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Metroid Dread, Samus da esploratrice diventa una ninja galattica

L'ultima trasformazione di Samus Aran, che in Metroid Dread è diventata una guerriera eccezionale, rinunciando in parte all'esplorazione.

SPECIALE di Alessandro Bacchetta   —   14/12/2021
Metroid Dread
Metroid Dread
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In pochi, a inizio 2021, si sarebbero aspettati il ritorno di Samus Aran e, tra quei pochi, ancora meno avrebbero scommesso su un Metroid bidimensionale. Del resto, nonostante i problemi, Metroid Prime 4 è stato annunciato da più di quattro anni.

In un 2021 abbastanza sottotono per quanto riguarda le produzioni interne Nintendo, ha ricevuto molto spazio EPD 7, ultima cellula sopravvissuta del vecchio team di Gunpei Yokoi, R&D1. È una squadra che ha molti più brand di quanti possa gestirne e, infatti, tutte e tre le opere lanciate quest'anno sono state sviluppate in collaborazione con altri studi: Famicom Detective Club (Mages), WarioWare: Get It Together! (Intelligent Systems) e, naturalmente, Metroid Dread (con gli iberici di MercurySteam).

Prima di analizzare l'ultima metamorfosi di Metroid, è bene approfondire un pochino l'argomento appena introdotto. Switch non solo ha raccolto tutte le produzioni interne Nintendo sotto un unico ombrello, ma ha anche forzato alcuni team, storicamente legati al mondo portatile, a compiere un balzo tecnologico non indifferente. È uno dei motivi per cui, dall'ultimo (inedito) Metroid dell'attuale EPD7, sono trascorsi così tanti anni: la squadra non solo ha poca dimestichezza con l'alta definizione, ma coi poligoni in generale. Non casualmente la prima console portatile in cui i team di Miyamoto hanno avuto un ruolo più importante di quelli dell'ex R&D1, è stata proprio la prima a essere pensata per gestire un engine poligonale: ci riferiamo, ovviamente, a Nintendo DS. Esattamente come ai tempi di Nintendo 64, e nonostante le straordinarie vendite della piattaforma, Samus Aran saltò l'appuntamento generazionale (creazioni occidentali escluse, naturalmente).

Trovare un collaboratore adeguato, che potesse aiutare il gruppo a livello tecnologico, non è stato affatto semplice. Sakamoto ci aveva già provato nel 2010, con Metroid: Other M e il Team Ninja. Si trattò di un gioco dai finanziamenti alti e che ha avuto un grande budget pubblicitario, che tuttavia si è rivelato un flop sia in termini di critica che di vendite. Tuttavia, almeno in parte, già in quel contesto si intravedeva la volontà di approfondire le abilità atletiche, e belliche, di Samus Aran. Ci sarebbero voluti altri sette anni per trovare l'alleato ideale: in questo senso, Metroid: Samus Returns (del 2017) - per quanto bello - si può considerare una specie di prova generale, un test a MercurySteam, per capire se potesse essere all'altezza dell'oneroso compito. Da lì in poi, gli spagnoli e i creativi nipponici di EPD 7, si sono messi al lavoro su Metroid Dread: un titolo che era già emerso in era Nintendo DS, ma che il team non aveva le capacità, o il budget (o entrambe), per scolpire degnamente.

La concorrenza dei metroidvania

Metroid Dread: una delle prime aree del gioco
Metroid Dread: una delle prime aree del gioco

Settimane fa vi abbiamo parlato della storia dei metroidvania e di quanto la saga di Metroid sia stata importante (assieme, ovviamnete, a Castlevania) nel definire quello che, a tutti gli effetti, è diventato uno dei generi dominanti del mercato indie. Negli ultimi anni sono usciti dei videogiochi eccellenti, con delle meccaniche certosine e dei contesti narrativi elaborati, il cui punto apicale, in attesa del seguito, è stato probabilmente Hollow Knight. Non era facile, per Metroid, confrontarsi in un contesto del genere; il rischio di fare una figuraccia, di essere soverchiati da produzioni indipendenti, esisteva eccome.

A questo punto, bisogna prendere in considerazione due elementi. Il primo è che, nonostante Metroid sia nato come gioco principalmente esplorativo e non lineare (il primo aveva tratti da open world bidimensionale, effettivamente), già in passato si era orientato in terreni più lineari. Metroid Fusion, ampiamente lodato dalla critica, si era distaccato fortemente dai predecessori: più guidato, più incentrato sull'evoluzione della storia, molto poco esplorativo. Allo stesso tempo, era un gioco che approfondiva grandemente l'universo narrativo della serie; un universo narrativo che era tra gli aspetti più importanti del già citato Metroid: Other M, titolo che ha provato a donare una profondità psicologica a Samus Aran, non ottenendo però grandi risultati. In effetti, le grandi doti narrative di Metroid non sono mai state nell'intreccio - nonostante svariati tentativi - quanto nell'atmosfera tenebrosa e nelle musiche minacciose.

In Metroid Dread, Sakamoto non ha rinunciato completamente alle sue velleità narrative. L'intreccio è stato portato avanti con nuovi colpi di scena e in maniera piuttosto coerente alle rivelazioni passate. Tuttavia, non si può dire che sia uno degli aspetti preponderanti del gioco, né tra quelli più riusciti.

Caratteristiche storiche rinnovate

Metroid Dread: una delle migliori ambientazioni del gioco
Metroid Dread: una delle migliori ambientazioni del gioco

Metroid Dread gode di una buona realizzazione tecnica tuttavia, a livello visivo, non è particolarmente ispirato. Le ambientazioni memorabili sono poche e spesso conservative: anche gli azzardi, tra l'altro poco frequenti, non sempre si rivelano riusciti. Chiaramente esistono delle eccezioni, come la conclusione - notevole anche dal punto di vista narrativo - ma in generale la sensazione è di trovarsi di fronte a un gioco cosciente dei propri limiti, che in questo ambito si rifiuta di osare.

Il vero motivo per cui Metroid Dread è riuscito a soddisfare appassionati e critici, quindi, non si trova né nella narrazione, né nelle ambientazioni. Metroid Dread è riuscito nel suo intento perché ha un'impostazione molto chiara, un'impostazione che si rifiuta di competere coi coevi metroidvania: se lo avete giocato, sapete quanto l'esplorazione di Metroid Dread sia "finta". Non è necessariamente un male, anzi: come abbiamo già scritto, il gioco punta su altro. E il level design, da questa prospettiva, è cristallino: le varie aree sono composte da stanze intricatissime, ma che tra loro sono intrecciate in modo da non indurre il giocatore allo smarrimento. La sensazione di trovarsi in un ambiente labirintico permane ma, appunto, è solo una sensazione: se vi siete bloccati, probabilmente è più per distrazione (o volontà) vostra che per necessità del gioco, assolutamente propenso a suggerirvi la prossima area "giusta" da affrontare.

Metroid Dread: un incontro ravvicinato con gli E.M.M.I.
Metroid Dread: un incontro ravvicinato con gli E.M.M.I.

Perfino l'impatto emotivo dei vecchi Metroid, in cui spesso si percepiva inquietudine e solitudine a causa del mondo ostile, è stato sapientemente mantenuto in modo alternativo. Ci riferiamo, naturalmente, alle zone presiedute dagli E.M.M.I.: delle creature quasi indistruttibili da cui, principalmente, bisogna scappare (pena morte certa). Nonostante le meccaniche relativamente ripetitive, gli incontri sono talmente ansiogeni e ben gestiti nella frequenza, da restare inquietanti per tutta l'avventura. Perfino la classica emozione di aver "conquistato un'area", che in passato avveniva attraverso l'acquisizione di nuovi poteri e la conseguente comprensione di un territorio, qui è perpetuata dalla liberazione di una zona E.M.M.I.: insomma, Sakamoto ha trovato tre espedienti intelligenti per preservare certe sensazioni senza porle in primo piano.

Ninja

Metroid Dread: le abilità atletiche di Samus Aran sono migliori che in passato
Metroid Dread: le abilità atletiche di Samus Aran sono migliori che in passato

L'autentica unicità di Metroid Dread infatti, sia rispetto ai predecessori che rispetto agli altri metroidvania, risiede nella sua anima action. Il sistema di controllo è preciso, morbido e vario come mai prima: guidare Samus Arun è davvero un piacere (provate ad avviare un qualsiasi Metroid bidimensionale dopo questo, e vedrete quanto vi sentirete "legati"). Un sistema di controllo profondo e soprattutto non fine a sé stesso: la cacciatrice non è mai stata così atletica e performante, sia nei salti che nelle sparatorie.

E qui arriviamo a un'altra caratteristica chiave della serie, anch'essa preservata in maniera "diversa" dal passato, ovvero la sua difficoltà. Gli scontri coi boss di Metroid Dread sono memorabili e prevedono l'apprendimento di un pattern preciso. Raramente un nemico si può colpire in più di un modo: una scelta teoricamente limitante, ma realizzata talmente bene da non risultare mai frustrante. In venti minuti si passa da prendere sonore mazzate, al comprendere e prevenire le mosse dell'avversario: in teoria, ogni boss può essere sconfitto, attraverso un'esecuzione perfetta, senza subire alcun danno. Un'impostazione che non sarebbe stata così soddisfacente - anzi, sarebbe risultata limitante - senza l'eccellente sistema di controllo di cui parlavamo poc'anzi.

Metroid Dread: la 'parata' di Samus, utile dall'inizio alla fine dell'avventura
Metroid Dread: la "parata" di Samus, utile dall'inizio alla fine dell'avventura

Saltare, muoversi e sparare, in Metroid Dread, è estremamente appagante. Appagante come in pochissimi altri giochi usciti quest'anno: non è un caso che ai The Game Awards sia stato candidato come miglior titolo dell'anno, e premiato come miglior "action/adventure". C'è riuscito per l'eccellenza di questa componente, ma anche per aver sapientemente declinato - come detto nel paragrafo precedente - delle caratteristiche storiche della serie in base alle nuove esigenze. L'esplorazione è quasi irrilevante, a meno che non si vogliano trovare tutti gli oggetti nascosti, eppure la sensazione di trovarsi all'interno di un percorso labirintico è preservata attraverso delle eleganti scelte di level design.

Metroid Dread ha vari aspetti contestabili e poco "contemporanei". Ci sono pochi incentivi a rigiocarlo e raccogliere ogni oggetto nascosto è piuttosto inutile. I colpi di scena non sono particolarmente sconvolgenti, e la conseguente reazione della protagonista è spesso inadeguata. Ma il lavoro svolto è notevolissimo, sia nell'accettare i propri limiti sia nel trovare un nuovo punto di forza a una serie storica e prestigiosa come questa. Metroid Dread non è un grandissimo metroidvania - nemmeno ci prova - ma è un grandissimo gioco d'azione, e probabilmente, considerando il budget e la lunga assenza, non era possibile aspettarsi di meglio.