Nel game design un contesto asimmetrico è quello che unisce insieme personaggi o fazioni con vantaggi e svantaggi diversi, ed è alla base di moltissimi videogiochi, addirittura la maggior parte. Anche se questi elementi sono più chiari ed evidenti in contesti tattici e strategici, l'asimmetria è ovunque: è Blanka contro Dhalsim, il nostro personaggio contro Malenia Blade of Miquella, Jill Valentine contro Nemesis, Amanda Ripley che se la vede con l'alieno in Alien Isolation. L'asimmetria può essere inserita anche in contesti prevalentemente simmetrici: due schieramenti hanno forze uguali, ma uno attacca e l'altro difende. Non sempre è essenziale, e forse oggi se ne abusa dimenticando che creare un gameplay asimmetrico di qualità non è una cosa facile come sembra.
Asimmetria d'oro
Nel mondo dei videogiochi i due migliori esempi di asimmetria provengono dalla Blizzard durante i suoi anni d'oro, con Starcraft ma soprattutto Warcraft 3; non fu male in tal senso nemmeno Command & Conquer Generals; se invece siete alla ricerca di un esempio davvero particolare potremmo indirizzarvi via Steam sulla divertentissima serie Creeper World dove si lotta contro nemici liquidi gestiti dalla IA che rispondono a regole totalmente diverse da quelle del giocatore.
Sono tutti strategici perché negli action, o come per esempio nei giochi di ruolo, l'asimmetria può anche permettersi di essere ingiusta in cambio di altri strumenti per vincere, mentre in giochi simili deve per forza essere legata a un grosso bilanciamento di tutte le parti in causa. È qui che più l'asimmetria è forte, e più è facile combinare guai. Ecco spiegato perché la battaglia delle quattro fazioni di Warcraft III è particolarmente importante da questo punto di vista, come lo sono i primi otto personaggi di Street Fighter II dove, viceversa, era la simmetria tra Ryu e Ken quel che balzava più all'occhio.
Le radici dell'asimmetria
La bellezza di un'asimmetria ben fatta, oltre che ben calibrata in modo che tutti i ruoli abbiano la loro soddisfazione, mi è tornata alla mente giocando a un gioco da tavolo chiamato Root. È uscito da qualche anno, ed è anche piuttosto popolare quindi non vi sto consigliando chissà quale gemma perduta, ma parlando di asimmetria e game design è un prodotto che lascia davvero esterrefatti. Non sto dicendo che questo sia il miglior gioco asimmetrico in circolazione, ne esisteranno migliaia di altri di cui ignoro totalmente l'esistenza, ma è difficile rimanere impassibile davanti al perfetto schema messo in piedi da Cole Wehrle, game designer americano dell'Indiana, per questo feroce gioco di guerra. Non fatevi ingannare dal tema, dai personaggi carini, Root non solo non è un gioco per i più piccoli, ma è anche incredibilmente profondo.
4 contro
Le regole di base sono semplici: ci si mette un attimo a capire come muoversi sul tabellone, come conquistare le radure o come padroneggiare il sistema di combattimento. Non è nemmeno così difficile imparare ad utilizzare le quattro fazioni incluse nella confezione base, nonostante abbiano meccaniche totalmente diverse tra loro. Anzi, vi dirò che organizzare partite a quattro mani dove essenzialmente ricoprivo ogni ruolo, ha reso il processo d'apprendimento davvero molto divertente.
La cosa davvero difficile di Root è capire come funziona davvero l'incastro che si ha davanti. Per quanto giocabile in due (delle espansioni migliorano proprio questo aspetto), e in tre non sia affatto male, è in quattro che Root dà il meglio. È quando tutte le fazioni sono in lotta tra loro che è davvero possibile apprezzare la qualità del game design offerto dal gioco.
Gatti e uccelli
La Marchesa de Gattis è la fazione più intuitiva: prende punti costruendo segherie, fabbriche e centri di reclutamento, inoltre inizia controllando quasi tutto il tabellone e questo ne indebolisce il numeroso esercito. La Dinastia delle Aquile è la fazione che un tempo dominava il bosco e che negli ultimi anni è stata ridotta in un angolo dall'avanzata dei gatti. Le Aquile sono la fazione più belligerante, ma il suo sistema di azioni è legato alla sua politica interna che muterà in base al leader scelto e ai decreti: una sequenza di carte che diventerà ad ogni turno più lunga e complessa da rispettare; quando non ci riusciremo perderemo punti, i decreti saranno azzerati e dovremo cambiare leader.
I ribelli
Le cose si complicano ulteriormente con l'Alleanza del Bosco, la terza fazione che troverete dentro Root. Ad inizio partita l'Alleanza del Bosco non è presente sul tabellone perché ancora non esiste: questa fazione altro non è che la ribellione del popolo del bosco verso l'atteggiamento belligerante della Marchesa e delle Aquile e di conseguenza è studiata per acquistare forza man mano che la partita procede. È facile prendere sottogamba un nemico inizialmente praticamente invisibile, e le cui prime ribellioni non sembrano così impattanti verso la propria strategia. Per attraversare le zone in ribellione bisogna regalare una carta alla causa, rendendo il suo prossimo turno ancora più pericoloso. Da una ribellione, l'Alleanza del Bosco può creare una base, e finalmente iniziare a schierare le sue truppe che non sono tante, ma hanno capacità difensive superiori.
Un vagabondo
Infine c'è il vagabondo, fazione dalla pedina singola che permette di giocare a Root come se fosse uno strano gioco di ruolo, attraversando i boschi mentre le grandi fazioni combattono tra loro e portando a termine missioni utilizzando il suo equipaggiamento. Il vagabondo può diventare sempre più amico con le fazioni, ma se anche involontariamente ucciderà una delle pedine degli altri giocatori ne diventerà subito rivale: da questo momento per il vagabondo sarà più difficile attraversare i territori occupati dal rivale, ma potrà ottenere un punto vittoria aggiuntivo per ogni pedina che gli eliminerà. Il vagabondo (suddiviso a sua volta in tre diverse classi da scegliere all'inizio della partita) è un elemento di disturbo molto interessante e rappresenta spesso l'ago della bilancia nelle partite più tirate; ogni tanto è necessario picchiarlo in modo da fargli perdere un turno a riposare nei boschi, altrimenti ve lo ritroverete ben presto davanti nella corsa alla vittoria che si raggiunge una volta toccati i trenta punti.
Conoscere il nemico
Quando tutte e quattro le fazioni di Root sono in gioco, è impossibile non notare l'eleganza dell'incastro strategico, ricco anche di soluzioni e che certo non disincentiva alleanze più o meno stabili per limitare l'espansione di un giocatore particolarmente attivo. Che poi Root non è un gioco che ti spinge allo scontro, ed eccetto alcune fazioni (del gioco base come quelle introdotte dalle espansioni) si può sperare di vincere anche combattendo pochissimo, o limitarsi a difendere il proprio territorio che è poi quello che solitamente fa l'Alleanza del Bosco. Il vagabondo può provare a scappare dalla battaglia per l'intera partita, e con la giusta pianificazione prevalere sugli altri senza grossa fatica. E più i giocatori conoscono punti di forza e punti deboli delle altre fazioni, più la loro capacità di leggere il gioco aumenta. Per essere dai campioni di Starcraft non basta conoscere i soli umani, ma è necessario capire al meglio anche Zerg e Protoss. La stessa cosa, in una forma ancora più interessante e complessa, avviene in Root. Il gioco poi resta sempre sorprendentemente veloce, non è uno di quei titoli che ti ruba un intero pomeriggio.
Videogioco da tavolo
È però innegabile che questa profondità rende piuttosto difficile organizzare partite dal vivo di un certo livello, inoltre insegnare a tre persone contemporaneamente quelli che sono di fatto tre modi di giocare diversi non è così facile. La cosa migliore è chiarire subito come ciascuna fazione fa punti, in modo che tutti possano avere una direzione precisa; altrettanto importante è assegnare le fazioni in base alle caratteristiche di ogni giocatore, affidando la Marchesa de Gattis a quello meno esperto. Per ovviare a una possibile mancanza di sfidanti, da qualche anno Root ha una sua app ufficiale disponibile in diversi formati che, oltre ad un ottimo tutorial del gioco, permette di sfidare il resto del mondo a una riproduzione fedelissima del gioco da tavolo.
Firma dell'autore
Dallo stesso autore, Cole Wehrle, ho scoperto altri giochi molto interessanti anche se in alcuni casi meno riusciti. Oltre al progetto ancora in produzione Arcs, molto simile a Root, ma ambientato nello spazio, Wehrle è l'autore del recente Oath, un gioco molto particolare dove la fine di una partita decreterà lo stato dello scenario nella successiva. Praticamente ogni partita di Oath andrà a scrivere parte della storia del regno in cui è ambientato. A me ha ricordato per certi versi Crusader Kings, e infatti non vedo l'ora di poter affondare nel suo, mi dicono, fin troppo arzigogolato regolamento. Ma quanto è bello apprendere nuove regole e nuovi sistemi? Quanto mancano i videogiochi complessi e i loro manuali infiniti...