Chi è Peter Molyneux?
Peter Douglas Molyneux nasce a Guildford in Inghilterra il 5 Maggio 1959 e viene conosciuto in tutto il mondo come designer e programmatore di videogiochi, con i suoi God game Dungeon Keeper, Populous e Black & White e le sue simulazioni Theme Park e The Movies mentre, più di recente ha ideato Fable e Fable 2.
Nell'agosto del 1997 lascia Bullfrog Productions, la software house che aveva creato, per fondare un nuovo team di sviluppo, Lionhead Studios.
Da molti considerato uno dei più geniali e innovativi game designer, Molyneux si è costruito una reputazione molto particolare per la sua capacità di descrivere con toni entusiastici e spesso esagerati, i titoli su cui sta lavorando, creando hype che difficilmente riesce poi a soddisfare.
Nel 2004 entra nella Hall of Fame dell'AIAS mentre nel 2007 viene nominato Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres dal governo francese e riceve a titolo onorario il grado di Doctor of Science dall'Università di Southampton.
Il 6 aprile 2006 Lionhead Studios viene acquisita da Microsoft e diventa parte dei Microsoft Game Studios.
San Francisco, alla GDC 2009 abbiamo incontrato Peter Molyneux la sera dopo la premiazione dei migliori giochi dell'anno. In una camera del St. Regis Hotel, proprio di fronte al centro conferenze dove si tiene la fiera, ci ha raccontato di come, dopo tanti anni, sia ancora pieno d'entusiasmo per i videogiochi e di come ogni tanto pensi che tutta la sua vita potrebbe essere solo un sogno, dal quale potrebbe risvegliarsi da un momento all'altro, per trovarsi come un uomo qualunque fuori da un super mercato, mentre sta per andare a fare la spesa.
Multiplayer.it: Che cosa avresti fatto nella vita se non fossi diventato Peter Molyneux?
Peter Molyneux: Mmhh... non so davvero sai. A scuola andavo male, mi dicevano che non avrei mai passato gli esami, che non avrei combinato niente di buono nella vita, e di fatto non stavo combinando niente di buono. Poi, di punto in bianco, con un piccolo computer, io e un mio amico abbiamo programmato quel gioco chiamato Populous e il mio mondo è cambiato. E se non fosse andata così, non so... magari mi sarei dato al crimine!
M.it: Ti ricordi il momento in cui hai detto a te stesso: "Ok, questo sarà il mio lavoro"?
PM: Non mi sono mai sentito un vero e proprio sviluppatore, a dire il vero. Mi ricordo, proprio agli inizi della mia carriera, subito dopo aver pubblicato Populus, di aver incontrato persone come David Braben - creatore di Elite - che era davvero un programmatore, conosceva l'assembler, il funzionamento dei chip e dei computer. Poi c'ero io, e parte del mio gioco era programmato in C e gli altri coder pensavano che fossi uno stupido, mentre, al contrario, pensavo che questa gente fosse davvero forte. Poi un giorno ero seduto nel mio ufficio e qualcuno di Electronic Arts, il mio publisher, passando dalla mia scrivania, mi ha detto "Lo sai Peter che ce l'hai fatta?". Ed è stato in quel momento, mentre stavo mangiando una patata lessa, in quel momento, e quando vidi la prima recensione di Populus con il suo 96% di voto, che ho cominciato a pensare di essere diventato un vero e proprio programmatore di videogiochi.
E da lì, trovarsi a ricevere una laurea honoris causa, una lettera di congratulazioni della Regina d'Inghilterra, o il Governo francese che ti dice che sei stato nominato Cavaliere della Repubblica... tutte queste cose non sarebbero dovute capitare a me. Io ero quello che a scuola faceva schifo e che finiva sempre nei corsi di sostegno. Quando avevo quindici anni, nemmeno il mio sogno più campato per aria era paragonabile a quello che poi mi è successo davvero. Guardaci. Siamo a San Francisco, c'è un sole stupendo fuori da questo grattacielo e tu mi stai intervistando. Non avrei mai osato sognare che una cosa del genere mi sarebbe potuta capitare.
M.it:
Negli anni il modo di produrre I giochi è cambiato e forse sei stato uno dei primi a capire che non necessariamente il capo di una software house doveva essere anche un programmatore e che poteva esserci un modo diverso di creare videogiochi.
PM: E' così. Negli anni molta gente del settore ha dovuto reinventarsi. Anche io ho realizzato che c'era gente più brava di me a manipolare i numeri, a programmare, e che avrei dovuto rinunciare per concentrarmi su altri aspetti. Da lì son diventato un game director, presente in ogni fase, e in grado di intervenire in qualsiasi momento della vita di un gioco. Ora sono un po' la guida di un gruppo, quello che può aiutare gli altri ad avere fiducia in loro stessi, a seminare dei germogli per vedere crescere le loro idee. A volte si tratta di intervenire con idee tipo "Hey, perché non mettiamo un cane in Fable 2?", altre volte si tratta semplicemente di congratularsi con qualcuno per un'idea in modo da incoraggiarlo, e sento che il mio ruolo sta cambiando ancora.
M.it: Come valuti le idée che ti vengono proposte? Quando capisci che si tratta di una buona idea?
PM: C'è una cosa molto semplice che puoi fare con un'idea, un test molto semplice a cui sottoporla. La prima parte del test è capire come ti fa sentire questa idea. Molte di quelle che ho avuto, mi facevano sentire alla grande, ma non come videogiocatore. Lascia che ti faccia un esempio. Per Black & White avevo avuto un'idea grandiosa, ovvero quella di far riflettere al gioco le condizioni atmosferiche reali della regione in cui ti trovavi. Ma poi ci ho pensato sul serio e mi son chiesto se fosse qualcosa da realizzare fino in fondo. Vivo in Inghilterra, piove quasi sempre... volevo davvero che gli inglesi giocassero a B&W sempre con la pioggia e le nuvole? Quindi quell'idea era buona per me, ma non per un giocatore.
Il secondo step è quello di valutare quanto l'idea sia complicata da spiegare. Chiedo sempre "Dimmi quante righe di testo saranno necessarie per spiegare al giocatore quello che hai in mente" e se sono più di due righe, beh, probabilmente l'idea è sbagliata.
Il terzo step è, se si tratta di una meccanica di gioco, quello di domandarsi quali mosse, quali azioni o pressione di tasti richiede al giocatore per essere eseguita. E, soprattutto, quante volte la utilizzerai nel gioco. A volte ti fissi su un'idea, che poi nel gioco non avrà una vita più lunga di 10 minuti ed allora è inutile.
L'ultimo step è chiedere che cosa si vede sullo schermo quando quell'idea viene posta in essere: cosa accade? E se dopo anche questo passaggio, sono ancora convinto, beh, allora si tratta probabilmente di un'idea valida.
M.it:
Ho letto da poco un'intervista in cui parlavi degli uffici di Lionhead, vuoti dopo che avete finito Fable 2, visto che finalmente i membri del team hanno un po' di tempo libero per stare con le loro famiglie e godersi la loro vita privata. Ho provato a immaginarti come un genitore con i figli fuori a giocare... come ci si sente in momenti come questo?
PM: E' un momento bellissimo anche perché c'era un sacco di gente che diceva che non avremmo mai finito Fable 2 in tempo, che era pieno di bug e problemi vari e sapere di avercela fatta è una sensazione incredibile. Solo che non è mai finito tutto per davvero. Con Fable 2 siamo entrati nella fase gold tre, quattro volte, poi ci son stati problemi con alcune localizzazioni, poi abbiamo dovuto produrre la patch per il Live... insomma, non si arrivava mai alla fine sul serio. E poi non si tratta più di aver realizzato un gioco, quanto piuttosto un mondo e in un caso come questo c'è sempre qualcosa da fare, per cui non è che puoi abbandonarlo del tutto e per sempre. Ci sarà un'altra espansione da scaricare in primavera, chiamata "See the Future", che continua la storia e fa vivere ancora il mondo. Ma è comunque una grandissima sensazione essere arrivati a questo punto, ricevere dei premi per il gioco e vedere i membri del team che li ritirano durante le cerimonie di premiazione, vedere le classifiche di vendita che dicono che Fable 2 è al primo posto... sono sensazioni incredibili.
M.it:
C'è stata una reazione particolare, o un commento che non ti aspettavi su Fable 2 che ti hanno fatto particolarmente piacere?
PM: Alcune reazioni che mi sono state raccontate. Ad esempio, il giornalista che mi ha intervistato prima di te mi ha raccontato di aver visto sua moglie piangere mentre giocava a Fable 2, perché aveva comprato una spada di legno da regalare a suo figlio, che però è morto prima di poterla ricevere. Sapere che alcune persone hanno avuto reazioni emotive di questo tipo mi riempie di gioia.
M.it:
Si legge spesso di commenti di programmatori o game designer che si lanciano nella produzione di titoli specifici per far giocare il pubblico femminile o quello dei casual player. Con Fable 2 ci siete riusciti senza tanti proclami...
PM: Prima di tutto ho cercato di fare un gioco che non fosse eccessivamente difficile, visto che secondo me alcuni giochi lo sono davvero troppo, e comunque penso che si possa lavorare ancora molto sotto il profilo dell'accessibilità e dell'immediatezza. Comunque, pare che molte donne si siano divertite a giocare a Fable 2 e di questo siamo molto orgogliosi.
M.it:
A parte I giudizi della critica, qual è il tuo rapporto con Fable 2, ora che l'avete finito, anche rispetto agli altri giochi che hai fatto?
PM: E' molto difficile, quando ripensi al tuo lavoro e a quello del tuo team, riuscire a vedere oltre a quella lista di 20 o 30 problemi (ridendo ndr) che sai che ancora sono lì nel codice. Però, sono contento di aver dimostrato che quello che volevamo realizzare sin dai tempi di Fable 1 era possibile. Non era necessario inserire il cane o gestire la morte del giocatore come abbiamo fatto senza penalizzazioni o interruzioni, la gente voleva solo un altro rpg, ma abbiamo voluto fare queste scelte per sperimentare e siamo stati premiati.
Multiplayer.it:
Girando per gli stand della GDC ho visto un'esplosione di prodotti per casual gamer, di giochi Wii e DS, e, in fondo, con Fable 2 avete adottato alcune delle linee guida di questa nuova filosofia di fare giochi, prima che partisse questa caccia al casual gamer. In una certa misura, quindi, avete anticipato questo trend. Ora in che direzione stanno andando i vostri nuovi progetti?
Peter Molyneux: Vorrei davvero poterti parlare di dove ci stiamo dirigendo con I nostri nuovi progetti, di come stiamo cercando di porre rimedio a tanti errori che abbiamo fatto in passato e di portare a termine alcuni degli esperimenti su cui abbiamo lavorato in questi anni. Un titolo in particolare è così tanto diverso, in ogni senso possibile, che di certo farà molto discutere e voi giornalisti ne avrete da scrivere un bel po'.
M.it:
Oramai il mercato sembra diviso in due: da una parte Wii e DS che puntano su una giocabilità semplice e immediata, dall'altra le console come Xbox 360 e PlayStation 3, che sembrano puntare tutto sulla grafica. Fable 2 si trova sulla linea di confine tra questi due approcci, pensi che altri titoli seguiranno questa strada?
PM: Beh sì, da una parte ci sono giochi come Halo e dall'altra WiiSport che sono radicalmente differenti. Io penso che dovremmo fare giochi che vadano bene a tutti, un po' come il cinema. Non fai un film pensando esattamente a chi lo andrà a vedere. Anche i ragazzi si sono emozionati a vedere Titanic, magari facendo finta che gli facesse schifo davanti alle fidanzate, ma perché è un gran film a prescindere, e penso che dovremmo fare i giochi in quel modo. Perché dovremmo voler realizzare un gioco che per sua natura esclude a priori il bacino dei casual gamer? Allo stesso modo, perché dovremmo voler realizzare dei giochi più semplici, ma dal look così povero da sembrare realizzati 15 anni fa? Continueranno ad esserci giochi per hardcore gamer che venderanno milioni di copie, così come ci saranno giochi super casual di grandissimo successo, ma credo che la grossa fetta in espansione sia quella a metà tra i due mondi, che metta insieme la qualità dei giochi per hardcore e l'accessibilità e la facilità di approccio dei giochi per casual.
M.it:
Sono certo che ti è stato chiesto più volte quali sono I giochi che ti piacciono, tra quelli realizzati da altri. Tanto per cambiare e anche senza fare nomi, ci sono dei giochi o dei trend che sin dal primo acchito hai pensato che proprio non ti sarebbero mai piaciuti?
PM: Più che di giochi nel loro complesso, ti dirò di alcuni aspetti che proprio non ho digerito. L'anno scorso ho letteralmente odiato il sistema di gestione della morte del protagonista e della ripetizione delle missioni in Grand Theft Auto IV. Avrei voluto finire la storia e inoltrarmi di più in quel mondo, ma davvero ho trovato una barriera insormontabile per me, come videogiocatore.
Poi ho trovato bizzarro, ma davvero bizzarro, aver scoperto tutti questi tower defense game su iPhone. All'inizio ho pensato che fossero carini, poi ho visto che ce ne sono decine tutti assolutamente identici... che cosa li pubblicano a fare? E, infine, trovo che ancora troppi giochi cerchino di farmi sentire stupido o non all'altezza, perché sono troppo complicati come tipo di approccio. Ho, invece, amato Civilization Revolution sul DS, mi ha salvato da decine di ore di noia mortale in aeroplano!
Ringraziamo Microsoft Italia e Edelman per averci concesso la possibilità di realizzare questa intervista.