Cristina Nava, Producer di Mario + Rabbids: Sparks of Hope a Ubisoft Milano, è stata ospite del Cortocircuito, in diretta dalla Milan Games Week 2022. Nel corso di una lunga chiacchierata con Pierpaolo Grieco, Alessio Pianesani e Francesco Serino hanno parlato non solo dell'ultimo titolo sviluppato dallo studio italiano, ma anche delle difficoltà incontrate, del passato di Ubisoft Milano e delle prospettive dei giovani game designer in Italia.
In questa intervista con Cristina Nava, realizzata nell'acquario per le dirette streaming di Casa eBay, siamo riusciti ad approfondire i dietro le quinte di uno degli studi di sviluppo più importanti e prestigiosi del nostro Paese trattando anche di tematiche fondanti per l'industria come la gestione dei leak o l'implementazione di novità radicali.
Innovare è una scelta
Tu eri stata qui al Cortocircuito tanti anni fa per il primo Mario + Rabbids, giusto?
Si si! Sono prigioniera di questo acquario e non ho neanche una sedia da gaming! (ridono)
Cominciamo subito: Mario + Rabbids Sparks of Hope è un titolo davvero unico: una licenza Ubisoft incontra una licenza Nintendo ed è pure fatto in Italia. Il primo gioco è stato molto celebrato e siete riusciti a lasciare il segno anche con Sparks of Hope, quindi ti chiediamo, quanto è stato difficile lavorare sul sequel di un prodotto così importante partendo da una scelta coraggiosa come quella di eliminare la griglia?
No pressure (ride). Sì, è stata una scelta molto azzardata quella di rimuovere la griglia. Dopo il successo di Mario + Rabbids Kingdom Battle, l'estate dopo aver pubblicato il DLC Donkey Kong Adventure, ci siamo riuniti e ci siamo detti 'non possiamo fermarci qui, è andata bene, facciamone un altro!' Ci hanno permesso di farlo e abbiamo pensato che con il titolo appena uscito siamo stati una sorpresa buttando i Rabbids nel Regno dei Funghi, ora però ci serve qualcosa di nuovo per sorprendere non solo i giocatori ma anche noi stessi perché ci piacciono le sfide. Allora abbiamo deciso di sconvolgere le regole del tattico a turni rimuovendo la griglia, introducendo il movimento in tempo reale e aggiungendo il movimento libero durante l'esplorazione. Tutte cose non semplicissime per un tattico a turni.
Come si evolve un titolo di successo
Ubisoft e Nintendo sono grandi case che tendenzialmente quando giocano una carta che funziona sono restie a cambiarne i pilastri portanti. Avete avuto supporto da subito dalla casa madre o avete dovuto discuterne?
Devo dire che noi abbiamo la fortuna di esserci guadagnati una certa fiducia. Quando i nostri designer come Davide Soliani hanno pensato a come stupire ancora i giocatori con cose come la rimozione della griglia, eravamo consapevoli che fosse un azzardo e ci siamo chiesti fin da subito se avrebbe funzionato. Non vi nascondo che all'inizio non funzionava in fase di prototipo. Abbiamo fatto tante prove, tanti prototipi e tanti playtest per trovare l'equilibrio giusto. Non abbiamo desistito perché noi siamo testardi ed eravamo convinti, forse in modo un po' presuntuoso, che avremmo trovato la chiave giusta. Sapevamo che c'era una via per introdurre queste novità, anche perché siamo consci che il tattico a turni sia un genere di nicchia. Kingdom Battle è andato bene allora perché non ampliare ancora di più questo pubblico? Il tattico a turni non è ostico, è divertente e poi abbiamo una bella storia e dei personaggi molto popolari allora perché non fare in modo di attirare un pubblico più ampio rendendo più commestibile un genere di nicchia? Sappiamo che abbiamo degli hardcore gamer affezionati alla formula ma ci siamo dati l'obiettivo di trovare un equilibrio tra il tattico a turni e il movimento in tempo reale che fosse funzionale.
A livello di comunicazione, raccontare all'utenza i cambiamenti e l'aumentata accessibilità è un processo difficile?
Lo stiamo ancora facendo di raccontare tutto questo agli utenti perché il gioco è uscito da pochissimo. La comunicazione è ancora in atto e noi ci siamo affidati anche al passaparola perché un conto è che io arrivi qui alla Games Week e vi dica 'guardate che abbiamo abbassato la barriera di ingresso e il gioco vi prende per mano ancora di più', ma questo non vuol dire che tradiamo la base di fan affezionati. Abbiamo tre livelli di difficoltà, facile, medio e difficile, e in più abbiamo aggiunto l'opzione dell'invulnerabilità proprio perché abbiamo una storia molto forte e sappiamo che ci sono persone che vogliono giocare anche solo per la narrativa.
Molti giocatori più giovani confondono la profondità con la difficoltà, per cui una cosa può essere complessa, ma non punitiva giusto?
Vi ringrazio per questa distinzione perché nonostante Sparks of Hope sia più accessibile di Kingdom Battle, chi vuole degli strati di difficoltà strategica li troverà con facilità.
Il futuro di Sparks of Hope
Avete già annunciato che arriveranno dei DLC, non so quanto tu ci possa dire ma possiamo aspettarci lo stesso tipo di originalità con l'aggiunta di nuovi elementi o sarà un'esperienza super hardcore o magari una cosa più per la massa?
Le novità che abbiamo introdotto nel gioco principale rimangono, non vogliamo stravolgere il nuovo gameplay con un DLC. Vogliamo aggiungere elementi, non voglio spoilerarvi troppo ma posso dire che ci sarà una modalità aggiuntiva, avremo un mondo e una storia nuovi e poi abbiamo Rayman quindi ci sarà un eroe giocabile in più.
C'è questo grande mito che gli sviluppatori, quando chiudono un gioco, si prendono tre mesi di vacanza, non ti è arrivata questa voce?
Guarda io quegli sviluppatori non li conosco! (ride). Come saprete ormai i giochi non si "chiudono" più perché c'è tutto il periodo di post lancio e i DLC ne fanno parte. È chiaro che noi siamo molto attenti al benessere del team quindi non promuoviamo il crunch. È anche vero che non ci fermiamo, non prendiamo l'anno sabbatico o i tre mesi di ferie. Arriveranno le vacanze ma è chiaro che se vogliamo dare dei contenuti aggiuntivi ai giocatori non possiamo fermarci, il gioco è appena uscito!
Come nel cinema è cominciato anche per il mondo dei videogiochi quel circo di interviste ed eventi promozionali post lancio o non c'è abbastanza interesse?
Io e Davide Soliani ci dividiamo gli impegni diciamo...
A te è toccato il Cortocircuito! (Ridono)
Ed è una parte preponderante del post lancio, poi per quanto mi riguarda è una delle parti migliori perché non mi prendo le ferie ma poi finisco in Brasile, a Londra, magari negli USA ed è sempre bello.
Gestire un lancio così a ridosso del Black Friday è una cosa complessa da gestire a livello di posizionamento del prodotto e del prezzo di uscita?
Sono cose che non gestisco io di persona, fortunatamente, però sicuramente ci sono tante valutazioni da fare e abbiamo scelto l'uscita autunnale. Sappiamo che è un periodo affollato ma sappiamo anche il valore del dare un posto di primo piano a un gioco di questo tipo con dei personaggi così popolari.
Il rapporto con Nintendo e la Pandemia
Dicevi prima che avete potuto sviluppare Sparks of Hope con più fiducia da parte di Nintendo, com'è cambiato lavorare con loro a questo secondo titolo rispetto al primo con anche in mezzo la pandemia?
Nintendo è Nintendo, noi abbiamo una lunga storia di partnership con loro che non è nata con Mario + Rabbids. È vero che prima si trattava di far collaborare Ubisoft con Nintendo sulle piattaforme, poi i giochi erano sviluppati completamente da Ubi. Anche Mario + Rabbids è sviluppato completamente da Ubisoft ma essendoci Mario la Partnership con Nintendo è ancora più stretta. Con il gioco precedente ci siamo guadagnati la fiducia di Nintendo, con Sparks of Hope è stato sia più facile sia più difficile perché dovevamo confermare a noi stessi, a loro e a tutta Ubisoft che potevamo replicare questo "miracolo" a cui all'inizio non credevamo nemmeno noi stessi! L'altra difficoltà è stata che la formula era nota, quindi non dovevamo solo fare un gioco bello come il precedente ma anche capire cosa potessimo dare un più. Avremmo potuto aggiungere eroi e mantenere la stessa formula di Kindgom Battle ma noi per primi ci siamo detti che saremmo stati pazzi a perdere una simile opportunità. Noi abbiamo voluto arricchire l'universo narrativo uscendo dal Regno dei Funghi e andando in una galassia. Una volta che le nostre ambizioni sono diventate cosmiche abbiamo deciso di aggiungere anche elementi di Mario Galaxy.
A livello di gestione del doppio franchise, quindi, è stato più facile nonostante la pandemia che vi ha impedito di vedervi?
Ci conoscevamo meglio dopo il primo titolo quindi siamo riusciti anche a comunicare meglio. Ovviamente noi sapevamo il loro modo di comunicare e loro il nostro, noi sapevamo quando osare e quando no, quindi entrambi abbiamo preso le misure. Poi con la pandemia di mezzo non siamo potuti andare in Giappone e non abbiamo avuto quel contatto diretto che c'è stato con Kingdom Battle. Visto che il rapporto è consolidato andremo a posteriori a festeggiare in Giappone anche perché il 2 dicembre esce l'edizione giapponese.
È stato un anno molto particolare, tra ritardi ed uscite, anche dal vostro punto di vista di sviluppatori è stato un anno strano?
È stato un anno strano dopo una serie di anni strani. Nel 2020 ci siamo dovuti abituare a sviluppare da remoto ma noi eravamo avvantaggiati dal lavorare con altri studi nel mondo e quindi abituati a una pipeline frammentata. Questo però non al livello dei singoli individui all'interno dello stesso ufficio, quindi ci siamo dovuti abituare anche a lavorare separati. Fortunatamente ci siamo riusciti bene, poi la pandemia si è ammorbidita e siamo piano piano tornati in studio. Lì ci siamo dovuti riabituare a stare di persona e capitava persino che ci si scrivesse su Teams quando potevamo girarci e parlare. È stato pesante ed è vero che l'industria ne ha risentito però noi siamo riusciti a non perdere nemmeno una settimana di produzione.
È aumentata la paura dei leak visto il lavoro da remoto?
Per Sparks of Hope no, mentre per Kingdom Battle il leak del gioco è stato pesante ai tempi. Noi non avevamo ancora potuto dimostrare cos'era il gioco, o far provare una demo, e molti si sono presi male. Quando è leakato Sparks of Hope poche ore prima dell'Ubisoft Forward, invece, abbiamo ricevuto tantissimo amore perché tutti erano contenti che il gioco sarebbe uscito a breve.
Visti tutti i leak che sono usciti a destra e a manca secondo te, da producer, qual è l'anello debole della catena?
Non posso parlare per gli altri ma vista la comunicazione digitale è quasi impossibile avere una tenuta stagna e quello che succede è che non è mai lo stesso punto debole due volte. Un conto è quando si portavano i presskit o le demo a mano, ora è tutto più complicato. Per uno sviluppatore comunque non è bello perché noi vorremmo sempre presentare il gioco nella sua forma migliore. È come se avessi pronto un vestito per la serata di gala e i fotografi ti entrano in casa quando sei in ciabatte e in pigiama.
I traguardi e i talenti di Ubisoft Milano
Ubisoft Milano è un bel portabandiera dello sviluppo italiano quindi ti chiediamo: come vedi il panorama dello sviluppo nel nostro Paese?
Negli ultimi 4 o 5 anni c'è stato un vero e proprio cambio di marcia, c'è molto più fermento e seguendolo da vicino, non solo da sviluppatrice ma da appassionata, ho notato che il panorama indie è davvero cambiato. Sono nella giuria dell'Indie Forge di Red Bull e ho visto in anteprima giochi già usciti o che devono uscire quindi è bellissimo vedere come si sia alzata l'asticella. C'è tanto fermento e la qualità si sta sempre più alzando. Ci sono più corsi di studio e accademie che insegnano l'arte e poi c'è voglia di intraprendere questo percorso perché c'è consapevolezza che questa sia non solo un'industria enorme ma anche un lavoro vero e proprio. Io sono qui, nel mio ruolo di sviluppatrice quasi per caso, nella mia vita precedente facevo la scrittrice, poi nel 2008 ho letto un annuncio della Ubisoft che cercava un game designer a Milano. Io mi sono detta 'caspita fanno videogiochi a Milano?' Ero io stessa una giocatrice quindi ci provai, non mi presero come game designer ma tennero il mio cv e quando cercarono una scrittrice hanno pensato a me. Il primo gioco che ho scritto è stato un casual chiamato Motion Sports, un'esclusiva Kinect, in cui mi sono occupata di tutto il commento sportivo. Tra l'altro per l'edizione italiana avevamo Guido Meda.
Ubisoft Milano, poi, ha tirato fuori delle cose davvero incredibili, avete prodotto il diario magico per il DS, lo aprivi proprio come un diario e potevi scriverci!
Io arrivai appena dopo lo sviluppo di Giulia Passione Amiche e segreti, per DS, quello con il diario che dicevi, e fu un successo. Ubisoft Milan è nata addirittura nel '98 e ce ne sono state di collaborazioni interessanti negli anni. All'inizio abbiamo sviluppato anche Rayman, cose per Rainbow Six, per Ghost Recon, e quella è stata un'esperienza veramente formativa. Ghost Recon Breakpoint, in particolare, è stata una sfida perché dovevamo cambiare le regole del gioco, ma il titolo è stato recepito non benissimo. Non è stato solo il periodo, anche il pubblico doveva essere pronto ad assorbire le nostre innovazioni perché se i fan vogliono Wildlands 2 e tu gli dai Breakpoint (che a me è piaciuto un sacco) ci sarà della discordia. Paradossalmente è stato un processo simile a quello che abbiamo fatto con Sparks of Hope: i fan magari vogliono Kingdom Battle 2 e noi gli diamo Sparks of hope, come verrà recepito? C'è un po' di tensione. Lavorare su Breakpoint è stato molto formativo perché ti interfacci con un altro motore di sviluppo, con un altro franchise quindi ovviamente ti arricchisci. Per esempio, un animatore che lavora su Mario + Rabbids, che è in keyframe, che passa a Ghost Recon, che è in motion capture, impara tantissimo e amplia il suo bagaglio di conoscenze. Poi cambiano i processi di produzioni perché passi da studio lead a studio associato perché il brand nasce in un altro posto, quindi impari a collaborare con gli altri in modo costruttivo e produttivo.
Sono mai entrati negli uffici di Milano i ballerini di Just Dance? Perché ci dicono che sono davvero fluorescenti.
Allora vuoi tirare fuori tutta la storia? Non posso dire molto, ma noi abbiamo sviluppato per 4 anni Just Dace e ovviamente il nostro team si è arricchito di coreografi, ballerine e ballerini. Voi immaginatevi i game designer che devono diventare dei designer di balletti, è bellissimo. Uno dei nostri sviluppatori, quando ci dissero che avremmo lavorato a Just Dance, è arrivato il giorno dopo con scarpe da ginnastica pantaloncini e t-shirt e così tutti gli altri.
Attualmente Ubisoft Milano sta cercando talenti?
Noi ora stiamo cercando dei game designer e siamo sempre a caccia di nuovi talenti. Non è facile perché a volte servono figure junior per cui chi è appena uscito dall'università può proporsi, magari c'è la volta in cui ci serve una figura senior che formi altre persone. L'offerta da parte nostra è sempre aperta: sul sito trovate le posizioni disponibili e vi invitiamo a proporvi, non abbiate paura. Mi sono capitate persone che hanno detto 'non ho l'esperienza necessaria, non oso mandare la mia candidatura' ma perché no! Nel caso non ci sia l'annuncio per la posizione giusta e vi vogliate proporre con una candidatura spontanea mandate comunque il cv perché resta nel sistema e come a me potrebbe capitarvi di essere richiamati.