La saga di Final Fantasy condivide il medesimo destino di numerose fra le più popolari odissee che hanno scritto la storia del mondo dell'intrattenimento. Star Wars, Il Signore degli Anelli, Harry Potter, Halo: parafrasando il celebre Harvey Dent secondo Christopher Nolan: "O muori da eroe, o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo", ed è ormai quasi una certezza che qualunque universo creativo sia presto o tardi destinato a frantumarsi fra le memorie di un passato glorioso e un presente quantomeno discusso. Square Enix - e Squaresoft prima di lei - hanno eretto un mattone per volta le fondamenta dell'enorme Fantasia Finale trasformandola in una istituzione dell'industria dei videogiochi. Finché, in seguito all'esordio del dodicesimo capitolo, la serie non ha iniziato a imboccare direzioni che non sono mai più state in grado di mettere d'accordo l'interezza degli appassionati.
Sulle ragioni che hanno portato a questo "tracollo" abbiamo scritto un articolo dedicato che ripercorre l'intera storia della saga, ma il lume della speranza si è improvvisamente riacceso quando la dirigenza della compagnia ha affidato la gestione del sedicesimo capitolo a un personaggio che è sempre stato inquadrato come una sorta di 'eroe del destino' dal grosso della comunità: Naoki Yoshida, il pilastro portante del successo di Final Fantasy XIV. La sua Creative Business Unit III, la divisione che si è occupata di Final Fantasy 16, ha dovuto sostenere sulle spalle tutto il peso dell'eredità del franchise assieme a un'anomala mole di aspettative, investita com'era di un compito al limite dell'impossibile: riportare il nome di Final Fantasy a toccare i fasti della sua età dell'oro.
Un compito che alla prova dei fatti è riuscita a raggiungere solamente a metà. I più storici capitoli della serie di Final Fantasy sono infatti in tutto e per tutto simili a grossi mosaici composti da tante piccole tessere, come la direzione artistica, la trama, il sistema di sviluppo, quello del combattimento, la musica, l'elemento da gioco di ruolo, e via dicendo: se lo studio guidato da Naoki Yoshida ha sfiorato il risultato perfetto su alcuni di questi fronti, in particolar modo su quelli che hanno a che fare con l'immaginario e la componente creativa, dall'altra è stato come se si fosse perso per la strada alcuni ingredienti fondamentali dell'antica ricetta, attirando le ire di chiunque li ritenesse indispensabili e mancando la rotondità di cui questo episodio in particolare aveva fortemente bisogno.
Ad annata ormai conclusa, è estremamente difficile leggere i risultati e l'eredità del capitolo diretto da Naoki Yoshida: se il 2024 si porterà dietro l'emersione del DLC conclusivo e l'atteso esordio su piattaforma PC, Square Enix non è mai stata estremamente chiara nel commento dei risultati raggiunti dall'avventura di Clive Rosfield. Si è trattato del punto zero in un percorso di rinascita che richiederà più tempo del previsto? Di una formula alla quale è già necessario dire addio? Semplicemente di un capitolo fatto di luci e ombre, come del resto la maggior parte degli episodi passati? Senza dubbio, Final Fantasy 16 è stato uno fra i più divisivi nella storia del marchio.
Il dualismo di Final Fantasy 16
Solitamente anche i più critici convengono ormai nell'affermare che Final Fantasy 16 sia sotto molti punti di vista uno dei capitoli recenti più vicini all'antica identità perduta del brand di Final Fantasy. La costruzione del mondo di Valisthea, la caratterizzazione dei suoi protagonisti, la raffigurazione quasi religiosa degli Eikon, l'importanza riservata ai Cristalli: i Continenti Gemelli come immaginati dalla penna di Kazutoyo Maehiro non sfigurerebbero assolutamente se collocati nei confini dell'età dell'oro della saga, e il medesimo discorso si può pacificamente applicare alle composizioni musicali di Masayoshi Soken, ai disegni di Kazuya Takahashi, nonché a buona parte del filone narrativo che traghetta lentamente - talvolta troppo lentamente - Clive Rosfield verso la sua ultima destinazione.
L'incipit stesso di Final Fantasy 16, la prima quindicina di ore, è quasi una poesia, un tuffo nel passato del franchise che sembra determinato a non sbagliare un colpo. È nel lungo periodo che emergono gli spigoli, le criticità, gli elementi lontani dalla tradizione della serie che non hanno praticamente nulla a che vedere con il tanto discusso sistema di combattimento a base d'azione ideato da Ryota Suzuki: se non altro, questo episodio potrebbe rappresentare la prova definitiva che non sono assolutamente le meccaniche legate agli scontri a rendere tale un capitolo di Final Fantasy. La formula della serie è una complicatissima miscela di elementi nella quale battaglie e progressione possono permettersi tutte le variazioni sul tema che desiderano, mentre l'anima del franchise sembra invece nascondersi in mezzo ad appendici spesso sottostimate e di cui, nel caso specifico, si è sentita la mancanza in maniera irrimediabile.
L'esplorazione, i segreti, la costruzione di un mondo nel quale ci si sente sempre a un passo da una nuova scoperta, il ritmo incalzante, una ricca componente di attività collaterali, un corposo apparato "endgame": nella realizzazione di un'opera della durata di una cinquantina di ore, la Creative Business Unit III si è concentrata eccessivamente sull'immaginario, pescando a piene mani da tutto ciò che aveva imparato sulle sponde di Final Fantasy XIV e perdendo per la strada alcuni degli assiomi alla base della storica formula vincente. Il risultato? Ovviamente una frattura nelle schiere del pubblico, che si sono spaccate esattamente a metà fra coloro che riservano la maggiore importanza all'arte, al design, alla trama e alla caratterizzazione, più che soddisfatti del viaggio di Clive Rosfield, e tutti gli altri, che hanno sofferto tantissimo le evidenti mancanze sul piano delle meccaniche di gioco.
Qual è, dunque, la vera natura di Final Fantasy 16? Una delusione? Un successo? Qualcosa che si colloca a metà strada fra un estremo e l'altro? La risposta sarà diversa a seconda dell'appassionato che si trova a doverla fornire, a seconda di cosa rappresenti ai suoi occhi la vera essenza della saga di Final Fantasy. Quella di cui siamo stati testimoni era la visione di Naoki Yoshida, e probabilmente per arrivare a formulare un'analisi più lucida toccherà attendere l'esordio del prossimo capitolo: Final Fantasy XII fu considerato per lunghissimo tempo un episodio sottotono finché il suo diretto successore non finì per deludere un segmento ancora più consistente della comunità di giocatori, portando nel tempo a vivere una sostanziale rivalutazione.
Il futuro della saga di Final Fantasy
Recentemente è stato annunciato lo scioglimento dello studio di sviluppo di Final Fantasy 16: tale notizia ha creato un bel po' di confusione, perché in molti l'hanno interpretata come una specie di bocciatura - in certi casi addirittura come una chiusura - mentre si tratta semplicemente del naturale destino che tocca qualsiasi team interno di Square Enix una volta esauriti i lavori su un progetto. La Creative Unit Business III, ultimate le fatiche sul corposo DLC The Rising Tides dedicato all'Eikon Leviatano, dovrà apportare le ultime rifiniture a Dawntrail, la prossima espansione del MMORPG Final Fantasy XIV che farà il suo esordio nel corso dell'estate del 2024, dopodiché sarà libera di dedicarsi a nuovi progetti dentro e fuori dall'universo online. È invece ormai una certezza che in seguito a The Rising Tides - e presumibilmente alla contestuale pubblicazione su PC - calerà definitivamente il sipario su Final Fantasy 16, nel senso che non saranno sviluppati sequel o spin-off di sorta.
Da un punto di vista puramente pragmatico, Final Fantasy 16 rappresenta uno snodo fondamentale per il futuro di Square Enix: non poteva emergere produzione migliore per mettere chiaramente in evidenza quali siano i maggiori punti di forza della saga, quali aspetti siano perfetti così come sono e quali debbano essere assolutamente rivisti per riagguantare l'eccellenza che ha caratterizzato gli anni '90. Le lezioni apprese durante l'avventura di Clive Rosfield, assieme all'imminente risposta del pubblico a Final Fantasy VII Rebirth e alla grande espansione Dawntrail, saranno determinanti per completare il quadro, senza tuttavia sciogliere quello che probabilmente rappresenta più grande nodo della saga: in un'immensa antologia di videogiochi così diversi fra loro per ispirazione, per ambientazione e per quanto riguarda il tessuto stesso delle meccaniche, è diventato estremamente difficile riuscire a rispondere alle esigenze di un pubblico altrettanto variopinto.