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Il titolo giapponese può essere tradotto letteralmente come "La Leggenda della Spada Sacra" e a dire il vero anche un'ipotetico adattamento in lingua inglese come "The Legend of the Holy Sword" non sarebbe suonato male... ma Squaresoft prese una decisione che, ancora oggi, fa dannare chiunque la ricordi: in America Seiken Densetsu divenne infatti The Final Fantasy Adventure, sulla scia del successo di Final Fantasy, nonostante le due serie avessero in comune poco e niente. E ancora peggio, Seiken Densetsu giunse in Europa con il titolo di Final Fantasy: Mystic Quest, perdendo identità e scavandosi definitivamente la fossa nel campo della notorietà, visto che Final Fantasy in Europa non era ancora stato importato.
Ma qual'era il comune denominatore dell'inedito Seiken Densetsu e di The Legend of Zelda? Beh, il fatto di essere entrambi degli Action-RPG... Ma a quei tempi questa denominazione neanche esisteva, in quanto solo Zelda e pochissimi altri giochi presentavano quelle che sarebbero diventate le caratteristiche distintive del genere: il controllo diretto sul protagonista impersonale che si muove in ambienti vastissimi nei quali può procedere in piena (o quasi) libertà, i combattimenti arcade in real-time, la storia appena accennata e per niente invadente, le abilità o le armi necessarie a proseguire nell'avventura interagendo con ambienti e personaggi. Sopratutto nell'era dello SNES fecero capolino decine di videogames che contribuirono a fondare e completare il genere: ricordiamo in particolare per SNES Soul Blazer (con gli splendidi seguiti Illusion of Gia e Terranigma), l'epica saga di Y's, nonchè Landstalkers per Megadrive, l'ottimo e ben più recente Alundra (e il suo mediocre sequel, Alundra II) per PSOne e, ancora, gli splendidi Brave Fencer Musashi e Vagrant Story, sempre ad opera di Squaresoft per PSOne.
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Oggi come oggi il genere Action-RPG presenta moltissime differenze se paragonato con l'originale e prototipico The Legend of Zelda; sopratutto gode di una maggiore complessità tecnica e strutturale, garantita in parte dalle capacità di hardware sempre più sofistificati e potenti, in parte dalla genialità sempre più acuta dei game-designer (e ancora oggi lo stesso Shigeru Miyamoto che diede i Natali alla Principessa Zelda dimora nell'Olimpo dei migliori designer esistenti), ma a quei tempi Seiken Densetsu appariva come un innovativo esperimento per Squaresoft, che se non fosse stato per l'infausta sorte dei suoi seguiti avrebbe lasciato maggiormente il segno. Parliamo di infausta sorte perchè nessuno dei sequel realizzati da Squaresoft giovò della popolarità tanto agognata, ritagliandosi solo una piccola nicchia di appassionati: Seiken Densetsu II raggiunse solo il mercato americano (diventando una pietra miliare della ludoteca SNES), Seiken Densetsu III non lasciò mai le sponde orientali e solo molti anni dopo un nuovo Seiken Densetsu venne localizzato in lingua inglese per il mercato yankee, quando la PSOne era già sulla via del tramonto.
Sono passati ben dodici anni dall'uscita di Seiken Densetsu su Game Boy monocromatico, e da allora acqua sotto i ponti ne è passata: molte console si sono susseguite, vecchie alleanze si sono sciolte e nuove sono state forgiate, niente o quasi è come allora... tranne quel handheld, il Game Boy, che trasformato nel corpo (e in parte nello spirito) domina ancora il mercato videoludico mondiale. Il ritorno di Squaresoft tra le fila delle third-parties di Nintendo, nella nuova forma di SquareEnix dopo la fusione con Enix (Dragon Quest/Warrior, Star Ocean), ha permesso a Nintendo di fregiarsi di due franchise, uno prevedibile, l'altro davvero imprevisto: Final Fantasy Tactics Advance, naturalmente, e Shinyaku Seiken Densetsu, inaspettato remake di quel Seiken Densetsu che passò inosservato ma che diede inizio a una delle più blasonate saghe della storia di un genere al quale, in parte, aveva contribuito a dare forma.
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Seiken Densetsu
Titolo americano: The Final Fantasy Adventure
Titolo europeo: Final Fantasy - Mystic Quest
Console: Game Boy
Anno: 1991
Il gioco che diede inizio alla leggenda.
Il mondo di Seiken Densetsu è stato forgiato da una dea che, trasformatasi nel mistico Albero del Mana, ha posto le sue radici sul sacro e apparentemente irragiungibile monte Illusia, dalla sommità del quale veglia su tutti gli esseri viventi, protetto dai valorosi Gemma Knight. Ma un malefico sovrano conosciuto come Dark Lord sembra aver scoperto come aprire i cancelli del monte Illusia ed è sua intenzione impossessarsi del potere del Mana di cui l'Albero sacro è sorgente. Per pura casualità, il compito di salvare il mondo spetterà a un giovane gladiatore dell'arena personale del Dark Lord, assassino dei suoi genitori e verso il quale il nostro eroe medita vendetta. Nel corso del gioco, l'Eroe incontrerà altri nemici oltre al Dark Lord (come il mefistofelico Julius...) ma sopratutto indispensabili alleati come Lester, Devius, Amanda e perfino un Chocobo. Ecco quindi la prima fondamentale differenza che intercorre tra The Legend of Zelda e Seiken Densetsu: la presenza di alleati che accompagnano il protagonista nelle sue avventure, supportandolo con le loro armi e i loro incantesimi. Legata a questa caratteristica è anche un'altra sostanziale differenza fra Zelda e Seiken Densetsu, e cioè la presenza di una trama, di un corpo narrativo di una certa sostanza, ben più complesso dell'evanescente linea conduttrice delle avventure di Link (il salvataggio della principessa Zelda dalle grinfie di Ganon) e che porta ad alcune sequenze narrative indimenticabili, entrate nel corpus mitologico del genere e sopratutto in quello di Squaresoft e che a lungo saranno conservate tra i ricordi dei giocatori: tra queste, vale la pena assolutamente di ricordare la morte di Willy, l'amico dell'Eroe, nell'arena dalla quale fuggirà nei primi minuti di gioco, e l'addio ad Amanda, uno dei momenti più toccanti mai realizzati da Square. La trama si intreccia all'esplorazione e all'evoluzione delle meccaniche di gioco, basate fondamentalmente sullo schema ludico ideato da Miyamoto: per procedere nell'esplorazione e nell'avventura vanno recuperati degli oggetti (armi, perlopiù) dalle molteplici funzioni (la falce, ad esempio, oltre ad essere un'ottima arma a lungo raggio permette di spazzar via alghe ed erbacce), da utilizzare talvolta in combinazione per risolvere i vari enigmi che ostacolano l'Eroe (tra i quali resta memorabile il diabolico indovinello "three palms and eight" che secondo le malate menti dei suoi ideatori implicava il ritrovamento di tre palme nel deserto attorno alle quali girare descrivendo un otto immaginario). Ad appesantire il carico emozionale fornito dalla trama di Seiken Densetsu ci pensa poi la colonna sonora, in assoluto una delle migliori mai realizzate su Game Boy, epica, suggestiva, drammatica. E parliamo di un gioco del 1991, la cui data di uscita ormai preistorica si nota dalla grafica spartana e poco dettagliata e dall'approssimativa complessità di alcuni algoritmi che regolano l'intelligenza artificiale dei nemici e degli alleati. Un must per i possessori di Game Boy di quell'epoca, schiacciato dalla fama e dalla qualità dell'invicibile A Link to the Past per SNES e dal successivo Link's Awakening per Game Boy.
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Seiken Densetsu II
Titolo americano: Secret of Mana
Titolo europeo: n/a
Console: Super Nintendo Entertainment System
Anno: 1993
Quando Seiken Densetsu II fece capolino sugli scaffali giapponesi, fu come una folgorazione. Nessuno era riuscito a dimenticare il meraviglioso A Link to the Past di due anni prima, che troneggiava sulle mensole di praticamente tutti i possessori di SNES, ma per poco Squaresoft non riuscì a spodestarlo con un titolo quasi del tutto eccezionale. Al centro delle vicende questa volta c'è la Fortezza del Mana, minacciata dalle oscure forze Imperiali che vogliono impadronirsi dei suoi prodigiosi poteri. I protagonisti sono tre: l'Eroe, che per caso sfila la Spada del Mana dalla sua dimora secolare e al quale viene affidata la missione di riportare agli antichi fasti la spada sacra per sconfiggere il nemico; l'Eroina, una ragazza ribelle e coraggiosa che ci seguirà per tutta l'avventura rivelandosi essenziale per il proseguimento della trama; e infine un Folletto, che si unirà al gruppo quasi per caso e finirà con lo stringere un forte legame d'amicizia con gli altri Eroi. La trama di Seiken Densetsu II è a dire il vero piuttosto esile e impiega un bel po' per ingranare e motivare realmente il giocatore a giungere alla sua conclusione: giusto gli scontri finali possiedono quell'epicità già apprezzata nel prequel, ma che comunque non rivaleggia, per esempio, con lo scontro tra l'Eroe di Seiken Densetsu e il drago a due teste nella Marsh Cave. Il vero problema di Seiken Densetsu II era però la struttura ludica, che si allontava un bel po' da quella simil-Zelda del prequel, basata su enigmi e puzzle di vario genere: l'impostazione di Seiken Densetsu II, infatti, alla lunga finisce col ricordare decisamente un picchiaduro a scorrimento.
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Seiken Densetsu II
Non è un caso, peraltro, che fino a tre giocatori possano controllare gli altrettanti membri del party, facendosi strada tra i mostri che popolano il mondo del gioco a suon di mazzate e magie. Il sistema di combattimento, inoltre, è stato pesantemente modificato rispetto a quello del prequel: mentre in precedenza bastava premere un tasto per lanciare un attacco normale o potenziato (quando l'apposita barra si era riempita), questa volta ognuna delle otto armi di base (spada, lancia, guanti, ascia, arco, frusta, bastone, boomerang) dispone di una combo di base che cambia nella forma e nell'esecuzione man mano che queste aumentano di potenza; inoltre, adesso è possibile evocare gli spiriti elementali (Undine, Salamander, Gnome, Djinn, Shade, Luna, Dryad) per lanciare delle magie che andranno potenziandosi man mano che vengono usate. La vera trovata, per certi versi rivoluzionaria, di Square risiede però nel cosiddetto Ring Menu, un menù per l'appunto a forma di anello incredibilmente facile da consultare e adoperare, che consente di accedere a tutte le opzione e finestre necessarie in brevissimo tempo e senza ingombrare lo schermo. Secret of Mana si presenta ai giocatori come un piccolo capolavoro grafico, superiore (grazie anche ai due anni che li separano) a A Link to the Past, sia nei dettagli che nei cromatismi, in grado di offrire indimenticabili paesaggi durante le esplorazioni attraverso giungle, montagne e caverne. Le musiche di Hiroki Kikuta rimangono tutt'oggi tra le migliori mai composte per un videogioco, e a lungo rimasero imbattute su SNES... almeno fino all'uscita dello splendido Seiken Densetsu III.
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Seiken Densetsu III
Titolo americano: n/a
Titolo europeo: n/a
Console: Super Nintendo Entertainment System
Anno: 1995
Del tutto assurda la decisione di Squaresoft di non adattare probabilmente il più bel gioco disponibile per SNES nel campo degli Action-RPG, nonchè uno dei più bei titoli prodotti dalla Square stessa negli ultimi dieci anni. Avete capito benissimo, Seiken Densetsu III non godette mai di alcun adattamento per il mercato occidentale, rimanendo relegato a quello del Sol Levante per anni, fino a che un gruppo di giocatori appassionati non si premurò di tradurre amatorialmente la ROM del titolo, permettendo a migliaia di giocatori anglofoni di poter emulare Seiken Densetsu III con il proprio PC e il software adatto. Assurdo anche il fatto che Seiken Densetsu III non abbia riscosso l'enorme successo che ci si potrebbe aspettare da un titolo di tare caratura, forse oscurato in Giappone dagli antagonisti di quel periodo, Tales of Phantasia di Namco e Final Fantasy VI di Squaresoft stessa. Ma cos'ha questo Seiken Densetsu III di così speciale, perchè ne parlano tutti così bene? Beh, tanto per cominciare un comparto audiovisivo che sfiora la perfezione, che spinge ai limiti massimi le capacità del SNES, producendo animazioni di incredibile qualità, location dalla varietà e cura per il dettaglio eccellenti e sprite di dimensioni immense che si muovono fluidamente per lo schermo grazie al Mode-7 e all'abilità dei programmatori Squaresoft, che non disdegnano l'inserimento di una colonna sonora, sempre firmata da Kikuta, di eccezionale qualità.
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Seiken Densetsu III
Per quanto riguarda la trama, Seiken Densetsu III presenta una delle più geniali e innovative strutture narrative mai realizzate: in pratica, all'inizio del gioco l'utente è chiamato a scegliere tre protagonisti principali fra i sei disponibili e poi a selezionare, all'interno del trio, chi sarà il protagonista vero e proprio dell'avventura. Impossibile citare le trame personali di ciascun personaggio, anche perchè il loro continuo intrecciarsi porterebbe a scrivere di un poema, perciò ci limiteremo a citare questi sei Eroi che, in un modo o nell'altro, dovranno affrontare le solite, oscure forze del male che attentano all'equilibrio del mondo e al potere del Mana: Duran, lo spadaccino dell'Impero di Forcena; Kevin, un licantropo del regno delle Bestie; Riese, un'amazzone del Regno del Vento di Rolante; la mezza-fata Charlotte, chierica della città di Wendel; Hawkeye, ladro della regione di Navarre; Angela, una maga del regno di Althena. Le varie scelte che il giocatore sarà portato a compiere nel corso dell'avventura porteranno i sei Eroi a incontrarsi, collaborare tra loro e talvolta perfino scontrarsi, tutti pedine di un gioco più grande di loro che dovranno soverchiare appellandosi al loro coraggio e alla loro tenacia. L'abilità di Squaresoft nell'intrecciare sapientemente e con coerenza tutte le varie sotto-trame, coordinandole con le scelte fatte dal giocatore riguardo al proprio party, è ancora oggi encomiabile e non è stata mai uguagliata. Legato ai personaggi era anche un geniale Class System, che consentiva loro di cambiare letteralmente classe una volta raggiunti i livelli 18 e 36 di esperienza, decidendo se percorrere la strada della Luce o quella delle Tenebre, e ottenere così caratteristiche e attacchi speciali ad esse legati. La varietà era insomma la caratteristica fondamentale dello splendido e lunghissimo Seiken Densetsu III, un gioco che davvero faceva piacere ricominciare più volte, per godere al massimo le sfumature della trama ed emozionarsi ancora una volta durante le sequenze più epiche, tra le quali ricordiamo senza dubbio la cavalcata del drago volante Flammie, già visto in Seiken Densetsu II peraltro, chiaramente ispirato al Falcor della Neverending Story di Michael Ende. Semplicemente un must per ogni cultore del genere o del videogioco in generale, del quale si vocifera sia in preparazione un remake per Game Boy Advance...
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Seiken Densetsu IV
Titolo americano: Legend of Mana
Titolo europeo: n/a
Console: Sony PlayStation
Anno: 1999
Il ritorno di Mana sulla scena videoludica non fu entusiasmante come molti si aspettavano. Complice anche questa volta la presenza di alcuni "rivali": Seiken Densetsu IV dovette confrontarsi in Giappone e poi in America con Chrono Cross e Threads of Fate (Dew Prism), sempre di Squaresoft, e The Legend of Dragoon di Sony. Chiaramente, la piattaforma è cambiata: l'alleanza tra Nintendo e Squaresoft è finita da anni e la softco adesso lavora esclusivamente per Sony, sfornando capolavori su capolavori, a cominciare da quell'osannatissimo Final Fantasy VII che la proclamò regina incontrastata del genere J-RPG. Tornando a Seiken Densetsu IV, tutti i fan della serie rimasero piuttosto stupiti da questa nuova incarnazione videoludica del potere del Mana, un vero e proprio ricettacolo di idee e innovazioni mescolate, però, in modo non troppo coerente. La trama è praticamente inesistente: il giocatore sceglie, all'inizio dell'avventura, se impersonare un Eroe o un'Eroina totalmente impersonali, che in parole povere rappresentano il suo alter-ego nel mondo di Seiken Densetsu IV. Al protagonista spetta il compito, per la verità non molto chiaro, di recuperare degli artefatti magici nei quali è stato sigillato, a pezzi, il mondo. Quale sia stata la forza che abbia potuto compiere un simile scempio e per quale motivo non ci è dato saperlo fino alla fine, e anche la soluzione del mistero lascia abbastanza perplessi per la sua evanescenza; in compenso, la progressione è costellata da trame secondarie che ruotano attorno ai comprimari del protagonista (molti dei quali si uniranno a lui in combattimento): alcune storie sono brevi e leggere, altre molto più lunghe e complesse. In particolare, vanno ricordati personaggi come Sierra e Larc, dragoon al servizio del Drago Bianco; il mercante Niccolo, gli eroici Daena, Elazul e Escad, i capricciosi fratelli Lisa e Bud, la bella e svampita Pearl e un'infinità di comparse buffe e bizzarre come la fata Rachel, l'Ispettore Boyd, il mascherato Duelle, il nanetto Watts, che contribuiscono ad arricchire ed abbellire l'atmosfera da fiaba di Legend of Mana.
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Seiken Densetsu IV
Un'atmosfera, peraltro, resa tale dal character design visionario di Shinichi Kameoka e dalle potenti, dolci e azzeccatissime musiche di Yoko Shimomura; nonchè da una realizzazione grafica meravigliosa e originale: aldilà delle animazioni fluidissime e dell'immensità di alcuni sprite, ogni location di Seiken Densetsu IV è una vera e propria illustrazione dipinta a mano e color pastello, dalle tinte morbide e delicate, impreziosita da splendidi giochi di luce ed effetti speciali. D'altra parte, anche il gioco in sè è stato in parte stravolto: la narrazione frammentaria si intreccia a una progressione episodica dell'avventura che permette di intraprendere delle strade narrative a discapito di altre; le location, inoltre, non sono continue e collegate fra loro, ma separate e accessibili tramite un'apposita mappa; ancora, Squaresoft ha riposto nel cassetto il Ring Menu, inserendo un menù classico, a tutto schermo, che permette di monitorare le decine di variabili del gioco. In Legend of Mana, infatti, Squaresoft sembra aver inserito tutte le idee che potessero esser venute in mente al produttore Akitoshi Kawazu, sparpagliandole nel gioco sotto forma di sub-quest, mini-game e altro ancora: decine e decine di abilità e mosse speciali da imparare (a caso, peraltro) e utilizzare in combinazione con una varietà ampissima di armi e armature; la possibilità di forgiare l'equipaggiamento nella propria casa e di coltivare un piccolo orto sotto la guida di un albero parlante (la cui animazione facciale è leggendaria, nel circuito della grafica bidimensionale); ancora, è possibile costruire un piccolo golem da portare in battaglia o allevare un mostriciattolo dopo averne recuperato un uovo; anche le magie hanno subito un pesante cambiamento, con gli spiriti elementali classici della serie evocabili tramite il suono di magici strumenti musicali, costruibili o recuperabili, ognuno in grado di scatenare magie diverse sia nella forma che nella funzione; e poi, il geniale e imitatissimo (perfino da Square stessa nel suo recente Final Fantasy Tactics Advance) Land Creation System, che permettava di costruire il proprio mondo collocando i vari artefatti recuperati che, interagendo tra loro, davano vita a nuove sub-quest... C'era davvero moltissimo da fare in Seiken Densetsu IV, che permetteva perfino di affrontare in duello il personaggio customizzato di un amico inserendo la sua Memory Card, in un'apposita arena. Seiken Densetsu IV è probabilmente uno dei migliori giochi per PSOne e fu un vero peccato non vederlo localizzato per il mercato europeo, tuttavia non regge il confronto con lo splendido terzo episodio della saga, molto più coerente e epico sotto molti aspetti. Una tappa obbligata, comunque, per tutti gli appassionati del genere o i possessori di PSOne o PS2.
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Shinyaku Seiken Densetsu
Titolo americano: Sword of Mana
Titolo europeo: Sword of Mana
Console: Game Boy Advance
Anno: 2003
Eccoci giunti alla tappa conclusiva del nostro viaggio nel mondo del Mana e come ci insegna il concetto più romantico del termine "viaggio", non c'è modo migliore di portarlo a termine che tornando alla sua origine. Shinyaku Seiken Densetsu segna a tutti gli effetti il ritorno di Squaresoft (ora SquareEnix) tra le fila delle third-parties Nintendo: dopo Final Fantasy Crystal Chronicles per GameCube (che moltissimo deve a Seiken Densetsu per la sua struttura, tanto da essere stato soprannominato come il "Secret of Mana a 128bit") e Final Fantasy Tactics Advance per Game Boy Advance, SquareEnix propone agli utenti della grande N un altro gioco per il suo handheld che, paradossalmente, è il remake di quel Seiken Densetsu uscito dodici anni fa su Game Boy monocromatico. Shinyaku Seiken Densetsu è un po' un mix di quanto di meglio sia stato proposto da SquareEnix nella sua decennale quadrilogia, mantenendo però l'ossatura e la storyline del primissimo capitolo. In questa sede non ci dilungheremo troppo sul gioco in sè, e pertanto vi rimandiamo alla recensione che Multiplayer.it vi ha proposto pochi giorni fa, ma più che altro ci limiteremo a sottolineare i punti di contatto tra i vari episodi della serie e questo nuovo capitolo.
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Shinyaku Seiken Densetsu
Le prime connessioni sono in realtà... delle differenze: la trama di Shinyaku Seiken Densetsu, infatti, è un vero e proprio remake di quella dell'originale, dalla quale prende le distanze in più momenti, seguendo una strada autonoma e inedita. All'inizio, per esempio, è possibile scegliere tra due protagonisti, un Eroe e un'Eroina che, come in Seiken Densetsu III, presentano una storyline propria che si intreccia con quella dell'altro personaggio in più occasioni, portandoli perfino a combattere insieme. Mentre l'avventura dell'Eroina è totalmente inedita per via della sua assenza nel Seiken Densetsu originale, quella dell'Eroe è rimasta la stessa, benchè presenti appunto dei cambiamenti sostanziali che contribuiscono ad approfondirla e complicarla (esempio lampante, l'assenza di Julius nelle prime sequenze di gioco e della morte di Willy, che invece sopravvive all'arena del Dark Lord).
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Shinyaku Seiken Densetsu
SquareEnix ha poi combinato il Ring Menu di Seiken Densetsu II con il menù a tutto schermo di Seiken Densetsu IV: premendo Start è possibile aprire il Ring Menu e utilizzare on-the-fly oggetti, armi e incantesimi ma per monitorare più approfonditamente statistiche ed equipaggiamento è necessario aprire tramite il Ring Menu un pannello a tutto schermo che permetta di farlo. Da Seiken Densetsu II questo remake mutua a sua volta la varietà di armi e la loro capacità di aumentare di livello, esattamente come per le magie che si appellano ancora una volta all'evocazione degli spiriti elementali, anche se in un modo del tutto nuovo, benchè l'esecuzione tramite tasti dorsali ricordi quella di Seiken Densetsu IV. Da quest'ultimo, Shinyaku prende in prestito alcuni personaggi (come Niccolo e Lil'Cactus), che fanno la loro comparsa nel corso dell'avventura, nonchè alcuni mini-game particolarmente accattivanti, come la possibilità di coltivare un orticello, di forgiare l'equipaggiamento e di potenziare gli spiriti elementali con delle apposite monete magiche, dopo averli scovati in particolari zone e in particolari momenti di gioco (a tal proposito, il passaggio dal giorno alla notte e l'influenza di un elemento specifico su ogni giornata ricorda la meccanica simile già apprezzata in Seiken Densetsu III).
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Shinyaku Seiken Densetsu
Insomma, Shinyaku Seiken Densetsu, pur non privo di difetti (come l'IA scabrosa degli alleati, un deja-vue dell'originale del quale avremmo fatto volentieri a meno), rappresenta grazie alla combinazione di tutti questi elementi il ritorno in pompa magna di Seiken Densetsu sulla scena videoludica mondiale, grazie anche alla tanto sospirata edizione europea, confermata per i prossimi mesi, e un'ottima occasione per chi non ha mai conosciuto questa saga di cominciare da subito ad apprezzarla. Nella speranza che SquareEnix si metta all'opera sul remaking di Seiken Densetsu II e Seiken Densetsu III, non ci resta che godere della protezione dell'Albero del Mana ancora una volta, sotto una nuova veste ma, indubbiamente, nello stesso spirito.
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In principio era The Legend of Zelda.
Non c'è altro modo di cominciare a parlare di un genere, l'Action-RPG, al quale ha dato i natali in un certo senso proprio Nintendo e che, a sua volta, è stato influenzato moltissimo nel passare degli anni dalla casa dei Mario Bros. Se pensiamo a uno dei più recenti esempi di Action-RPG, Beyond Good & Evil di UbiSoft, ci rendiamo subito conto di come in quest'epoca videoludica la pietra di paragone sia l'ultimo capolavoro Miyamotiano, The Legend of Zelda: The Wind Waker. Andando a ritroso nel tempo, per ogni generazione di console nella quale fa capolino un episodio di Zelda, troviamo una serie più o meno riuscita di giochi appartenenti allo stesso genere che presentano una struttura o delle situazioni simili, tra dungeon da esplorare, enigmi da risolvere e nemici da sconfiggere, la figura di riferimento dei quali rimane guardacaso The Legend of Zelda: Ocarina of Time (Nintendo64). Ma è sempre stato così? No, o meglio, non proprio.
Nel 1991 il Game Boy era al centro della scena videoludica, rappresentando già allora una delle console più vendute (nonchè redditizie) e al centro dell'attenzione degli sviluppatori. In quei tempi remoti, Nintendo spadroneggiava con un Famicom/NES in declino e un sempre più eccezionale Super Famicom ed era spalleggiata da una Squaresoft sempre più strabiliante, che già prometteva faville e un futuro di successi, fama e gloria per sè e per la grande N. Le cose andarono diversamente, come ben sappiamo, ma al momento non ci riguarda. Quel che c'è da dire in proposito è che in quell'anno Nintendo stava per dare alla luce quello che attualmente è considerato non solo il miglior episodio in assoluto della saga, ma addirittura il miglior Action-RPG della storia, The Legend of Zelda: A Link to the Past; contemporaneamente, Squaresoft preparava una sorta di tiro mancino a Nintendo: basandosi sulla saga della Triforce di Nintendo, Square sviluppò un Action-RPG per Game Boy che, dopo il successo iniziale, passò velocemente inosservato proprio a causa di A Link to the Past, finendo per essere quasi dimenticato nel 1993 con l'uscita di The Legend of Zelda: Link's Awakening, ancora oggi considerato un capolavoro assoluto. L'Action-RPG di Square si chiamava, in Giappone, Seiken Densetsu.