Il marchio Seiken Densetsu non ha più la stessa risonanza che aveva in passato, complice anche la superficialità con cui è stato supportato nel corso degli ultimi anni. Secret of Mana, che è uscito il 6 agosto del 1993 in Giappone col titolo Seiken Densetsu II, rappresenta un pilastro dei GDR anni '90, oltre a essere uno dei titoli che hanno consacrato quella che oggi chiamiamo banalmente "pixel art".
E pensare che il Seiken Densetsu 3 ci ha messo oltre vent'anni a essere localizzato ufficialmente col titolo Trials of Mana, mentre spin-off e remake si susseguivano a singhiozzi. In questo speciale su Secret of Mana ripercorreremo le origini improbabili di una serie che sarebbe dovuta cominciare con un Final Fantasy per poi diventare Chrono Trigger!
Le origini della serie
Il primo Seiken Densetsu sarebbe dovuto uscire per il Famicom Disk System, una periferica per il NES - chiamato appunto Famicom, in Giappone - che in Occidente non è mai arrivata. Dapprincipio si sarebbe dovuto intitolare 聖剣伝説: The Emergence of Excalibur, una cosa tipo "La leggenda della spada sacra: la crisi di Excalibur", sotto l'attenta direzione di Kazuhiko Aoki: il gioco sarebbe dovuto uscire su ben cinque floppy disk, per l'epoca un vero e proprio record. Stiamo infatti parlando del 1987, lo stesso anno in cui Square - sull'orlo della bancarotta - cancellò improvvisamente lo sviluppo del gioco, rimborsando i clienti che lo avevano prenotato con una lettera in cui si scusava, spiegava le ragioni del rimborso, si scusava di nuovo e... consigliava l'acquisto di un altro suo gioco di ruolo: Final Fantasy.
La software nipponica riesumò il marchio solo nel 1991 per intitolare un gioco di ruolo per Game Boy, sviluppato da un piccolo team con a capo Koichi Ishii. Intitolato inizialmente Gemma Knights, il prodotto divenne quindi Seiken Densetsu: Final Fantasy Gaiden. Seiken Densetsu continuava a significare "La leggenda della spada sacra", mentre il Gaiden nel sottotitolo solitamente serve a descrivere la natura di spin-off. Il gioco arrivò in America e in Europa con due titoli completamente diversi: Final Fantasy Adventure nel primo caso, Mystic Quest nel secondo.
Nonostante ricordasse tantissimo The Legend of Zelda nella struttura e nell'aspetto, Seiken Densetsu spingeva l'acceleratore sulla narrazione e sugli elementi ruolistici, offrendo una prospettiva completamente nuova nei confronti del genere che attirò l'attenzione dei giocatori abituati a JRPG più tradizionali, tipo Dragon Quest. Il riscontro positivo convinse Square a perseguire nello sviluppo della serie con Seiken Densetsu 2: il titolo avrebbe dovuto accompagnare il lancio del SNES-CD, una periferica che Sony doveva produrre insieme a Nintendo ma che, sciolto ogni accordo, si trasformò molto semplicemente nella prima PlayStation.
Di conseguenza, Square si accontentò di concentrare Seiken Densetsu 2 in un'unica cartuccia, nonostante l'opposizione degli sviluppatori che si ritrovarono a dover ridurre nettamente le dimensioni originarie del progetto. Lo sceneggiatore del gioco, Hiromichi Tanaka, dovette rinunciare all'idea dei finali multipli e ad alcune svolte narrative particolarmente complesse: in generale, si stima che Seiken Densetsu 2 abbia perso un buon 40% di contenuti rispetto al progetto originale e che siano stati tutti questi sacrifici a convincere Square che era venuto il momento di stringere nuovi accordi con Sony invece che con Nintendo.
Prima CD, poi cartuccia
Seiken Densetsu II - se preferite, Secret of Mana - sarebbe dovuto essere Final Fantasy IV, ma all'inizio della lavorazione Square decise di farne un gioco completamente diverso, incentrato sui viaggi nel tempo. Si trattava di un progetto molto ambizioso, che includeva alcuni aspetti di quella "crisi di Excalibur" che si era risolta in un nulla di fatto quando le alte sfere avevano sospeso lo sviluppo: i giocatori avrebbero esplorato il mondo in epoche diverse, influenzando la storia con le loro scelte, facendola ramificare in una pletora di finali diversi. Vi ricorda qualcosa? Beh, è normale: quel gioco si sarebbe dovuto intitolare Chrono Trigger.
Il problema, però, stava tutto nella memoria delle cartucce, che già avevano un costo proibitivo, e che costavano ancora di più se diventava necessario aggiungere megabyte al supporto per contenere i dati di cui avevano bisogno i GDR coi loro lunghi testi, oltre a tutto il resto. Diciamo che stiamo semplificando molto la questione, ma il succo è questo, ed è anche il motivo per cui tanti giochi non uscivano neppure dal Giappone: era quasi impossibile localizzarli anche soltanto per una mera questione di spazio, essendo la lingua nipponica più compatta grazie agli ideogrammi.
La periferica SNES-CD, insomma, avrebbe risolto ogni problema visto che i CD arrivavano a registrare fino a 650MB mentre le cartucce più capienti per l'epoca se ne potevano permettere fino a 32, con rare eccezioni (le cartucce di Tales of Phantasia e Star Ocean, per esempio, arrivavano a 48MB). Insomma, la cancellazione del SNES-CD fu un duro colpo per il team di Ishii e Tanaka, che si ritrovarono a fare i conti con un esecutivo che pretendeva un risultato ridimensionato di quasi la metà. Praticamente il team dovette giocare di taglia e cuci, mantenendo un 60% abbondante di asset che diventarono Seiken Densetsu 2: il restante quaranta - coi viaggi nel tempo e i finali alternativi - si trasformò in Chrono Trigger.
Per certi versi, potremmo definirla una situazione win/win, in cui Square pubblicava due giochi - e che giochi! - invece di uno per la gioia dei fan dei GDR, anche perché non è mica detto che quel Chrono Trigger primordiale, senza l'apporto di Akira Toriyama, sarebbe stato all'altezza del vero Chrono Trigger o finanche di Secret of Mana.
Per gli sviluppatori, invece, fu un vero incubo e ancora oggi i fan più sfegatati studiano il lavoro raffazzonato e frettoloso che si nasconde dietro la fantastica facciata di Seiken Densetsu 2: non pochi bug grafici, un'intelligenza artificiale carente, glitch che rischiano di rompere il gioco in rare circostanze, rimasugli dei contenuti rimossi come vicoli ciechi senza senso, artifici inspiegati. Sapevate che se volate con Flammie dalle parti di Northtown, potreste imbattervi in quella che, dall'alto, sembra proprio una giostra, salvo sparire non appena atterrate? Nessuno ha mai capito cosa sia, ma come molte altre stranezze del gioco, si presuppone fosse qualcosa risalente al codice prima che venisse strapazzato.
Nonostante questo, Secret of Mana fu un grande successo e molti giocatori, nel 1993, lo preferirono addirittura a quel The Legend of Zelda: A Link to the Past che da ormai un paio di anni troneggiava sulla libreria del Super Nintendo. I motivi erano svariati, a cominciare dal fatto che si poteva giocare in tre contemporaneamente o cambiare personaggio all'occorrenza, sviluppandoli tutti come in un RPG più tradizionale. Koichi Ishii e gli altri programmatori avevano migliorato alcune meccaniche del precedente Seiken Densetsu e si erano concentrati ancora di più sulla storia, raccontando l'avvincente avventura di tre giovani eroi uniti dal destino e decisi a salvare l'Albero del Mana dalle brame di conquista del solito Impero malvagio.
Negli ultimi anni Square Enix ha cominciato a rivalutare la cosiddetta serie Mana. Ha cominciato timidamente nel 2003 col remake per Game Boy Advance di Mystic Quest, ribattezzato per l'occasione Sword of Mana, che poi ha riproposto in 3D su più piattaforme intorno al 2017 col titolo Adventures of Mana. Il vero e proprio remake di Secret of Mana, invece, è stato un affare a basso budget del 2018 che ha riscosso pochissimo successo, ma che stranamente non ha distolto la compagnia giapponese dalla lavorazione non solo di una compilation per Nintendo Switch che include i primi tre episodi - localizzando per la prima volta in assoluto Seiken Densetsu 3 col titolo Trials of Mana - ma anche di un completo remake di Trials of Mana, esattamente quel Seiken Densetsu 3 che i fan volevano giocare da anni.
Col passare del tempo sono arrivate anche le conversioni, come quella di Legend of Mana Remastered, e persino i titoli mobile, come quell'Echoes of Mana su cui la serie si è arenata dal 2022. Il trentesimo anniversario del titolo più importante della serie potrebbe essere l'occasione adatta per una rinascita: servirebbe proprio un remake in grande in stile, oppure un'avventura tutta nuova - ma radicata nel suo passato, oseremmo dire in quel nostalgico HD-2D che piace ormai a tutti - che racconti alle nuove generazioni le fantastiche storie dell'Albero del Mana.