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Destruction Derby... che fine ha fatto?

Che fine ha fatto Destruction Derby, una delle serie più divertenti sulla prima PlayStation?

RUBRICA di Massimo Reina   —   01/06/2020

Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.

Vi ricordate Destruction Derby? Di questa divertente serie che non ha nulla a che vedere con le classiche gare tra automobili, in quanto vede delle auto scontrarsi tra di loro fino alla distruzione all'interno di un'arena, ne abbiamo parlato più volte su queste pagine. Ma per quanti si sono persi quegli articoli abbiamo pensato di raccontarne nuovamente la storia, dedicandogli un po' di spazio all'interno di questa rubrica.

Demoliamo tutto!

Il franchise traeva spunto da un tipo di spettacolo motoristico statunitense che si volge generalmente all'interno di fiere o feste locali. Caratterizzato da una manciata di automobili che si sfidano generalmente all'interno di un'arena o di una pista a forma di numero "8", scontrandosi l'una con l'altra, prevede che a fine "gara" rimanga solo un pilota con ancora l'auto funzionante. Un "concetto" ripreso e riprodotto fedelmente in Destruction Derby. La serie prodotta per i primi tre episodi da Psygnosis, la storica azienda britannica acquisita da Sony nel 1993 per avere sviluppatori "interni" a supporto del lancio sui mercati occidentali della sua nuova console, esordì con il primo episodio proprio su PlayStation nel 1995, ma anche su SEGA Saturn e MS-DOS.

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Questo perché Psygnosis aveva stipulato degli accordi precedenti all'ingresso in Sony con SEGA e altri publisher, lasciando quindi che fossero altri due team, ovverosia Perfect Entertainment e Reflections a realizzare le versioni del gioco rispettivamente per i sopracitati Saturn e personal computer. Ad ogni modo, il concetto alla base del gioco era ovviamente quello semplice dell'omonimo spettacolo, e proprio per questo finì per attirare le attenzioni di moltissimi videogiocatori, permettendogli di ottenere una grossa popolarità e di vendere numerose copie, soprattutto nella versione per la console di Sony. L'idea di guidare delle autovetture sportive e di lanciarle a grande velocità contro altri veicoli facendo loro saltare letteralmente in aria lamiere e accessori sembrò esaltare l'utenza, catturata anche dall'interessante sistema che gestiva i danni nel gioco e che prevedeva una serie di punti deboli posizionati in aree specifiche delle auto.

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Queste andavano colpite per provocare il deterioramento della carrozzeria e problemi ovviamente nel controllo del mezzo. Non solo: l'engine era in grado di mostrare visivamente i danni fisici sulla macchina. Ripetuti impatti danneggiavano poi i mezzi fino a portarli alla totale distruzione. E anche se alla lunga il gioco risultava un po' ripetitivo e poco longevo, nonostante quattro modalità (la principale era comunque la Destruction Derby), le vendite e le valutazioni da parte della critica furono talmente positive da convincere Psygnosis a ordinarne un seguito, che arrivò già l'anno dopo. Fu grazie anche a questo titolo se nel corso dell'esercizio 1995-1996, i giochi targati Psygnosis rappresentarono il 40% delle vendite di tutti i videogiochi in Europa.

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Un seguito quasi perfetto

Destruction Derby 2, infatti, uscì nel 1996 su PlayStation e PC (un'edizione per SEGA Saturn era stata inizialmente pianificata, ma poi non venne mai realizzata per le questioni di esclusive con Sony citate prima), e fu un successo superiore perfino a quello del capostipite. Il titolo riuscì infatti a correggere gran parte dei difetti del predecessore, e ad aggiungere diverse nuove e interessanti modalità, comprese quelle multigiocatore. In Destruction Derby 2 il giocatore ritrovava tutto il feeling del primo episodio, quindi la stessa divertente giocabilità e manovrabilità dei mezzi; poteva correre su un massimo di sette circuiti differenti e cimentarsi in diverse modalità per singolo giocatore.

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Ma rispetto all'originale introduceva una più ampia varietà di piste e auto, oltre alla capacità di queste ultime di capovolgersi e saltare. Anche in questo caso i successo fu immediato, e anzi, se possibile superiore a quello del primo Destruction Derby, al punto che ancora oggi è questo secondo capitolo a essere considerato il migliore di tutta la serie. Ad ogni modo, sulle ali dell'entusiasmo per il successo, nel 1999 Psygnosis fece uscire Destruction Derby 64 con l'aiuto di Looking Glass Studios e THQ, versione graficamente e tecnicamente migliore della controparte PlayStation per Nintendo 64, con più automobili e una maggiore cura dei dettagli per quanto concerneva i danni subiti dalle macchine.

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Mentre la serie sembrava aver imboccato la strada di un successo duraturo nel tempo, dietro le quinte si vivevano momenti di fermento. Reflections, infatti, che stava lavorando su un gioco intitolato Thunder Truck Rally sotto etichetta sempre Psygnosis. Inoltre si vociferava che stesse già abbozzando qualcosa per il terzo episodio di Destruction Derby, iniziò a flirtare con GT Interactive Software, società legata alla GoodTimes Entertainment, azienda specializzata nella produzione home video. Con essa il gruppo di sviluppatori voleva abbandonare l'ala protettrice del publisher britannico e cambiare area per tentare nuove strade. E così avvenne pochi mesi dopo.

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Il cambio di sviluppatore e l’inizio del declino

Con l'addio dei suoi creatori, che assumeranno in seguito il nome di Reflections Interactive e che con il nuovo editore daranno vita al franchise di Driver, Psygnosis decise di affidare lo sviluppo di Destruction Derby Raw agli Studio 33, gruppo che fino ad allora si era "distinto", si fa per dire, per un brutto gioco di corse chiamato Newman Haas Racing e per un discreto capitolo di Formula 1, precisamente l'edizione per la stagione 1999. Il risultato, però, fu purtroppo per loro decisamente inferiore alle attese: il gioco, rilasciato nel 2000 su PlayStation, poteva infatti vantare un buon numero di circuiti, tante belle auto e una grafica sopra la media per i tempi e soprattutto per l'hardware a disposizione, ma peccava vistosamente in quello che doveva essere il suo cuore pulsante, vale a dire la giocabilità.

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In tal senso il titolo sembrava non funzionare in niente: la fisica era poco realistica, il modello di guida assurdamente rigido e difficoltoso da padroneggiare perfino per compiere le azioni più semplici, con parecchie delle manovre che parevano poco "libere" e parevano determinate da appositi binari. E se in un gioco di guida manca un certo feeling con i comandi e con le vetture da guidare, è la fine. Destruction Derby Raw si rivelò quindi un autentico flop per Psygnosis, che nel frattempo per una riorganizzazione interna a Sony, era stata di fatto smantellata e inglobata nel nuovo Sony Studio Liverpool (SCE Liverpool Studio).

Destruction Derby... che fine ha fatto?

Qualche anno dopo, Sony Computer Entertainment Europe pensò che fosse arrivato il momento di rispolverare il franchise, stavolta per trasferirlo su PlayStation 2, e di riaffidarlo, nonostante tutto, sempre nelle mani di Studio 33. Il titolo partiva con mille ambizioni, compresa quella di essere il primo titolo per il Monolite ad avere funzioni per il gioco online. Con il titolo di Destruction Derby: Arenas, il prodotto arrivò sugli scaffali dei mercati europei e nord americani tra gennaio e aprile del 2004, ma fu subito stroncato dalla critica e dai fan a causa soprattutto di uno stile di gioco poco realistico e di un tono generale da cartone animato. Così, anche a seguito delle scarse vendite, il publisher decise che era giunto il momento di mettere la parola fine alla serie Destruction Derby. Un finale che sembra ormai definitivo, ma che chissà che un giorno non diventi invece "temporaneo", sempre che nei gusti dei videogiocatori di oggi ci sia ancora spazio per questo tipo di produzioni.

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