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Dragon Age: The Veilguard, l'anteprima dello strano ritorno di BioWare

Abbiamo assistito in anteprima alla prima ora di gioco di Dragon Age: The Veilguard, un'esperienza piuttosto distante dall'eredità della saga.

ANTEPRIMA di Lorenzo Mancosu   —   11/06/2024
Un party di personaggi di Dragon Age The Veilguard.
Dragon Age: The Veilguard
Dragon Age: The Veilguard
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Quella di Dragon Age è una saga talmente caleidoscopica che si potrebbero utilizzare dozzine di ganci diversi per introdurre il suo grande ritorno. Sarebbe possibile ricordare l'antica anima dark fantasy alla base di Origins, una vecchia ispirazione capace di colorare il carattere dei personaggi attraverso una scala di grigi che all'epoca rappresentava un'eccellenza assoluta. Si potrebbe invece menzionare il secondo capitolo, un titolo sospeso a metà strada fra piccoli guizzi di genio, su tutti la divisione in atti progressivi, e i numerosi limiti portati dall'approdo della nuova proprietà, come per esempio l'ambientazione ristretta alla bolla circostante la città di Kirkwall. Oppure ancora si potrebbero puntare i riflettori su Inquisition, un progetto che a dispetto della nube di critiche che ancora oggi tenta di ghermirlo riuscì ad agguantare un premio per il Game of the Year fra i più discussi dalla fondazione dei The Game Awards.

Ciò detto, l'angolazione più azzeccata per trattare la serie risiede probabilmente nella storia di BioWare: dopo anni trascorsi ai vertici dell'industria, quella che si era imposta come la più grande fucina di giochi di ruolo del pianeta è passata attraverso una serie di vicissitudini che l'hanno vista sprofondare in una crisi d'identità, sfocandone i contorni al punto tale da ridurre le sue produzioni alla stregua di ricordi sbiaditi. È proprio per questa ragione che la prossima istanza di Dragon Age è considerata tanto importante: ormai è da più di un decennio che gli appassionati sperano di vedere quel lume indebolito tornare ad ardere come un incendio indomabile, trascinando nuovamente la saga e la compagnia nelle dimensioni che gli competono. Abbiamo assistito alla prima ora di gioco di Dragon Age: The Veilguard, e ci sentiamo di dire che, per il momento, quel giorno sembra ancora piuttosto lontano.

Un pizzico di passato

Siamo stati accolti nella casa dei Play Days di BioWare da Corinne Busche, la game director di Dragon Age: The Veilguard che ha voluto immediatamente elencare e spiegare nel dettaglio i tre pilastri fondamentali attorno a cui è stato plasmato il quarto episodio della saga: "Sii chiunque tu voglia essere", "Salva il mondo", ma soprattutto: "Salvalo assieme ai tuoi compagni".

Una serie di punti fermi, questa, che per certi versi spiega anche il cambiamento avvenuto dalle parti del titolo, originariamente immaginato come "Dread Wolf" - evidente riferimento alla costruzione della trama maturata per anni attorno al personaggio di Solas - e adesso trasformatosi in The Veilguard, ulteriore manifestazione della volontà di mettere al centro del palcoscenico il protagonista interamente personalizzabile e i compagni che l'affiancheranno lungo il cammino.

Proprio la creazione del personaggio ha segnato l'incipit della presentazione, che nel complesso ci ha messo di fronte a una nuova partita e all'interezza della missione introduttiva, una sorta di lungo prologo volto a spiegare le meccaniche fondamentali. Il nuovo editor consente di plasmare il protagonista nei minimi dettagli, a partire dalla scelta della razza per poi passare a una ricchissima selezione di slider pensata per rispondere a qualsiasi esigenza del giocatore, con tanto di anteprime in grado di mostrare le modifiche alla luce di diversi tipi d'illuminazione. A meritare ancor più attenzione è l'importanza della backstory: come in una sorta di revival dell'antico sistema di origini, è possibile dettagliare il passato del protagonista al punto da indicare anche una fazione a cui è o era associato in passato - un esempio a caso è quello dei Custodi Grigi - influenzando l'esito di determinate situazioni in cui si può incappare esplorando Thedas.

C'è totale libertà nella creazione del personaggio per permettere a chiunque di sentirsi rappresentato
C'è totale libertà nella creazione del personaggio per permettere a chiunque di sentirsi rappresentato

Altrettanto impattante è la scelta della classe iniziale tra le immancabili Guerriero, Mago e Ladro, ciascuna delle quali si sviluppa poi attraverso una triade di ulteriori specializzazioni: dal momento che gli sviluppatori hanno optato per il Ladro, abbiamo scoperto che questi ha la possibilità di specializzarsi come Duelist, Saboteur e Veil Ranger, archetipi dotati ciascuno di un albero delle abilità dedicato. Non c'è molto altro da aggiungere in questo frangente: una volta impostato lo stile di gioco, ovvero il livello di difficoltà, non resta che assegnare un nome e un cognome al protagonista per gettarsi nell'universo di Dragon Age, scoprendo un'esperienza simile e al tempo stesso profondamente diversa rispetto all'eredità della saga.

La trama e i personaggi

La vicenda prende il largo in un bar nei sobborghi di Minrathous, capitale dell'Impero Tevinter nonché città governata dalla Magocrazia, pertanto uno dei luoghi più carichi di magia che si possano incontrare nel Thedas, immaginata dagli artisti di BioWare come una strana città cyberpunk in cui gli incantesimi vengono utilizzati per generare insegne al neon e fasci di luce accanto all'architettura brutalista. Qui il protagonista, accompagnato da un Varric Tethras reduce del secondo capitolo, si trova sulle tracce di Neve Gallus, un'investigatrice privata che apparentemente costituisce un tassello fondamentale per mettersi sulle tracce di Solas.

La capitale del Tevinter Imperium è piuttosto diversa da come la si sarebbe potuta immaginare
La capitale del Tevinter Imperium è piuttosto diversa da come la si sarebbe potuta immaginare

Nonostante il cambiamento del titolo, questo quarto capitolo di Dragon Age continua infatti a orbitare attorno alla vicenda del Dread Wolf: è inevitabile in questa sede fare quello che è un pesante spoiler riguardo lo scorso capitolo, perché uno storico compagno di Inquisition si è infine rivelato una divinità elfica volenterosa di riparare ai propri errori del passato, anche se ciò dovesse comportare la distruzione del Velo - una forza che separa il mondo materiale da quello degli spiriti - e di conseguenza l'abbattimento di una terribile calamità sul mondo.

Mentre Solas ha iniziato a eseguire il suo rituale, spalancando voragini dimensionali che iniziano a liberare demoni nei cieli di Minrathous, si assiste anche al ritorno di Lace Harding, questa volta nella forma di una compagna con cui sarà possibile stringere anche una relazione amorosa. Ciò che più conta è che il gruppo finalmente riunito si ricongiungerà anche con Neve Gallus, maga dall'aspetto quasi steampunk che provvedere a mettere in moto gli ingranaggi del prologo.

L'immagine del party è molto diversa dagli artwork che segnarono Inquisition
L'immagine del party è molto diversa dagli artwork che segnarono Inquisition

L'apertura di Dragon Age: The Veilguard ricorda più che altro un epilogo, perché il gruppo di eroi dovrà aprirsi un varco attraverso demoni e tevinteriani fino a trovare il nascondiglio di Solas, correndo nei vicoli, distruggendo ostacoli, sfruttando zipline e spiccando balzi di fronte alle insegne luminose dei negozi di Minrathous: l'obiettivo finale è un Eluvian celato nelle catacombe cittadine che conduce al luogo dello scontro fatidico, nel quale non vi diciamo cosa accade perché si tratta di una bella botta da digerire per qualsiasi appassionato della serie. L'unico problema è che, se non fosse per la presenza di Varric e di Harding, nonché per il sistema di dialoghi a risposta multipla, sarebbe molto difficile percepire l'atmosfera tipica della saga di Dragon Age.

Svolta di pura azione

Nonostante il già particolare colpo d'occhio offerto dalla resa di Minrathous, il primo elemento che salta all'occhio in Dragon Age: The Veilguard è l'apparente abbandono della maggior parte delle velleità da gioco di ruolo in favore di un netto matrimonio con un sistema di combattimento d'azione: la telecamera si è avvicinata ancora di più alle spalle del protagonista, al momento non c'è traccia di visuali tattiche, l'interfaccia si presenta più asciutta che mai.

L'esperienza sembra aver abbracciato una formula interamente d'azione, con pochissimi elementi RPG
L'esperienza sembra aver abbracciato una formula interamente d'azione, con pochissimi elementi RPG

Le battaglie sono veloci, frenetiche, prevedono lo sfruttamento di attacchi leggeri e pesanti - ovviamente in combinazione con sempreverdi schivate e parate - che culminano nell'utilizzo delle abilità attive. Le abilità come Static Strikes del Rogue sono accessibili sia per mezzo di una timida pausa tattica che apre la nuova Ruota delle Abilità, sia attraverso un più immediato sistema di scorciatoie che consente di incastrarle senza troppi pensieri tra un fendente e il successivo, cosa che resta valida anche per le abilità dei compagni, ai quali - almeno per ora - sembra sia possibile impartire indicazioni solamente in questa maniera.

La mappa di Minrathous si presenta come un grosso dungeon lineare nel quale ci si imbatte in piccole orde di nemici da abbattere rapidamente, alcuni dei quali caratterizzati da meccaniche particolari: quelli dotati di barriera, per esempio, si possono rendere vulnerabili solo in seguito all'uso di attacchi dalla distanza che sono presenti nella dotazione base di tutte le classi, mentre determinate interazioni fra diverse alterazioni di stato possono generare conseguenze devastanti. La director Busche ha inoltre confermato che i personaggi sono dotati di una sorta abilità Ultimate, di Rune che alterano il funzionamento delle skill e - per quel che concerne i compagni - anche delle tanto richieste abilità curative che possono essere sfruttate in aggiunta alle pozioni.

C'è una pausa tattica che si configura tuttavia come un innesto appena abbozzato sull'anima action
C'è una pausa tattica che si configura tuttavia come un innesto appena abbozzato sull'anima action

In definitiva, quanto mostrato sembra segnare il culmine del lento procedimento di distacco da quella componente tattica divenuta nel tempo sempre più marginale: il primo boss è un grosso demone corazzato sbucato da uno squarcio dimensionale che scaglia attacchi telegrafati sul terreno e necessita fondamentalmente d'essere annientato nel minor tempo possibile, aprendo allo spettro di un'esperienza da affrontare prevalentemente a cervello spento. Ciò detto, bisogna ricordare che la sezione mostrata dalla Busche è rappresentativa solamente dei primi battiti dell'esperienza: pur essendo ancora troppo presto per sbilanciarsi in una direzione o nell'altra, la sensazione è che l'approccio agli scontri possa aver contribuito a rendere l'atmosfera generale di The Veilguard carica di contrasti e contraddizioni.

Forti contrasti tra anime opposte

Perché è proprio l'atmosfera generale ad annebbiare le acque attorno a Dragon Age: The Veilguard: il trailer della storia, per esempio, si presenta più vicino all'umorismo tipico di produzioni come Borderlands che alla serietà richiesta da una vicenda struggente come quella del Dread Wolf. Un discorso molto simile si potrebbe fare per quel che concerne l'interpretazione estetica di Minrathous e di Tevinter, dal momento che la città si presenta più cyberpunk che fantasy, rifuggendo il nero e l'oro prima di mettere in scena architetture, forme, e giochi fra luci al neon molto distanti dall'ispirazione artistica che ha fatto la fortuna di BioWare.

Le parole degli sviluppatori sono molto incoraggianti, ma quello che abbiamo visto lo è meno
Le parole degli sviluppatori sono molto incoraggianti, ma quello che abbiamo visto lo è meno

Gli sviluppatori hanno raccontato una produzione incoraggiante e convincente: tornano le intramontabili scelte multiple nei dialoghi, l'opera promette di mettere in scena la versione più vasta e profonda di Thedas mai realizzata, ci sono un paio di momenti - specialmente in seguito all'attraversamento dell'Eluvian - che riflettono le promesse in materia di caratterizzazione dei personaggi. Si parla di un sistema di combattimento tattico, di un grande sviluppo del protagonista, degli ingredienti fondamentali che hanno trainato la serie al successo. Tuttavia, al tempo stesso, ci sono diversi elementi che sembrano stridere fortemente con tutte queste dichiarazioni d'intenti.

La palette cromatica adottata, le immagini promozionali, l'interfaccia utente, il design delle creature che si vanno ad affrontare, così come buona parte delle meccaniche di combattimento, trasmettono la sensazione che, fino a qualche tempo fa, questo The Veilguard avrebbe dovuto presentarsi come un progetto profondamente diverso dal classico capitolo della saga di Dragon Age, salvo poi cambiare direzione all'improvviso.

Che cos'è, in fondo, che rende tale un capitolo della saga di Dragon Age?
Che cos'è, in fondo, che rende tale un capitolo della saga di Dragon Age?

Se così non fosse, se ci stessimo sbagliando clamorosamente, sarebbe per certi versi preoccupante, perché significherebbe che BioWare ha maturato un'idea del tono e dell'eredità di Dragon Age molto distante dalla realtà dei capitoli passati. Tra alti e bassi, il prossimo capitolo della serie si è fatto ancora più importante di quanto già non fosse, perché al suo destino potrebbe essere legato quello dell'intero studio, e tutto dipenderà dall'accoglienza da parte del pubblico.

È molto difficile assistere alla prima ora di gioco di Dragon Age: The Veilguard senza uscirne quantomeno confusi e carichi di domande. Se da una parte la presentazione ha calcato la mano sull'attenzione dedicata all'origine e alla personalizzazione del protagonista, promettendo una versione immensa del continente di Thedas e una costruzione dei personaggi ancora più profonda rispetto al passato, dall'altra le immagini che si srotolavano sullo schermo sembravano raccontare qualcosa di molto distante dalla pesante eredità di Dragon Age. Insomma, le parole spese riguardo la natura e l'ambizione di The Veilguard si sono dovute scontrare con una palette cromatica, un design estetico, un approccio al combattimento e un tono della scrittura che, troppo spesso, sembravano remare in un'altra direzione.

CERTEZZE

  • Ampia personalizzazione anche narrativa del protagonista
  • Solas è veramente un gran personaggio
  • Tornano vecchie conoscenze e il mondo promette di essere enorme

DUBBI

  • Direzione artistica e palette cromatica ricordano il tipico gioco come servizio
  • Azione preponderante, elementi RPG ridotti ai minimi termini
  • Tono della scrittura in stile Disney-Marvel
  • Diversi elementi sembrano in contrasto con l'eredità di Dragon Age