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Hades, la sorpresa del 2020 viene dall’inferno?

Cerchiamo di capire perché Hades è uno dei giochi dell'anno 2020 e perché è una sorpresa, almeno per quelli che non l'avevano giocato in Accesso Anticipato.

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   09/12/2020
Hades
Hades
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Hades è una delle sorprese del 2020. Magari non per chi già conosceva e apprezzava gli altri titoli di Sueprgiant Games, ma sicuramente è uno dei pochi giochi che sia riuscito a stupire davvero e a ribaltare molte delle aspettative cui era incatenato (pareva brutto chiamarli pregiudizi), diventando da mane a sera il gioco preferito d'una moltitudine di persone. Tanti lo hanno già eletto come loro gioco dell'anno, il che non è poco considerando che non stiamo parlando di un tripla A con animazioni costosissime o ambizioni rivoluzionarie.

L'inferno

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Zagreus, il figlio del dio degli inferi (l'Hades o Ade del titolo, per chi non conosce la mitologia greca), vuole scappare dal regno dei morti per incontrare la sua vera madre, di cui ha scoperto l'esistenza solo da poco, ed è disposto a tutto pur di farcela. Ad aiutarlo personaggi del mito quali Achille, Euridice e Orfeo, la divinità primordiale Nyx, nonché un manipolo di divinità olimpiche e il Caos stesso, tutti favorevoli all'impresa del ragazzo e al suo desiderio di scoprire le sue vere origini. In realtà Zagreus non agisce alle spalle del suo potente genitore come si potrebbe pensare, genitore che invece lo sfida apertamente a superare i nemici e le trappole di cui ha disseminato i suoi domini, per impedire alle anime defunte di tornare nel regno dei vivi.

Il tutto si traduce in un dungeon crawler rogue-like dinamico e insolitamente profondo, in cui un lato narrativo curatissimo si unisce a un'azione frenetica, la cui varietà è garantita dal sistema di progressione del personaggio, incentrato sui doni delle diverse divinità e sulle loro combinazioni, oltre che sulla spesa delle risorse accumulate di partita in partita. Ogni volta che Zagreus muore viene ricondotto nella dimora di Hades dove può investire quanto guadagnato durante la sua ultima fuga in potenziamenti vari, siano essi legati alla sua natura, siano dei miglioramenti infrastrutturali che aggiungono caratteristiche ai dungeon e alla dimora di Ade, siano dei doni ricevuti dai vari personaggi o siano i potenziamenti delle armi mitologiche che compongono il suo arsenale.

Storia

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Probabilmente l'aspetto più stupefacente di Hades è che, anche quando si fanno prestazioni pessime, si ha comunque la sensazione di aver fatto un passo in avanti e di poter migliorare con la partita successiva. Lo stesso dicasi per il lato narrativo, molto più complesso di quanto ci si aspetti da un titolo simile e continuamente arricchito da nuovi dettagli, ottenibili parlando con gli altri personaggi o con gli dei stessi, che manifestano la loro benevolenza in modo decisamente verboso, illustrando i loro interessi particolari nella fuga di Zagreus. Proprio il rapporto del ragazzo con gli dei, in particolare lo scoprire le diverse sotto trame che li caratterizzano, è uno degli aspetti migliori dell'intero titolo, anche perché profondamente intrecciato con alcune meccaniche di gioco, fortemente narrativizzate esse stesse. Si tratta non solo di un espediente che invoglia a proseguire a giocare e a provare diverse soluzioni per leggere il maggior numero di dialoghi possibili, ma anche un modo per mitigare il senso di ripetitività che inevitabilmente emerge dopo molte ore di gioco.

Gameplay

In termini di gameplay, Hades è una danza furiosa, un puro sfoggio di potenza che con il passare delle partite diventa quasi onnipotenza, in un crescendo che raggiunge la catarsi ogni volta che si riesce ad andare avanti anche solo di uno stage o che si supera una situazione particolarmente difficile. Il tutto nonostante entrare in gioco sia immediato ed estremamente intuitivo: si parla con gli altri personaggi, si spendono le risorse accumulate, si scelgono doni e armi e ci si getta a capofitto nella fuga. Il gioco in sé è strutturato in regni / livelli, divisi a loro volta in aree più piccole generate e collegate tre loro proceduralmente, in modo da dover affrontare dei percorsi sempre differenti. In realtà non ci si può mai perdere, quindi non bisogna temere di non trovare la strada. Più che una struttura labirintica, quindi, ne ha una molto più semplice fatta ad albero, composta cioè da bivi che portano comunque a destinazione. Magari è meno affascinante, ma nell'economia di gioco funziona benissimo e inoltre permette di avere la scelta di quali ricompensa ottenere nello stage successivo e, in alcuni casi, di quali pericoli affrontare. Alla fine di ogni regno c'è un boss da affrontare per passare al regno successivo. Sostanzialmente bisogna prendere parte a uno scontro più difficile contro un avversario più coriaceo e dotato di schemi d'attacco più vari, mettendo in pratica quanto appreso e usando al meglio i doni degli dei.

Conclusioni

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La sostanza del discorso è che si avvia Hades la prima volta pensando di trovarsi di fronte a un'opera minore, quasi superflua, e invece ci si trova invischiati nelle sue dinamiche, che trascinano il giocatore all'inferno e non lo mollano per decine di ore, almeno finché non ha spremuto a dovere l'oltretomba. Un'esperienza quasi mistica nella perfezione che impone per essere domata e vissuta fino in fondo. Va detto che Supergiant ha curato ogni singolo dettaglio, al punto che stupisce la ricchezza dello scenario che, pur con toni ironici, propone una delle migliori riletture della mitologia classica della storia dei videogiochi, tra divinità capricciose, eroi decaduti diventati particolarmente saggi, Furie che passano il tempo a bere quando non sono impegnate a dare la caccia a Zagreus, una simpatica testa di gorgone che fa le pulizie, Caronte trasformato in un mercante, e Cerbero che fa da cane da guardia della dimora di Ade e che ama le coccole del protagonista. Come non dare il premio di gioco dell'anno a un titolo simile?