Introduzione
The Legend of Zelda, che d'ora in poi chiamerò solo Zelda per evitare di venire trucidato dal buon Corgan che sarebbe stato costretto a correggere in continuazione il mio inglese poco diligente e fermamente convinto che "legend" si scriva con due "g", ha bisogno di poche presentazioni: da quasi diciassette anni a questa parte generazioni di videogiocatori si ritrovano periodicamente ad affrontare l'ennesimo episodio/capolavoro su una delle tante console della Nintendo. Ed è forse proprio il "passaggio generazionale" ad aver decretato il continuo successo di questa saga, una delle più gloriose mai create: che sia attraverso amici, conoscenti, giornali o "sentito dire", ad ogni annuncio di uno Zelda la generazione più vecchia veniva come scossa, dava inizio a meditazioni sulla saga e cominciava a sognare il nuovo capitolo, informando in maniera più o meno diretta la nuova generazione; e questa compirà lo stesso lavoro sulle successive e così via, per una catena potenzialmente infinita (almeno finché il binomio Zelda-capolavoro rimarrà indissoluto). E' esattamente così, ad esempio, che ancora giovanissimo venni a conoscenza dei giochi di Zelda e delle loro caratteristiche: il titolo che allora scatenò in me le attese spasmodiche fu un certo A Link to the Past... Però questa è un’altra storia...
Ma, ovviamente, se esiste davvero tutto ciò, il merito è del videogame e, soprattutto, di chi l'ha creato. E per capire meglio la natura di una saga della levatura di Zelda, non c'è metodo più opportuno che presentare, ancor prima dell'opera, l'autore...
Il Bambino Shigeru, l'Uomo Miyamoto, il Game Designer Shigeru Miyamoto...
Nel leggere varie interviste e biografie di Miyamoto non si possono non notare alcuni stralci di confidenze che ti fanno capire davvero la personalità di chi sta parlando. Gli aneddoti più interessanti riconducono alla giovinezza di Miyamoto, e il più legato a Zelda rimane probabilmente l'ormai famoso episodio della grotta. Nato a Sonebe, piccola città non molto lontana da Kyoto, nel 1952, il piccolo Shigeru non viveva certo nel lusso (in famiglia non avevano né TV né altri beni come l'automobile) e, quando non era a scuola o con gli amici, gli piaceva leggere ed "esplorare", spinto dalla sua curiosità, i dintorni della sua abitazione e del paese, che si trovava in campagna: una volta scoprì una piccola grotta non lontana da casa e, tornato sul posto con una torcia, decise di entrarci, rimanendo estremamente colpito quando trovò che questa portava ad un’ulteriore cava. Chissà che i primi dungeon non siano nati direttamente da questo ricordo… Cresciuto, Shigeru sviluppò una vena artistica a 360°: amava i fumetti e i film della Disney (quando, allora, erano ancora dei capolavori), laddove aveva tempo libero disegnava e dipingeva, faceva modellini in plastica o legno, ascoltava musica; imparò anche a suonare la chitarra esibendosi talvolta in piccoli gruppi. Tutto questo mostra come la sua vena creativa non possedesse limiti, e poca rilevanza aveva il fatto di fare una cosa piuttosto di un'altra, l'importante era realizzare.
Dopo la laurea ottenuta al Kanazawa Munichi College, Miyamoto intravide la possibilità di sintetizzare lavoro ed estro, cosa così anticonformista per la rigida società Giapponese, in una compagnia di giocattoli diretta da un vecchio amico del padre: un certo Hiroshi Yamauchi, presidente di un'azienda fondata nel 1889 a Kyoto e chiamata Nintendo Koppai (produceva carte fatte a mano per il tradizionale gioco Hanafuda), che egli aveva profondamente modificato sia nel nome che nei fatti, indirizzandola unicamente al mercato dei giocattoli e dell'intrattenimento, che proprio in quegli anni scopriva le meraviglie dell’elettronica. Seppur frutto di una vera e propria raccomandazione, Yamauchi fu contento di questo nuovo acquisto, che piazzò nello staff artistico, poiché il giovane Shigeru appariva entusiasta e pieno di idee, alcune delle quali a dir poco strambe: era l'anno 1977 e, quando tre anni dopo il mercato degli arcade Nintendo rischiava in America un collasso per il mezzo flop di Radarscope, Yamauchi, i cui maggiori artisti (tra cui il mitico Gunpei Yokoi) erano impegnati per il mercato giapponese, rischiò il tutto per tutto e si affidò al genio e alla fantasia dell'uomo Miyamoto.
In questi anni di apprendistato Shigeru aveva assimilato le principali idee della Nintendo e osservato come ci si muoveva sul mercato; ma rimaneva un creativo, un fantasioso, le sue idee erano troppo avanti per la tecnologia del tempo così che, lavorando strettamente con gli ingegneri, partorì quello che tutti noi conosciamo come Donkey Kong, con la prima apparizione di Jumpman, ribattezzato Mario nel 1983 nel primo gioco a lui dedicato, Super Mario Bros. E le idee che non era riuscito a mettere in atto le conservò, le coltivò e riprovò a realizzarle nel 1986, con The Legend of Zelda...
Il Bambino Shigeru, l'Uomo Miyamoto, il Game Designer Shigeru Miyamoto...
Questo è Shigeru Miyamoto... Un genio, un innovatore: sempre avanti rispetto al suo tempo e, videoludicamente parlando, alla sua tecnologia. Un game designer che ha fatto della sua passione creativa un lavoro, mettendo quindi sempre un po' di sé nei titoli che progettava. Basti pensare a quella intervista in cui dichiarava di provare piacere a visitare le città senza l'uso della mappa, girovagando senza sapere dove andare alla ricerca dei posti più interessanti. Oppure quando ad una domanda sul personaggio da lui creato nel quale si identificasse meglio, rispondeva schiettamente Lakitu (il Koopa sulla nuvola svolazzante, munito di telecamera in Super Mario 64) perché gli trasmetteva la sensazione di libertà…
Miyamoto come uomo libero, dunque, che fluttua nell'aria e va dove vuole, slegato dalle mode e indipendente; Shigeru che si entusiasma davanti alle meraviglie della realtà, come un bambino in una grotta da esplorare; Shigeru Miyamoto, game designer che mentre innaffia l'orto osserva un gruppo di formiche che si muovono trasportando del cibo, e ha l'idea per un nuovo videogioco…
E' sicuramente grazie a questa sua apertura mentale che Miyamoto riesce a passare da idraulici ad elfi, da gorilla a volpi spaziali, da corse acquatiche a corse futuristiche, tutto con una leggerezza ed una varietà senza dubbio fuori dal comune. Ed è senz'altro grazie a lui se oggi la Nintendo è dove è, e molti di noi giocano come giocano...
Grazie, Shigeru!
Speciale La Leggenda di Zelda:
Parte Prima: Un Uomo Chiamato Shigeru
Parte Seconda: Intuizione, Creazione e Rivoluzione
Parte Terza: Le Avventure di un Link Diverso
Parte Quarta: Ritorno al Passato
Parte Quinta: L'Isola dove si Vedono i Sogni
Parte Sesta: L'Ocarina del Tempo
Parte Settima: La Maschera di Majora
Parte Ottava: I due Oracoli
Parte Nona: Altri Zelda
Parte Decima: La Struttura
Parte Undicesima: Fonti d'Ispirazione
Parte Dodicesima: Il Merchandising
Kaze no Takuto, la Leggenda Prosegue
Introduzione
Che cosa spinge un individuo a complicarsi ulteriormente una già asfissiante esistenza nella realizzazione di un articolo importante e potenzialmente pericoloso quale può essere uno speciale su The Legend of Zelda?! La risposta è banale quanto di molto valore: la passione. Passione intesa nel più ampio significato del termine: ovvero tutta quella serie di sensazioni psico-fisiche che sconvolgono l'equilibrio personale di un essere quando viene a contatto con una determinata fonte di emozioni, percepita in modo particolarmente forte. A questo punto una domanda sorge spontanea: tutto ciò non è forse esagerato per un videogioco?! Sostanzialmente sì; evidentemente no...
The Legend of Zelda... L'ennesima prova che il videogioco non è una semplice forma di intrattenimento: non solo una fredda sequenza di istruzioni matematiche, non solo una scarna cassetta silicea o un avveniristico mini-DVD, non solo un mercato lucroso... Mi verrebbe quasi la libidine di affermare che il videogioco è arte, ma solo un simile concetto sazierebbe uno speciale, e questo è già abbastanza denso per il solo The Legend of Zelda. Ed è per tutto ciò che mi ha dato, per tutto il tempo che ho vissuto in avventure fantastiche, per tutte le emozioni che ho provato, per tutta la meraviglia che ogni volta si dipingeva sul mio viso... Per tutta la già citata passione, in nome di ciò mi appresto a comporre questo speciale e vi chiedo perdono fin da subito se sarò poco freddo, se farò di questa occasione una schietta questione personale, forse basata esclusivamente sul diletto che provo quando parlo di questa saga...