C'è chi è rimasto a bocca aperta davanti Grand Theft Auto 3, e chi mente.
Il gioco Rockstar Games, che proprio oggi compie venti anni, è uno di quelli che quando li vedevi per la prima volta rimanevi imbambolato. I più giovani, forse, non sono abituati a vivere le rivoluzioni videoludiche in tempo reale: negli anni infatti il tanto paventato diminuishing return, quel fenomeno che preannuncia un assottigliarsi progressivo dello stupore legato alla grafica man mano che questa diventa sempre più realistica, si è infine avverato. Qualche gioco stupefacente c'è stato, poi è arrivata la VR di massa, comunque ben poco che possa davvero competere con i numerosi punti di svolta tecnici che si sono susseguiti fino agli anni dieci del duemila. Dopo abbiamo assistito più che altro a una percorso di rifinitura di generi e logiche già viste, si è poi lavorato molto sulle trame, si alzato il livello artistico e sono stati introdotti personaggi sempre più sfaccettati, complessi e in alcuni casi, quando richiesto, umani. Ma l'alfabeto creativo è per buona parte quello che è stato composto tra il 1990 e il secolo successivo, proprio lo stesso periodo in cui debuttava nei negozi Grand Theft Auto III.
Un open World rivoluzionario
Esistevano gli open world prima di GTA III, di più vecchi ce ne sono ovunque, ma erano diversi da quanto offerto quasi di botto da Rockstar venti anni fa. Anche loro ne fecero prima di GTA III, per esempio Body Harvest su Nintendo 64, console dove gli open world non sono mai stati tanti, ma la maggior parte ha fatto la storia. GTA III ti offriva cose che semplicemente non c'erano altrove: una città enorme, piena di vita, in grado di rispondere alle azioni del giocatore dinamicamente; una città dove ti era permesso di andare ovunque, guidare ovunque, volare ovunque. Se provavi a nuotare però erano problemi, morivi subito poiché il non poterlo fare era uno degli espedienti per suddividere la mappa in tre e dare alla storia la giusta progressione.
GTA III, poi, non era il solito gioco dall'approccio serioso... anche Daggerfall, nonno di Skyrim, aveva una mappa open ed enorme, prometteva addirittura avventure quasi infinite, ma era di Bethesda e nel 1996, potete immaginare, no? GTA III era veloce e reattivo come un action game, ti permetteva di guidare come in un racing game, le sue missioni potevano essere approcciate in totale libertà come nei giochi più cerebrali e impegnativi.
Il gioco irriverente
Come racconta Dan Houser, uno dei due fratelli fondatori di Rockstar Games in una intervista del 2011: "Quando GTA III è arrivato su PS2, appariva come qualcosa di radicalmente nuovo. Un ambiente pieno di contenuti ai quali accedere geograficamente o affrontando la linea temporale della sua storia.
Oggi può sembrare ovvio, ma l'idea di poter accedere a meccaniche e modalità in piena continuità all'epoca era incredibilmente avanzata. In GTA III guidi perché sei salito su un auto, non perché sei entrato nella modalità guida. Spari perché hai tirato fuori una pistola non perché è iniziato un livello dove si usano obbligatoriamente le armi. Puoi fare qualsiasi cosa, ovunque, entro limiti ragionevoli. Ma è una ragione basata sulla logica piuttosto che da limitazione tecniche, se ha senso, questa è la sua più grande eredità". GTA III era tutto ed era nuovo, strabiliante, inoltre poteva contare sul fascino del bello e dannato: con la sua sfrontata violenza, il linguaggio scurrile e la giusta dose di sesso, il gioco Rockstar era il perfetto nemico dei tuoi genitori, software proibito, braccato dai media preoccupati. Un bad boy praticamente irresistibile, da non presentare a casa, ma con il quale uscire di nascosto la sera.
Un motore grafico per l'occasione
La popolarità di Grand Theft Auto III è legata a un'altra grande storia di successo, quello di Criterion Games. Fondata nel 1993 a Guildford, in Inghilterra, come azienda sussidiaria di Canon (proprio la giapponese delle macchine fotografiche, stampanti e macchinari medici) per sperimentare con il 3D, Criterion tirò fuori dalla sua officina in tempi record quello che si rivelò essere un perfetto motore grafico per i videogiochi, oltretutto particolarmente affine all'hardware di PlayStation 2: il RenderWare 3D. Canon assecondò questa naturale affinità con la console Sony e ben presto Criterion iniziò a sviluppare giochi, anche per testare sempre più approfonditamente le capacità del giovane engine 3D che anno dopo anno dimostrava sempre più qualità. La piena maturità il RenderWare la raggiunge nel 2001, quando esce il primo Burnout e, a pochissime settimane di distanza, proprio Grand Theft Auto III. Il RenderWare andava veloce e con quell'accoppiata di giochi convince dozzine di software house da ogni parte del mondo a richiederne la licenza d'uso: Suikoden III e Persona 3 e 4 sono creati con il RenderWare, come Mortal Kombat Armageddon e tre diversi Tony Hawk's Pro Skater, oltre a molti altri ancora.
Streaming al limite
GTA III, come Grand Theft Auto: Vice City e Grand Theft Auto: San Andreas, spremeranno al massimo le caratteristiche del motore Criterion che spesso e volentieri, ricorderanno i giocatori di lunga data, non riusciva a stare dietro alla velocità del gameplay. E ai tempi non erano solo le texture ad aggiornarsi in ritardo, ma tutto il mondo di gioco: se ci si lanciava a tutta velocità sulla macchina più performante, bisognava rallentare per permettere ai palazzi e alle strade di riapparire al loro posto. Oggi può sembrare un problema insostenibile, ma venti anni fa eravamo disposti a tutto pur di poter vivere dentro un GTA del genere, anche aspettare che la grafica ci raggiungesse al semaforo. E comunque un minuto di silenzio per tutti quei lettori DVD che hanno dovuto sostenere un simile sforzo e per così tanto tempo, a voi diciamo che non verrete mai dimenticati e questo articolo ne è la conferma.
Il rivale scomparso
Ricordo ancora quando arrivò il codice review in redazione. A quell'epoca, me la giocavo prevalentemente su PC e Dreamcast, posticipando l'acquisto di una PlayStation 2 personale il più a lungo possibile. Decisi di comprarne una esattamente cinque minuti dopo l'inizio di GTA III, quando tutti radunati intorno allo schermo abbiamo fatto partire quella versione più noiosa del bellissimo... come si chiamava l'altro gioco Rockstar, quello che in fondo tutti stavamo davvero aspettando al posto di GTA III? La forza di GTA III non fu subito chiara perché la stessa famiglia di sviluppatori aveva presentato l'anno prima un altro gioco all'apparenza molto più divertente, oltre che tecnicamente assurdo, chiamato appunto State of Emergency. Di caratteraccio i due giochi erano molto simili, ma State of Emergency puntava su un gameplay più vecchio stile, rassicurante, mentre il grandissimo numero di personaggi su schermo lo rendeva estremamente appariscente, irresistibile al primo sguardo. A GTA III dovevi dargli tempo, che poi erano cinque soli minuti, ma comunque troppo per emergere tra le luci, le musiche e i rumori degli enormi E3 di quegli anni, tra l'altro gli ultimi ai quali parteciperà Rockstar Games.
Tre rivoluzioni in quattro anni
Ironico che oggi di State of Emergency non si ricordi quasi più nessuno, mentre Grand Theft Auto, GTA, è una delle proprietà intellettuali di maggior successo nella storia dei videogiochi e non solo. Che poi, pensandoci bene, la storia di GTA III non si ferma a GTA III, che insieme a Vice City e San Andreas va quasi a formare una trilogia ideale. I tre giochi sono legati dallo stesso motore grafico (con GTA IV, Rockstar Games passerà all'engine proprietario Rage), come dalla stessa incredibile dirompente creatività che ha portato la serie a stravolgere l'industria del videogioco per ben tre volte in soli quattro anni. GTA III esce nel 2001, il pubblico non fa in tempo a riprendersi che l'anno successivo arriva Vice City e sappiamo tutti com'è Vice City, nel 2003 niente e poi l'insuperabile San Andreas.
In quattro anni, Rockstar ha ricreato il suo vecchio GTA completamente in 3D, lo ha poi contestualizzato temporalmente con gli '80 di Vice City e infine gli ha dato un protagonista originale in San Andreas, abbandonando così il citazionismo dei titoli precedenti che si stava comunque usurando in fretta. Una traiettoria di un missile sparato verso il cielo, che Dan e Sam Houser più tutto il resto della ciurma hanno saputo spingere ancora più in alto negli anni successivi, fino ad sfondare quell'iperuranio che porta alla consacrazione finale. Fa male però, eh? Mi riferisco al fatto che prima si poteva portare un Vice City nei negozi in un anno, e ora dopo otto anni da GTA V ancora non c'è traccia di un nuovo capitolo.
E per finire...
Troppo ancora ci sarebbe da raccontare, troppo ancora da celebrare. I titoli generazionali sono infusi di una magia unica, fanno parte di te e della tua personale storia. GTA III per molti è proprio questo, un gioco di cui basta sentire l'attacco musicale per viaggiare nel tempo e ritrovarsi tra i luoghi e i volti di quegli anni, praticamente al nostro noi del 2001: giovane, di belle speranze e cresciuto nei peggio vicoli di Liberty City. Fuck off!