Ci sarà sempre un nuovo capitolo della serie di Zelda, e accanto a esso sorgerà sempre una nuova versione del Regno di Hyrule. Questo pensiero rassicurante accompagna da una vita tutti gli appassionati delle avventure di Link, che nel corso degli ultimi trentotto anni si sono confrontati con decine di ispirazioni volenterose d'incarnare diverse sfaccettature del concetto stesso di universo fantastico. Gli artisti di Nintendo, un capitolo dopo l'altro, hanno costruito mondi ed esperienze capaci di risultare costantemente freschi, cancellando ogni volta la lavagna creativa e ripartendo dalle radici, ancorandosi solamente a qualche elemento ricorrente destinato a diventare parte della mitologia e del grande canone non scritto della serie.
Certo, ci sono state un paio di eccezioni: è capitato che più d'un capitolo della saga non fosse ambientato dalle parti di Hyrule, ed è anche successo che la stessa versione del regno facesse capolino più di una volta, proprio come accaduto nel caso degli ultimi due episodi per Nintendo Switch. In questo momento la saga di Zelda si trova di fronte a un crocevia fondamentale: gli artisti di Nintendo EPD dovranno ricominciare ancora una volta da zero - esattamente come hanno fatto nei passati trentotto anni - nel tentativo di definire il domani di una leggenda ormai dimostratasi più che immortale, magari proprio sulle sponde della tanto chiacchierata Super Switch. Oggi, per riflettere sul futuro della saga e sulla direzione che gli sviluppatori sceglieranno di imboccare, ripercorriamo le migliori incarnazioni del regno di Hyrule nella saga di Zelda.
Hyrule sul libretto di istruzioni (The Legend of Zelda)
Il primo capitolo di The Legend of Zelda, pubblicato nel 1986, faceva ancora parte dell'epoca dei videogiochi durante la quale decifrare le opere sarebbe stato impossibile senza metter mano al libretto di istruzioni. Solamente la versione statunitense del titolo includeva infatti il contesto narrativo ideato da Takashi Tezuka anche nei confini del videogioco vero e proprio, mentre i primi giapponesi che si trovarono a vivere Hyrule dovettero scoprirlo attraverso le parole e i disegni di Keiji Terui, già sceneggiatore dei Dr. Slump e Dragon Ball a firma di Akira Toriyama. Certo, si trattava di un regno molto stilizzato, già caratterizzato da qualche sporadico punto d'interesse come la Death Mountain, ma perlopiù volenteroso di mettere in scena la natura selvaggia che tanto aveva segnato le scorribande infantili Shigeru Miyamoto. Le lande sterminate, i labirinti sotterranei, i fiumi, i laghi, le cascate e le altissime montagne tratteggiavano i contorni di un'ambientazione che oggi può sembrare asciutta e minimalista, ma che al tempo fu in grado di regalare una forma concreta al concetto stesso di esplorazione.
Oltrenuvola e la Superficie (The Legend of Zelda: Skyward Sword)
Gli studiosi della linea del tempo della saga di Zelda - confermata in via semiufficiale da Hyrule Historia - sono ormai tutti d'accordo nell'affermare che Skyward Sword rappresenti una sorta di libro della Genesi per quanto riguarda la mitologia della serie. Gli abitanti di Oltrenuvola, fra cui il giovane Link, osservano quotidianamente il mare di nubi che si estende a perdita d'occhio sotto l'arcipelago di isole fluttuanti, ripensando raramente alla leggenda che racconta dell'immensa terra che siederebbe al di sotto. Anche se gli appassionati hanno maturato un rapporto dolceamaro con questo capitolo, l'ambientazione di Skyward Sword rimarrà sempre una delle più particolari emerse dalle pieghe della serie: le architetture di Oltrenuvola e la meraviglia naturale che riposa al di sotto delle nubi sono infatti accompagnate da una massiccia presenza della tecnologia, tanto nella forma dell'elettricità - mai presente come in questo capitolo - quanto in quella degli automi che popolano un intero dungeon. Al di là dell'eredità del singolo episodio, la copertina, i panorami e l'atmosfera offerte da questo mondo sospeso tra cielo e terra - forse le più vicine all'immaginario dello Studio Ghibli - sono sempre state estremamente affascinanti.
Hyrule al massimo dello splendore (Hyrule Warrios: Age of Calamity)
Anche se la deriva in stile musou che ha contaminato l'ultima corrente creativa di Nintendo EPD rappresenta una nicchia nella quale è difficile racchiudere l'interezza degli appassionati, la produzione di Omega Force e Team Ninja presenta un livello di cura che è difficilmente associabile a un semplice episodio spin-off. Oltre a incarnare, probabilmente, uno dei migliori titoli del suo genere, Hyrule Warriors: Age of Calamity alza il sipario su una versione inedita del regno di Hyrule introdotto in Breath of the Wild, riportando le lancette dell'orologio fino agli istanti che precedettero l'apocalisse portata dalla Calamità Ganon. Di conseguenza, ci si imbatte in un fiorente castello gremito di soldati, nella terra prosperosa e costellata di villaggi che, dalle parti dei capitoli temporalmente successivi, si sarebbe tramutata in un disabitato cumulo di macerie. L'espediente del flashback, qui annacquato dal viaggio nel tempo, si dimostra ancora una volta lo strumento per eccellenza al fine di colpire gli appassionati di un determinato immaginario: Nintendo è sempre stata maestra nel generare tali emozioni, per esempio riportando i giocatori di Pokémon Oro e Argento dalle parti della regione di Kanto, offrendogli una prospettiva del tutto inedita su un mondo che conoscevano a menadito.
Piccola grande Hyrule (The Legend of Zelda: The Minish Cap)
Nel corso degli anni la saga di The Legend of Zelda è stata modellata anche da mani distanti da quelle degli artefici originali, proprio come è successo nel caso di The Minish Cap e i suoi predecessori del filone Oracle, del cui sviluppo si occupò nientemeno che Capcom assieme alla sua divisione di scrittura Flagship. Dalle pieghe di The Minish Cap, nello specifico, trasparì tutto l'amore che la storica casa giapponese provava nei confronti degli originali episodi bidimensionali confezionati da Nintendo, traslato senza sforzo nella forma della più classica favola di fantasia. Nel caso specifico dell'ambientazione, lo stesso Eiji Aonuma rilasciò dei commenti pubblici elogiando il lavoro di Capcom, convinto che il design di Hyrule Town - la città al centro del reame - rappresentasse il punto più alto mai toccato nella progettazione degli ambienti della serie. Tale risultato fu raggiunto in ragione della particolare meccanica alla base del titolo, ovvero la capacità di Link di ridurre le proprie dimensioni e osservare il mondo attraverso una prospettiva completamente diversa: a quel punto, il mondo in miniatura riusciva a trasformare le strade sicure di una tranquilla cittadina medievale in un dungeon degno degli albori della serie.
Non si dice Hyrule, si dice Termina (The Legend of Zelda: Majora's Mask)
C'è una Hyrule che non è Hyrule. Ma non è Hyrule perché non ci troviamo a Hyrule, oppure non è Hyrule perché rappresenta ciò che per il nostro mondo è il Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll? Forse il fatto che Zelda, Link, Ganon e la Triforza non siano mai esistiti ha sconvolto gli ingranaggi dell'universo? Forse quel mondo non esiste affatto ed è solo la proiezione generata da una maschera malvagia? The Legend of Zelda: Majora's Mask ha letteralmente scosso le fondamenta della saga attraverso l'introduzione del reame di Termina, una dimensione parallela alla Hyrule di Ocarina of Time che - oltre a giustificare perfettamente il riutilizzo degli asset del suo predecessore - ha stravolto la maggior parte dei dogmi alla base della serie. Atmosfere horror, musiche ed effetti sonori degni di un episodio di Silent Hill, la costante presenza della morte, il perenne sottotesto malinconico: chi all'epoca desiderava perdersi nei confini di un bel videogioco colorato e spensierato, si trovò invece a esplorare un trattato esistenzialista, vivendo una specie di Giorno della Marmotta nel quale niente era ciò che sembrava. Si può parlare veramente di Hyrule? Probabilmente no, ma il fascino di quest'ambientazione - una sorta di Hyrule che non c'è - meritava senz'altro una menzione.
Hyrule per la prima volta in 3D (The Legend of Zelda: Ocarina of Time)
Per molte persone, pensare a The Legend of Zelda significa figurarsi nella mente i panorami degli storici Hyrule Fields di Ocarina of Time: quello che la grafica del Nintendo 64 non riusciva a fare, relegando rocce e fili d'erba a una gigantesca texture stirata e frastagliando gli spigoli degli alberi, lo portava senza problemi a compimento la fantasia degli appassionati, pronta a trasformare in pura meraviglia il mondo che per primo ha codificato le regole delle avventure in tre dimensioni. Dalla Foresta di Kokiri fino all'Albero Deku, passando per le enigmatiche Lost Woods, per arrivare ai campi allora sterminati che ospitavano il Lon Lon Ranch, il Villaggio Kakariko e le mura del Castello di Hyrule strette nell'abbraccio della Death Mountain, quella cartolina è rimasta impressa a fuoco nella memoria di coloro che ebbero la fortuna di viverla e respirarla. Il primo balzo oltre il canyon che si apriva sul deserto Gerudo, le gare di pesca al tramonto sul lago Hylia, le lunghe cavalcate notturne nella Hyrule infestata dagli spiriti, rappresentavano solo l'anticamera dei labirinti sotterranei e di tutti gli interni che riuscivano costantemente a sorprendere il giocatore, dai marmi del Temple of Time, passando per le cascate dello Zora's Domain, per arrivare a tutti i templi che Link avrebbe dovuto attraversare per completare la sua missione impossibile.
Hyrule e Crepuscolo (The Legend of Zelda: Twilight Princess)
Seppur sia considerato da una parte della comunità come un capitolo di transizione, nonché l'unico nei cui confini Nintendo ha guardato prevalentemente in direzione della concorrenza, Twilight Princess ha graziato le sponde della saga con una delle più affascinanti versioni di Hyrule, nonostante la distanza dall'ispirazione puramente fiabesca. Forse per la prima volta nella serie è capitato d'imbattersi in un regno al culmine del suo splendore, in un mondo spensierato e disabituato ai pericoli, seppur contaminato fin dalle radici da una minaccia invisibile che attende oltre un velo misterioso. Non esistono mezze misure quando si tratta di questo capitolo e soprattutto del design che lo sorregge: esiste chi l'ha amato e chi l'ha detestato, chi ha apprezzato il Crepuscolo, il personaggio di Midna, le atmosfere e i disegni per certi versi vicini alla tradizione JRPG in stile Final Fantasy, e chi ha sentito la mancanza del confortevole respiro originale. Ciò detto, il netto cambio di stile ha alzato il sipario su una Hyrule mai vista prima, una versione del reame quasi in stile impressionista, accompagnata di riflesso dalle architetture disturbanti del Regno del Crepuscolo.
Hyrule postapocalittica (The Legend of Zelda: Breath of the Wild & Tears of the Kingdom)
Quello di cambiare completamente il paradigma di una serie trentennale non è semplicemente un compito difficile, ma una vera e propria missione impossibile: se per esempio sono in milioni a chiedere a gran voce che ciò accada dalle parti di Pokémon - e ci sono tonnellate di esempi di marchi che non sono mai stati in grado di rinnovarsi - Nintendo EPD si è portata a casa il banco con la pubblicazione di Breath of the Wild. La nuova Hyrule, quella completamente aperta, stretta nell'abbraccio della natura, più viva e affascinante che mai, ma al tempo stesso orfana dei classici dungeon, distante dalle origini della serie e così diversa sul fronte delle meccaniche, ha impattato come un gigantesco meteorite non solo le sponde della saga, ma l'intera industria dei videogiochi. Il binomio composto dal capitolo del 2017 e il suo sequel diretto Tears of the Kingdom lascerà un solco indelebile nella produzione di Nintendo, forse addirittura un vuoto incolmabile, perché - nonostante i pensieri dei nostalgici - è riuscito a mettere tutti d'accordo sul piano delle meccaniche di gioco e soprattutto dell'ambientazione, senza mezzi termini una delle migliori della storia del medium. Al momento risulta quasi innaturale immaginarsi una nuova Hyrule, sembra impossibile riuscire rimpiazzare questa coppia di capolavori, ma la verità è che la squadra di Aonuma ha sempre cancellato la lavagna senza porsi troppe domande. Se per più di trent'anni ha ricostruito tutto da zero mancando raramente un colpo, all'orizzonte l'aspetta la sfida più difficile che si sia mai trovata ad affrontare.
Il grande mare di Hyrule (The Legend of Zelda: The Wind Waker)
L'introduzione di The Legend of Zelda: The Wind Waker è una piccola opera d'arte: raccontando sotto forma di fiaba la leggenda dell'Eroe del Tempo - ormai risalente a un passato remoto - insinua di soppiatto nel cuore degli appassionati l'idea che il Grande Mare sia in realtà un'estensione del leggendario reame presentato sulle sponde del Nintendo 64. Oggi, a vent'anni di distanza dalla pubblicazione, sono in molti a invocare il grande ritorno delle atmosfere piratesche alla base del capitolo per GameCube: la scelta di adottare una grafica in cel-shading permise agli artisti della casa di imboccare ancora una volta una direzione inedita sul fronte del design, avvicinando il gameplay in movimento agli artwork come mai era capitato in passato, nonché realizzando di fatto un'esperienza del tutto immune al naturale processo d'invecchiamento dei software. L'esplorazione del mare modificava completamente la tradizionale formula della serie, punteggiando l'orizzonte con le silhouette di dozzine di isole misteriose da inseguire viaggiando sulle ali del vento: ancora oggi i videogiochi che riescono a trasmettere emozioni simili si possono contare sulle dita di una sola mano, l'industria contemporanea fatica sempre più spesso a imbrigliare tale senso di scoperta, ma nei rari casi in cui riesce a far centro produce esperienze che definiscono intere generazioni.
L'originale Hyrule (The Legend of Zelda: A Link to the Past)
Ciascuno di noi si dipinge nella mente un quadro ben preciso quando s'immagina il Regno di Hyrule: c'è chi pensa a una fitta foresta, chi s'immagina le grandi praterie ai piedi di un gigantesco monte, chi da maggiore importanza alle atmosfere fiabesche e chi non può fare a meno di associarla a una festa di colori. Nonostante ciò, esistono diversi punti fermi destinati a fissare chiari confini per quella fantasia: il Castello di Hyrule, il Villaggio Kakariko, le cascate degli Zora, le divinità protettrici del mondo, magari i celebri "Cucco", forse la Spada Suprema. Ora, ci sono state diverse istanze nella saga che hanno dato più o meno spazio a determinate specie, ad alcune regioni, a territori ben specifici, a mondi paralleli e leggende perse nel tempo: esistono tante versioni diverse di Hyrule, tutte si somigliano tantissimo, ma questa è l'originale. Nel capitolo per Super Nintendo furono cristallizzati tutti gli assiomi alla base della serie, al punto tale che la stessa ambientazione di Ocarina of Time - da molti ritenuta il punto più elevato dell'intera saga - rappresenta nella sua essenza una sorta di riedizione tridimensionale del regno che fu eretto all'epoca. Fra le altre cose, l'opera divenne protagonista di uno dei momenti più impattanti nella storia dei videogiochi, ovvero il passaggio nel cosiddetto Dark World, il luogo che avrebbe ospitato la seconda metà dell'avventura sorprendendo chiunque pensasse di aver appena completato l'esperienza. Tale espediente divenne parte delle fondamenta di diversi episodi successivi, trasformando di riflesso questa doppia versione di Hyrule nella più influente della pur ricca epopea di Link.