Il 2023 è stato un anno di crisi acuta e roboante per l'industria dei videogiochi, crisi accentuata dai successi enormi avuti da una manciata di titoli, che hanno creato un contrasto davvero stridente con i numerosi licenziamenti avvenuti all'interno e a margine della stessa. Questo è stato l'anno in cui si è avverata la profezia di Shawn Layden, l'ex CEO di SIE, sull'insostenibilità del business dei giochi premium tripla A, lì dove i costi di sviluppo sono diventati sempre più alti e difficili da recuperare, anche per serie molto apprezzate. Semplicemente, un progetto sbagliato può creare buchi da centinaia di milioni di euro nelle casse degli editori, che non hanno molti modi per recuperare. Quelli più solidi riescono a reggere, ma altri finiscono per collassare inesorabilmente.
C'è da dire che il 2023 è stato l'anno in cui gli effetti del post pandemia si sono sentiti maggiormente, nonché quello che ha mostrato la scelleratezza di gestioni incentrate sulla crescita rapida e incontrollata. Le grandi compagnie, visto l'aumento del giro d'affari nel periodo dei contenimenti, hanno assunto centinaia di persone senza valutare l'inevitabile contrazione successiva del mercato dell'intrattenimento. Fondamentalmente si sono ritrovate con le casse piene, ma anche con tanto personale in più, e hanno iniziato a sfoltire i ranghi per ritornare a quote più normali e mantenere stabili i profitti. Contemporaneamente, colossi dai piedi d'argilla come Embracer Group, seguiti con interesse durante la loro opera di consolidamento, hanno mostrato tutta la debolezza del loro business, basato su acquisizioni poco ragionate e sul finanziamento di progetti dalle prospettive dubbie, tanto che è bastato un mancato accordo con il fondo arabo per i videogiochi del principe saudita Bin Salman per far saltare in aria tutto.
Il 2023 è anche l'anno in cui è diventato evidente il problema dei lunghissimi cicli di sviluppo dei videogiochi, che ormai abbracciano intere generazioni, aumentando enormemente i rischi che qualcosa vada storto se durante l'infinito travaglio ci si accorge che le cose non stanno andando come pianificato anni prima. Era inevitabile quindi che uno dei trend dell'anno fosse quello dei licenziamenti.
Un anno di licenziamenti
Per avere un quadro di quanto il 2023 sia stato un anno drammatico per l'industria, vale la pena di fare un riepilogo il più completo possibile dei posti di lavoro che sono andati persi, dato che la semplice immagine del nutrito elenco colpisce più di mille parole. Naturalmente non abbiamo citato tutti i licenziamenti studio per studio, parlando soprattutto dell'azione dei singoli editori. Stando al sito Videogamelayoffs.com, nel corso dell'anno sono state licenziate più di 9.000 persone in tutta l'industria, dato non in contrasto con, ad esempio, il più corposo taglio di 12.000 posti di lavoro di Google, che comprende anche settori diversi da quello dei videogiochi. Ma ora vediamo mese per mese quali editori o singoli studi hanno deciso di licenziare per ridurre i costi di gestione.
A gennaio abbiamo avuto trecento licenziamenti da parte di Unity, a cui si sono affiancati diecimila licenziamenti di Microsoft, di cui una parte negli studi di videogiochi. Tra i colpiti spiccano Bethesda, che ancora non aveva lanciato , 343 Industries, lo studio di Halo, e The Coalition, il team dietro la serie Gears. Nello stesso mese Riot Games ha licenziato quarantasei dipendenti e Google ha tagliato 12.000 posti di lavoro, tra i quali alcuni legati al mondo dei videogiochi.
Il trend ha solo momentaneamente rallentato nel mese di febbraio, quando sono state comunque licenziate duecento persone dal team QA di Apex Legends.
A marzo i licenziamenti si sono riacuiti, con posti di lavoro persi in Private Division (etichetta di Take-Two), in Meta, che ha mandato a casa 10.000 dipendenti, molti dei quali nei settori VR e metaverso, in Team17 e in Amazon, che ha lasciato a casa 9.000 persone, inclusi 400 lavoratori di Twitch, la più grande piattaforma di video streaming del mondo. Chiude il mese Electronic Arts, che ha annunciato la perdita di 750 posti di lavoro.
Ad aprile Amazon ha licenziato altri cento dipendenti, tutti della divisione videogiochi. Anche Meta ha licenziato in ambito videoludico, colpendo in particolare Ready at Dawn e Downpour Interactive.
A maggio la situazione si è fatta ancora più drammatica, con altri seicento posti di lavoro persi in Unity e con molti licenziamenti nel servizio clienti di Ubisoft. A metà mese, Deviation Games ha licenziato novanta persone da un progetto supportato da PlayStation. CD Projekt ha invece licenziato dentro Molasses Flood, mentre Brace Yourself Games ha ridotto il suo staff della metà. Nello stesso mese anche SEGA si è unita al gruppo licenziando 121 dipendenti di Relic, lo studio di Company of Heroes. Il mese è stato chiuso dai trenta licenziamenti dentro Firaxis, operati dall'editore Take-Two.
A giugno i licenziamenti hanno iniziato a intensificarsi ancora di più. CD Projekt Red ha mandato a casa molte persone dopo la chiusura dello sviluppo del gioco di carte Gwent, EA ha smantellato lo studio mobile Firemonkeys e ha licenziato dentro Bioware, esternalizzando lo sviluppo dell'MMORPG Star War: The Old Republic. Scavengers, lo studio di Seasons, ha invece annunciato di aver mandato a casa metà del personale in seguito all'insuccesso del gioco. A fine mese ci sono stati inoltre 230 licenziamenti dentro Niantic, lo studio di Pokémon GO, e venticinque dentro Daedalic, che dopo il flop di The Lords of the Rings: Gollum ha smesso del tutto di sviluppare videogiochi. Giugno è anche il mese in cui è iniziato il programma di ristrutturazione lacrime e sangue di Embracer, che si concluderà a marzo 2024, dovuto al già citato mancato accordo con il fondo arabo per i videogiochi che gli avrebbe fruttato 2 miliardi di dollari.
A luglio la situazione resta ancora drammatica, con Activision Blizzard che ha licenziato cinquanta dipendenti del settore esport e CD Projekt che ha lasciato a casa un numero non precisato di altre persone.
Anche agosto è stato un mese relativamente tranquillo, con il licenziamento di trentadue dipendenti di Striking Distance, dovuto all'insuccesso di The Callisto Protocol, e quello di cinquanta dipendenti di BioWare, che già aveva sofferto nei mesi precedenti finendo sotto la mannaia di EA. La notizia più ferale del mese è stato l'addio allo sviluppo di Mimimi Games per l'insuccesso di Shadow Gambit.
A settembre però la situazione è letteralmente esplosa: Ascendent è stata costretta a licenziare quaranta persone per le vendite deludenti di Immortals of Aveum; Embracer ha licenziato in Crystal Dynamics, lo studio di Tomb Raider e in Beamdog, il team delle versioni Enhanced di Baldur's Gate, Torment e Icewind Dale; Roblox ha lasciato a casa i dipendenti del team di ricerca del personale. Tra gli eventi che hanno fatto più rumore ci sono stati la cancellazione Hyenas, sparatutto live service di Creative Assembly, che ha portato SEGA a un gran numero di licenziamenti nello studio dei Total War, e la tornata di 900 licenziamenti operata da Epic Games, che ha colpito in particolare Mediatonic, lo studio di Fall Guys
Arrivato ottobre, è iniziato un trimestre particolarmente drammatico: Amazon ha licenziato ancora in Twitch; Electronic Arts ha licenziato i tester di Dragon Age: Dreadwolf, dopo che si erano sindacalizzati; Telltale ha mandato a casa la gran parte del team, tra cui persone impegnate nello sviluppo di Wolf Among Us 2; Frontier Developments ha annunciato dei licenziamenti dovuti alle scarse vendite di F1 Manager; Epic Games ha continuato a licenziare colpendo Bandcamp; Embracer ha invece licenziato dentro Zen Studios, la software house dei Pinball FX. Anche PlayStation non è stata immune al fenomeno e ha annunciato la chiusura di Visual Arts e licenziamenti dentro Media Molecule e Bungie.
Novembre è stato un altro mese pieno di licenziamenti: Ubisoft ha fatto cadere la mannaia sullo studio di Montreal VFX e sul team IT globale; Digital Extremes, lo sviluppatore di Warframe, ha licenziato parte del personale; Unity ha annunciato altri probabili licenziamenti per l'inizio del 2024; Amazon ha lasciato a casa altre 180 persone della divisione giochi; Digital Bros ha annunciato il licenziamento di un terzo della sua forza lavoro; Humble Game ha annunciato licenziamenti così come Embracer, che ha parlato di 900 persone lasciate a casa nel trimestre fiscale precedente. La stessa nel corso del mese ha chiuso Free Radical, lo studio di TimeSplitters, e Fishlabs, lo studio di Chorus. SEGA ha annunciato altri licenziamenti all'inizio del prossimo anno, per minacciare chi si è sindacalizzato all'interno dell'azienda.
Dicembre, infine, ha già visto licenziamenti da parte di Phoenix Labs, di Electronic Arts (che nel caso ha colpito Codemasters, lo studio di EA Sports WRC e della serie F1), di Embracer (che ha chiuso New World Interactive, lo studio della serie Insurgency e ha colpito duramente 3D Realms e Slipgate Ironworks), di TinyBuild (che ha chiuso lo studio interno Hakjak, quello di Pigeon Simulator) e di League of Geeks (che ha lasciato a casa metà del team nonostante i due progetti all'attivo). Infine, il 19 dicembre Tencent ha chiuso Team Kaiju.
L'anno che verrà
La speranza è che il 2024 sia un anno meno critico dal punto di vista dei licenziamenti, anche se è difficile intravedere un'inversione di tendenza, considerando che i problemi principali dell'industria non sono stati ancora risolti. Francamente è arduo trovare una via d'uscita per il mercato tradizionale, che non sia quella di un ridimensionamento generale, in verità già in corso, tra giochi cancellati e i grandi editori che si stanno concentrando su poche proprietà intellettuali ben affermate, tagliando tutto il resto. Anche servizi come il Game Pass si sono rivelati solo dei cerotti, incapaci di fermare l'emorragia di una ferita ben più grande e profonda di quanto non appaia sotto ai pixel colorati che ci abbagliano giornalmente.