Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Un ladro scaltro e letale, Tepeu, una creatura mitologica centenaria dai grandi poteri, Majin: una strana coppia unita per cercare la causa di un oscuro male, Tenebra, un liquido nero e viscoso che ha reso inospitali e mortali le diverse regioni del mondo, e porre fine alla sua esistenza per riportare la prosperità. È da questo incipit che trae spunto Majin and the Forsaken Kingdom per dare vita a un interessante ibrido tra platform, puzzle game e action adventure, con uno stile molto vicino a quello di Ico, che a causa di alcuni problemi tecnici e strutturali non riuscì a ottenere quel bollino verde da parte della stampa, che altrimenti avrebbe ampiamente meritato.
Un ladro e il suo cucciolo
Come rilevammo all'epoca della recensione, un frame rate non sempre stabile, l'eccessiva presenza di meccaniche di back-tracking e un conseguente pesante fenomeno di respawn degli avversari, che alla lunga era davvero fastidioso, furono le cause del poco successo del gioco. Se da un lato il nucleo centrale del prodotto c'era tutto, dall'altro mancava una certa rifinitura in alcuni elementi tale da limitare in parte le grandi potenzialità del titolo.
Realizzato da Game Republic, azienda estremamente eclettica e indipendente che nella sua storia ha prodotto titoli diversissimi e con alterne fortune su molte piattaforme, destreggiandosi tra titoli di genere non proprio riuscitissimi e progetti personali di ben altro spessore, come Folklore, il titolo faceva leva su un'atmosfera fiabesca corroborata da un disegno piuttosto artistico in termini di forme e colori, su un ottimo level design, e su una giocabilità capace di catturare e coinvolgere l'utente come pochi, grazie a una serie di trovate interessanti in termini proprio di gameplay.
Caratterizzato da rompicapi, puzzle ambientali ed enigmi risolvibili tramite l'interazione della coppia di protagonisti, Majin and the Forsaken Kingdom proponeva infatti delle meccaniche piuttosto interessanti: non si trattava solamente di cercare una chiave per aprire una porta o di spostare una cassa, ma al contrario risolvere delle situazioni combinando magari fasi di combattimenti con vertiginose fasi platform per così mettere assieme i vari pezzi del mosaico. Il mondo di gioco era di fatto un enorme puzzle ambientale da esplorare seguendo un certo ordine, anche se veniva concessa molta libertà, e al suo interno fondamentali si rivelavano i poteri e i potenziamenti da acquisire, tutti vincolati alla soluzione degli enigmi o al miglioramento dei personaggi per i combattimenti.
Interessante ma lacunoso
Questi, come accennato prima, erano un altro dei punti dolenti del gioco, non solo perché i nemici non brillavano molto per intelligenza, ma soprattutto per una certa ripetitività di fondo dovuta alla necessità di tornare spesso sui propri passi durante l'avventura e quindi nel ripercorrere strade già battute, imbattersi in decine di nemici a causa di un respawn selvaggio. Ad ogni modo, nonostante fossero sottotono rispetto alla complessità della parte esplorativa/platform, queste sessioni avevano anche degli aspetti positivi, come una buona diversificazione degli avversari, alcuni vulnerabili a una sola magia o da colpire in un punto solo, altri ancora da uccidere silenziosamente, e nelle soluzioni offerte per venirne a capo.
C'erano infatti delle arene in cui le dinamiche da puzzle ambientale erano alla base della risoluzione delle battaglie agendo su vari elementi dello scenario, azionando in tal senso trappole e molto altro. Allo stesso modo il sistema di controllo funzionava nella sua semplicità e risultava piacevole: Tepeu non vantava un set di attacchi particolarmente numeroso, di fatto un semplice button mashing con tanto di quick time event a un tasto finale, mentre la creatura combatteva automaticamente. Gli scontri erano poi utili per i due eroi per guadagnare esperienza e di conseguenza aumentare le loro statistiche e il loro livello di amicizia che era direttamente proporzionale alla quantità dei danni inflitti dalle combo "finali" che i due potevano realizzare insieme. Insomma, un titolo valido, caratterizzato da fasi platform e di puzzle solving davvero ben strutturate e appaganti in cui le dinamiche di coppia funzionavano alla grande, come detto limitato da alcune imperfezioni comunque non insormontabili da eliminare in un seguito.
Purtroppo il team di sviluppo del gioco, Game Republic, non c'è più, e molti dei suoi elementi sono confluiti in Tango Gameworks, ragion per cui è quasi impossibile poter vedere un eventuale Majin and the Forsaken Kingdom 2. Ma nella vita, come si è soliti dire, "mai dire mai". E chissà che prima o poi in un modo o nell'altro, anche sotto qualche nuova "forma" per aggirare eventuali problemi di copyright, non salti fuori un progetto che renda giustizia, limandone i difetti, a un gioco che come accennato all'inizio, avrebbe meritato maggior considerazione se non avesse avuto qualche problema tecnico.