza artificiale che, con giocando offline, controllerebbe Julianna. Per chi conosce un po' la storia di Arkane, saprà che l'idea dell'invasione multiplayer è qualcosa su cui il team ha lavorato a lungo durante lo sviluppo di The Crossing, titolo del 2006 che però non vide mai la luce, ma gettò le basi per il futuro di Dishonored.
Vedere a più di 10 anni di distanza la stessa idea, con le dovuto modifiche del caso, non può che suscitare un moto di felicità e quasi orgoglio nei confronti del team, che ha perseverato fino a che non è riuscito a mettere in piedi la sua idea; viene da chiedersi però come e quando l'elemento multiplayer si è innestato nello sviluppo di Deathloop. "Nel momento in cui si inserisce anche solo un pizzico di multiplayer in un gioco come Deathloop sai già che dovrai pagarne un costo, in termini di tempo e fatica nell'integrarlo. La nostra priorità, quando abbiamo pensato al multiplayer asimmetrico, è stata quella di creare una storia e una narrazione che resistesse ad un elemento di caos che non potevamo controllare, perché non saprai mai come si comporterà un giocatore. Per questo è stato necessario lavorare molto sulla caratterizzazione di Julianna, in modo che risultasse emotivamente volubile e imprevedibile. Così puoi giustificare sia il giocatore che invade e gioca in modo molto aggressivo che quello che ti dà la caccia da lontano". E anche chi vuole eventualmente aiutarti, aggiungiamo noi. Non ci siamo scordati infatti quello che Bakaba disse a maggio, quando abbiamo assistito alla prima presentazione a porte chiuse del gioco. "Esatto. Volendo nel gioco si può anche aiutare Colt nei panni di Julianna, ma il racconto non si 'rompe'. È come se Julianna una mattina si fosse svegliata e avesse detto 'Sai che c'è? È impossibile che Colt rompa il loop... tanto vale cambiare un po' le carte in tavola. Oggi ho voglia di aiutarlo, così, per fare qualcosa di diverso!'. Idealmente l'obiettivo ultimo per noi, era quello di creare un elemento multiplayer imprevedibile che fosse capace di rafforzare ancor di più la tensione narrativa della campagna single player, e devo dire che è stata durissima! Riflettere su The Crossing invece ci ha aiutato a definire i ruoli e la giusta posizione di Colt e Julianna. In primis perché le invasioni si verificano solo nelle zone in cui c'è un Visionario da uccidere, quindi andava studiato accuratamente questo aspetto. Secondariamente perché non potevamo avere due personaggi protagonisti: uno doveva essere l'eroe, Colt, e l'altro un elemento di intrattenimento aggiuntivo che non sovrastasse mai il protagonista. Per questo Colt ha tre chance prima di morire e Julianna no; questo rende il multiplayer più stimolante, ma ricordando sempre ai giocatori che tutto ruota solo e soltanto attorno a Colt. Non volevamo creare multiplayer che fosse competitivo, di questo ne siamo sempre stati convinti fin da subito, ma fornire piuttosto un'esperienza online godibile, divertente e anche creativa. Perché è chiaro che chi gioca nei panni di Julianna dovrà sfruttare le sue conoscenze per spingere Colt allo scoperto".
Deathloop è un roguelike/ Roguelite?
Interessante poi è stata la riflessione, quasi semantica, avuta con lo sviluppatore sul concetto del "battere il gioco", in riferimento all'approccio totalmente diverso che ogni giocatore, sia nei panni di Colt che Julianna, può adottare giocando Deathloop. "È curioso perché in inglese si 'batte il gioco' nel momento in cui si trova un escamotage per superare un determinato ostacolo e proseguire, ma noi in francese diciamo 'completare'. Il nostro obiettivo non è mai stato creare giochi che combattono contro il giocatore ma piuttosto esperienze che lo mettano al centro di tutto e gli forniscano strumenti utili con cui proseguire, sperimentare e divertirsi".
Al che è arrivata la domanda spinosa: Deathloop è un roguelike/ roguelite oppure no? Noi ci siamo lanciati e abbiamo fornito a Bakaba la nostra personale visione della questione, che propende per il no. Quella della ripetizione attraverso il loop è sì la meccanica alla base del gioco ma, per chi scrive, Deathloop è un gioco con un loop temporale ma concentrato sul rompere il loop. È vero che più si progredisce e più si acquisiscono oggetti che potenzieranno Colt, ma il vero potere su Blackreef è la conoscenza, e lo dice anche il gioco (letteralmente, durante il tutorial) . Lo sviluppatore ha risposto: "Qui ci sono due risposte alla domanda. La prima è 'forse' nel senso che nessuno vieta di giocare Deathloop come un roguelike. Si può ignorare la meccanica del Residuo (che permette a Colt di legare a sé oggetti tra un loop e l'altro ndr.) e perdere tutto dopo l'inventario all'inizio del mattino... ma alla fine è comunque uno dei tanti modi in cui si può scegliere di giocare Deathloop, non si è costretti a farlo. Quindi nemmeno io mi sento di definirlo tale".
"Però poi c'è la seconda risposta, che è quella della community: se gli appassionati di roguelike / roguelite troveranno in Deathloop lo stesso piacere che altri giochi appartenenti al genere hanno dato loro, e lo definiranno tale, allora a noi sta bene anche così. È sempre difficile ricadere nelle etichette perché non vuoi che il tuo gioco venga appiattito dalla terminologia, anche perché la cosa che si avvicina di più a Deathloop sono Dishonored e Prey. Ovviamente, al contrario, non volevamo nemmeno che Deathloop risultasse una reskin di Dishonored, ma mantenesse una sua originalità. Sicuramente i giocatori capiranno che cos'è Deathloop quando lo avranno tra le mani".
"Riguardo alla sua essenza roguelike, aggiungerei un'altra cosa: Deathloop non è un gioco basato sulla difficoltà, intesa come potenza dei nemici o danni inflitti dall'armi. Non c'è un livello di difficoltà del gioco perché la difficoltà sei tu che resisti loop dopo loop, senza mai darti per vinto. Anche perché arrivare alla fine della giornata non è poi così complesso: puoi visitare una zona, prendere un oggetto e poi uscire, hai la possibilità di saltare intere fasce orarie. Non volevamo creare un gioco frustrante che di costringe a mangiare la polvere tutte le volte che ricomincia il loop, anche per questo Colt è un personaggio carico di umorismo. Volevamo che fosse un'esperienza motivante e godibile, pur trattando temi (violenza, droga ecc...) parecchio maturi".
Le lezioni dei giochi Arkane
È chiaro che ogni team impara molto dallo sviluppo dei suoi giochi, e da un titolo come Dishonored è impossibile non trarre qualche lezione. Per spiegarvi Deathloop qui su Multiplayer.it, chi scrive ha sempre usato come metro di paragone la missione di Villa Boyle del primo Dishonored. Al giocatore viene chiesto di partecipare ad un ballo in maschera e comprendere, indagando all'interno della villa, chi tra le tre sorelle Boyle è l'obiettivo da eliminare (e che cambia proceduralmente in ogni partita ndr.). Il concetto alla base di Deathloop ci è sempre sembrato questo ma, invece che applicato ad un singola missione del gioco, è esteso a tutta la campagna. "È buffo che la sensazione che ti ha trasmesso Deathloop sia stata questa perché, in effetti, quando abbiamo iniziato lo sviluppo, siamo andati a ripercorrere un po' tutte le idee assurde che avevamo avuto per Dishonored, e abbiamo pensato 'e se prendessimo una delle tante follie e la estendessimo all'intero gioco?'".
E come Dishonored e Prey hanno lasciato qualcosa in Arkane, abbiamo chiesto a Bakaba che cosa Deathloop ha insegnato a lui e a tutto il team. "Per prima cosa, che ai giocatori piace rivisitare gli stessi luoghi, se hanno un buon motivo per farlo. La familiarità (inteso come elemento di level design) è sicuramente qualcosa che, se ben gestita, è capace di fare la differenza in un gioco". La seconda cosa riguarda il tono: questi ultimi due anni hanno decisamente colpito il morale delle persone e, per quanto i nostri sono sempre stati giochi discretamente dark e cupi, Deathloop spinge molto sul fattore divertimento. Non bisogna per forza creare giochi impegnati a livello tematico o con un'aura oscura per farsi prendere sul serio, il bello è avere la libertà di creare qualcosa che possa anche divertirti e strapparti una risata, anche se il tono generale rimane sempre adatto ad un pubblico adulto".
"È sicuramente qualcosa a cui guarderemo in futuro, come continueremo a sperimentare soluzioni di gameplay nuove e atipiche: questa volta è stato il loop temporale con il multiplayer asimmetrico, chissà quale sarà il prossimo". Attualmente non è possibile saperlo, anche perché il prossimo titolo in cantiere, Redfall, è in sviluppo presso lo studio texano di Austin. Qualsiasi sarà il futuro di Arkane, però, non vediamo l'ora di scoprirlo.