Novecentosessantatré ore. È questo il tempo trascorso dal trio formato da Ekiem Barbier, Guilhem Causse e Quentin L'helgoualc'h all'interno di DayZ al fine di produrre Knit's Island, film francese uscito quest'anno e ambientato proprio nei meandri del famoso videogioco multiplayer con ambientazione post-apocalittica. Abbiamo assistito alla sua proiezione presso il Cinema Godard di Fondazione Prada a Milano, in un evento organizzato in collaborazione con il Trieste Science+Fiction Festival.
Si tratta di una sorta di pre-evento rispetto al festival vero e proprio, che si terrà a brevissimo: Trieste Science+Fiction Festival, infatti, si terrà nel capoluogo giuliano dal 27 ottobre al 1 novembre con la sua ventitreesima edizione. Quello tra Trieste e la fantascienza, però, è un legame ben più profondo e di lungo corso, come ci ha raccontato Francesco Ruzzier, responsabile della comunicazione del Trieste Science+Fiction Festival e presentatore della serata.
I molti linguaggi della fantascienza
"Quest'anno si celebrano i primi sessant'anni dallo storico Festival Internazionale del Film di Fantascienza, che si svolse a Trieste dal 1963 al 1982", spiega Francesco Ruzzier, "fu la prima manifestazione dedicata al cinema di genere in Italia e tra le primissime in Europa". Il Trieste Science+Fiction Festival è erede di quello storico appuntamento e ne ha raccolto il retaggio, dedicandosi all'esplorazione della fantascienza in tutte le sue forme: "Principalmente ci dedichiamo al cinema, ma in realtà trattiamo la fantascienza da qualunque angolazione possibile: videogiochi, musica, letteratura, artigianato", prosegue Ruzzier.
Per questa occasione, l'illustrazione originale dell'edizione 2023 è stata realizzata dall'artista Gigi Cavenago, autore di alcune copertine del fumetto Dylan Dog e collaboratore di Sony Pictures e Netflix per serie e film d'animazione. Nell'immagine si ritrovano alcuni dei monumenti più iconici di Trieste, oltre ad alcuni simboli del festival. "Nell'illustrazione tornano gli incrociatori spaziali nei cieli della roccaforte di San Giusto, storica sede del Festival di Fantascienza degli anni '60", ha dichiarato l'artista, "Ad aspettarli un avamposto dei nuovi abitanti di una Terra futuristica, che tengono alta l'alabarda, vessillo della città di Trieste."
A dimostrazione dell'attenzione del festival al mondo videoludico non c'è soltanto la proiezione di Knit's Island presso il Cinema Godard di Fondazione Prada, ma anche l'appuntamento con gli IVIPRO DAYS, incontro annuale dedicato al videogioco come risorsa per raccontare il territorio e il patrimonio culturale: Multiplayer.it sarà presente sul posto per raccontarvi questa edizione, che si terrà nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia il 27 e il 28 ottobre presso il DoubleTree by Hilton Trieste e metterà al centro i temi di distopia e politica. In occasione degli IVIPRO DAYS, Knit's Island sarà nuovamente proiettato nel capoluogo giuliano.
Knit’s Island: tra reale e virtuale
Il lavoro di Ekiem Barbier, Guilhem Causse e Quentin L'helgoualc'h all'interno di DayZ è iniziato qualche anno fa, prima dello scoppio della pandemia dovuta al virus Covid-19. La presenza del contagio inizia a farsi sentire anche nel gioco con il passare delle ore di girato, occasionalmente mostrate a schermo per scandire il tempo, una delle tematiche principali della produzione.
I tre avevano già girato un cortometraggio all'interno di un videogioco: si chiamava Marlowe Drive ed era ambientato dentro Grand Theft Auto V. "Inizialmente volevamo girare nuovamente all'interno di GTA", hanno spiegato i registi, "Poi, però, ci siamo interessati ai videogiochi in cui è possibile parlare direttamente da avatar ad avatar, con spazializzazione del suono, una caratteristica che è capace di rinforzare l'impressione di realtà e immersione. È ciò che rende l'incontro tra due persone all'interno di DayZ così prezioso e speciale. La mappa è molto grande e l'ambiente è di per sé piuttosto stressante: incontrare un'altra persona è un'esperienza molto forte, molto potente".
Incontro tra comunità
L'ambientazione di DayZ è lo Stato post-sovietico di 230 chilometri quadrati di Chernarus, colpito da un virus sconosciuto che ha tramutato la maggior parte della popolazione in infetti furibondi. Gli zombie non sono l'unico problema: gli altri giocatori possono rappresentare un aiuto o un'insidia e la fame può portare a clamorosi voltafaccia per rubare un semplice pezzo di carne. La diffidenza è palpabile anche all'interno di Knit's Island: i registi devono sempre chiedere il permesso per entrare all'interno degli insediamenti e intervistare i loro abitanti, dichiarando di non portare armi e di non avere intenti violenti.
Le persone intervistate parlano attraverso i loro avatar virtuali, talvolta mantenendo una perfetta aderenza con il personaggio da loro interpretato, altre volte interrompendo - talora improvvisamente - la continuità della finzione videoludica. Mentre i tre parlano con una donna, si sente in lontananza il pianto di un bambino: "Deve essere caduto", dice lei, tentando di proseguire la conversazione. Quando si rende conto che non è possibile, si allontana dal PC per aiutare il figlio, così concludendo la chiacchierata con i registi.
Knit's Island vive di queste continue intrusioni del reale nel virtuale, nel contesto di uno spazio in cui i giocatori si riuniscono in comunità differenti, ciascuna dotata di regole proprie. C'è un gruppo di cannibali che, giorno per giorno, elegge una "principessa", ossia un avatar preso in ostaggio per essere ucciso e mangiato dai membri del team; c'è una chiesa votata al culto di una divinità che esige sacrifici umani; ci sono, poi, i pacifisti che consentono ai registi di avvicinarsi solo a condizione di non utilizzare armi, in nessun caso. DayZ si svela così come un luogo vivo, pieno di individui desiderosi di condividere storie e idee, e anche di riflettere sulla propria vita e sul valore del tempo: quello vissuto all'interno di DayZ è "speso" o "perso"?
Vivere il tempo
Alla fine della proiezione, non abbiamo dubbi che il nostro, di tempo - la durata della pellicola è di 95 minuti - sia stato ben impiegato. "Il punto di partenza era l'idea dell'incontro", si legge nelle note di regia, "Volevamo confermare che in questo ambiente, nel mondo virtuale, sono possibili incontri con persone reali. E volevamo vedere se li potevamo in qualche modo provocare. La nostra prima intenzione era quella di sperimentare. Non avevamo intenzione di fare un film. Volevamo soprattutto osservare. L'idea era di connetterci a un gioco e di andare a vedere cosa succedeva lì, senza realmente giocare. All'epoca non eravamo consapevoli di ciò che accadeva in questi giochi online. A un certo punto ci siamo imbattuti in un giocatore che non utilizzava nessuno degli strumenti del gioco e si limitava a gironzolare. Quando abbiamo visto che questo era possibile, fermarsi in un gioco, osservare semplicemente il paesaggio e guardarsi intorno, sedersi con le persone in un mondo virtuale, fare una pausa, parlare di altre cose, abbiamo capito che forse era possibile realizzare un documentario. È così che è iniziato".
E se talvolta sembra intravedersi una mano fin troppo pesante nella scrittura di taluni dialoghi - capace, a volte, di privare di spontaneità le interazioni con gli avatar/persone incontrati dai registi - Knit's Island risulta, nel complesso, un'interessante inchiesta sul popolo degli utenti di videogiochi multiplayer online e, più in generale, sulle comunità formate da videogiocatori.
"Knit's Island è molto esemplificativo del tipo di ricerca che il Trieste Science+Fiction Festival porta avanti da anni", ci dice Francesco Ruzzier dopo la proiezione, "Riesce ad applicare il linguaggio del cinema documentaristico più classico, quello d'osservazione, al linguaggio del videogioco. A mio avviso, finora nel rapporto tra cinema e videogioco c'è sempre stata una sorta di errore di traduzione: spesso si dà per scontato che il linguaggio videoludico sia applicabile al cinema senza alcun tipo di traduzione. Qui, invece, le immagini del videogioco vengono semplicemente filmate, come sarebbe filmata la vita vera, e quindi trovano una loro dimensione e un significato diverso, venendo presentate allo spettatore come una realtà possibile. È come se i documentaristi avessero girato il film in qualche comunità sperduta, in un punto remoto della Terra: si crea un cortocircuito tra reale e virtuale che, a ben guardare, è alla base della nostra quotidianità".
Al riaccendersi delle luci in sala restano con noi le storie di chi ha scelto di trascorrere parte della propria vita compiendo attività inaspettate all'interno di un contesto violento e post-apocalittico come quello del mondo virtuale di DayZ: un esempio è quello di Chill Pilgrim, che ha passato più di 12.000 ore a camminare nel buio di caverne e altri luoghi isolati per staccare e rilassarsi alla fine delle sue lunghe giornate di lavoro. O l'addio a DayZ del Reverendo Stone, che con la sua camminata sulle acque accompagna idealmente gli spettatori verso il finale della proiezione.
La prossima proiezione di Knit's Island si terrà sabato 28 ottobre alle 21.00 presso il Teatro Miela di Trieste, a chiusura degli IVIPRO DAYS, nel più ampio contesto del Trieste Science+Fiction Festival. Trovate qui la pagina dedicata agli IVIPRO DAYS, cui è possibile partecipare gratuitamente previa iscrizione, e qui il ricchissimo programma del Trieste Science+Fiction Festival.