Sony PlayStation ha scioccato tutti annunciando un aumento di prezzo per PS5. 50 euro in più su entrambe le versioni della console di attuale generazione. Quindi l'edizione Standard costerà 549,99€ invece di 499€, mentre quella Digital costerà 449,99€ invece di 399€. La responsabilità di dare la ferale notizia è toccata a Jim Ryan in persona, il presidente di Sony, che intervenendo in prima persona ha fatto ricadere su di sé il peso della scelta e ha cercato di far percepire in modo più deciso la gravità della situazione, dato che dipende da profondi mutamenti nella situazione economica mondiale.
Si tratta della prima volta nella storia in cui una console aumenta di prezzo dopo due anni di presenza sul mercato, se non consideriamo casi estremi come quello del SEGA Master System in Italia (la versione distribuita da NBC nel 1986 costava meno di quella distribuita da Giochi Preziosi nel 1988, grazie a Damiano Gerli per l'informazione). La scelta di Sony, però, si basa su dei cambiamenti oggettivi delle condizioni economiche globali e non su scelte di marketing poco condivisibili.
Ma quali sono i motivi dell'aumento di prezzo di PS5? Cerchiamo di capirlo.
I motivi dell’aumento: il quadro globale
Nel suo post Jim Ryan parla di "elevati tassi di inflazione globale" e di "andamento negativo delle valute". Se vi è capitato di fare la spesa nell'ultimo periodo, oppure se avete parlato con qualcuno che la fa regolarmente, avrete sicuramente percepito un aumento generalizzato dei prezzi. Tanto per dire come questi problemi siano riscontrabili già nella quotidianità, senza dover guardare chissà dove.
Stando alle parole del CEO di Sony si tratta, in altre parole, di un incrocio tra l'inflazione (ovvero l'aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo, che genera una diminuzione del potere d'acquisto della moneta, grazie Wikipedia) e di un tasso di cambio meno favorevole. In particolare dell'euro. Se un dollaro, la valuta con la quale Sony fa affari, vale sempre un dollaro, un euro in questi mesi si è svalutato molto, passando da 1.12 dollari registrati a febbraio alla sostanziale parità di questi giorni. Se sul singolo cambio sembra poca roba, pensate che si sta parlando di miliardi di dollari e un 10% in più o in meno è una grande differenza.
I motivi, in breve, di quanto sta accadendo a livello globale, sono due: la guerra in Ucraina (in modo minore) che comunque ha accentuato la scarsità di risorse e materie prime. Si tratta di fenomeni strettamente collegati, che causano grossi aumenti nei costi di energia e logistica prima, e di approvvigionamento poi. Ottenere materie prime e produrre costa di più ed è diventato più difficile, così come è diventato più arduo e costoso raggiungere i vari mercati globali. La prolungata carenza di alcune materie prime, che già aveva causato ad esempio la crisi dei semiconduttori, ha portato molte compagnie ad aumentare i prezzi (domanda alta, offerta bassa), creando una catena che ha coinvolto tutta la filiera del settore tecnologico e non solo.
Alcuni aumenti sono stati davvero consistenti, come potete valutare anche solo guardando la bolletta dell'elettricità di casa vostra, cresciuta dell'87,5% nell'ultimo anno, secondo l'Unione Nazionale Consumatori. Gli aumenti sono stati a doppia cifra per praticamente tutti i beni e servizi, compresi olio, gas, cibo e soprattutto i voli, con quest'ultimi che hanno subito in modo devastante l'aumento del prezzo del carburante (si parla di un +139% dei prezzi).
Va detto però che la guerra ha solo accentuato un fenomeno che si stava già manifestando da mesi, come affermato dall'Osservatorio sui Conti pubblici italiani in un rapporto molto dettagliato sulla questione. La crescita più spiccata dei prezzi è iniziata a inizio 2021, quando ancora il conflitto non era iniziato. Ad esempio il costo del gas naturale, il Metano, come viene genericamente chiamato nel linguaggio informale, è cresciuto dell'80% prima del conflitto, con quest'ultimo che lo ha fatto sì salire, per poi però farlo tornare ai livelli precedenti, influendo però solo per il 20% sul prezzo attuale. Lo stesso è accaduto al petrolio, cresciuto del 79% prima che la Russia invadesse l'Ucraina, e ai cereali, ai metalli e al legname, cresciuti in media del 75% pre-conflitto. Ad aver subito gli effetti della guerra è stato in particolare il nickel, cui è attribuibile il 50% circa della crescita di prezzo. Insomma, come affermato dal rapporto, "se anche la fine delle ostilità portasse a un ritorno dei prezzi delle materie prime a livelli pre-guerra, questi prezzi resterebbero molto più alti di quelli osservati un paio di anni fa".
Naturalmente era inevitabile che un quadro del genere colpisse anche il nostro settore, in particolare i produttori console, che si sono trovati nell'impossibilità di soddisfare la domanda e di contenere i costi di produzione.
Problemi per l’affermazione della generazione, vantaggio per Xbox
Ovviamente l'aumento di prezzo comporta qualche problema in più per l'affermazione della nuova generazione. Il mercato è regolato da delle leggi abbastanza chiare in questi casi e una contrazione della domanda è inevitabile, piccola o grande che sia è troppo presto per dirlo. Probabilmente Sony sa di poterla gestire, nel senso che, non essendo mai riuscita a soddisfare pienamente le richieste della console da quando è stata lanciata nell'autunno del 2020, non teme un calo tale delle stesse da avere dell'invenduto. Il calo in questo senso potrebbe essere addirittura non percepibile dai dati del 2022 e del 2023.
Comunque sia, per una fascia d'utenza potenziale, formata dai più indecisi e non sappiamo quanto ampia, il nuovo prezzo potrebbe diventare un deterrente, di cui potrebbe avvantaggiarsi la concorrenza, ma solo nel caso in cui quest'ultima non pratichi gli stessi aumenti (ipotesi da non scartare). Non pensiamo tanto a Nintendo Switch, che non concorre direttamente con PS5 ed è sul mercato da ormai tanti anni, quanto a Xbox Series X, che a questo punto diventa un'alternativa più economica alla console di Sony, pur essendo dello stesso livello.
Microsoft potrebbe addirittura spingere in tal senso e pensare delle offerte per i prossimi mesi, così da renderla ancora più desiderabile, sempre però al netto delle difficoltà che sta inevitabilmente incontrando anch'essa. In fondo il quadro economico mondiale è grigio per tutti, non solo per Sony. Certo, la casa di Redmond ha sicuramente le spalle più coperte e potrebbe decidere di sopportare le perdite per recuperare terreno, ma è tutto da vedere. Anche Xbox Series S è diventata di colpo più appetibile, visto il suo prezzo estremamente concorrenziale che la pone in una posizione ancora più privilegiata sul mercato.
Il guaio è che in questo modo potrebbe rallentare anche la diffusione della nuova generazione, già in affanno nei primi due anni, come vi sarete accorti dalla grande quantità di titoli cross gen. L'aumento dei costi di produzione dei singoli videogiochi richiede una base installata più grande possibile per provare ad andare in pareggio. Venti milioni di console vendute non sono più sufficienti a garantire vendite adeguate a titoli che spesso devono riuscire a piazzare tra i cinque e i dieci milioni di copie per diventare dei successi. Una base installata che si allarga più lentamente rappresenta quindi un problema per l'intero settore, almeno quello console.