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Fire Emblem, le origini della serie

Mentre aspettiamo l'uscita di Three Houses, ripercorriamo la storia del franchise Intelligent Systems

RUBRICA di Christian Colli   —   15/07/2019
Fire Emblem: Three Houses
Fire Emblem: Three Houses
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Fra pochi giorni metteremo finalmente le mani su Fire Emblem: Three Houses, primo titolo della longeva serie strategica targata Nintendo e Intelligent Systems a uscire per Switch. Come vi abbiamo spiegato nelle nostre anteprime, e nello speciale in cui abbiamo ripercorso l'evoluzione della serie su Nintendo 3DS che potete leggere a questo indirizzo, il nuovo Fire Emblem è il punto di arrivo di una lenta ma costante trasformazione che tenta da anni il rinnovamento del franchise senza snaturarne le caratteristiche fondamentali. Vale quindi la pena ripercorrere la storia della serie, il più sinteticamente possibile, per capire come tutto è iniziato.

Le origini

Abbiamo sempre associato Fire Emblem a Intelligent Systems, ma in realtà la genesi di questa serie è più complicata e coinvolge uno sceneggiatore della Nintendo, Shozo Kaga, e qualche stagista. Fire Emblem... anzi, Battle Fantasy Fire Emblem, nasce come una semplice bozza poco dopo che il dipartimento R&D1 e Intelligent Systems - meglio noti, a quel punto, per Famicom Wars - avevano deciso di tentare la strada dei giochi di ruolo. Kaga aveva ideato un titolo strategico che potesse rivolgersi a un pubblico più vasto, pertanto aveva ridotto al minimo sindacale le statistiche e i valori numerici che contraddistinguevano il genere: il suo scopo, infatti, era mescolare in modo del tutto innovativo il gameplay tattico e la narrativa dei giochi di ruolo. Secondo il suo punto di vista, fino a quel momento i giochi di ruolo giapponesi si dividevano essenzialmente in due categorie: c'erano quelli divertenti ma scontati sul piano narrativo, e poi c'erano quelli che raccontavano storie avvincenti ma che erano noiosi da giocare.

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Il compromesso più originale sarebbe stato quello di imperniare la storia su un variegato cast di personaggi che ruotavano intorno a un protagonista che Kaga stesso faticava persino a considerare tale: tutti i personaggi che il giocatore avrebbe usato in combattimento dovevano vantare una caratterizzazione profonda tanto quanto quella del protagonista principale, Marth. In questo modo sarebbe stato più facile affezionarsi ai vari personaggi e Kaga aveva persino pensato a una serie di bivi che avrebbero cambiato la storyline a ogni partita sulla base delle scelte del giocatore. In realtà, Intelligent Systems fu costretta a scartare molte idee, per quanto fossero interessanti e innovative, semplicemente perché non era tecnologicamente possibile implementarle. Con l'aiuto di Gunpei Yokoi, il producer, e il director Keisuke Terasaki, i ragazzi di Intelligent Systems - che all'epoca erano praticamente una manciata di sviluppatori - riuscirono ad aggirare il problema della memoria mancante, attingendo a quella che solitamente si sarebbe dovuta usare per salvare le partite, e congegnarono un nuovo chip per implementare il testo in ideogrammi nelle cartucce del Famicom.

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Ben presto il team fu costretto ad ampliarsi, annettendo per esempio la musicista Yuka Tsujiyoko, che in seguito avrebbe continuato a comporre le colonne sonore della serie. L'idea di Kaga era ambiziosa, forse troppo per l'epoca, e così lo sviluppatore giapponese fu costretto a tagliuzzare qua e là. Kaga aveva previsto uno scontro finale con due draghi giganteschi che alla fine diventarono uno solo, nonché una serie di illustrazioni digitalizzate che avrebbero dovuto rimarcare i momenti salienti della storia che furono scartate insieme a numerosi dettagli grafici a causa dei problemi di hardware. Il Fire Emblem che arrivò sugli scaffali nel 1990 col sottotitolo Ankoku Ryu to Hikari no Tsurugi era molto diverso da come Kaga lo aveva immaginato, ma non per questo meno innovativo. Nonostante ciò, la critica dell'epoca lo accolse con una certa freddezza, condannando la grafica povera e le meccaniche poco intuitive. Il pubblico, tuttavia, rispose positivamente all'esperimento di Kaga e soci, e Fire Emblem vendette a sufficienza da convincere Nintendo ad autorizzare lo sviluppo di un sequel.

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Spin-off, sequel e tribunali

Nel 1992 il concetto di "spin-off" non aveva la stessa valenza che ha oggi. Il secondo Fire Emblem, però, potremmo considerarlo tranquillamente uno spin-off, tanto più che Kaga lo intitolò Fire Emblem Gaiden: l'ultima parola, 外伝 in kanji nipponici, solitamente indica una specie di storia alternativa, come se si svolgesse in un mondo parallelo. Questo stratagemma consentì a Kaga di sperimentare col franchise cui aveva appena dato i natali insieme a Intelligent Systems, tentando gli approcci che aveva dovuto scartare nel precedente progetto e rispondendo alle critiche sul sistema di combattimento troppo complesso che, pertanto, semplificò forse anche in maniera eccessiva. Implementando i dungeon tanto cari ai giochi di ruolo nipponici come Final Fantasy o Dragon Quest, Kaga puntava ad abbracciare un pubblico più vasto, ma non era quella la strada da seguire: da un certo punto di vista, è possibile considerare Fire Emblem Gaiden come il The Legend of Zelda II: Link's Adventure della serie Intelligent Systems.

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Kaga, però, non abbandonò completamente il terreno battuto col Gaiden, e pur tornando a un'impostazione più rigida, implementò alcune feature nei capitoli successivi, a cominciare da Fire Emblem: Monshō no Nazo del 1994. Monshō no Nazo - possiamo tradurlo pressapoco "Il mistero dell'emblema" - fu il primo Fire Emblem a uscire per Super Famicom e per l'occasione Intelligent Systems approfittò della maggior capienza delle cartucce per riproporre il primo episodio come in una specie di remake che occupa una buona metà del gioco. L'altra metà, invece, raccontava una nuova avventura per il protagonista Marth, ambientata due anni dopo la conclusione del primo Fire Emblem. Dato che ormai il franchise aveva fatto presa sul pubblico nipponico, Intelligent Systems sviluppò per Super Famicom altri due Fire Emblem che uscirono rispettivamente nel 1996 e nel 1999, Seisen no Keifu e Thracia 776. I due episodi formano una saga a sé stante, slegata da quella di Marth e ambientata in un'altra parte del mondo; inoltre, introducevano una serie di importanti meccaniche che sarebbero diventate i pilastri della serie, tra cui il rapporto a morra cinese tra le armi principali.

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Thracia 776 è stato anche l'ultimo Fire Emblem a essere firmato da Shozo Kaga che, poco prima che il gioco arrivasse sugli scaffali, lasciò Nintendo per fondare uno studio tutto suo, Tirnanog. Lì Kaga si dedicò allo sviluppò di uno strategico per PlayStation che decise poco intelligentemente di intitolare Emblem Saga: oltre al nome, il suo gioco ricordava davvero troppo la serie che Kaga aveva creato anni prima, ragion per cui Nintendo decise di querelare la Tirnanog. Avendo perso inizialmente, Nintendo ricorse in appello e ottenne un risarcimento di quasi ottanta milioni di yen, pur non potendo impedire alla compagnia di Kaga e al publisher Enterbrain di distribuire il gioco con un nuovo titolo, Tear Ring Saga. Considerato uno dei primi "sequel spirituali" nel settore, quello di Kaga costituì un precedente non dissimile da quanto accaduto di recente con giochi come Bloodstained o Mighty No. 9. All'epoca, però, la disputa legale rallentò fino a cancellare del tutto lo sviluppo di Fire Emblem per Nintendo 64 e Kaga, dal canto suo, dopo aver dato un sequel a Tear Ring Saga nel 2005, si ritirò dal palcoscenico dello sviluppo per molti anni.

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Dal Game Boy Advance al Nintendo DS

Tra il 2002 e il 2004, Intelligent Systems sfornò tre titoli per Game Boy Advance al ritmo di uno all'anno. Il primo, Fūin no Tsurugi, rappresentò anche l'esordio di un personaggio oggi molto amato grazie alle sue performance negli Smash Bros. di Nintendo: Roy. Il giovane spadaccino dai capelli rossi sarebbe dovuto essere il protagonista di Fire Emblem: Ankoku no Miko per Nintendo 64, ma dopo l'abbandono di Kaga e tutti i problemi legali conseguenti, ogni progetto in merito fu scartato o pesantemente riveduto e corretto, come nel caso di Roy e di un altro personaggio, Karel, praticamente gli unici superstiti al reboot. Il successivo Fire Emblem, Rekka no Ken, è importantissimo per un semplice motivo: è stato il primo episodio della serie a essere localizzato in tutto il mondo col semplice titolo Fire Emblem. Ironicamente, era anche un prequel di Fūin no Tsurugi con il padre di Roy per protagonista, pensato e disegnato per avvicinare i nuovi giocatori al franchise. L'ultimo titolo a uscire per Game Boy Advance fu invece Seima no Kōseki, slegato dalla saga di Roy e arrivato in occidente col sottotitolo The Sacred Stones.

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Tra il 2005 e il 2007, invece, Fire Emblem tornò su console casalinga con due titoli che uscirono rispettivamente per GameCube e Nintendo Wii, Path of Radiance e Radiant Dawn. Considerati tra i migliori capitoli della saga per il cast e le tematiche adulte, i due giochi erano anche i primi a impiegare un motore grafico completamente tridimensionale che dava alla serie Intelligent Systems un sapore più moderno, seppur rinunciando agli sprite bidimensionali splendidamente animati del passato. I due giochi erano legati: Radiant Dawn cominciava due anni dopo la conclusione di Path of Radiance e ne riproponeva quasi interamente il cast di personaggi giocabili, tant'è che era possibile importare il salvataggio del prequel. Radiant Dawn è stato anche l'ultimo Fire Emblem per console casalinga fino all'imminente Three Houses: negli anni a seguire, infatti, Intelligent Systems sviluppò due titoli per Nintendo DS che tuttavia riscontrarono un successo più contenuto. Fire Emblem: Shadow Dragon, 2009, era un remake del primissimo episodio per Famicom, riproposto con una grafica bidimensionale renderizzata e le feature più moderne della serie.

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Stranamente, il successivo Shin Monshō no Nazo ~Hikari to Kage no Eiyū~ non fu localizzato fuori dal Giappone: anch'esso remake di Monshō no Nazo, faceva da seguito a Shadow Dragon con tutti gli ammodernamenti del caso. Il resto ve lo abbiamo già raccontato nel nostro speciale sui titoli per Nintendo 3DS: ricordandovi che, nel frattempo, abbiamo giocato anche agli spin-off Fire Emblem Heroes per sistemi mobile e Fire Emblem Warriors per Switch, vi diamo appuntamento con la nostra recensione di Fire Emblem: Three Houses per scoprire se la serie ha esordito sulla nuova console Nintendo con tutti gli onori che meritava la sua longeva storia videoludica.

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