Vi siete mai chiesti come sarebbe organizzare uno spettacolo teatrale all'interno di un videogioco multigiocatore come GTA Online? No? Beh, ci hanno pensato Sam Crane e Mark Oosterveen, due attori teatrali che, durante i tempi bui della pandemia, si sono rifugiati, come molti altri, all'interno del mondo fittizio e sopra le righe creato da Rockstar Games più di dieci anni fa.
Da questo seme di un'idea è scaturito Grand Theft Hamlet, un film documentario spassoso e delicato su un gruppo di persone alla ricerca della realizzazione personale e collettiva in un mondo diventato unicamente virtuale. Vediamo più nel dettaglio perché un progetto come questo (che in Italia, forse, non vedremo mai sul grande schermo) è non solo interessante, ma importante per la comunità videoludica.
Amleto al tempo del Covid
Creare qualsiasi contenuto con un minimo di coerenza all'interno di una partita libera in GTA Online è già di per sé una sfida, figuriamoci mettere in scena l'intero Amleto. Tuttavia, Sam e Mark si sono imposti di imbarcarsi in un progetto del genere, senza sicurezze o retribuzione, dal momento in cui sono incappati nel Vinewood Bowl (la versione di Rockstar del vero Hollywood Bowl a Los Angeles).
Da quei primi, timidi ed esilaranti passi, fatti di giocatori fastidiosi e polizia sul piede di guerra, sono riusciti ad arrivare a una diretta streaming durante la quale hanno proposto l'opera teatrale nella sua interezza. Ma come ci sono riusciti?
Il film, girato anche grazie alla moglie di Crane, Pinny Grylls, regista che ha preso un controller in mano per la prima volta solo per documentare questa impresa titanica (nella sua follia), racconta proprio di tale processo, delle difficoltà riscontrate, della disponibilità fornita da totali sconosciuti sparsi per il mondo e delle vie di interazione e comunicazione collaterali che l'essere umano ha dovuto sfruttare per sopravvivere a livello socio-culturale.
Attori si nasce?
Prima cosa da fare è, ovviamente, trovare abbastanza interpreti da consentire la messa in scena di una tragedia complessa e corale come quella dell'Amleto. Così, Crane e Oosterveen hanno indetto delle audizioni all'interno del gioco tramite i loro canali social o semplicemente andando in giro per la mappa e chiedendo a totali sconosciuti se fossero interessati a partecipare a una produzione del genere. Il risultato è, ovviamente, quello che vi potete aspettare: un susseguirsi di morte e sparatorie che finiscono sempre in una grassa risata, unico modo di reagire a ore e ore di frustranti interazioni.
Ma, con il passa parola, qualche giocatore interessato si presenta e mostra le proprie doti. Queste sono persone normali, con lavori normali (per chi non li ha persi), che condividono tutte un elemento in comune: la necessità di perdersi in questo mondo virtuale per non farlo in quello reale, come mai prima d'ora così opprimente.
Limiti e ostacoli
Se avete provato a giocare a GTA Online, sapete molto bene quanto possa essere complicato svolgere una qualsiasi attività senza venire crivellati, investiti, annichiliti da qualche giocatore che approccia il gioco nel modo che preferisce. Potete, quindi, immaginare quanto possa essere allettante, per tali individui, un gruppo di persone intente a svolgere delle prove per uno spettacolo teatrale.
Però, questi intoppi non hanno mai (o quasi) fatto perdere d'animo i due teatranti che, anzi, hanno continuato, imperterriti, il loro ambizioso progetto, tenendo fede alla scelta di rimanere in un server aperto, senza andare a trovare scorciatoie che avrebbero potuto rendere il tutto decisamente più semplice (e, forse, anche meno interessante).
Il teatro è fatto di continui imprevisti e, in un contesto "protetto" come quello videoludico, l'importanza della messa in scena scemerebbe senza la costante ombra dell'inaspettato ad aleggiare sulla produzione.
Meritevole anche la scelta di scavalcare il proscenio classico per rendere l'intero mondo di gioco un immenso palcoscenico senza limiti (o quasi). I registi, nel film, rimarcano spesso le grandi possibilità concesse da una tale libertà di approccio, pur mancando la prossemica necessaria a restituire delle interpretazioni quantomeno paragonabili a quelle di attori in carne e ossa su un palco reale.
Questo progetto ha fornito loro la possibilità di riflettere sulla relazione tra realtà e finzione, trovando dei parallelismi tra teatro e videogioco, l'approccio ai ruoli, che persone qualsiasi si ritrovano a ricoprire per una manciata di ore, e il ruolo nel ruolo, che supera la barriera del reale per perdersi nel sottotesto del virtuale.
Girare in GTA Online
Forse è arrivato il momento di specificare che questo film, della durata di un paio d'ore, è interamente girato all'interno di GTA Online. Non c'è una singola inquadratura che fuoriesca dal contesto videoludico nel quale il film si situa. Quello è il mondo che gli autori volevano mostrare, nient'altro conta. O, meglio, conta, ma non è il soggetto d'interesse, perché il loro privato è diventato talmente ristretto e soffocante da non poter trovare spazio sullo schermo.
Non per questo, però, ciò che accade fuori non influenza ciò che avviene dentro. Rinunce improvvise, ritorno al quotidiano, imprevisti familiari. Il buio della vita si riflette anche su quella inventata.
E questo Grylls ce lo mostra con il suo tocco da documentarista, studiando l'ambiente virtuale creato da Rockstar e sottolineandone le contraddizioni (due personaggi dalle stesse fattezze che percorrono la medesima via a pochi passi di distanza, pattuglie di polizia lanciate allo sconclusionato inseguimento di un giocatore a bordo di un jet supersonico).
I creatori di questa strana opera intermediale mettono sul piatto, dietro al sipario della rappresentazione teatrale, uno studio sociologico senza pari. Lo fanno forse in modo involontario, forse in modo fin troppo costruito (molte scene paiono eccessivamente "perfette" per non essere state preventivamente studiate), ma rimane sempre molto evidente la necessità di raccontare un momento particolare in una maniera speciale, capace di analizzare da vicino i "nuovi" modi del comunicare che, dopo la pandemia, sono diventati la norma anche per chi non li conosceva.
Vedere Youtube sul grande schermo
Il giro di boa sta nel fatto che questo non è un prodotto pensato per la fruizione sul monitor del computer. Quello che vediamo, in sostanza, è un lungo e ben strutturato video di gameplay, ma questo corre sullo schermo dei festival internazionali più importanti (proprio recentemente ha fatto il suo debutto nella sezione Freestyle alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma) e parla anche a chi non è minimamente interessato al tema.
Lo abbiamo provato sulla nostra pelle: una sala piena che esplode in un fragoroso coro di risate perché i personaggi su schermo muoiono, inciampano buffamente, si muovono in modo scomposto mentre coloro che li controllano commentano quanto accaduto con ilarità, senza far pesare il fatto che la violenza rappresentata sia eccessiva, in quanto puntualizzare ciò sarebbe indubbiamente ridondante.
Insomma, il pubblico di un festival, nel buio di una sala prestigiosa e con gli autori presenti, elegantissimi e freschi di red carpet, si diverte per tutti quei motivi che intrattengono chi passa una ventina di minuti a guardare gente che gioca su Youtube o Twitch. In quel momento, ci è parso essersi creato un cortocircuito epocale: il riconoscimento del videogioco come mezzo del narrare alla pari del cinema da parte di chi, fino a ieri, non riusciva in alcun modo a metterli sullo stesso piano. Anzi, proprio l'immagine videoludica si sostituisce a quella cinematografica, alla ripresa del reale, simulando la cattura dell'irreale attraverso immagini generate al computer.
Da qui, è stato possibile creare un'opera che supera le sperimentazioni tecniche in materia per fornire un qualcosa di totalmente grezzo, che utilizza l'inquadratura standard del gioco per veicolare il suo messaggio, con tanto di mappa e notifiche di morte degli altri giocatori che, nel frattempo, si stanno trucidando da qualche altra parte, preclusa alla vista, ma sempre presente, come l'olezzo di morte che asfissia la marcia Danimarca amletica.
Così, non è solo il videogioco a uscirne valorizzato, ma anche il mero atto di guardare le sconclusionate avventure virtuali di un gruppo di sconosciuti che bighellonano all'interno di un mondo altro, riprendendolo per condividerlo con una schiera immensa di potenziali spettatori. Interazione e fruizioni di contenuti "bassi" si prendono gli applausi sotto i riflettori del mondo dell'arte "alta", ingannando senza ingannare chi mai si sarebbe abbassato a tanta volgarità in altri contesti, sotto altre luci che non fossero quelle sfavillanti della sala cinematografica.