Non molto tempo fa sulle pagine di Multiplayer.it abbiamo pubblicato la recensione di GRID Legends, ultimo arrivato della nota serie di giochi racing arcade di Codemasters. Tra scelte vincenti per il futuro, qualche dubbio su IA e una modalità storia ambiziosa, ma forse un po' troppo lineare, abbiamo avuto il piacere d'intervistare Gero Micciché, Development Director di GRID Legends per conto di EA e Codemasters, che ci ha raccontato per filo e per segno cosa si è respirato in fase di sviluppo, le maggiori difficoltà e i più grandi successi, a fronte del primo bilancio post uscita del gioco.
L'evoluzione della serie
GRID rappresenta nel panorama videoludico il tipico racing game arcade: quando vi siete approcciati allo sviluppo, quali erano i principali aspetti che a fronte del passato della serie volevate introdurre?
Il primo intento era quello di rendere onore a quella che è l'intera saga ed è già una sfida difficile se ci pensi. Tutto nasce da Colin McRae, segue con TOCA Racing per approdare a Race Driver GRID nel 2008 che è una pietra miliare. Si tratta in questi casi di cogliere una storia complessa, onorarla, rimanere coerenti ma al contempo innovare. Abbiamo mantenuto intatti alcuni capisaldi tra cui il sistema flashback, che fu la grande innovazione di GRID, ma che è stato ulteriormente affinato in Legends dal punto di vista del codice.
Mentre il precedente GRID aveva un'intelligenza artificiale basata sulle performance di un giocatore umano, Legends per la prima volta utilizza il machine learning. È l'intelligenza artificiale a imparare e ciò contribuisce a dare colore al Nemesis System. Ogni IA ha un suo set di statistiche, c'è chi è più aggressivo, chi più veloce, chi reagisce di più a determinati impatti. Quello che volevamo, per dare più forza alla storia, soprattutto nella modalità carriera era che l'IA potesse imparare e creare una sorta di memoria del giocatore nel corso delle gare. Nella modalità carriera questa evoluzione si vede di gara in gara ed è un altro aspetto che ci piace molto.
Il terzo elemento portante è la varietà. In GRID Legends volevamo portare tantissime macchine, percorsi, volevamo dare tanta scelta al giocatore in modo tale che anche nella fase di race creation avesse infinite soluzioni e poi volevamo creare un Social Living World; l'abbiamo chiamato così internamente, cioè un mondo dove i giocatori possono gareggiare fra loro e lo possono fare in maniera flessibile e dinamica. Credo che il multiplayer per come è concepito oggi sia, insieme alla storia che è un'innovazione, uno degli elementi veramente freschi della serie GRID. È caratterizzato da feature nuove come l'hop in, che permette di mettersi rapidamente al volante e gareggiare con altri giocatori reali. Puoi ingaggiare tantissime corse, puoi fare veramente un sacco di cose in ambito multiplayer e attualmente è l'elemento che ci sta dando più soddisfazione. E aggiungo, EA ci ha aiutato molto da questo punto di vista; è stato straordinario, anche perché volevamo farlo tutto in cross-platform, volevamo assicurare il crossplay e l'obiettivo è stato raggiunto.
Abbiamo provato a fare una rassegna dei principi della serie per dare una forma ben precisa, un'identità a GRID Legends. I principi su cui questo gioco si fonda sarebbero riassumibili nei seguenti pilastri: il primo è il concetto di fan, veicolato attraverso il dinamismo e l'energia. GRID Legends è un gioco debordante, che si basa sulla spettacolarizzazione e sul concetto di divertimento estremamente dinamico. Si vede fin dai trailer che mostrano incidenti, velocità folli e mirabolanti salti. Un altro era quello di usufruire di una narrativa come non si era mai vista prima in nessun altro gioco della serie. Noi sappiamo che i McCain hanno una storia alle spalle, anzi, diciamo che Ryan McCain è stato in passato un personaggio molto vicino al giocatore. C'è stata la volontà d'imbarcarsi nella sfida, di proporre addirittura due McCain come villain della trama. Anche su questo si è costruita la base della storia, una modalità che non doveva restare indipendente da quelle non propriamente narrative come la Carriera.
Finendo la storia il giocatore si accorge che la Modalità Carriera è il naturale seguito della trama e lo fa anche in maniera non necessariamente lineare, perché per quello che è possibile va a creare delle relazioni con i personaggi appartenenti a entrambe.
Codemasters
Per gli aspetti puramente racing Codemasters ha una storia antica e quindi il know how dello studio, in generale, è enorme. Lavoro con dei professionisti accanto che sono mostruosi, non voglio mettermi nemmeno in questo alveo di gente che ha questa conoscenza enciclopedica: come il director Christopher Smith, che è l'ex lead designer di vari Forza Motorsport, Steven Brand che è il nostro lead designer, che ha una cultura pazzesca dei racing game, ma anche sotto il profilo tecnico.
Sulla storia ci siamo ritrovati in una duplice situazione, perché mentre la stampa statunitense e britannica hanno in media apprezzato, noi italiani non l'abbiamo fatto allo stesso modo. Sono convinto che siamo diversamente attenti alla narrativa, è una cosa che io fra l'altro, dal mio punto di vista, non solo apprezzo, ma che capisco bene perché forse sono nella stessa prospettiva, però ti mostro quella dello sviluppatore.
Da un lato dovevi fare una storia che potesse essere narrata visivamente col ritmo di una serie Netflix, dato che il riferimento principale è Formula 1: Drive to Survive. Doveva avere quel dinamismo, quel ritmo. Doveva rispecchiarsi in una storia con pochi fronzoli e molto serrata. Era una sfida non da poco.
Questo è il primo tipo di storia che Codemasters porta a schermo con una virtual production, come quella utilizzata per The Mandalorian e con attori noti, come Ncuti Gatwa di Sex Education. È stato un amalgama difficile: una bella sfida. Dovevamo raccontare questa storia per gli utenti del mondo racing e un'utenza tendenzialmente vasta, perché il nostro gioco si rivolge a più persone possibili. Ci sono altri giochi più simulativi, che sono più orientati verso gli hardcore gamer. Noi invece abbiamo voluto accogliere tutti quelli che possono avere il senso del fan nel Racing. Per noi GRID è un action racing: è un gioco proprio che deve andare a mettere in piedi una storia che fosse fruibile anche a tutti.
Con noi ha lavorato uno degli autori di Ghost of Tsushima, gran parte dei dialoghi sono stati diretti da Oliver Johnson, che è una figura storica in Codemasters e già si pensa a come fare ancora meglio in futuro. Sempre bello raccogliere dei feedback che sono utili e costruttivi e poi migliorare. A me è piaciuta come esperimento e spero che potremo continuare a farne di simili in futuro, perché credo moltissimo nella narrativa, anche in questo tipo di giochi.
Il futuro del multiplayer
Dato che il multiplayer è stato di così grande successo, dato lo sforzo ma soprattutto il riscontro ricevuto, è per caso nel vostro interesse rendere GRID sempre più multiplayer e magari pensare a un futuro della serie con un capitolo totalmente votato a questa modalità?
Al momento no. Al momento il multiplayer è un pilastro, un pilastro molto forte. Andare verticalmente solo verso quella direzione, però non è nei nostri piani. Quello che vogliamo assicurare è un'assoluta varietà, dalla scelta dei mezzi e delle ambientazioni ma anche di modalità. Pensiamo che investire sul multiplayer vada bene in una cornice in cui le altre parti del gioco non vengano penalizzate. In questo momento non ci sono piani per il futuro. Nel senso, stiamo lavorando su contenuti aggiuntivi per GRID Legends e per ora siamo focalizzati su questi. Passando all'aspetto tecnico, l'evoluzione tecnologica ha sempre consentito al gameplay di sbloccare nuove funzionalità e realizzare nuove visioni di game-design, soprattutto in un genere come il racing fortemente legato alla realtà.
Il miglioramento tecnico di GRID Legends
C'è un aspetto di GRID che avreste voluto migliorare, ma che non siete riusciti per attuali limitazioni tecniche?
Volendo, avremmo potuto spingere ancora di più in ambito tecnico, perché abbiamo la tecnologia per farlo. Il punto è uno, questo gioco aveva l'esigenza, volendo rivolgersi a un pubblico ampio, di girare in maniera degna, performante, su tante piattaforme. E attualmente continuiamo a lavorare sul fronte dell'ottimizzazione. Adesso le console di ultima generazione e in generale i PC più recenti hanno caricamenti veramente velocissimi, ma ancora ci sono margini di miglioramento su PS4 e Xbox One.
Poi ci sono altri miglioramenti che vogliamo apportare, però il livello di grafica raggiunto in questo momento era assolutamente quella desiderata. Tra i vari aspetti del rendering l'illuminazione è quella che ha fatto i passi avanti più grandi, ma sempre tenendo d'occhio l'equilibrio con le performance.
Il rapporto con il nuovo publisher
Com'è stato in generale il supporto del publisher EA, in quali aspetti si è rilevato più utile?
Ciò che mi piace del lavorare in un ambito corporate multinazionale è il fatto che hai a disposizione al di fuori del tuo team interno un universo di altri studi che ti supportano. L'avevo già testato in passato in Gameloft, dove ho lavorato per più di due anni. Hai un team centrale nel luogo in cui lavori e dagli altri studi ricevi diversi supporti. Con EA abbiamo potuto contare su un aiuto diretto in ambito network e multiplayer, ma anche in termini di riscontro dell'utenza, di customer experience, di controllo di compliance, ovvero tutte quelle procedure che ti permettono di avere una submission lineare e senza intoppi. L'esperienza di EA in questi aspetti è enorme rispetto a quello che poteva avere dalla sua una società come Codemasters.
Quando ho accettato questo lavoro l'anno scorso ero curioso di capire quale fosse l'impatto dell'acquisizione di Codemasters da parte di EA e quello di cui sono stato contentissimo è stato vedere che EA riconosce costantemente a un gruppo che ha acquisito tutto il peso del know-how e della storia che porta con sé. C'è una totale libertà dal punto di vista creativo. Il presupposto è: "voi siete gli esperti in ambito racing, noi vi possiamo supportare il più possibile per quello di cui avete bisogno, ma i giochi siete voi, quelli bravi a farli" ed è il motivo per cui EA ha acquisito una società come Codemasters che ha un know-how molto specifico.
Le difficoltà di una nuova produzione a cavallo di una pandemia
Nella modalità storia c'è stata una sfida, un ostacolo legato a un aneddoto che ricordi e che vuoi condividere con noi, o in generale quali sono stati gli elementi di maggiore difficoltà durante il suo sviluppo?
A parte l'interrogativo iniziale che ti dicevo, ovvero, come rendere una storia da fiction in un gioco racing, che è stato un punto cruciale, dibattuto, ci sono stati tanti altri fattori di difficoltà. L'approccio con gli attori è stato molto articolato e questa è una parte che a me ha interessato molto perché io provengo dalla TV, ambito in cui ho passato dieci anni lavorativi prima di approdare ai videogiochi. Un altro grosso problema è stato dover gestire la precedente complessità abbinata alla virtual production durante una pandemia. A volte c'erano attori che dovevano partire, non sapevi quando programmare le riprese e per una produzione del genere questi possono essere problemi non da poco.
Era poi la prima volta in cui ci si approcciava alla virtual production, fra l'altro con le tecniche utilizzate da The Mandalorian che hanno permesso di espandere ancora di più l'universo visivo. Le riprese erano in studio, ma si doveva sviluppare una profondità di campo dove si riproducono in maniera molto realistica e molto fedele i garage delle auto, le piste e tutto il resto. Anche lì ci siamo resi conto man mano di quanto fossero importanti anche i singoli prop di scena e imparare tutti questi aspetti tecnici è stata una learning experience straordinaria.