In questi giorni si festeggia un compleanno che passerà in sordina, ma che per alcuni giocatori - specialmente se hanno un po' di annetti sulle spalle - potrebbe essere molto significativo: Final Fantasy XI compie infatti 20 anni e, sebbene sia uno dei capitoli meno popolari nella lunga storia del franchise Square Enix, è anche uno di quelli più divisivi, chiacchierati e polarizzanti.
La sua lunga storia inizia addirittura negli anni '90, quando Square, che all'epoca non si era ancora fusa con Enix, aveva da poco stabilito una succursale nelle Hawaii: lì Hironobu Sakaguchi, padre di Final Fantasy, inciampò su EverQuest e scoprì i Massive Multiplayer Online (Role Playing) Game. Stregato, decise che Final Fantasy avrebbe dovuto percorrere la stessa strada, sfruttando il servizio PlayOnline - praticamente un client dedicato al gaming - che era già in lavorazione, e che potremmo considerare come una specie di precursore del Battle.net di Blizzard.
Sì, Final Fantasy XI è stato il primo Final Fantasy multigiocatore, molti anni prima che uscisse Final Fantasy XIV, e questo approccio sollevò infinite polemiche non appena fu annunciato. Gli investitori suggerirono di chiamarlo semplicemente Final Fantasy Online perché temevano che i fan lo avrebbero guardato storto: in fondo, i MMORPG che Sakaguchi ammirava tanto non avevano praticamente nulla in comune con Final Fantasy e l'enfasi che la serie riponeva su narrativa e personaggi.
Little did they know...
Il mondo di Vana'diel
Saltò fuori, invece, che Final Fantasy XI aveva una storia da raccontare, proprio come i suoi predecessori, è che l'obiettivo di Sakaguchi, Hiromichi Tanaka e il team che aveva appena finito di lavorare a Chrono Cross era sempre stato quello di piegare un genere anche troppo occidentale alle loro esigenze tutte nipponiche. Il che, col senno di poi, non è che riuscì proprio benissimo. Dovete capire che all'epoca il MMORPG era molto diverso da come lo intendiamo noi oggi, ovvero dopo World of Warcraft: il kolossal Blizzard, che sarebbe arrivato solo qualche anno più tardi, ha completamente rivoluzionato il genere, che non a caso ha attraversato un periodo di profondo declino proprio quando il mercato si è cominciato a riempire di cloni di WoW.
Per questo facciamo un distinguo quando si parla di MMORPG: avanti WoW e dopo WoW, che è un po' blasfemo ma ci siamo capiti e, in un certo senso, è pure azzeccato. Quindi Final Fantasy XI esce nel 2002 su PlayStation 2 e PC (in Giappone, perché in Nord America sarebbe arrivato nel 2003 e un anno dopo ancora in Europa) e poi nel 2006 arriva anche su Xbox 360.
È un gioco che nasce vecchio, Final Fantasy XI, ma all'epoca eravamo tutti più ingenui e smaliziati e la direzione artistica di Square Enix lo vendeva facile: per chi arrivava dalle stereotipate terre di Norrath, tanto per dire, Vana'diel doveva sembrare il Nirvana. Si trattava del mondo in cui si svolgeva Final Fantasy XI: un agglomerato di regni che rappresentavano un po' tutto l'immaginario Square Enix che avevamo visto dal 1987 in poi e che mescolava il fantasy classico, lo steampunk e un po' di fantascienza in un mix stranamente omogeneo. I giocatori potevano scegliere tra cinque razze di partenza - Hume, Mithra, Tarutaru, Galka e Elvaan - e poi una nazione iniziale cui prestare giuramento: San d'Oria, Windurst o Bastok.
Una volta cominciato a giocare per davvero, non c'erano punti esclamativi a guidarci, missioni scandite passo a passo o dialoghi didascalici. Più per ingenuità che per scelta, Final Fantasy XI è stato un precursore di quello che oggi chiameremmo scientemente "environmental storytelling", o narrazione ambientale se preferite l'italiano. In pratica erano i panorami e gli scenari a suggerirci buona parte della storia e si sprecavano le ore passate a discutere nomi, particolari e luoghi, cercando collegamenti e riferimenti dappertutto.
Final Fantasy XI aveva una gran storia per essere un MMORPG dei primi anni 2000. Aveva dialoghi toccanti, scene d'intermezzo memorabili e comprimari ben caratterizzati che hanno giustamente trovato posto nel pantheon di Square Enix: basti pensare a Shantotto, Prishe e Kam'lanaut, giocabili nei vari picchiaduro della serie Dissidia. Era solo raccontata in modo molto più frammentario e scomposto rispetto al loop del gameplay: sarebbe stato World of Warcraft a inaugurare la più organica struttura "theme park" della progressione. Nonostante questo, i fan di Final Fantasy potevano trovare nell'undicesimo capitolo tutto quello che avevano amato nei titoli precedenti. In qualche modo, Final Fantasy XI funzionava anche a scapito di un servizio, PlayOnline, acerbo sotto molti punti di vista e fondamentalmente antiquato soprattutto sul fronte tecnico.
Il successo del gioco convinse Square, che nel frattempo si era sposata con Enix, a mettere in cantiere varie espansioni che aggiungevano nuovi tasselli al mosaico della storia. A noi europei, Final Fantasy XI arrivò comprensivo del primo pacchetto, Rise of the Zilart. Seguirono Chains of Promathia, Treasures of Aht Urhgan, Wings of the Goddess fino al 2007, poi i cosiddetti add-on scenario per un paio d'anni, infine un'ultima espansione tradizionale (Seekers of Adoulin) e un DLC conclusivo intitolato Rhapsodies of Vana'diel che metteva fine alla storia solo nel 2015.
Un MMO d'altri tempi
Il problema di Final Fantasy XI era che questa storia, avvincente e spettacolare come non si era mai vista in un MMORPG fino a quel momento, non procedeva di pari passo con la progressione del giocatore, che era sostanzialmente abbandonato a sé stesso: non c'erano missioni da intraprendere per guadagnare punti esperienza o che ci mandavano da un luogo all'altro, conducendoci per mano lungo una rotta specifica che i designer avevano deciso con cognizione di causa. Si cresceva alla vecchia, vecchissima maniera, grindando mostri su mostri e rigorosamente in gruppo, perché pure il coniglio più puccioso fuori dalla città di partenza era capace di spazzare via il nostro avatar. Avete presente quello che avrebbe fatto Cartman nell'iconico episodio di South Park intitolato "Fate l'amore, non Warcraft"? Ecco, Final Fantasy XI era quel genere di grind. E i giocatori lo prendevano molto sul serio.
Il gameplay loop funzionava pressapoco così. Si raggiungeva la zona più adatta al livello del proprio personaggio, si cercava gruppo e si trovava un angolino tranquillo in cui il party - composto da sei personaggi - avrebbe condotto i nemici, solitamente uno alla volta, e li avrebbe riempiti di schiaffi per guadagnare una miseria di punti esperienza. Sconfitto un nemico, se ne prendeva un altro, e poi un altro ancora, e se si diventava abbastanza bravi e veloci si ottenevano punti bonus a ogni uccisione. Si andava avanti così per ore, finché non si raggiungeva il livello per cui era meglio cambiare zona e ricominciare da capo. Le mappe più efficienti pullulavano quindi di gruppetti di giocatori impegnati a farsi inseguire dai mostri fino ai loro punti di rendezvous, pertanto davano sempre l'idea di essere popolate. Era un po' come arrivare in una zona di guerra: presa in questi termini l'esperienza era di sicuro interessante, anche perché spesso era più rischioso arrivare alla mappa scelta che starci a combattere.
Il mondo di Vana'diel non era "seamless" come i MMORPG più moderni. Le mappe erano separate da confini in cui il gioco caricava la zona seguente e viaggiare diventava spesso una vera avventura, piena di pericoli e panorami mozzafiato da ammirare col cuore in gola e la paura costante di essere aggrediti da mostri spietati, spesso molto ma molto più forti di noi. La distribuzione del bestiario non era esattamente delle più oculate e sul giocatore incombeva sempre la paura del Level Down. Perché sì, Final Fantasy XI era un pochino soulslike: se morivate perdevate punti esperienza e se ne perdevate troppi tornavate al livello precedente.
Vogliamo correggere un'affermazione precedente. Abbiamo scritto che si doveva grindare "rigorosamente in gruppo", ma in realtà non è del tutto esatto, perché alcuni Job riuscivano, seppur a fatica, a grindare anche da soli. Final Fantasy XI, infatti, implementava il Job System storico della serie, garantendo una buona varietà di combinazioni grazie alla dinamica del Sub Job, cioè un secondo Job che conferiva le sue abilità e statistiche per la metà del livello raggiunto del Job primario.
Fermo restando che il gioco non era esattamente bilanciatissimo e che le combinazioni efficienti erano tutto sommato pochine, garantendo una libertà di scelta nettamente inferiore del previsto, il Job System dava a Final Fantasy XI una freschezza assoluta rispetto ai MMORPG che lo avevano preceduto: crescere più Job con lo stesso personaggio aumentava esponenzialmente la longevità e concedeva una versatilità impareggiabile. In più, rafforzava l'idea che si stesse giocando a un Final Fantasy: i Job erano infatti quelli iconici, dal Mago Nero al Monaco, passando per il Mago Rosso, il Dragoniere o anche il Cavaliere Oscuro.
Caratterizzati da una sfilza di abilità e incantesimi immediatamente riconoscibili agli occhi di un fan di lunga data, i Job davano al party strumenti unici e sinergie intorno alle quali costruire i piani di battaglia. Aumentando di livello, si sbloccavano nuove abilità a ricarica, Weapon Skill che praticamente erano le Limit Break in salsa Final Fantasy XI e che si potevano combinare nelle cosiddette Skillchain, infliggendo danni extra per gentile concessione della latenza. Erano i primi anni del 2000 e l'ADSL era quasi fantascienza per molti di noi.
Per quanto esaltante possa sembrare questo sistema di combattimento, spettacolare com'era rispetto ai pochi altri MMO sul mercato, era anche insopportabilmente lento e legnoso. Final Fantasy XI era un Final Fantasy per console in tutto e per tutto - il gioco è uscito originariamente per PlayStation 2 - e i limiti tecnici si sentivano non solo nei combattimenti, ma anche nell'esplorazione e nel level design: i giocatori non potevano saltare, l'interfaccia era stata pensata per i controller e riempiva lo schermo di menù a tendina lenti e scomodissimi, pieni di elenchi tutt'altro che intuitivi e immediati.
I giocatori che poi riuscivano a raggiungere il massimo livello, si schiantavano contro un endgame che oggi definiremmo... beh, assurdo. Per quello, il team di Tanaka si era ispirato direttamente a EverQuest. In questi frangenti balzava all'occhio tutta l'inadeguatezza degli sviluppatori, che guardavano con ammirazione e stupore a titoli che erano già concettualmente vecchi, senza tenere di conto le opinioni della community che si muoveva, imponendo un cambio di ritmo e di prospettiva che solo Blizzard, all'epoca, seppe cogliere davvero.
Final Fantasy XI aveva un endgame fortemente incentrato sull'economia della casa d'aste e sulla caccia ai mostri più forti del gioco, conosciuti come NM, che stava per Notorious Monster: creature che non si chiamavano Drago Sputafuoco B ma Fafnir o Nidhogg e che avevano il brutto vizio di comparire un po' quando volevano, dentro finestre temporali di respawn che andavano dalle due alle ventiquattro ore e qualche volta pure di più. Questo significava che i clan - le Linkshell - si organizzavano per cercare letteralmente gli NM nelle loro tane, facendo turni o vere e proprie veglie in piena notte nella speranza di agganciare il mostro per primi.
Il gruppo che batteva gli altri sul tempo (il cosiddetto "claim") sarebbe stato l'unico a mettere le mani sul potenziale bottino, se e solo se fosse riuscito a sconfiggere il mostro. E non era detto che ce la facesse. La maggior parte dei boss all'aperto di Final Fantasy XI non rispettava schemi d'attacco precisi in un gioco che peraltro non aveva un "threat management" programmato come si deve: nella stragrande maggioranza dei casi, le battaglie vedevano i tank correre in giro per la mappa col mostro al seguito, mentre i guaritori li curavano - stando sempre attenti a non strafare, pena attirare l'attenzione del boss - e gli altri giocatori tiravano incantesimi e abilità per abbatterlo, facendo a turno per ricaricare i PM esauriti.
I "raid" di Final Fantasy XI erano un esercizio di pazienza e organizzazione con una profonda componente ossessiva per il loot o il denaro. E Final Fantasy XI, in questo senso, era un gioco spietato. L'equipaggiamento endgame era risicato, costosissimo, e il crafting, complicato e rischioso (si potevano perdere tutti i materiali impiegati per una sintesi sfortunata!) dipendeva da un'economia nel pugno dei giocatori più elitari.
Ricordi
Detta così, Final Fantasy XI sembra un gioco orribile, e per certi versi lo era, ma quello che bisogna capire è che stiamo parlando dei primi anni 2000 e di un genere che all'epoca era di nicchia in occidente, figurarsi in Giappone. L'incursione di Square Enix in questo sottobosco fu straordinariamente importante per chi amava la software house nipponica e non si sentiva rappresentato dai MMO prototipali sul mercato. Inoltre, Final Fantasy XI fu una specie di cartina tornasole: confermò quello che andava e non andava nel genere, offrendo spunti di riflessione alle compagnie - non ultima, Blizzard - per fare di meglio negli anni a seguire. Square Enix stessa apportò piccoli ma significativi cambiamenti a Final Fantasy XI attraverso le varie espansioni, strutturando meglio le campagne e garantendo ai giocatori una maggiore autonomia nella progressione.
Insomma, lo strapotere di World of Warcraft e dei suoi cloni si deve un tantino anche a Final Fantasy XI e ai suoi passi falsi. Non è un caso se la community di Final Fantasy XI - estremamente possessiva e gelosa del suo gioco del cuore, come del resto tante altre - guardò con sprezzante sospetto al lancio del titolo Blizzard, neanche fosse un'invasione di campo.
È a questo punto che questa nostra retrospettiva diventa un po' strana e passa alla prima persona singolare, perché gli MMORPG, specie quelli giocati per passione e interesse più che per lavoro, sono esperienze intime che possono cambiarti la vita in meglio o in peggio. E io nutro sensazioni ambivalenti nei confronti di Final Fantasy XI. Il mio avvicinamento al genere MMO, che seguo anche per lavoro da ormai molti anni, è cominciato nel solito modo degli ultratrentenni: è passato un po' per Ultima Online, soprattutto per Phantasy Star Online, che mi ha portato sul forum di Alternative-Reality e poi sulle pagine del network e da lì a quelle di Multiplayer.it.
Lo sviluppo di Final Fantasy XI l'ho cominciato a seguire in quella community fatta mezza di colleghi e mezza di amici-da-forum, e ricordo ancora nitidamente un pomeriggio passato col TanZeN nazionale a casa di un utente storico, Munba, che aveva comprato il MMO di Square Enix in versione giapponese per aggiungerlo alla sua collezione di titoli Square.
Munba portò il suo Elvaan a La Theine Plateau, questa prateria sconfinata - piena di muri invisibili, in realtà, ma l'avremmo scoperto due anni dopo - a una mappa di distanza dalla zona di partenza, e fece uno slalom in mezzo a orchi e funghi mutanti per mostrarci una gigantesca struttura che sembrava un tempio alieno nel mezzo di uno spiazzo. Chissà che avventure nascondeva!
Avremmo dovuto aspettare la seconda espansione, Chains of Promathia, per scoprire che quel Craig era un portale dimensionale per la perduta città di Al'Taieu. Nel frattempo il gioco era arrivato anche in Europa e noi tre, insieme a un paio di altri amici-da-forum, ci eravamo inventati una specie di portale italiano solo su Final Fantasy XI: voleva essere un raccoglitore d'informazioni e un punto d'incontro fuori dal gioco, un progetto troppo ambizioso e complicato che si arenò dopo qualche tempo.
Ho molti ricordi dei miei anni su Final Fantasy XI e mentirei se dicessi che sono tutti positivi. Ricordo le ore passate a cercare gruppo, qualche volta senza neppure trovarlo, e la delusione di non essere riuscito a uccidere un NM dopo ore di attesa. Final Fantasy XI è un gioco che mi ha insegnato il valore del tempo, specie quando, ripensando al passato, ti rendi conto che ne avevi molto di più e che l'hai sprecato dietro a dinamiche ottuse o proibitive.
Final Fantasy XI è stato anche il mio primo contatto col cyberbullismo. Ho scoperto quanto tossiche possano diventare le community nei MMO e quanta cattiveria si possa nascondere dietro un sicuro anonimato. Io ero pure troppo rigido, per carità, ma l'endgame fortemente competitivo scatenava lo sciacallaggio più becero e in un paio d'anni di Final Fantasy XI ho visto roba da fare accapponare la pelle: uomini che, spacciandosi per ragazzine, si facevano prestare le armature più costose e sparivano nel nulla; ragazzi che rubavano la carta di credito ai genitori per comprare Gil nei siti illegali; studenti universitari che saltavano gli esami per fare un NM invece di presentarsi all'appello; tradimenti e inganni e ripicche che manco in Gossip Girl, e così via.
Però c'erano anche gli amici, quelli che magari neanche giocavano, perché stavano una serata a leggerti nella peggior finestra di chat mai concepita quando Discord non esisteva nemmeno, e che poi magari ti seguivano di sito in sito, di forum in forum, di gioco in gioco. E c'erano le avventurose scarpinate nelle zone di livello molto più alto, andando incontro a morte certa solo per strappare una foto al tramonto sul lago "di acqua vera" (cit). E c'erano anche affetti e amori che sbocciavano e che duravano qualche giorno oppure anni, magari poi finivano, o magari non sono finiti mai. Il Tarutaru che mi aspettava ogni sera all'ingresso di Valkurm Dunes per farmi compagnia in un periodo nero della mia vita e che non mi si schiodava di dosso, e che per fortuna non si è mai più schiodato.
Final Fantasy XI è stato il primo MMORPG a spezzarmi il cuore. Ricordo anche chiaramente il giorno in cui abbiamo divorziato, perché stavo provando la beta di World of Warcraft e, dopo aver scoperto quella Mulgore in cui si poteva nuotare per davvero nei laghetti, nulla sarebbe stato più come prima. Anni dopo, i fan di Final Fantasy XI sarebbero insorti contro le critiche alla prima versione di Final Fantasy XIV, che per loro rappresentava il gioco della vita, incompreso da chi voleva tutto e subito e preferiva i titoli occidentali. Il cerchio si chiuse quando Naoki Yoshida prese le redini del secondo, fallimentare Final Fantasy Online e lo riavviò ispirandosi dichiaratamente a World of Warcraft e Star Wars: The Old Republic. Implementandoci il salto, per buona misura. Roba che ogni volta che ci penso sento Ivana Spagna cantare ne Il re leone.
Alla fine, Final Fantasy XI ha tracciato una strada. Per certi versi, Square Enix corse grossi rischi, andò a tentoni e fece degli errori che i suoi successori, giustamente, non ripeterono. E oggi, nonostante tutti i suoi problemi, Final Fantasy XI è ancora online: i server non sono stati chiusi e potete giocarlo su PC per scoprire un pezzo di storia, di quelli che si dimenticano ma che ogni tanto fa bene ricordare perché ci dicono da dove siamo venuti e dove stiamo andando.