God Eater 3 è già disponibile in Giappone e si prepara all'esordio anche in occidente, nelle versioni PC e PlayStation 4. Abbiamo dunque apprezzato l'idea di poter provare l'esperienza del nuovo action survival prodotto da Bandai Namco a una manciata di giorni dall'uscita, fissata per l'8 febbraio, affrontando le prime missioni della campagna e passando qualche ora in compagnia del nuovo cast di personaggi, che pur condividendo l'ambientazione con i precedenti episodi della serie risultano del tutto inediti. L'incipit narrativo ci catapulta in uno scenario post-apocalittico, in cui enormi creature chiamate Aragami hanno devastato le città, in combinazione con fenomeni atmosferici letali per gli esseri umani. Quelle che prima erano grandi metropoli si sono dunque trasformate in cumuli di macerie circondate da ampi deserti, mentre i sopravvissuti hanno trovato rifugio in città-fortezze in cui, col passare del tempo, è stato imposto con sempre maggior vigore un principio di profonda disparità sociale fra le elite e la gente comune. È infatti dalle frange più svantaggiate della popolazione che provengono i "volontari" a cui vengono impiantate le Oracle Cell necessarie per far funzionare i God Arc, le uniche armi in grado di affrontare i mostri che ormai dominano il pianeta.
Personaggi e trama
Come ormai da tradizione, il protagonista di God Eater 3 va creato utilizzando un semplice editor che consente di modificare volto, capelli, occhi e vari altri dettagli. Si tratta di una soluzione ampiamente collaudata per tante produzioni giapponesi, ma che purtroppo mostra il fianco sotto il profilo della narrazione a tutti i limiti di un personaggio "muto", che fa solo cenni col capo durante le cutscene parlate: avremmo preferito una doppia scelta, con un modello maschile e uno femminile che potessero però partecipare in maniera più coinvolgente agli eventi. In generale, le scelte di design effettuate per il gioco pescano nel grande calderone degli stereotipi, con un fan service che ci è sembrato francamente eccessivo e fuori luogo, specie nella gestione di inquadrature che spesso partono dal seno o dalle gambe dei comprimari femminili.
Detto questo, la trama di God Eater 3 si è rivelata nelle prime ore più interessante di quanto pensassimo. Sì, sono presenti tutti i cliché che gravitano attorno al mondo degli anime nipponici, ma è intrigante l'enfasi sulla condizione in cui si trovano i God Eater nell'arco temporale che viene raccontato dal gioco: praticamente degli schiavi al servizio dei potenti, pedine sacrificabili senza troppe preoccupazioni da parte di gente senza scrupoli che vuol mantenere lo status quo. Per il protagonista e i suoi amici, fortunatamente, la situazione cambia nel momento in cui si imbattono nella nave-fortezza comandata dalla procace Hilda Henriquez, che decide di offrire loro un impiego a condizioni umane e di viaggiare tutti insieme verso il porto di Chrysanthemum per la consegna di un carico misterioso, che però a un certo punto finisce per essere rivelato. I misteri dunque si infittiscono, mentre compaiono sulla scena gli ancora più micidiali Aragami Cinerei.
Struttura e gameplay
Dal punto di vista dell'hub e delle missioni, non abbiamo riscontrato differenze fra God Eater 3 e i precedenti capitoli della serie. La progressione è generalmente caratterizzata da una serie di interazioni con gli altri personaggi all'interno della base, l'eventuale modifica dell'equipaggiamento (con la possibilità di sperimentare armi diverse e potenziarle) e infine l'accettazione di incarichi man mano più complessi, che spesso e volentieri si svolgono però all'interno delle stesse mappe, specie nelle primissime fasi della campagna. Una volta scesi in campo, nell'ottica di un gruppo formato dal nostro personaggio e da altri God Eater di supporto controllati dall'intelligenza artificiale (oppure da giocatori umani, nel caso si opti per la modalità cooperativa online), l'obiettivo è quello di eliminare tutti gli Aragami presenti nella zona e magari raccogliere le risorse sparse in giro, segnalate da una sottile colonna di luce bianca.
Ecco, sul fronte della gestione del loot l'enfasi ci è sembrata nettamente inferiore che in passato, e difatti anche "azzannare" i mostri non si traduce nella raccolta di risorse come accadeva prima. È possibile che in generale si sia deciso di riconsiderare e depotenziare il crafting per semplificare le cose, oppure che nelle prime ore tale feature non sia stata sbloccata: avremo modo di verificarlo con la versione completa del gioco. Quello che invece ci sembra abbastanza evidente è il grado di sfida poco significativo, che rende le brevissime missioni delle prime ore una vera e propria passeggiata, complici valori di salute e stamina che quasi mai costringono a pause forzate o all'uso di sieri rigeneranti.
Con qualche potenziamento, poi, gli Aragami di basso livello si trasformano in avversari francamente modesti, che è possibile far fuori nel giro di pochi secondi: semplici antipasti in vista delle creature più grosse e resistenti, che in effetti hanno il loro perché. God Eater 3 vanta sotto questo profilo un bestiario ancora più ricco e sfaccettato, con diverse new entry che si affiancano a mostri già conosciuti, caratterizzati non solo da un design riuscito e accattivante, ma anche da pattern di attacco e movimento interessanti, che vanno memorizzati per evitare di finire nei guai. Il problema è che tali elementi non sembra siano stati valorizzati più di tanto, e il risultato come detto è una difficoltà molto bassa, quantomeno per le prime ore della campagna, che rende le missioni francamente inconsistenti: una semplice sequela di compitini da portare a termine nella speranza che succeda qualcosa.
Novità e comparto tecnico
Il problema del basso grado di sfida e delle missioni molto brevi si ripercuote purtroppo anche su quelle che sono le novità del gameplay. Pur rimanendo ancorato ai meccanismi action survival che ben conosciamo, infatti, God Eater 3 prova a mettere sul piatto alcune piccole aggiunte al repertorio dei propri personaggi, come ad esempio il collegamento fra due combattenti che massimizza l'efficacia dei colpi, le Arti sbloccabili dopo aver "assaggiato" il nemico, e in tal senso l'inedita possibilità di trasformare il God Arc nella forma di fauci al volo, senza dover attendere il caricamento della mossa ma accettando una minore incisività dell'attacco. Non solo: per rendere più agevole il combattimento con gli Aragami volanti e/o dotati di una certa rapidità, è stato introdotta una carica frontale molto veloce, che permette di accorciare le distanze in un istante, nonché una serie di abilità extra che è possibile installare nel proprio dispositivo da un certo punto della storia in poi.
Nulla di rivoluzionario, insomma, per un'esperienza che conserva il look & feel dei precedenti capitoli e che dunque non riesce a fare il grande passo, preferendo un approccio conservativo che però trattiene il franchise nel passato, laddove invece i più noti esponenti del genere hanno saputo rinnovare la propria offerta. Dal punto di vista della realizzazione tecnica, il discorso è più o meno lo stesso: anche la build che abbiamo provato, senza dubbio basata sulla versione finale del gioco, consente di scegliere fra due tipi di modalità grafiche su PlayStation 4 Pro, ovverosia con risoluzione a 4K oppure 1080p, per un'enfasi sul dettaglio oppure sulle performance.
Queste ultime non raggiungono mai i 60 frame al secondo, sebbene la complessità poligonale e l'ampiezza degli scenari avrebbe consentito tranquillamente di ottenere un risultato del genere, mentre optando per l'Ultra HD il motore incorre abbastanza spesso in traballamenti e incertezze duri da digerire proprio per via della basicità delle location, prive di qualsiasi elemento di interazione. Il grosso del carico deriva dunque dagli Aragami, che come detto vantano un buon design nelle loro forme più rare e pericolose, mentre l'effettistica ci è sembrata generalmente buona (a parte il cube mapping sulle pozzanghere: in un ambito così ristretto ci saremmo aspettati delle riflessioni reali). I personaggi purtroppo appaiono datati, in particolare per quanto concerne la realizzazione di capelli e abiti, completamente rigidi, e le animazioni facciali.
God Eater 3 può contare su di un lore ancora affascinante, rinnovato in alcuni elementi narrativi che invogliano a vedere come i nuovi protagonisti della storia si comporteranno e quali minacce dovranno affrontare. Il problema è che le novità introdotte da questo capitolo sono pochine e si innestano all'interno di un impianto che già con il secondo episodio aveva accusato un po' fatica, schiacciato ormai da concorrenti di ben altro calibro nel filone degli action survival.
CERTEZZE
- Lore affascinante, storia interessante
- Qualche novità in termini di gameplay
- Alcuni aspetti sono stati semplificati
DUBBI
- Missioni brevi e piuttosto banali
- Conservativo e poco coraggioso
- Tecnicamente datato