Il 6 agosto 1986 uscì in Giappone, per Famicom Disk System, Metroid. La pubblicazione in Occidente sarebbe arrivata solamente un anno dopo e in Europa addirittura nel gennaio 1988. A differenza che nell'originale, e diversamente dall'adattamento di The Legend of Zelda, la cartuccia nostrana di Metroid non consentiva di salvare, ma si affidava a un intricato sistema di password. Dettagli: la creazione Nintendo riuscì comunque a imporsi come terzo pilastro dell'azienda. Mario, Zelda, Metroid. Tre nomi in sequenza che, negli anni successivi, avremmo voluto leggere più spesso assieme.
Invece Metroid, tra i grandi titoli Nintendo, è stato quello maggiormente sbalzato qua e là. Una delle ragioni principali, come avevamo scritto in questa puntata de La Bustina di Lakitu, è che non si tratta di una creazione di Miyamoto: non è una colpa del maestro nipponico, semplicemente la sua divisione, col passare del tempo, è diventata sempre più ricca e potente... a discapito delle altre, che infatti - ad oggi, nel 2021 - sono ormai una piccola percentuale, totalmente impossibilitate a generare titoli ad alto budget.
La seconda motivazione, naturalmente, è che Metroid non ha mai avvicinato i risultati commerciali di Mario, e nemmeno di Zelda. Nonostante questo, il suo lignaggio è indubbiamente nobiliare. E su NES i suoi dati di vendita sono stati più che buoni, superiori ai due milioni e mezzo di copie. Due milioni e mezzo di copie che, attenzione, non equivalgono certo a ciò che rappresenterebbero nel 2021: per le minori dimensioni del mercato e la conseguente influenza, per il prezzo - considerata l'inflazione - decisamente più alto che nel 2021.
Non siamo qui, tuttavia, per parlare dell'intera saga, di quello che ha passato dopo il fulminante debutto su NES, della straordinaria conferma su SNES. Siamo qui per parlare del primo episodio, quello che ha originato tutta la saga di Samus Aran, la cacciatrice di taglie che con le sue avventure, inconsapevolmente - e imprevedibilmente - ha dato il nome a un intero genere.
Nel nostro speciale per i 35 anni di Metroid vi presentiamo la storia del primo, indimenticabile gioco per NES.
Sviluppo
Nella genesi di Metroid non ci sono atti leggendari, come quello che, ad esempio, accompagnò la gestazione di The Legend of Zelda: in un solo giorno, dividendosi il foglio a metà, Miyamoto e Tezuka disegnarono l'intera mappa di Hyrule. Metroid è stato sviluppato da R&D1, il team di Gunpei Yokoi, che produsse l'intero progetto: l'intenzione, poi concretizzatasi, era quella di finalizzare un videogioco in un solo anno. Un'altra massima del compianto designer giapponese era che "se sai disegnare, sai anche creare un videogioco": e così il giovane - all'epoca - Kyotake (character designer di Samus) venne messo a capo del progetto.
Abbiamo appreso da questa intervista con gli sviluppatori che, per lunghi mesi, Metroid venne progettato solamente da due persone: una era lo stesso Kyotake, l'altra non la conosciamo (ma sappiamo che erano entrambi alle prime esperienze di sviluppo). L'idea era quella di generare non tanto un "anti Super Mario Bros.", quanto di creare un'opera che si esaltasse nelle tematiche, e nelle soluzioni, non affrontate dall'idraulico. I concetti erano chiari: serviva un'avventura non lineare, non suddivisa a livelli, un gioco in cui i nemici non andassero perlopiù evitati, ma combattuti e uccisi.
Passati otto mesi, ed essendo ormai costruita la base del gioco, i maggiori talenti e i veterani di R&D1 (assieme ad alcuni programmatori provenienti da Intelligent Systems) si unirono al team. Tra loro spicca il nome di Yoshio Sakamoto, che sarebbe diventato il padre putativo della serie: è curioso notare, tuttavia, che non è stato lui ad avere l'idea iniziale, né tantomeno a scolpire il nucleo di Metroid. Il suo contributo è stato altrettanto importante: si accorse subito che al progetto mancava una forte identità, soprattutto a livello grafico. Si occupò di donare un look adeguato, anche in questo caso molto diverso da quello tipico Nintendo: come più volte ha rimarcato in tono orgoglioso, Sakamoto questo "tipico Nintendo" non sa nemmeno esattamente cosa significhi. Ve lo diciamo noi: le atmosfere di Metroid sono più cupe e seriose e tetre delle creazioni di Miyamoto.
Durante lo sviluppo uno dei membri del team, quasi per scherzo, suggerì che sarebbe stato divertente scoprire che sotto quell'armatura gigantesca si celasse una donna. L'idea piacque tutti, in particolare a Kyotake che, ispirandosi al leggendario calciatore Pelè - all'anagrafe Edson Arantes do Nascimento - scelse pure il nome della ragazza. Kyotake confuse Edson con Samus, e contrasse Arantes in Aran. Quell'armatura arancione, in questo modo, trovò un nome e un sesso: Samus Aran, femmina.
Ci sono altre tre persone da citare parlando dello sviluppo del gioco. La prima è Masao Yamamoto, che diresse il progetto negli ultimi mesi (e si sarebbe ripetuto con Metroid II: Return of Samus). Nello stesso ruolo c'era Satoru Okada, creatore del Game Boy, che coordinò - immaginiamo nelle fasi finali - l'intero gruppo di lavoro. Infine Hirozaku "Hip" Tanaka, il compositore delle musiche e degli effetti sonori dell'opera, che ne avrebbero definito per sempre l'identità, in maniera perfino superiore alla grafica. Ne parleremo meglio più avanti.
Game design
Metroid centrò appieno gli obbiettivi che si era posto Kyotake: il gioco proponeva un unico mondo da esplorare, senza un traguardo chiaro da raggiungere. La schermata iniziale era emblematica: Samus Aran aveva spazi aperti sia alla sua destra che alla sua sinistra. Fin da subito il giocatore poteva decidere dove dirigersi, esattamente come in The Legend of Zelda, e diversamente da Super Mario Bros.
La natura labirintica di Metroid, tuttavia, rendeva il peregrinare di Samus piuttosto diverso da quello di Link. In The Legend of Zelda era possibile andare ovunque, spesso trovando delle sorprese inattese all'interno di un'area; in Metroid la non linearità era sfruttata soprattutto per comunicare smarrimento. Per donare una sensazione di inadeguatezza, di essere nel posto sbagliato, di non sapere dove andare e come proseguire. E il gioco proponeva spesso degli ostacoli impossibili da superare in un determinato momento, degli ostacoli per cui sarebbero serviti dei nuovi poteri; una scelta che avrebbe introdotto in maniera massiva il backtracking in un action game, e le famose zone "altrimenti inaccessibili", una locuzione abusata - negli anni successivi - dalla stampa specializzata.
Un altro tratto in comune con The Legend of Zelda, e innovativo per l'intera industria, risiedeva nella natura dei power-up. A differenza che in Super Mario Bros., gli upgrade di Metroid erano definitivi e permanenti: non erano temporanei, ma regalavano un potere utilizzabile in ogni momento dalla cacciatrice di taglie. Una differenza che adesso potrebbe sembrare banale, ma che all'epoca sancì un grande cambiamento.
Metroid era anche molto, molto difficile. Era un titolo riservato ai giocatori esperti: non era semplice capire dove andare, ed era molto complicato non farsi uccidere dai nemici. L'avventura non aveva un limite temporale, ma il gioco sapeva quanto avevate impiegato a terminare l'opera: in base al risultato, alla fine Samus Aran - che all'epoca nessuno sapeva fosse donna - svelava il proprio viso/corpo in base alla velocità di completamento.
Un'altra caratteristica importante del gioco, sempre nell'ottica di "agire diversamente da Super Mario Bros.", era il funzionamento del salto. In Metroid non c'era inerzia; per citare Kyotake, "il personaggio non scivola". Dove Samus atterrava, lì si fermava. Questo dall'ottica degli sviluppatori; a livello concreto, invece, ciò significa che il gioco era meno elegante e raffinato di Super Mario. Non aveva le stesse modulazioni nell'intensità della corsa, e non le avrebbero avute nemmeno i suoi successori. A dire la verità, gli stessi metroidvania più recenti ne sono spesso privi, vedasi Hollow Knight (se non lo conoscete, ne avevamo scritto ampiamente in questo speciale sulla vacua bellezza di Hollow Knight). Non è dimostrabile comunque che ci sia una diretta correlazione tra questa caratteristica e l'iniziale decisione di Kyotake in ottica "non-Mario". Fatto sta che i metroidvania dove si corre e dove l'inerzia gioca un ruolo importante, sono ancora pochi.
Narrazione e atmosfera
Metroid non è stato importante solamente dal punto di vista del game design: la sua atmosfera e la sua narrazione sono parte integrante dell'esperienza. Il titolo dell'opera è una parola macedonia tra "metro" e "android", che poi ha identificato la razza di nemici che caratterizza maggiormente la serie, ma rappresenta prima di tutto una scelta lessicale che evoca una sensazione: qualcosa di intricato e labirintico (metro) in un'ambiente fantascientifico (android).
Per stessa ammissione degli sviluppatori, Metroid è ispirato ad Alien di Ridley Scott (lo saprete già tutti, ma lo stesso nome di Ridley, draghiforme nemico della saga, è un omaggio al rinomato regista statunitense). Non solo perché la protagonista è una donna, non solo perché bisogna combattere una razza aliena. Metroid è l'Alien dei videogiochi per le sensazioni trasmesse dall'avventura: isolamento, claustrofobia, smarrimento. Le architetture di Giger hanno fortemente influenzato l'aspetto finale del gioco, a cui Sakamoto ha contribuito in misura maggiore rispetto ad ogni altro. Soprattutto come direzione artistica.
La narrazione stessa di Metroid è sensazionale: non è questo il momento per approfondire la differenza tra storia e narrazione, ma se la storia del gioco è carente, la sua narrazione è tra le più incredibili del periodo. E alla sua efficacia contribuisce molto la musica di Tanaka, volutamente lontana da melodie allegre e spensierate, ricca di silenzi e suoni inquietanti.
Oltre all'atmosfera che regala il game design cunicolare, vi proponiamo un esempio pratico di narrativa (tratto dal finale del gioco). Una volta sconfitto Cervello Madre, in modo completamente atipico per quegli anni - ma in fondo anche per gli standard odierni - l'avventura non finisce. Scatta invece un conto alla rovescia, a indicare l'imminente esplosione del pianeta Zebes, e la conseguente necessità di abbandonarlo attraverso un condotto (da scalare dal basso all'alto). Quasi nessuno, supponiamo, è perito nell'impresa: chi è abbastanza abile da sconfiggere Cervello Madre, è anche in grado di scappare dal pianeta. Quella sezione a tempo è pura narrativa in game. Al posto di un filmato, o di un testo esplicativo, Metroid vi fa vivere quell'ultima scalata verso la navicella premendo D-pad e pulsanti.
Eredità
L'influenza di Metroid sui giochi attuali è palesata dall'esplosione dei metroidvania, soprattutto nel mercato indie, che ne portano il nome. Dei titoli principalmente bidimensionali, non lineari, pieni di zone "altrimenti inaccessibili". A riguardo non abbiamo molto da aggiungere, ma è interessante segnalare che, secondo alcune teorie di estetica, l'influenza artistica non avverrebbe dal passato al presente, ma dal presente al passato. Che significa? In sostanza, se domani tutti iniziassimo ad imitare un ignoto film sudamericano degli anni '80, rendendolo così noto al pubblico, saremmo stati noi contemporanei ad influenzare lui, più di quanto lui abbia influenzato noi. Ecco, Metroid sta nel mezzo: è stato davvero importante nella genesi dei metroidvania, ma il genere è deflagrato molti anni dopo la sua uscita, e senza la diretta influenza di un Metroid contemporaneo. Metroid e metroidvania si sono, diciamo così, illuminati a vicenda.
Le altre eredità principali di Metroid sono due. La prima riguarda, appunto, l'atmosfera. Pochi titoli erano cupi e narrativamente maturi come l'opera R&D1. Pochi giochi rifuggivano l'allegria e il senso di avventura per enfatizzare lo smarrimento e la paura. Non possiamo dire che Metroid sia il principale progenitore di Dark Souls (e figli...), perché sarebbe un'esagerazione, ma certamente ha rappresentato un passaggio fondamentale nel processo di maturazione audiovisiva dei videogiochi.
L'altro lascito di Metroid è la fascia di mercato. Una fascia di mercato che sostanzialmente aveva generato lui stesso, una nicchia che univa ambizione visiva, serietà e difficoltà. Una fascia oggi rappresentata al meglio proprio dal già citato Dark Souls, e che la saga di Metroid, in tempi recenti e per vari motivi, non è mai stata in grado di occupare.
Se possiamo desiderare qualcosa per il futuro di Samus Aran, è proprio che possa riappropriarsi del posto presieduto in epoca NES. Una posizione sicuramente meno rinomata e diffusa rispetto a Super Mario e Zelda, ma comunque molto influente a livello commerciale e, soprattutto, egualmente (o quasi) importante a livello di prestigio. È quasi impossibile che Metroid Dread possa riuscire nell'impresa: sia perché è bidimensionale, e i giochi bidimensionali oggi hanno tutt'altro ruolo che nel 1986, sia perché i valori produttivi sembrano alti, ma non eccelsi.
La speranza che Metroid possa tornare ad essere nominato assieme a Mario e Zelda, quantomeno nell'immediato futuro, non giunge dal Giappone. Giunge dal Texas, e da Retro Studios. In attesa di scoprire Metroid Prime 4... buon compleanno, Samus Aran.