Pochi giorni fa abbiamo festeggiato i vent'anni di Arkane Studios. Oggi invece ci concentriamo su un'azienda che, tra alti e bassi, ha saputo radicarsi tanto nel settore videoludico quanto nella mente dei giocatori. Sega nasce ufficialmente il 3 giugno 1960 ma al contrario di altre compagnie quali Namco, Taito e Konami che hanno esordito negli anni '60 con i giochi elettronici, oppure Capcom e Square Enix concentrate sui videgiochi fin dall'inizio negli anni '80, le sue origini risalgono persino a prima: alle Hawaii per essere precisi, negli anni '40 grazie a slot machine e jukebox, quando ancora era nota come Standard Games - alla quale nel 1945 subentrò Hawaii Service Games, fondata da Irving Bromberg, Martin Jerome Bromberg (poi Martin Bromley) e James Humpert. Entrambe, Standard e Service, si erano specializzate nella distribuzione di slot machine e altri coin-op, rispettivamente per il mercato civile e militare.
Quando il governo statunitense mise fuorilegge le slot nel 1952, Bromley mandò due impiegati a Tokyo (Richard Stewart e Ray LeMaire) per fondare Service Games of Japan, in modo da fornire slot machine a gettoni alle basi statunitensi in Giappone. Service Games si espanse negli anni a venire e l'uso di Sega come abbreviazione risale al 1954 su una slot machine, la Diamond Star. In seguito a indagini su pratiche commerciali illegali, Service Games of Japan fu sciolta il 31 maggio 1960 ma il 3 giugno le sue attività commerciali furono rilevate da Nihon Goraku Bussan e Nihon Kikai Seizō, che nel 1964 si fusero in Nihon Goraku Bussan. Sega Enterprises nacque l'anno dopo, quando Nihon Goraku Bussan acquistò Rosen Enterprises, fondata nel 1954 da David Rosen, ex pilota dell'Air Force durante la guerra di Corea stabilitosi in Giappone. Finalmente, Sega prese il nome con il quale ancora oggi è conosciuta e poté cominciare il suo lungo percorso di ascesa.
Gli anni '70 e '80
Con l'avvicinarsi degli anni '70, l'azienda prese le distanze dalle slot machine per dedicarsi ai giochi arcade: nacque così nel 1966 Periscope, uno shooting game che simulava gli attacchi di un sottomarino alle navi da guerra. In realtà le origini di Periscope risalirebbero all'anno precedente con Torpedo Launcher, la versione prodotta da Nakamura Manufacturing Co. (Namco) come probabile modello personalizzato per i tetti dei grandi magazzini in Giappone. Durante gli anni '70 e '80, Sega crebbe ulteriormente acquisendo diverse compagnie e guadagnano influenza: un punto di svolta cruciale fu la pubblicazione del suo primo videogioco commerciale in Giappone, una conversione dell'originale Pong chiamata Pong Tron. Parte di quel team di sviluppo era Hideki Sato, che si unì all'azienda nel 1971 e viene tutt'oggi considerato l'incarnazione di Sega stessa, poiché a lui e alla sua squadra si devono moltissimi hardware: SG-1000, Sega Master System, Sega Mega Drive, Sega Saturn e Dreamcast.
Tuttavia, il vero punto di svolta arrivò negli anni '80 con l'acquisto di CSK Corporation nel 1984. Fu a questo punto che il management americano sotto la direzione di Rosen terminò per lasciare posto ad Hayao Nakayama e Isao Okawa. Sega passò alla produzione di sistemi arcade unificati alla fine degli anni '70 e produsse un totale di cinquantatré videogiochi arcade dal 1973 al 1983. Alcuni vennero realizzati da Gremlin Industries, una società americana che mostrava le prime radici statunitensi di Sega, mentre Coreland diventò la prima di molti partner giapponesi e pubblicò Pengo nel 1982. Da quel momento in avanti, la leadership dello sviluppo fu composta da Hideki Sato e Hisashi Suzuki, che aveva già maturato vent'anni di esperienza.
Nel 1984 erano due gli studi attivi, uno per gli arcade e uno per le console. Si assisté dunque alla produzione di giochi quali Fantasy Zone, Alex Kidd, Phantasy Star, Altered Beast, Golden Axe, Shinobi e CrackDown, solo per citarne alcuni, fino ad arrivare a Yu Suzuki, il maggior contribuente al successo di Sega negli anni '80: dopo aver sviluppato Champion Boxing nel 1984, ideò il primo gioco simulativo in assoluto. Parliamo di Hang-On, un titolo motociclistico nel quale il giocatore controllava un pilota partecipante a un campionato mondiale e impegnato in sfide a tempo contro altri motociclisti, gestiti dalla IA. Alcune sale giochi riuscirono a proporre anche la versione deluxe dell'arcade, dotata di pedana su cui era montata una moto da competizione in fibra di vetro: adesso può sembrare la norma ma per l'epoca rappresentò una dose di realismo non indifferente. Suzuki si sarebbe occupato di altri giochi sulla falsa riga di Hang-On, come Space Harrier, After Burner ed R-360. Purtroppo non si conoscono tutte le persone coinvolte nella produzione Sega di quegli anni, tuttavia, con un numero conosciuto di quattro manager e uno staff interno di undici progettisti, cinque programmatori e cinque designer, l'azienda lavorò a moltissimi giochi negli anni '80. Sedici arcade per System 1, trenta su System 16, tre su System 18, tre su System 24 e infine diciotto sull'hardware Super Scaler. Vengono poi le console, che vantarono un notevole numero di videogiochi.
Gli anni '90, l'età dell'oro di Sega
Durante gli anni '90, Sega crebbe e maturò al punto da disporre di divisioni individuali, i cui manager e produttori furono gli stessi programmatori, designer e progettisti che si erano fatti conoscere negli anni '80. Non si può iniziare un discorso sull'età dell'oro di Sega senza parlare degli AM Studios (Amusement Machine Research and Development), team di ricerca e sviluppo diretti da diversi designer. Guidato sempre da Hisashi Suzuki, AM1 fu fondato da Rikiya Nakagawa, unitosi a Sega nel 1983, e lavorò alle versioni arcade di Choplifter, Sega Ninja e Thunder Blade. Lo studio crebbe e prosperò negli anni '90, producendo tra gli altri Bonanza Bros., Columns, Golden Axe: The Revenge of the Death Adder (il vero sequel di Golden Axe), Motor Raid, Stadium Cross, OutRunners, Alien 3: The Gun, Motor Raid, la versione arcade di Puyo Puyo (che ebbe notevole successo in Giappone), Holloseum e le serie Puzzle & Action. A dispetto della quantità di titoli, gran parte di questi non è particolarmente iconica né servì a dare un'identità allo studio; sì, AM1 contribuì alla line-up arcade di Sega ma si dovette aspettare The House of the Dead e Dynamite Deka perché riscuotesse un discreto successo. Questi furono inoltre gli unici a ricevere un porting per console.
Ci fu poi il famoso AM2 guidato da Yu Suzuki. La successiva svolta per il mondo arcade di Sega furono le schede di sistema Model 1, 2 e 3, ciascuna accompagnata dal proprio Virtua Fighter. Qualunque appassionato di Sega e dei videogiochi classici sa bene quanto fosse forte la line-up di AM2: i giochi prodotti non solo attiravano il pubblico verso gli arcade per merito di una grafica avanzata ma contribuirono alla vendita di console in Giappone grazie ai loro titoli picchiaduro e di corse. In AM2 si coltivarono molti talenti: il secondo in comando dopo Yu Suzuki fu Toshihiro Nagoshi, che ottenne rispetto in Sega grazie al suo enorme successo con Daytona USA e diventato poi ancora più riconosciuto per la serie Yakuza (del quale uscirà l'ultimo capitolo, Yakuza: Like a Dragon, entro la fine del 2020). Per quanto riguarda i produttori, abbiamo Yu Suzuki e Mifune Satoshi, che lavorò su Space Harrier, Dynamite Dux, F1 Exhaust Note, Turbo Outrun e finalmente ebbe la sua possibilità di sperimentare con il 3D grazie a Virtua Striker.
AM3 fu una divisione piuttosto grande, avendo a disposizione da sola cinque produttori e nove director. Diretta da Hisao Oguchi - che produsse alcuni progetti personali tra cui il primo sparatutto su rotaia, Rail Chase, per Y Board - la divisione vide crescere tra le sue fila persone come Yoshiro Akate (Last Bronx, Baku Baku Animal), Juro Watari (serie di Virtual-On) ma soprattutto Tetsuya Mizuguchi (Sega Rally, Manx TT, Sega Touringcar Championship). Per quanto riguarda i director ricordiamo Chusika Tsuchida, che si unì originariamente nel 1985 e assistette Yu Suzuki in Space Harrier. Lavorò a giochi per System 24 come Rough Racer e Hot Rod, prima di spostarsi su Rail Chase 2. Di Kenji Kanno vanno menzionati lo sparatutto su rotaia Jurrasic Park, Top Skater e Funky Head Boxers. Questi tre studi tuttavia non furono gli unici all'interno della divisione arcade di Sega. Il vecchio dipartimento di produzione e ingegneria diventò uno studio a sé sotto il nome di AM4, rivelandosi essenziale poiché laddove AM1, AM2 e AM3 lavoravano sui software, AM4 produceva l'hardware arcade fisico. Infine ci fu AM5, concentrato su attrazioni su larga scala per i parchi a tema di Sega.
E per quanto riguarda il mondo console? Alla fine degli anni '80, Sega stava riscuotendo un innegabile successo - che fosse tramite console o nelle sale giochi - in ogni regione di riferimento: aprì persino due divisioni separate per gestire le operazioni commerciali in Europa e Nord America. Tutto era dunque perfettamente strutturato e pronto perché la prima, vera console di grande impatto facesse il suo esordio: il Mega Drive (o Genesis). Fu lanciato nell'ottobre 1988 in Giappone con vendite deludenti ma non disastrose prima di approdare uno o due anni dopo all'estero e ottenere risultati non molto superiori. Gli esordi insomma non furono dei migliori. Il potente sistema a 16 bit di Sega necessitava di far breccia nell'interesse pubblico prima di toccare la vetta e così... "Genesis does what Nintendon't". È uno slogan rimasto nella mente delle persone per decenni e incapsula perfettamente il modo in cui Sega assestò un duro colpo a Nintendo nei primi anni '90. Non poteva competere con Nintendo testa a testa, quindi non ci provò nemmeno, preferendo fare tutto ciò che, appunto, Nintendo non poteva o non voleva: violenza (relativamente) esplicita, sponsorizzazioni di celebrità, giochi sportivi "adeguati" e, soprattutto, attitudine. Il Mega Drive doveva essere la console "adulta" per i ragazzi cresciuti da Nintendo. Il nuovo audace approccio di Sega alla lotta per la conquista del mercato occidentale era appena iniziato: il suo ultimo, cruciale passo doveva ancora essere svelato. Si lavorò instancabilmente per produrre una mascotte - una sorta di "Mario killer" - atta a rappresentare la nuova attitudine di Sega e dare un'alternativa alla più infantile mascotte di Nintendo che, a quel punto, era diventata un'icona culturale tra i bambini statunitensi. Stiamo ovviamente parlando di Sonic the Hedgehog, il fulcro degli sforzi della console di Sega negli anni '90 e uno dei principali motivi per cui Mega Drive ha continuato a vendere 30 milioni di unità, con il 65% della quota di mercato delle home console. Sega aveva rubato la corona a Nintendo: per la prima volta dai tempi arcade, era di nuovo in testa.
In merito ai giochi in sé, all'inizio sembravano essere soltanto molti porting di titoli arcade. Poi iniziarono a emergere le vere novità, come Alex Kidd: Enchanted in the Castle, i giochi di Phantasy Star, Shinobi, Streets of Rage, i sequel di Golden Axe e i giochi con licenza Disney. Qui il lato console di Sega guadagnò la propria identità. In aggiunta c'erano titoli più di nicchia come The Hybrid Front, Bahamut Senki, Bio-Hazard Battle, altri giochi con licenza, giochi sportivi (per il Giappone e l'Occidente) e giochi scaricabili da Internet come Sega Game Toshukan in Giappone. Naturalmente Sonic the Hedgehog sarebbe diventato il più importante dell'epoca e Ristar fu forse l'ultimo sforzo di Sega of Japan per il Mega Drive.
Dopo un paio di tentativi di console portatili e delle periferiche per il Mega Drive, l'azienda puntò ancora una volta alle stelle con il Sega Saturn, lanciato nel 1994 e in grado di leggere i CD come la rivale PlayStation - determinata più che mai a conquistare la corona. Nintendo era una bestia che Sega conosceva, con cui c'era rivalità, eppure nel corso degli anni le due avevano trovato il modo di convivere prendendo di mira demografie un po' separate. Sony, d'altra parte, era una nuova e imprevedibile minaccia la cui console di debutto aveva il potenziale per strappare a Sega tutta la fiducia conquistata. Il pubblico giapponese stava già iniziando a voltare le spalle alla "noiosa" Sega per interessarsi alla nuova arrivata: stessa storia all'estero. Il piano d'azione dell'azienda aveva senso: lanciare Saturn negli Stati Uniti e in Europa mesi prima di PlayStation e stabilire il suo dominio.
Purtroppo l'esecuzione non fu delle migliori e quando Saturn fu reso disponibile a sorpresa dopo l'evento di Sega all'E3 del 1995, il settore fu scosso ma non in senso positivo. I rivenditori non erano pronti, quindi le console scarseggiavano; gli sviluppatori non erano pronti, quindi la lineup di lancio fu quantomeno discutibile; gli stessi consumatori non erano pronti. Inoltre, il Saturn costava cento dollari in più rispetto alla PlayStation, un fatto che Sony si divertì a sottolineare durante il proprio evento E3. Questo, insieme ad altri vantaggi, tra cui l'architettura più favorevole per gli sviluppatori, ha aiutato PlayStation a superare Saturn. Guardando indietro, i numeri parlano da soli: nel corso della sua vita, Saturn ha venduto poco più di nove milioni di unità mentre PlayStation ha superato i cento milioni, diventando la home console più venduta del suo tempo. Questo non fa però di Saturn una console senza meriti: ha offerto ai giocatori una buona serie di porting arcade in un'epoca in cui la "qualità arcade" era ancora intesa come un complimento. Né mancavano esclusive significative: Nights into Dreams..., Virtua Cop, Panzer Dragoon e Shining Force III sono esempi notevoli, mentre Sakura Taisen contribuì a consolidare Sega nel mercato giapponese delle console.
Il Dreamcast e la fine di un'era
Siamo ancora negli anni '90 ma ci stiamo avvicinando alla fine e lo facciamo con una nota triste che avrebbe potuto facilmente rivelarsi trionfante e gloriosa: il Sega Dreamcast. Lanciato ancora una volta prima della sua controparte Sony, PlayStation 2, beneficiò dei vantaggi iniziali offerti da un mercato vuoto. Sega aveva inoltre imparato la lezione dopo il prezzo poco conveniente di Saturn, così ridusse i costi per impattare meno sul prezzo di lancio della console e portarla a duecento dollari, decisamente migliori dei quattrocento richiesti per la precedente. Nonostante il prezzo più contenuto, Sega Dreamcast è stato il primo a sfoggiare funzionalità internet integrate e giochi online supportati come Quake III. Le basi per il successo dunque c'erano tutte, soprattutto considerata l'offerta ludica con titoli ancora oggi tenuti in grandissima considerazione: Shenmue, Jet Set Radio, Crazy Taxi, Sonic Adventure, Soulcalibur e Phantasy Star Online sono solo alcuni di questi. L'assenza di Sega nel mercato odierno di console (e no, non possiamo certo prendere in considerazione il neo Game Gear Micro) è abbastanza esplicativa su quello che fu il destino del Dreamcast.
Il suo flop fu tale da costringere Sega a uscire dal mercato delle home console per dedicarsi solo ai software. Cos'è andato storto in una console che, a quanto pare, aveva corretto tutti i difetti del Saturn? Anzitutto, il pubblico aveva perso fiducia nella divisione hardware di Sega dopo una serie infinita di disastri poco performanti e talvolta scarsamente supportati. Tirando le somme, Sega non è mai riuscita a riconquistare la gloria passata del Mega Drive e l'uscita del Dreamcast non fu abbastanza per convincere i giocatori che l'azienda fosse davvero tornata in seria competizione. Possiamo dire che il fallimento si è subodorato ancora prima dell'effettivo lancio della console. In secondo luogo, le esagerazioni in merito alla potenza di PlayStation 2 misero Dreamcast molto in ombra e per quanto si trattasse, appunto, di voci, Sony non ebbe alcuna fretta nello smentirle considerando quanto fecero crescere la popolarità della console. Inoltre, il supporto di PlayStation 2 ai DVD la rese un sistema di intrattenimento all-in-one più interessante e affidabile del formato GD-ROM del Dreamcast.
Nel complesso, gli sforzi di Sega non erano economicamente sostenibili e l'azienda attraversò momenti difficili. Pur avendo perso denaro nel settore delle console dal 1995, la controparte arcade avrebbe coperto i costi complessivi. Tuttavia, dal 1998 al 2002, Sega era in perdita nella sua interezza, con i tanto redditizi arcade non più in grado di coprire i costi delle home console. Alla fine si arrivò a un ulteriore consolidamento e fusione di studi interni nel 2003 finché l'anno successivo, a fronte di un interesse già mostrato in precedenza, Sammy Corporation investì parecchio in Sega: il presidente dell'azienda divenne CEO di Sega e fu costituita la nuova società madre, Sega Sammy Holdings. Si gettarono le basi per un nuovo inizio.
La nuova Sega
Nel 2005, Sega tornò a disporre di denaro in tutte le sue divisioni per la prima volta dopo molto tempo. La struttura di Sega Sammy fu completata e, come nel 1998 si vennero a creare dodici nuovi studi di sviluppo, fu il turno di un reset per il management esecutivo. I dirigenti di lunga data come Hideki Sato e Hisashi Suzuki si ritirarono da Sega, dopo i trenta, o addirittura nel caso di Suzuki quarant'anni di servizio. A livello di studi, invece, i cambiamenti furono più leggeri. CS1 divenne lo staff combinato di Amusement Vision e Smilebit che portò alla nascita del franchise Yakuza con i suoi numerosi titoli, probabilmente il più grande successo di Sega sulle home console dai tempi di Sonic The Hedgehog. Le diverse ristampe del primo capitolo in Giappone, a causa della domanda molto più elevata del previsto, furono una delle ragioni per cui Sega tornò alla redditività nel settore dei consumatori nel 2005. Non sorprende dunque vedere quanto Sega sfrutti Yakuza e dipenda da esso. Quello studio ottenne poi una propria identità nel 2011 con la creazione di Ryu Ga Gotoku, utilizzato per promuovere Binary Domain in Giappone. Per quanto Ryu Ga Gotoku si avvalga dei migliori dipendenti dalla combinazione di AV e Smilebit, gli sviluppatori dei vecchi titoli sportivi non ebbero nulla da invidiare poiché si occuparono di realizzare le serie Mario & Sonic ai Giochi Olimpici, Let's Make a Soccer / Baseball Club, mentre altri si occuparono di continuare a sviluppare titoli Monkey Ball.
CS2 divenne Sonic Team e si dedicò agli evergreen come, appunto, Sonic e Puyo Puyo: troviamo dunque giochi quali Sonic Rush, la serie Sonic Racers, Sonic e gli Anelli Segreti, Shadow the Hedgehog e moltissimi altri. CS3 fu invece il calderone in cui finì, sostanzialmente, tutto il resto: i soli titoli interni del team furono Valkyria Chronicles, Rise of Nightmare e Poles Big Adventure. Gli altri furono giochi convogliati da altri team di sviluppo come la serie Hatsune Miku: Project DIVA. Non mancò ovviamente il focus sugli arcade con risultati come The House of the Dead 4, Rambo, Virtua Fighter 5, Ghost Squad, Virtua Tennis e altri ancora, gestiti dalle già menzionate divisioni AM. Da ultimo, non per importanza, vennero i dispositivi mobile: Sega fu in prima fila, con Sonic Cafe nel 2000 e Super Real Tennis nel 2004, per citare un paio di esempi, ma la vera spinta arrivò con l'avvento degli smartphone nel 2008. Sega ne approfittò per lanciare giochi come Super Monkey Ball e Chu Chu Rocket: il primo scalò rapidamente le classifiche e mise Sega in una posizione fortunata sul mercato, aiutando così l'intera azienda. Lo staff di CS1 fu annesso per guidare la divisione giochi mobile, grazie a persone come il veterano della serie Yakuza Masayoshi Kikuchi oppure, più dedidi all'ambito sportivo, Takaya Segawa e Masamitsu Shiino. I titoli di spicco furono Kingdom Conquest 1 e 2, Go Dance, Demon Tribe, Dragon Coins, Monster Gear e Sen No Kaizoku (presente al TGS 2015).
Sega insomma è andata incontro a un risollevamento finanziario, dimostrandosi economicamente più sana di quanto non fosse nel periodo di Saturn e Dreamcast. Ciononostante, nel cuore dei giocatori, quei periodi sono stati i migliori dell'azienda persino a dispetto delle costanti perdite. Le ultime notizie, tra il già menzionato Game Gear Mini e il servizio cloud streaming basato sugli hardware degli arcade, non hanno fatto certo ben sperare verso un ritorno in pompa magna nel mercato delle console ma, se non altro, possiamo ancora consolarci con degli ottimi giochi.